La teoria dell'origine sciamanica del vampiro
di Massimo Introvigne
Che il vampiro trovi
le sue origini nell'area sciamanica è stato sostenuto in anni
recenti da specialisti ungheresi come Éva Pócs e
Gábor Klaniczay, e - con ampia argomentazione - dall'italiana
Carla Corradi Musi, docente di filologia urofinnica presso
l'Università di Bologna. Secondo questi autori la credenza nel
vampiro - ed in personaggi affini ma diversi, fra cui il licantropo -
nasce in un ambiente religioso preciso. L'ambiente è quello
dello sciamanismo, in un'area geografica molto vasta che va dal mondo
celtico alla Siberia, e dagli indiani dell'America del Nord alla
Germania precristiana, alla Scandinavia, ed all'Europa Orientale.
Nell'area sciamanica il collegamento tra il mondo dei vivi e quello dei
morti "non ammetteva soluzioni di continuità, secondo
convenzioni del tutto mancanti nelle credenze 'religiose'
occidentali". L'aldilà era un mondo parallelo e rovesciato
rispetto a quello dei viventi, opposto ma complementare, spesso posto
oltre un fiume che poteva essere oltrepassato soltanto al termine di un
percorso iniziatico. Giacchè questo percorso non era facile, si
comprende la tentazione, per il morto, di rinunciarvi cercando invece
di ritornare verso il mondo dei viventi. A queste credenze si collegava
per esempio - in area sciamanica - l'abitudine degli Ugri dell'Ob
di seppellire i defunti lontano dai villaggi. Cospargendo anche la via
del ritorno dal funerale al villaggio di oggetti appuntiti che
scoraggiassero il defunto dal tentare di ritornare al suo paese. Era
particolarmente facile che il defunto si rifiutasse di compiere il
viaggio iniziatico verso l'aldilà - dove avrebbe, nella
maggioranza dei casi, atteso una nuova reincarnazione - se il suo corpo
non si era decomposto. Da qui tutta una serie di rituali per favorire
una rapida putrefazione del cadavere, compresa la sua riesumazione dopo
un certo numero di anni - per esempio presso diverse tribù di
indiani nord-americani - per assicurarsi che la decomposizione fosse
avvenuta. Diversamente, si provvedeva a complessi rituali di
distruzione della salma. Se, nonostante tutte le precauzioni, il morto
non si convinceva ad intraprendere il difficile cammino verso
l'aldilà, poteva trasformarsi in un elemento di turbativa
dell'ordine cosmico. Rischiava di attaccare i viventi cercando di
succhiare il loro sangue, che anche nel mondo sciamanico era collegato
alla vita. "Il vampiro (...) nell'area sciamanica (...) nella sua
ancora più singolare realtà di 'non-morto' e di
'non-vivo' era già di per sè una figura trasgressiva, in
quanto espressione di una condizione assolutamente innaturale (...).
Nella visione sciamanica il vampiro, non potendosi (...) reincarnare,
ostacolava il collegamento tra il mondo ultraterreno e quello umano".
Secondo Carla Corradi Musi il vampiro non va confuso con lo sciamano,
che pure rappresentava anche lui un'eccezione ai normali rapporti fra i
vivi ed i morti. Lo sciamano, proprio in quanto figura eccezionale,
capace di viaggare nel mondo delle divinità ed in quello dei
morti, celebra e garantisce il mantenimento dello status quo, vera personificazione
dell'eccezione il cui scopo è confermare la regola. Non a caso,
nel mondo sciamanico, lo sciamano "favoriva la fertilità
(nell'estasi era in collegamento con l'albero, proiezione di quello
archetipo della vita che si rinnovava attraverso la morte)", mentre
"l'infecondo vampiro provocava la sterilità. E' significativo
che per allontanare il vampiro si spruzzasse dell'acqua, in relazione
costante con la vegetazione e con la fecondità, sorgente di ogni
fonte di vita". Il vampiro era, da questo punto di vista, un
anti-sciamano, o il contraltare dello sciamano. Peraltro, come rileva Éva
Pócs, nel mondo sciamnico la distinzione fra bene e male non
è così chiara come nell'area greco-romana e nel
successivo cristianesimo o, più esattamente, il male è
accolto come in qualche modo necessario all'ordine cosmico. Così
lo sciamano è una figura-limite, che può correre diversi
pericoli e trasformarsi in qualche cosa di diverso da un operatore
positivo del sacro. Questo vale in special modo per gli sciamani che
entrano in contatto con lo spirito - individuale o di gruppo - di un
animale. La Pócs ha
studiato soprattutto il táltos,
una figura di sciamano o, più propriamente, di stregone che era
"chiamato" da uno spirito animale che gli conferiva i suoi poteri. A
questo incontro il táltos era
predestinato fin dalla nascita da segni come i denti già
presenti nel neonato, la "coda" o la "camicia" (tutti elementi che si
ritrovano anche nel folklore ugrofinnico a proposito delle persone
destinate a diventare vampiri). Dopo la morte il táltos correva
il rischio di rimanere in qualche modo "intrappolato" nell'anima
animale che lo aveva chiamato e di trasformarsi in una sorta di lupo
mannaro od anche di vampiro. Tutto dipendeva, peraltro, da quale
spirito animale avesse chiamato all'origine il táltos. Se si era trattato
di un cavallo, per esempio, i pericoli erano minori e, dopo morto, il táltos si
limitava ad apparire sotto le finestre della sua famiglia in forma di
cavallino giallo, nitrendo e chiedendo un'offerta che finiva per
esorcizzarlo.
Lo sciamano, in sostanza, viveva un'esistenza necessaria
alla società ma pericolosa, e rischiava dopo la morte di
trasformarsi in licantropo od in vampiro. E' interessante notare che
Anne Rice - la scrittrice americana che ha creato uno dei cicli
contemporanei di maggiore successo di romanzi sui vampiri -, dopo avere
incontrato il termine táltos negli
scritti di Carlo Ginzburg (che paragona questo personaggio ungherese ad
analoghe figure di altre regioni europee), ha rappresentato il taltos (parola che scrive senza
accento) non come persone umane dotate di speciali poteri, ma come
esponenti di una razza pre-adamitica, simile agli uomini ma più
grande e potente. I suoi ultimi rappresentati sono legati
all'umanità da un complesso rapporto, i cui poli sono il
malvagio Lasher (un taltos
ucciso in Scozia all'epoca della Riforma che, sotto forma di spirito,
cerca di ritornare nel mondo attraverso le sue relazioni con una
dinastia di streghe, la famiglia Mayfair, ed infine vi riesce dopo tre
secoli di sforzi) ed il benevolo Ashlar, un personaggio tuttora vivente
che opera per il bene dell'umanità e che i primi cristiani
celtici già consideravano un santo. I taltos di Anne Rice, accopiandosi
fra loro, producono figli già adulti ed autosufficienti (da cui
il pericolo che l'incontro fra un maschio ed una femmina taltos sugli esseri umani). Un taltos può anche generare un
figlio - più spesso una figlia - con una donna umana con
particolari caratteristiche (una strega), ma l'operazione p difficile
ed è molto probabile che la strega muoia nel parto da cui
nascerà un nuovo taltos.
Questa mitologia ispira il "ciclo delle streghe" di Anne Rice, che
alcuni critici considerano il suo capolavoro letterario. Anne Rice
ammette peraltro che i suoi taltos
non derivano soltanto dagli stregoni magiari che ha scoperto attraverso
Ginzburg, ma includono anche elementi del folklore celtico e scozzese,
e del ciclo arturiano, che hanno poco a che fare con i táltos ungheresi. Resta
comunque interessante che una scrittice conosciuta principalmente per
le sue storie di vampiri sia interessata ai táltos e abbia fatto
rivivere, sia pure alterandolo considerevolmente, il loro mito. D'altro
canto i sostenitori della teoria dell'origine sciamanica del mito del
vampiro insistono a loro volta sul collegamento - in qualche modo
intuito da Anne Rice con la sua trasformazione del táltos - fra miti sciamanici
e celtici. I secondi deriverebbero dai primi, e sarebbero responsabili
della nascita di tipi vampirici in Scozia ed in Irlanda (dove il
vampiro più importante è chiamato dearg-dul).
La teoria dell'origine sciamanica riposa naturalmente a sua volta su
una forma di "filosofia del vampiro". Questa filosofia lega l'emergere
del relativo mito alla rottura dell'ordine cosmico fra i vivi ed i
morti, così importante per lo sciamanismo, ed insieme alla
previsione di una possibilità o perfino di una
probabilità di questa rottura. Le opere degli autori che abbiamo
citato mostrano in effetti singolari concordanze a proposito del
ritorno di morti assetati di sangue in numerose regioni dell'area
sciamanica. Alcuni quesiti rimangono tuttavia aperti. Non è
sempre chiaro a quale data vadano fatti risalire i primi resoconti di
casi di vampirismo, che sono stati trascritti raramente nel Medioevo e
più spesso da folkloristi moderni. Queste difficoltà di
datazione rendono difficile ai sostenitori della teoria dell'origine
sciamanica spiegare in modo preciso come il mito - che dovrebbe avere
origini siberiane e ugrofinniche - abbia potuto diffondersi, fino ad
emergere con i connotati moderni che conosciamo in area balcanica e
slava nei primi secoli dell'era moderna.
Tratto
da Massimo Introvigne
La stirpe di
Dracula
- Mondadori