Dal tramonto del socialismo alla zona rossa di Genova
In questo capitolo cercheremo di mostrare come la teoria razzista e minoritaria dell'estrema destra statunitense, in seguito alla crisi del socialismo, sia diventata l'arte di governo neoliberista e, globalizzandosi, si sia radicata nella cultura e nelle pratiche dei poteri di destra così come di sinistra durante gli anni novanta. Citeremo per questo i passaggi fondamentali e alcuni avvenimenti per farne oggetto di memoria collettiva. Vedremo poi come questa logica statunitense sia in realtà la logica del sapere politico oggi dominante, quello dell'economia politica. Il richiamo alle analisi di Foucault su stato, neoliberismo, popolazione, territorio e polizia ci permetterà di dislocare l'analisi sul piano della produzione sociale della richiesta di sicurezza, cogliendo quelle linee di tendenza dell'occidente che erano già in parte contenute nel concetto di polizia agli albori dello stato moderno. La criminalizzazione dei migranti rafforza un maggiore controllo della forza lavoro clandestina, che ottiene il permesso di uscire dalla clandestinità da quel micropotere esercitato nella relazione personale con il proprio padrone. L'esigenza di bonificare i quartieri da clandestini, prostitute e tossici è il terreno su cui, attraverso la produzione massmediatica dell'opinione pubblica, si è imposta la cultura del sicuritarismo. Parallelamente la polizia come corpo armato di prevenzione e repressione si è evoluta assumendo quei caratteri postmoderni che hanno fatto cadere alcune distinzioni tra polizia e militare. E' su questo terreno che si è aperto lo spazio politico dello stato di eccezione in cui la polizia può agire fuori da ogni controllo proprio perché soddisfa una richiesta sociale. E' questo il terreno su cui si è prodotta in silenzio la convergenza del militare verso la polizia e della polizia verso il militare. Il corpo italiano dei carabinieri, un corpo di confine tra militare e polizia, ha potuto agire impunemente a Genova perché la zona rossa era stata preparata. A Genova tutto partì con la chiusura dei negozi e con la chiusura del tribunale: l'ansia sicuritarista della gente e l'abbandono della città furono le premesse per lo stato d'eccezione in cui operarono le forze di polizia.
Dallo stato sociale allo stato penale
Nel novembre 1989, con la caduta del muro di Berlino, cadeva non solo il comunismo ma anche qualsiasi progetto socialdemocratico. Secondo un grande intellettuale parigino, Pierre Rosanvallon, "la socialdemocrazia ha guadagnato intellettualmente dopo la caduta del comunismo ma ha perso la sua identità e la sua capacità di esistere come programma di riforme."[1] In effetti oggi appare chiaro non solo che la rivoluzione sovietica del 1917 ha completamente esaurito la sua spinta propulsiva sui movimenti di liberazione, ma che anche i programmi di riforme sociali non esistono più tra i partiti politici. Oggi le spinte di liberazione non si alimentano più di quell'utopia di cui si alimentarono socialismo, socialdemocrazia e comunismo nel Novecento.
La genesi dell'ideologia della tolleranza zero, ideologia in cui la sinistra istituzionale è talvolta riuscita a battere la destra, va paradossalmente cercata nell'utilizzo di Gramsci da parte dell'estrema destra statunitense. La sinistra istituzionale di oggi ha fatto proprie le idee che trent'anni fa erano considerate ultraliberali. Edwin Feulner, presidente della Heritage Foundation, uno dei maggiori serbatoi di idee della destra statunitense, ha fatto così proprie le tesi di Gramsci sull'egemonia culturale: "Quando abbiamo cominciato nel 1973 eravamo quelli `dell'ultra destra' o di `estrema destra'. Oggi le nostre idee vanno per la maggiore"[3].
Loïc Wacquant, sociologo francese, ha mirabilmente descritto la genesi razzista dell'ideologia di tolleranza zero, ideologia e pratica di gestione dello stato, che appunto accomuna tutti i politici europei. E' il Manhattam Institute - fondato da Anthony Fisher, il mentore di Tatcher e William Casey, futuro direttore Cia - che lanciò il celebre libro di Charles Murray, Losing Ground. Nonostante "si presentasse come un'opera truffa, infarcita di non-sense logici ed errori empirici divenne rapidamente un classico del dibattito statunitense sull'assistenza sociale"[4]. La tesi era semplice, e anche se per la sua rozzezza non troverà grande credito accademico, servirà da guida ideologica. La povertà è dovuta alle sovvenzioni sociali che tolgono la voglia di lavorare. Il medesimo ideologo "raffinava" le sue spiegazioni in un libro scritto a quattro mani con uno psicologo: le ineguaglianze razziali e di classe rifletterebbero differenze individuali di capacità cognitiva. Insomma si "diviene criminali non a causa delle privazioni materiali (deprived ) (...) ma per carenze mentali e morali (depraved )"[5]. Nel medesimo libro si legge: "Il sistema migliore per rialzare il quoziente intellettuale di una società è di fare in modo che le donne intelligenti abbiano un tasso di fertilità più alto di quelle che non lo sono". L'assistenza sociale deve essere abolita "perché sovvenziona la maternità delle donne povere che sono molto meno intelligenti delle altre"[6]. La potente Fondazione, forte di un budget di 5 milioni di dollari, promosse congressi scientifici: è qui che Rudolph Giuliani, futuro sindaco di New York City, è stato molto spesso visto intento a prendere appunti.
I senzatetto, i lavavetri, i piccoli spacciatori, le prostitute, i mendicanti, e i graffitisti sono i bersagli delle campagne elettorali di Giuliani. Diventato sindaco dal 1993, Giuliani costruirà il modello della polizia cittadina, che sarà presto esportata nel mondo intero. In cinque anni il budget della polizia sale del 40% mentre i servizi sociali vengono decurtati del 30% con la perdita di 8.000 posti di lavoro. Gli operatori sociali comunali saranno quindi 13.400 contro l'esercito cittadino di 46.000 poliziotti. La presunta diminuzione della criminalità era in realtà iniziata già tre anni prima dell'ascesa del modello Giuliani, ed è riscontrabile anche a Boston, San Diego e Chicago, città senza "tolleranza zero". Eppure il modello si globalizza presto: nel 1998 viene elogiato e applicato a Città del Messico, Buenos Aires, Brazilia.[7]
Mentre il leader della socialdemocrazia tedesca Schröder sostiene le teorie xenofobe ("non dobbiamo più essere timorosi con gli stranieri colti con le mani nel sacco. Per coloro che violano le nostre leggi dell'ospitalità non esiste che una soluzione: fuori e subito") [8], la Cdu sostiene la campagna Null Toleranz: tolleranza zero. Nasce la corsa a chi è più severo con illegali e clandestini. La rincorsa all'elettorato di centro legittima una maggiore severità con i/le migranti. Questa maggiore severità alimenta il clima culturale di intolleranza. Mentre il sindaco di Milano Albertini (di Forza Italia) si precipita a New York a imparare da Giuliani, D'Alema si precipita da Albertini (gennaio 1999) e il suo governo adotta una serie di misure repressive ispirate al modello britannico (criminalizzazione di alcuni illeciti minori, accrescimento dei poteri di polizia) e sospende Francesco Margara, noto per le sue posizioni non in sintonia con il nuovo modello. Contemporaneamente viene istituito una sorte di servizio segreto della polizia penitenziaria con ampia libertà operativa nelle carceri ed è permesso l'accesso ai comandanti di polizia al ruolo di direttori di carceri. Dopo dieci anni di ipotesi di riassetto del settore sicurezza, questa opera si compie proprio con il governo D'Alema, lasciando nello scontento una parte della polizia di stato e andando incontro alle attese delle gerarchie dei carabinieri.[9] Il governo D'Alema ha dimostrato di voler essere il primo a raccogliere la domanda sociale di sicurezza e nel Documento di programmazione economico-finanziaria (sic) per gli anni 2000-2003 il paragrafo sulla sicurezza precede quello sulla esclusione sociale.[10] Come vedremo successivamente, Tolleranza zero è il modello di governo politico neoliberista. Anche Bassolino (sindaco di centro sinistra di Napoli) si appropria di Tolleranza zero per pulire il centro storico, ma soprattutto per applicarla alla piccola e media criminalità. Un ragazzo viene giustiziato per strada: non aveva il casco e prendeva in giro i poliziotti. Persino sulle colonne dell'Unità, arriverà per bocca di un poliziotto l'accusa: "Gianni Ciotti, del Siulp, ... è molto critico verso la sinistra. Dice che la svolta nella polizia - la svolta militarista - è avvenuta già con il centro-sinistra. Dopo anni di pace sociale le prime cariche violente ci furono nel '97, col governo Prodi a Palazzo Chigi. Furono caricati gli handicappati. Poi Napoli, poi Genova... L'errore è stato quello di credere che il problema del rapporto con la polizia si risolvesse al vertice"[11].
Siamo di fronte a un fenomeno locale e globale. La richiesta di sicurezza è prodotta dal basso, a livello locale, e le soluzioni arrivano dall'alto, come le leggi della scienza economica. Il termine "sicurezza" che negli anni dello stato sociale era associato sia a questioni militari (nazionale, nucleare, ...) sia a questioni sociali (lavoro, ambiente, ...) diventa la parola d'ordine della società che è stata definita dell'incertezza e del rischio. Mentre in Europa Bossi veniva paragonato ad altri leader di movimenti razzisti europei (Haider e Le Pen), D'Alema in Italia tranquillizzava tutti: "La Lega c'entra moltissimo con la sinistra, non è una bestemmia: tra la Lega e la sinistra c'è forte contiguità sociale. Il maggior partito operaio del nord è la Lega, piaccia o non piaccia. È una nostra costola. (...) Nelle Elezioni Amministrative i ballottaggi hanno confermato la grandissima disponibilità degli elettori della Lega a votare i nostri candidati e dei nostri elettori a votare per la Lega".[12] Al di là delle implicazioni tattiche ed elettoraliste, è chiara l'inesistenza di grandi discriminanti ideologiche ed etiche prima ancora che politiche tra centro-destra e centro-sinistra: è il terreno comune della cultura del sicuratismo.
Mentre in Europa si spande come una piaga la teoria razzista di Tolleranza zero - che piaccia o non piaccia a D'Alema - a New York, iniziano le critiche: tra il 1992 e il 1994 aumentano del 60% le denunce sporte contro la polizia. Tra queste la metà viene da afrostatunitensi, nonostante siano solo il 20% della popolazione. Nel 1997 in Usa gli arresti e i fermi (senza motivazione giudiziaria) sono maggiori dei crimini e reati registrati (cifra senza precedenti storici). Eppure in Europa il centro-sinistra cerca di mostrarsi all'altezza del centro-destra. In Italia gli spazi pubblici vengono modificati: alle stazioni le panchine sono a prova di senzatetto, fatte cioè in modo che non ci si possa sdraiare. A Treviso i muretti sono ricoperti di cocci di bottiglia per non far sedere i migranti. A Milano dei sottoponti vengono recintati per impedire che si dorma sotto. I senzatetto danno fastidio persino alla vista.
Loïc Wacquant muove la sua accusa più grande a Jospin, leader del centro-sinistra francese. Jospin avrebbe fatto delle dichiarazioni televisive dando per buono che ci fosse un aumento di criminalità, secondo dati divulgati dai mass-media ma avrebbe invece trascurato i dati di un rapporto scientifico commissionato dallo stesso governo, rapporto in cui non si registrava nessun aumento di criminalità che giustificasse maggiori misure repressive. La conclusione di Wacquant è secca, ma è un monito per tutta la sinistra istituzionale europea che ha rincorso il delirio razzista statunitense: "Se i governanti si prendessero la briga di leggere le relazioni di studio che commissionano (...) eviterebbero al paese molti pseudo dibattiti particolarmente nocivi"[13].
La polizia postmoderna
Mentre lo stato toglie le vere sicurezze ai suoi cittadini - diritti sindacali e assistenziali - votando leggi che flessibilizzano il lavoro e che ne erodono i diritti, i politici farneticano di voler difendere la sicurezza dei propri cittadini dagli stranieri. Si tolgono le garanzie sociali di sicurezza per la vita e per il futuro e si alimenta l'insicurezza.
Le cifre dello stato penale statunitense sono allarmanti. Sei milioni di statunitensi sono sotto pena: le percentuali dei neri in carcere in Usa sono doppie rispetto a quelle del Sud Africa ai tempi dell'Apartheid. Insomma one to Yale, one to jail... uno all'università e uno in prigione, si diceva venti anni fa, ma ora i neri in carcere sono più di quelli che vanno all'università. Il tasso di povertà Usa è doppio di quello europeo: 35 milioni sono i poveri. Gli Usa spendono in sanità il triplo che l'Europa (rispetto al Pil ) ma 50 milioni sono privi di assistenza medica. Il salario reale minimo del 1997 è inferiore del 30% a quello del 1967. Qui non affrontiamo le conseguenze sociali denunciate dai rapporti annuali di Amnesty International: razzismo, torture, omicidi più che abusi delle forze dell'ordine sembrano tollerati ampiamente dal modello di tolleranza zero statunitense. Non parliamo nemmeno degli indici di sviluppo umano delle e dei statunitensi non bianchi, che raggiungono cifre vicine a quelle dei paesi poveri (analfabetismo, malattie infettive, malattie infantili, etc...). In Usa nel 1975 la popolazione carceraria era scesa fino a 380.000: dieci anni dopo era di 740.000, nel 1995 era di 1.5 milioni, oltre i 2 milioni dal 1998. Solo in Russia il tasso di carcerazione è più alto. Eppure, nonostante una grande quantità di cittadini siano incarcerati e non contati negli indici di disoccupazione statunitensi, gli Usa guidano la cultura politica del pianeta con le teorie politiche ed economiche del Washington Consensus.
Sempre in Usa nel 1998 il numero di carcerati per reati nonviolenti ha varcato il milione. L'apparato penale ha schedato 55 milioni di cittadini. Questi dati sono ora disponibili su internet e a disposizione dei datori di lavoro. Ora si vuole estendere lo schedario dai condannati a quello dei fermati (50 milioni all'anno). Le spese carcerarie stanno salendo molto sopra quelle giudiziarie. Una delle peggiori istituzioni totali è stata ripristinata: è il lavoro penitenziario, un business in cui si stanno cimentando Microsoft, Twa, Boeing, etc... Un'istituzione che ricorda gli albori del nazismo, quel nazismo che usando le schedature del governo socialdemocratico negli anni 20 aveva individuato gli Asozialen (quelli che continuavano a prendere sostegni dallo stato) per farli lavorare poi nei lager - sul modello del penitenziario - per le grandi industrie tedesche che avevano pagato l'ascesa del nazifascismo.
L'ascesa dello stato penale è fenomeno anche europeo, benché con numeri molto diversi. In ogni caso anche se le politiche europee - di destra e di sinistra - sono orientate da questo modello statunitense, nessun nesso tra criminalità e carcerazione è comprovato da studi scientifici. I migliori studi mostrano al contrario una stretta correlazione tra deterioramento del mercato del lavoro e crescita della popolazione carceraria.[14] Di fronte alla carcerazione e criminalizzazione dei migranti la destra vede consolidate le sue idee, mentre nella sinistra si consuma la crisi, le differenze e le insicurezze: nessuno sa veramente cosa fare. La criminalizzazione dei migranti porta anche a un maggiore controllo della forza lavoro clandestina, maggiormente ricattabile perché quasi sempre può ottenere la legalità solo dal suo padrone di lavoro. E con più clandestini e clandestine ricattabili tutti i diritti dei lavoratori diminuiscono, i lavori si precarizzano ulteriormente, il potere contrattuale dei datori di lavoro aumenta. Nel linguaggio aziendale e televisivo i diritti del lavoro diventano i costi del lavoro. In realtà è la clandestinizzazione dei lavoratori migranti e non la loro presenza che indebolisce i diritti dei lavoratori.
Aprire i muri? Controllare i flussi? E come essere giusti, come rivendicare l'uguaglianza? La sinistra è in crisi. Del resto queste clandestine non vengono nei nostri paesi proprio perché qui il 20% della popolazione del pianeta consuma oltre l'80% delle risorse? Ecco quindi che la caduta dell'internazionale socialista può essere rappresentata dalla rimozione dei "diritti del lavoro" e dalla relativa sostituzione del "diritto alla sicurezza", con tutte le conseguenze politiche e budgetarie che ciò comporta nella gestione della res publica.
L'internazionale socialista sta tragicamente affondando, ma ciò che è più tragico è che i suoi dirigenti sono talvolta su posizioni molto più di destra della cultura popolare di gran parte del loro elettorato. Non deve quindi sorprenderci se in Italia la sinistra istituzionale non si sia schierata chiaramente in difesa dell'articolo 18 (o lo abbia difeso in modo strumentale attraverso un referendum) e abbia istituito i centri di espulsione dei migranti illegali (legalmente ribattezzati Centri di permanenza temporanea), vere e proprie carceri in cui rinchiudere stranieri la cui unica colpa è quella di migrare. La sinistra istituzionale non ha mosso un dito durante il colpo di Stato in Venezuela contro Chavez. Anzi qualcuno si è unito al coro militarista statunitense che applaudiva la caduta di un presunto dittatore.[15] Ansiosi di potere i leaders socialdemocratici europei hanno abbracciato le teorie del libero mercato, privatizzando sanità, istruzione, ricerca e flessibilizzando il lavoro. Un'operazione di riduzione complessiva dei diritti in nome della crescita economica. Tutto questo è stato legittimato mescolando lo spirito di Realpolitik (se non lo facciamo noi lo fa la destra peggio di noi) con una sincera devozione e fede nelle magnifiche sorti e progressive del libero mercato. Una mescolanza di queste due mezze ragioni che non solo non faceva una vera ragione, ma nascondeva l'assenza di un progetto etico e politico basato sui valori dell'uguaglianza, della fraternità, della libertà. Un'assenza di progetto etico, un'assenza di orientamenti politici forti, insomma un nichilismo. Chi contento, chi scontento, tutti i politici "riformisti" della sinistra istituzionale hanno accettato l'idea che il mercato fosse l'unico orizzonte possibile. Così mentre la parola "riforma" era sulle bocche di ogni politico, la parola "diritto" veniva segnalata solo come impedimento al "libero" mercato. E come è già successo nella storia con l'ideologia delle riforme sono state varate le peggiori controriforme, si sono persi molti diritti a vantaggio della "libertà" di impresa. Proprio come aveva indicato il Piano di rinascita democratica della P2 [vedi box]. Il problema non è stato tanto e solo quello dell'ascesa dell'egemonia delle ideologie di destra, quanto l'egemonia prodotta da queste idee nella cultura democratica europea.
Oggi ci troviamo come Gramsci dopo la prima grande guerra a dover raccogliere la bandiera dei diritti lasciata nel fango dalla sedicente sinistra. E' infatti in questo clima di crisi che si sono aperti gli spazi di sospensione dei diritti fondamentali che con una metafora indichiamo come zone rosse.
Chiamiamo zona rossa quella costellazione di dimensioni sociali aggredite dal neoliberismo e svuotate di dignità. Come i territori sono aggrediti dalle polizie e svuotati di fiducia e legami sociali, così il lavoro è svuotato di diritti e tutele, aggredito e disumanizzato.
Quello che si è imposto con l'avallo dei governi in Europa è in realtà un modello globale, che viene dagli Stati Uniti ma risponde a domande locali. Se nello stato sociale la polizia aveva il ruolo di controllare il conflitto sociale, nel neoliberismo la polizia postmoderna è passata alla repressione della piccola criminalità come attività principale. Durante lo stato sociale la polizia in Italia aveva un'immagine della società che Palidda definisce "semplice": parrocchie da un lato, partiti di sinistra e sindacati dall'altro. Quartieri operai e fabbriche che non la volevano, quartieri amici e benestanti che la volevano. Amici e nemici chiari insomma. "Sino agli anni Ottanta, il problema della criminalità urbana è rimasto occultato dai conflitti di classe, dalla preoccupazione per i terrorismi e per la criminalità organizzata"[16].
Alla fine degli anni Settanta iniziano a uscire le volanti per pattugliare le strade, poi negli anni Novanta iniziano le operazioni di bonifica dei quartieri, in cui immigrati, nomadi, tossicodipendenti sono i maggiori bersagli. Soggetti che, al massimo, dovrebbero essere presi in cura da operatori sociali preparati. Aumentano le chiamate verso i telefoni della polizia. Le chiamate non si traducono in modo considerevole in atti di polizia giudiziaria, spesso la polizia è chiamata per questioni che non dovrebbero riguardarla, come fughe di gas o incendi. Non manca però l'arbitrarietà fuori dalle procedure previste nelle perquisizioni. La questione più grave è però la percezione sociale: il deviante contemporaneo è percepito come una minaccia dalla società. Un ex-questore di Milano interrogato da Palidda, ha spiegato: "La microcriminalità è sempre la stessa, è l'insofferenza della gente, quindi la richiesta di sicurezza, che io trovo non nuova ma accresciuta"[17]. E' la società che produce i comitati di quartiere ed i cittadini dell'ordine per difendersi da prostitute, clandestini, tossici, e spesso con toni che pretendono di non essere razzisti. In realtà la polizia riceve telefonate per la presenza di marocchini che parlano sotto casa e le volanti fermano le persone in base al colore della pelle, chiedendo per prima cosa la nazionalità.
br> E' il sicuritarismo localista che nasce e si riproduce attraverso i mass-media. I meccanismi sono molteplici. In primo luogo le notizie delle pagine locali di cronaca o nei giornali locali assumono un carattere di primo piano. I comitati di quartiere e le loro lotte assumono un'importanza enorme. Arrivano poi alle pagine nazionali con toni sensazionalistici che contribuiscono a rinforzare enormemente tali comitati popolari. Le notizie tuttavia non sono quasi mai verificate e le affermazioni qualunquiste vengono prese spesso per possibili dai giornalisti e per vere nei titoli. E' infatti la parte grafica che gioca la parte più importante nei giornali: oltre ai titoli, foto e tabelle, o addirittura loghi sull'emergenza criminalità o emergenza clandestini, attribuiscono a fatti abbastanza normali l'apparenza della catastrofe naturale. Il linguaggio catastrofista corona il tutto: non resta che la soluzione armata.[18] E' così creata l'opinione pubblica che da sola fa pressione sulla polizia senza bisogno di alcun ruolo particolare dello stato. Lo stato dovrà poi solo avvallare le strategie della polizia come scelte tecniche modificando il suo apparato giuridico e limitando di fatto i poteri dei magistrati. Per chiudere il cerchio del sicuritarismo vengono allontanati i poliziotti improduttivi (con bassi tasti di arresti) ed inseriti giovani inesperti con una grossolana cultura razzista, come per esempio nel 1999 a Milano.
Prendendo esempio dalle megaretate antidroga dirette in grande stile, con elicotteri e grande dispiegamento di truppe su alcune piazze di Milano, note come luoghi di spaccio, Maurizio Rotaris, operatore sociale, spiega: "l'effetto dell'azione forte, concentrata su un singolo punto, è la dispersione del fenomeno su tutto il territorio circostante, non già il suo controllo, né una mirata azione anticrimine, ma la frammentazione dei traffici stessi sul territorio. Ne segue la protesta dei cittadini nelle nuove zone interessate dalla dispersione che chiedono ovviamente maggior sicurezza." Si tratta - per Rotaris - non di un'errata strategia, ma di una precisa strategia politica che crea le condizioni di insicurezza. Strategia che si abbina ai tagli neoliberisti per le spese sociali.[19]
Neoliberismo, popolazione, territorio e polizia
E' proprio questo meccanismo di creazione dell'opinione pubblica, questa spinta per una nascita di autodisciplina per così dire spontanea nella società, questo bisogno di sicurezza, che Foucault aveva già individuato nel concetto di polizia, inteso non come corpo armato di repressione, ma come arte di governo, come modalità di gestione del potere nella società.
L'analisi dei meccanismi di sicurezza sviluppatesi negli anni Novanta con il modello trionfante di Zero tolleranza qui descritti erano stati ben intuiti da Foucault venticinque anni fa.[20] Secondo Foucault la governabilità (ovvero quel complesso meccanismo di potere dello stato e dei suoi molteplici micropoteri sulla società) utilizza lo strumento dell'analisi economica per imporre dispositivi di sicurezza in primo luogo sulla popolazione e poi sul territorio in cui questa vive. Oggi che per la prima volta la migrazione è vista come ostacolo al processo di sviluppo economico, le sue preziose intuizioni ci sembrano fondamentali, soprattutto se messe in relazione a quelle di Marcos sul neoliberismo come quarta guerra mondiale contro l'umanità [vedi box].
Foucault va alla ricerca "del modo in cui i problemi specifici della vita e della popolazione sono stati posti all'interno di una tecnologia di governo che senza essere stata sempre liberale, tutt'altro, dalla fine del XVIII secolo, non ha cessato di essere ossessionata dalla questione del liberismo".
Per Foucault il neoliberismo statunitense - pur essendo del 1978 l'analisi di Foucault aveva come preciso riferimento la scuola di Chicago, che avrebbe imposto nel ventennio successivo il suo credo al mondo globalizzato - non è né una teoria economica, né una ideologia, ma una pratica di gestione del potere: "il neoliberismo statunitense cerca piuttosto di estendere la razionalità del mercato, gli schemi di analisi che esso propone e i criteri di decisione che esso suggerisce a domini non esclusivamente economici, o non primariamente economici. Così la famiglia e la natalità; così la delinquenza e la polizia penale." E' una pratica di esercizio di governo, una razionalizzazione del potere che ubbidisce alla logica massimale dell'economia. Vedendo il neoliberismo come arte di governo, non nel senso di gestione dello Stato attraverso i suoi meccanismi democratici, Foucault, scartati inutili dibattiti sulla dialettica tra stato e mercato, notava come i meccanismi che si stavano disponendo miravano a un controllo di diversi ambiti dalla natalità e la delinquenza all'igiene pubblica. Un potere insomma che si articola a diversi piani, ma dall'interno della società e non contro di essa.
Traccia così una storia dell'origine delle pratiche e teorie di polizia negli studi tedeschi e francesi del XVIII secolo. Come le dottrine della ragione di stato, quelle relative alla teoria di polizia non evocano arbitrarietà e violenza, al contrario cercano di evitarla. Allora i primi teorici della polizia insegnavano una disciplina accademica: Polizeiwissenschaft (scienza della polizia). Attraverso l'insegnamento universitario (in particolare a Göttingen), teorizzavano un corpo dottrinale e redigevano i manuali di governo della società educando così gli statisti dell'epoca. In queste dottrine il benessere degli individui diventa oggetto di studio non perché la società abbia come scopo il benessere, ma perché questo benessere è la condizione di consolidamento della società stessa. Per questo - secondo queste dottrine del XVIII secolo - la polizia si occuperà della sanità, dell'afflusso di merci e del funzionamento del mercato, della viabilità delle strade, della sicurezza pubblica, del buon funzionamento delle fabbriche, del controllo delle domestiche, dei poveri, dei mendicanti e dei vagabondi; principalmente la polizia si occuperà del rispetto della religione "perché se la religione viene osservata tutte le altre parti della polizia saranno compiute".
L'analisi di Foucault si focalizza non sulla polizia come corpo di repressione, censura, espulsione, ma in primo luogo come dispositivo di governo che attraversa corpi e le relazioni, induce piacere, forma sapere e discorsi. In questo senso i dispositivi di polizia del potere economico oggi dominante (neoliberismo) sono qualcosa che attraversa la società per intero.
Dal XVIII secolo noi viviamo in un'epoca di governabilità, dove quel che è in gioco non è mai stato il maggiore o minore ruolo dello stato, ma il modo di esercizio del potere. La polizia è arte di governo che organizza la società e la sua specificità non consiste nell'uso della forza ma nella produzione di sapere. La sua forza è nel dispiegamento preventivo, ed è per questo che la polizia trova l'espressione di massima forza nel dominio biopolitico, quello esercitato dal liberismo. Per governabilità Foucault intende quindi un insieme complesso di istituzioni, procedure, analisi, saperi, che permettono di esercitare un potere specifico, benché complesso. Questa governabilità ha la popolazione come oggetto, la scienza economica come forma dominante di sapere, i dispositivi sicuritari come strumento tecnico. Governabilità è però anche la linea di forza dell'Occidente, la tendenza dell'Occidente verso una società disciplinata.
Da un parte sembra quindi che esista una spinta militarista verso il modello di Tolleranza zero, dall'altro sembra che ci sia un tendenza nella società stessa verso l'autodisciplina. In realtà si tratta di due facce della stessa medaglia. Il panico della gente è prodotto per poi, una volta cristallizzato in opinione pubblica, diventare il criterio di ordine pubblico per reprimere ogni "devianza" (centri sociali, clandestine, anarchici, tossici). Analizzando ora le premesse della nascita della zona rossa a Genova, è comprensibile capire quali sono oggi i meccanismi di potere in atto nei confronti di chi non li accetta. A Genova tutto iniziò con la chiusura dei negozi. In un clima sicuramente non spontaneo, con l'esplosione di qualche bombetta e la conseguente detonazione mass-mediatica, molti negozianti furono indotti a chiudere con la duplice minaccia: da una parte la polizia, dall'altra il clima mass-mediatico che annunciava una battaglia. I cittadini di Genova si trovarono in una città occupata da un vero e proprio esercito e molti di loro la abbandonarono. I dimostranti contrattarono addirittura per avere il diritto di potere protestare. In questo senso la zona rossa indica anche la crisi di un sistema che trovandosi costretto a reprimere mostra la sua debolezza. In questo clima la chiusura del tribunale prefigurava lo stato di eccezione in cui le forze poliziesche avrebbero operato.
Messa a fuoco: tra mirini e teleobiettivi
Genova è stata un'importante tappa di evoluzione del movimento contro la globalizzazione neoliberista. Dopo Seattle, per la prima volta in Italia, un network di associazioni, gruppi, organizzazioni sociali di diversa provenienza e storia si sono ritrovati uniti a contestare il vertice dei G8. Ognuno manifestava secondo la propria prospettiva, nel rispetto degli altri. Era un mondo che riusciva a contenere molti mondi.
Genova, non bisogna stancarsi di ripeterlo, è stata una mattanza. A ormai due anni di distanza da quelle terribili giornate la memoria comincia a perdersi, ed è quindi utile ricordare quanto successe.
A Genova la polizia ha puntato le armi sui manifestanti e contro i manifestanti arrestati. Ha sparato più di una volta, ha ucciso Carlo Giuliani, compagno di 23 anni. Le forze dell'ordine hanno disperso un corteo di 300.000 persone, hanno usato lacrimogeni tremendi al CS sparando ad altezza d'uomo, dai tetti, dagli elicotteri: qualcosa di irrespirabile per qualità e quantità. Hanno insultato continuamente, fin dai giorni prima, apostrofando con comunisti e ebrei, puttane e bastardi. Si sono viste camionette sfrecciare con poliziotti che facevano volteggiare i manganelli dai finestrini. Hanno picchiato indiscriminatamente donne, ragazze, uomini, gente con mani alzate, disabili, manifestanti e giornalisti. Hanno proceduto a fermi in modo irregolare, negando il diritto all'assistenza legale, picchiando e intimidendo in modo sistematico, torturando e insultando. Per le donne è stato riservato il trattamento peggiore, costrette a subire ulteriori violenze e minacce di stupro. E' stato assaltato il centro stampa del Genoa Social Forum, sono state interrotte le linee telefoniche (primo obiettivo di ogni golpe militare: interrompere le comunicazioni del nemico!) sono stati smontati e distrutti i computer contenenti numerose prove delle azioni della polizia e degli infiltrati dei due giorni precedenti, sono state barbaramente picchiate a sangue tutte le persone inermi. A Bolzaneto era stato predisposto un centro di raccolta dei fermati dove venivano inflitte vere e proprie torture. Gli ospedali erano presidiati e gestiti dalla polizia, gente arrestata è arrivata in carcere con le ossa ancora rotte... poi, solo dopo le botte, è stata portata in ospedale. Raccapriccianti i racconti del personale medico.[21]
Di ciò che accadde nella città ligure in quei giorni si è detto, scritto e commentato tanto. Sono state girate centinaia di ore di registrazioni video e audio, scattate migliaia di fotografie, fino a far diventare il caso di Genova come uno dei più documentati della storia dell'informazione di massa.
Nonostante però l'incredibile mole di documentazione, risulta difficilissimo porre dinnanzi alle proprie responsabilità i funzionari di polizia e dei carabinieri responsabili dell'ordine pubblico, e quindi delle incontestabili mattanze delle giornate genovesi. Inoltre tutto questo materiale è per molta parte inutilizzabile, soprattutto perché le forze di polizia sono riuscite a sequestrarne una gran parte che resta ancora oggi non consultabile perché distrutta.[22]
A Genova in molti hanno messo a fuoco obiettivi. E mentre gli organi di informazione mettevano a fuoco ciò per cui erano stati pagati, un carabiniere puntava il mirino della sua pistola contro Carlo Giuliani [vedi box] facendo fuoco e uccidendolo.
Quello che è importante capire è se la repressione di piazza a Genova abbia seguito un piano preciso di repressione del movimento, o se invece le violenze furono una conseguenza più o meno diretta del particolare clima di tensione che si era venuto a creare in quei giorni, imprevedibile quindi per tutti.
Probabilmente la verità sta nel mezzo, nel senso che in quelle giornate a Genova si confrontarono diverse linee di gestione di piazza tra le forze dell'ordine, e ne uscì vincente quella più dura, quella della tolleranza zero, alla quale le altre forze di polizia si adeguarono. E' infatti convinzione di molte, che fino al pomeriggio del 20 luglio, le differenti linee di gestione della piazza fossero per così dire, paritarie, e nessuna prevalesse. Analizzando però i brogliacci delle comunicazioni delle forze dell'ordine in quelle ore, si è scoperto come a un certo punto, e cioè quando i Carabinieri caricano con inaudita violenza il corteo delle Tute Bianche, le comunicazioni tra i vari reparti si interrompono o sono molto confuse, tanto che il grosso contingente della polizia posto poco dietro ai carabinieri che caricano, non sa nulla di ciò che accade davanti. E' qui che probabilmente ha inizio tutto.
Una resa dei conti tra le forze di polizia. In che modo queste linee di comando si sono confrontate a Genova? Che storia hanno gli ufficiali che ci siamo trovati di fronte? Ci sono delle connessioni tra questi militari e il potere politico? Ma soprattutto, si può parlare di un piano studiato a tavolino, o più semplicemente di una linea che prevale e che sfrutta il grande clima di tensione tra i manifestanti e le forze dell'ordine?
Anzitutto, che ci sia stata un indubbio avvallo ed un sostegno al comportamento delle polizie è dimostrato dal fatto che il vicepremier e leader di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini e altri membri del suo partito, come Giuseppe Ascierto (ex maresciallo dei carabinieri) si siano recati in quei giorni al centro operativo delle forze dell'ordine, con un intento mai chiarito. Quali erano le finalità di tale presenza? Perché i vertici politici, polizieschi e militari, condussero operazioni di polizia congiunte, durante le giornate di Genova?
Sicuramente da un lato c'è stato il palese tentativo di spaventare parti dell'eterogeneo mondo del movimento dei movimenti, creando le condizioni per una successiva e facile suddivisione dei manifestanti tra violenti e non violenti, con l'obiettivo di creare spaccature nel Genoa Social Forum e tra i movimenti in piazza. Si è cercato di "chiudere i conti" con il nuovo movimento che cominciava a fare paura per dimensioni e radicamento nella società. Ciò lo si può capire analizzando il comportamento delle forze dell'ordine durante i due giorni di scontri. Interventi chirurgici contro gli spezzoni pacifisti e meno preparati, uso di armi da guerra come il gas lacrimogeno al CS che, composto da reagenti mai testati sull'uomo, provoca danni permanenti, e che figura tra le armi chimiche contestate dal Governo statunitense al regime di Saddam in Iraq.[23] Eppure probabilmente l'obiettivo più importante da raggiungere era quello di screditare il movimento di fronte all'opinione pubblica, facendolo risultare come composto da frange violente e vandaliche. Due attori in questo caso sono stati molto importanti: gli infiltrati e gli organi di stampa. Gli infiltrati presenti in forze a Genova (come documentato da La Repubblica, L'Unità e il Manifesto [24] e presentato da Gavino Angius dei DS in una interrogazione parlamentare) venivano prevalentemente da organizzazioni di estrema destra emiliane e tedesche; si ipotizza poi che siano stati chiamati nella città ligure anche da esponenti delle forze di polizia. Questi avevano il compito palese di creare confusione, devastando indiscriminatamente tutto ciò che gli si presentava davanti (modalità d'azione ben diverse dai veri Black Bloc che colpiscono la proprietà privata [25] ) ma con l'obbligo di connotarsi chiaramente con determinate simbologie, in primis quella anarchica.
Se ciò non fosse vero infatti come si spiegherebbero azioni quali bruciare due volte in due occasioni diverse la stessa banca o distruggere ogni genere di automobili (e non solo quelle di lusso come fa il Black Bloc nelle sue azioni), che non si sa il perché, e nonostante gli allarmi di possibili attentati o disordini, erano sapientemente collocate sui percorsi dei cortei? E le marce pseudomilitari, con i macabri teatrini per la stampa? Qual era lo scopo di mostrare fiamme e simboli in precisi luoghi in cui sarebbero potuti essere messe a fuoco da obiettivi pronti a documentarle?
Un corteo, quello del Black Bloc di venerdì 20, che è stato usato come alibi per le violenze indiscriminate, ma che in realtà, come dimostrato da immagini video, è stato "mosso" dalle forze dell'ordine per le strade di Genova con l'intento di creare scompiglio[26] . Decine di gruppi di infiltrati che il 20 e il 21 compivano devastazioni per le strade, di fronte alla polizia che, seppur in forze sufficienti non interveniva (come nel caso dell'attacco al carcere Marassi), per poi lanciarsi sui manifestanti che nulla c'entravano e che erano in cortei autorizzati dalla Questura.
Piazzale Kennedy, luogo dove sono state scattate le fotografie delle devastazioni e dove il 21 è stata bruciata per la seconda volta la stessa banca, era pieno di giornalisti. Lì, c'era la diretta Rai. Lì c'erano i giornali e le radio.
La maggior parte degli organi di stampa ha messo a fuoco ciò che doveva vedere.
Con l'offensiva di piazza, ecco quindi l'offensiva mediatica. Offensiva che certamente ha visto protagoniste le reti televisive ed i maggiori quotidiani della nazione, in prima linea nella messa a fuoco del Black Bloc, dell'anarchico, del no global, attraverso l'uso spropositato di immagini di atti di vandalismo e distruzione che sembrano parlare da sole, che danno subito l'idea del messaggio che si vuol far trapelare.
Subito è stata operata una divisione: la dicotomia non violenti/ violenti, buoni/cattivi. C'erano i pacifisti e le frange violente. Non c'era ancora la terminologia distorta che ha portato a sostituire il termine "popolo di Seattle", con "no global". Ancora il giorno dopo l'omicidio di Carlo Giuliani Il Giornale titolava "Il popolo di Seattle ha avuto il suo martire". Il termine è arrivato successivamente, con l'accezione negativa che gli veniva associata; questa volta però la definizione non ha riguardato solo determinati gruppi di manifestanti. Oggi infatti con il termine "no global" si tendono a identificare, nel gergo comune, tutte le componenti del movimento che vengono impropriamente accostate al termine violento, senza distinzioni tra le variopinte sfumature che lo compongono. Gli organi di stampa nazionali e locali si rincorrono nel denunciare il pericolo delle manifestazioni "no global", con la conseguente previsione di disordini. Pensiamo a cosa è stato detto e scritto in occasione del Social Forum Europeo a Firenze e quanto di tutto ciò è realmente accaduto. Una relazione creata a arte.
Cominciano a delinearsi alcuni tratti salienti di Genova come esempio di ciò che noi chiamiamo zona rossa. Zona rossa come privazione sistematica dei diritti a partire da quello di manifestare e di libera circolazione (sospensione del Trattato di Schengen). Zona rossa come occupazione militare di una città, ma anche come aggressione dei corpi attraverso una precisa ingegneria della paura.
Zona rossa come compimento della linea più dura della gestione dell'ordine pubblico.
Linee che da decenni si confrontano, ma che ora sembrano aver cambiato i loro reciproci rapporti di forza, anche perché sono mutate molte delle condizioni globali. È quindi importante rintracciare le radici del presente nel torbido passato dell'Italia del dopoguerra alla luce dei cambiamenti globali.
Una storia che parte da lontano
Il comportamento delle forze dell'ordine si può spiegare meglio alla luce di quelle che erano le direttive statunitensi sul dopoguerra in Italia. In un suo articolo su come era organizzata la strategia della tensione tra il 1965 e il 1980 Simone Falanca scrive:
"La catena decisionale della strategia della tensione era quindi basata su < cerchi concentrici >. Facciamo un esempio: un comunicato Cia o Nato contenente una preoccupazione circa un avanzamento elettorale del Pci in Italia, veniva girato dallo stato maggiore ai vertici del Sid come una richiesta Nato di tamponare immediatamente l'avanzata del Pci, a sua volta il Sid incaricava i suoi reparti speciali di provvedere a destabilizzare il clima politico per fare ricadere la colpa sul Pci, a loro volta i reparti speciali si organizzavano coi Nuclei territoriali dello stato a organizzare attentati o omicidi politici in sincronia con le dichiarazioni di personaggi politici che strumentalizzavano gli avvenimenti con l'intento di dimostrare all'elettorato italiano che la sinistra era violenta. In questo modo con la prassi dei < cerchi concentrici > era impossibile risalire a un unico vero responsabile, poiché gli attori principali, politici o ufficiali delle forze dell'ordine si limitavano a lanciare dei segnali, tramite i media ufficiali, comunicazioni interpersonali e altro, in modo tale che chi dovesse recepire il messaggio capisse e si attivasse di conseguenza" [27].
Quando, nel 1965, si svolse a Roma il primo convegno pubblico di studi politici e militari dell'Istituto A. Pollio, finanziato dalla Cia e a cui parteciparono vertici del Sid, del futuro Ordine Nuovo, del Msi e delle Forze Armate, venne messa a punto tale strategia di controllo del sistema italiano legato al Patto Atlantico, di cui Gladio era una delle organizzazioni di riferimento in Italia.[28]
Per la verità tale tipo di organizzazione aveva radici ben più profonde, che affondavano nei giochi oscuri di poteri iniziati subito dopo la liberazione e sviluppatisi in modo importante negli anni '50. La Dc nel 1947, con l'avallo del Pci di Togliatti, conferma in blocco le cariche di praticamente tutti i prefetti, i questori, vicequestori e i commissari che avevano operato durante il periodo fascista. Nel 1956 "l'operazione Gladio" comincerà poi a prendere piede dalla collaborazione tra il Sifar e la Cia, con la firma di un personaggio oscuro come il generale De Lorenzo, all'epoca a capo dei servizi segreti italiani e collaboratore stretto della Cia in Italia. Tra il 1948 e gli anni '50 prenderanno così corpo la rete statunitense "Stay Behind"[29] ed il piano "Demagnetize"[30] , di cui i governi italiani non sapranno mai nulla fino al giorno della resa pubblica di tali documenti.
Probabilmente il convegno del 1965 rappresentò la prima uscita pubblica della fitta trama che legava le forze armate, la Cia, alcuni settori dei servizi segreti italiani ed il loro braccio armato, rappresentato dai gruppi neofascisti che erano stati fatti risorgere per contrastare la sinistra parlamentare ed extraparlamentare.
Che dal dopoguerra in poi ci sia stata una fitta rete di trame oscure è confermato da vicende che sono ormai entrate nella storia italiana come le stragi di Portella della Ginestra e P.zza Fontana. La prima, come anche confermato recentemente da La Repubblica,[31] vide il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti, con in prima persona il Presidente Truman, che armarono il bandito Salvatore Giuliano perché compisse una strage il 1° maggio per fermare l'avanzata del movimento contadino che reclamava la riforma agraria in Sicilia.
La seconda, invece come dimostrato dai processi successivi, vide il coinvolgimento di estrema destra e servizi segreti che piazzarono cinque bombe (due a Milano e tre a Roma), uccidendo 18 persone e ferendone complessivamente 101. Si trattava di scongiurare l'alleanza tra movimento operaio e movimento studentesco.
Una volta finita la guerra fredda, nel 1992, Cossiga rivelò l'esistenza di una struttura parallela in Italia, chiamata Gladio, in funzione da decenni.
Che ci sia stata una vera e propria organizzazione parallela in Italia in quegli anni, uno stato nello stato, è confermato da numerose fonti tra cui la testimonianza preziosa di un ex gladiatore di nome Antonio Arconte,[32] che però rivelerà molto di più dell'ex Presidente della Repubblica.
Nel suo memoriale (segnalato anche dal settimanale Famiglia Cristiana[33] ), racconta di decine di missioni in Italia e all'estero; missioni civili e militari. Parla dettagliatamente di scontri a fuoco in Vietnam ed Angola, nel Mediterraneo e in Russia, ricostruisce la collaborazione con la Cia per destabilizzare governi e combattere il blocco sovietico nel mondo. Una collaborazione attiva, al contrario di quanto riferito da Cossiga, che parlò di Gladio come organizzazione in sonno.
Questa è una delle tante testimonianze che hanno permesso di dimostrare l'esistenza di quella fitta rete (fino a tremila uomini) che presentava la struttura descritta da Falanca, e che svolgeva compiti prevalentemente militari e perseguiva obiettivi politici; il tutto all'oscuro del Parlamento. [34]
Una struttura così ben organizzata e che coinvolgeva poteri così forti all'interno dello stato (dai servizi segreti ad alcuni vertici politici e militari) non può essersi dissolta improvvisamente con la caduta del muro di Berlino e la fine della terza guerra mondiale. Nel suo memoriale, Arconte racconta di come a un certo punto abbiano cercato di far sparire ogni prova dell'esistenza di Gladio, attraverso omicidi/suicidi di suoi compagni, cancellazioni di documenti ed operazioni d'insabbiamento. C'è stata la palese volontà di nascondere quanto era accaduto. Egli stesso si è potuto salvare solo grazie al fatto di aver reso pubblica la sua storia. Però sappiamo bene che in quegli ambienti una squadra che vince non si cambia. Ed un meccanismo che funziona, non si distrugge. Solo, magari, lo si modifica attualizzandolo.
In più risulta strano che di una rete che comprendeva migliaia di persone, ad oggi si conoscano solamente i 622 nominativi resi pubblici da Cossiga il 6 gennaio 1991. In tale lista non vi è inoltre nessun riferimento alla gerarchia del gruppo e non si capisce quindi quale ruolo giocassero i 622 membri del gruppo che sono stati "denunciati". Semplici gregari o qualcosa di più?[35] Un'organizzazione del genere non sparisce. Diversi motivi fanno credere che esista ancora oggi un apparato simile e certamente segreto, con compiti sicuramente diversi, ma attivo. Alcuni attori infatti rimangono gli stessi di vent'anni fa (Cia, servizi segreti, vertici politici e militari) e molti li ritroviamo al Governo[36].
Una zona rossa, quella della repressione, che ha quindi delle radici molto profonde, che sono cresciute nel dopoguerra, parallelamente all'Italia. Radici cresciute in segreto. Poteri che si legavano nell'ombra ad altri poteri.
Primo Moroni afferma che i padri fondatori della Repubblica non si sono mai fidati delle forze di polizia in questo paese. Ed è sotto questa chiave che va letta la suddivisione di competenza che vede i carabinieri gestire i centri minori, e la polizia le grandi città. Divide et impera. Anche in questo modo probabilmente si è mantenuto il sistema in salvo dall'eversione che proveniva da alcuni apparati dello stato. Con il crollo del muro di Berlino e i successivi cambiamenti internazionali sono cambiate anche le regole del gioco interne.
Se durante la terza guerra mondiale esisteva uno stato nello stato pronto a rispondere alle esigenze del Patto Atlantico, oggi invece le polizie nazionali si addestrano a livello globale. Mentre prima questo avveniva in buona parte in segreto e le tecniche della contro-insurrezione erano considerate illegali anche da coloro che le praticavano (e per questo non le rivendicavano), oggi sempre più sono adoperate alla luce del sole e rivendicate a livello legale e politico.
Eserciti professionali e polizie militari
Analizzando attentamente la catena di comando delle forze dell'ordine presente il 20 luglio 2001 in Piazza Alimonda, si possono riscontrare alcune cose preoccupanti. Dalla ricerca di Pillolarossa[37] sui nomi degli ufficiali e dei responsabili di piazza tra le forze dell'ordine, risulta infatti che essa era parte della catena di comando del Battaglione Tuscania in Somalia ai tempi degli scandali sulle torture da parte dei soldati italiani. Si è persino ritrovata traccia di alcuni ufficiali nella vicenda ancora aperta di Ilaria Alpi.[38] Cosa ci facevano ufficiali addestrati per operazioni militari da esponenti della Folgore con una vastissima esperienza internazionale in zone di conflitto nelle piazze di Genova per mantenere l'ordine pubblico?
La carriera di tali ufficiali è il risultato di un fallimento dopo l'altro, di uno scandalo dopo l'altro. Si susseguono infatti il processo per tortura ai prigionieri somali, a quello per l'omicidio di Ilaria Alpi, a quello per la vicenda del Check Point Pasta sempre in Somalia. Chi mandò questi "militari" a comandare l'ordine pubblico a Genova era conscio delle conseguenze di quest'atto? Quando è stato deciso? Dal Governo di centro destra o da quello di centro sinistra? Sono forse decisioni fuori dal controllo politico-governativo?[39]
Probabilmente il dato più interessante per capire quali siano oggi le connessioni tra le forze di polizia, le forze armate (delle quali dal 2001 l'Arma dei carabinieri fa parte, grazie al governo D'Alema) e i servizi segreti, è la biografia che viene fatta, nella ricerca di Pillolarossa, del colonnello dei carabinieri Leonardo Leso[40] . Tale Leso a Genova è comandante del quartier generale alla Fiera dove si trovano i mezzi dei plotoni di Piazza Alimonda. Ciò che ci interessa di quest'uomo, che appartiene, non dimentichiamolo, all'élite dei corpi speciali dei carabinieri, è che nel 2001 viene insignito della legion of merit Usa dal Presidente degli Stati Uniti. Una onorificenza a cui pochi possono ambire.[41]
Come mai questo scambio di onorificenze tra polizie di paesi che sicuramente sono alleati, ma che dovrebbero avere sovranità nazionali diverse?
E' la globalizzazione delle forze di polizia e militari, che, accanto alla globalizzazione economica, si sviluppa per garantire a quest'ultima di poter portare avanti il suo ordine.[42] Il fenomeno di globalizzazione della repressione non è un fatto degli ultimi anni. Da molto tempo viene infatti denunciata con forza l'esistenza di scuole di addestramento negli Stati Uniti, come la School of Americas (o Whisc)[43] , nelle quali vennero addestrate le élites militari che instaurarono le dittature in molti paesi dell'America Latina. In questa centrale venivano e vengono addestrati militari e paramilitari nelle tecniche di contro-insurrezione.
Proprio quelle tecniche di contro-insurrezione si rivelano oggi importanti nei nuovi conflitti [vedi box]. In quella stessa scuola vengono infatti formati anche ufficiali di altri paesi, molto probabilmente anche italiani[44] . Ufficiali presenti in Somalia, Bosnia, Kosovo, Albania. E Genova. Sono i militari inquadrati nel Tuscania, che ai tempi faceva parte della Folgore.
Con questi militari ci siamo dovuti confrontare a Genova. Ed è proprio questo il problema: militari. È in atto infatti, nello scenario del dopoguerra fredda, un cambiamento importante che vede nei paesi Occidentali, da un lato la spiccata tendenza alla professionalizzazione degli eserciti, con l'abolizione della leva e la creazione di corpi scelti di volontari professionisti, dall'altra la militarizzazione delle forze di polizia che vengono impiegate nelle missioni di peacekeeping e ricostruzione come nella gestione dell'ordine pubblico. Una collaborazione che prevede centri internazionali di addestramento per le polizie di tutto il mondo[45] e che costituisce un grosso problema per la sovranità territoriale. C'è da ricordare che durante la guerra fredda si assisteva già a fenomeni del genere, ma venivano condotti in segreto e nell'illegalità, come nel caso di Gladio e "Stay Behind".
C'è anche chi oggi ipotizza che la struttura di Gladio possa essere sopravvissuta allo smantellamento del 1991. La notizia arriva da un periodico notoriamente non troppo progressista come Panorama.[46] Nell'articolo viene evidenziata la contiguità tra i reparti speciali delle forze armate italiane e la Nato, con coloro che costituirono la struttura di Gladio. Quei reparti speciali, insieme ai civili inquadrati in Gladio, venivano addestrati in una struttura civile/militare segreta in un costante rapporto reciproco diretto. Il fatto che si voglia mantenere il segreto sulle operazioni dei militari, lascia presupporre che la struttura sia sopravvissuta. Che fine ha fatto quella struttura militare? Perché tra i 622 nominativi della lista di Cossiga, non figurano i responsabili militari, che pure c'erano, come confermato da Arconte? Perché l'attività dei reparti speciali è ancora coperta dal massimo segreto militare? E' forse ancora in funzione tale struttura? Era quella che è stata denominata polizia dell'impero che si apprestava ad essere inquadrata?
In ogni caso alcune caratteristiche di questa polizia dell'impero si cominciano a intravedere.
Militari con esperienza di guerra a svolgere ordine pubblico in piazza, in una situazione di particolare tensione. Polizia addestrata in centri internazionali. Una struttura come Gladio che, dopo le rivelazioni di Cossiga, sparisce nel nulla con tutti i suoi uomini, ma della quale si continuano a trovare tracce e collegamenti con le forze politiche di Governo (Giorgio Mathieu, presidente dell'associazione ex-Gladiatori, è coordinatore di collegio per Forza Italia, nella Provincia di Torino). Ma chi e con quali strategie, fa girare tutto questo? Le catene di comando rispondono a dei governi nazionali o a delle strategie sovranazionali?
Uno scenario inquietante, quello che si sta costituendo nel dopoguerra fredda.
Molte piste che si incrociano, pezzi di un puzzle globale che si fatica a ricomporre.
Probabilmente l'ipotesi più plausibile è che questi pezzi del puzzle compongano una grande rete sempre più globalizzata, che accosta il vecchio ed il nuovo. È un modello di esportazione della repressione che si perfeziona in itinere, con nuovi corsi di formazione per quelli che stanno diventando sempre più dei professionisti della guerra al soldo dei signori che gestiscono i conflitti nel mondo [vedi box]. Conflitti che oltre alla guerra guerreggiata, portano molti profitti economici. Nel 1994 Ilaria Alpi indagava su un traffico di rifiuti radioattivi tra l'Italia e la Somalia che collegava servizi segreti, Gladio, vertici militari della Folgore e vertici politici.
Attori che ritroviamo ancora oggi.
Il movimento cresce
Il 26 febbraio 2002 si è improvvisamente assistito a un innalzamento del livello dello scontro, quando a Roma si verificò un attentato con una bomba al Viminale. L'atto non provoca vittime, né danni evidenti. C'erano stati altri attentati nel corso dell'anno precedente, ma erano sicuramente diversi, in quanto si limitavano a essere azioni dimostrative, e non furono mai condotti in modo così evidente contro le istituzioni.[47]
L'unica rivendicazione, delle decine pervenute alle forze dell'ordine, che destò attenzione, fu quella di una sedicente Brigata XX luglio, pervenuta solamente il 6 marzo, 8 giorni più tardi. Alla fine anche tale rivendicazione fu considerata inattendibile. Il fatto perse quindi importanza sui mezzi d'informazione.
L'attentato era stato "previsto" da alcuni esponenti del Governo (in primis dal ministro Castelli) qualche giorno prima alludendo a possibili attentati a esponenti del Governo, come conseguenza dell'innalzamento dello scontro sociale da parte dei sindacati sulla questione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. L'attentato non solo venne in questo senso profetizzato, ma venne poi liquidato dal ministro Scajola come un gesto da ricondursi ad ambienti dell'anarcoinsurrezionalismo. Quindi nessun riferimento preciso, ma solo ipotesi, tra l'altro molto vaghe. Nessuno seppe più nulla di una vicenda che ancora oggi rimane oscura.
Come si può però constatare dalla cronologia degli eventi in quei giorni la bomba viene subito dopo la decisione della Cgil di indire uno sciopero generale contro le modifiche da parte del Governo dello Statuto dei Lavoratori e subito dopo le dichiarazioni governative sull'eccessiva asprezza dei toni dell'opposizione.
Purtroppo non ci si è fermati qui.
Il 23 marzo 2002, tre giorni prima della più grande manifestazione sindacale della storia italiana, viene ucciso a Bologna da sedicenti Br-Pcc, il consulente del lavoro Marco Biagi, legato al governo ed estensore del Libro bianco sul lavoro. Il governo insiste molto con i famigliari per i funerali di stato il giorno della manifestazione nazionale, cosa che essi categoricamente rifiutano.
La dinamica degli eventi di quei giorni, vista a posteriori, mostra un evidente piano di discredito che si lega a Genova ed alla bomba al Viminale. Di nuovo fioccano le previsioni eccellenti, di nuovo sono decine le accuse da parte del governo verso la Cgil ed il movimento, di coprire e favorire i gruppi armati eversivi.
Sandro Provvisionato, giornalista, che conduce inchieste approfondite e accurate sui giorni bui della nostra Repubblica, dalla Uno bianca all'omicidio Calabresi, dall'eversione nera a Genova 2001, curatore del sito www.misteriditalia.it, ricostruisce nel seguente modo i fatti.
La sera del 4 aprile 2002 viene trovato morto in casa sua il perito informatico Michele Landi. In un primo momento sembra essere una notizia che non presenta legami con tutto il resto. Qualche giorno dopo si scopre che Landi stava indagando su qualcosa di grosso, che riguardava la morte di Biagi. Inoltre cominciano ad affiorare dubbi, che poi si riveleranno veritieri, che non si trattasse di suicidio, come era stato ipotizzato all'inizio, ma di omicidio. Poi le notizie iniziano a saltare fuori con una velocità impressionante:
Un magistrato molto noto, Lorenzo Matassa, per 10 anni pubblico ministero a Palermo, da un anno e mezzo in attività a Firenze, che con Landi aveva lavorato a diversi casi giudiziari, di lui ha detto all'Ansa, e riportato ai quotidiani nazionali: "Per me Landi è stato un valido collaboratore, ma anche un amico, e non ho paura di affermare apertamente la mia convinzione: in Italia, il paese delle stragi impunite, il paese delle stragi di Stato, l'esperto di computer che stava lavorando, senza incarico ufficiale, alla rivendicazione via Internet dell'omicidio di Marco Biagi, non si è tolto la vita, ma è stato suicidato dai servizi segreti".[48]
Qualche settimana dopo, per le troppe stranezze che riguardavano le modalità di impiccagione, l'indagine sul caso Landi da inchiesta per suicidio si trasforma in inchiesta per omicidio. Successivamente salta fuori un cd rom con all'interno 4 giga di documenti[49] su cui il perito informatico (che già aveva indagato sull'omicidio D'Antona) stava lavorando a proposito dell'omicidio Biagi[50]. Poi non si sa più nulla.
Intanto si susseguono "allarmi terrorismo" fino ad arrivare alle schedature degli operai sindacalizzati nelle Marche, ai bidoni esplosivi innocui in Lombardia, alle perquisizioni ed ai documenti eversivi che compaiono in un po' tutta la penisola, cioè a ciò che sta avvenendo dal luglio 2002 in avanti. Fino all'ultimo episodio della sparatoria sul treno Roma-Firenze, con la morte del poliziotto Emanuele Petri, e del brigatista Galesi. Cosa si nasconde dietro questo eccessivo allarme per il terrorismo ruspante nostrano? Siamo ancora alla strategia di stabilizzare destabilizzando?
Nuove alleanze e nuovi alibi
Effettivamente in quei mesi qualcosa stava accadendo, un qualcosa che sta continuando oggi, rafforzandosi giorno per giorno. Per la prima volta dopo decenni infatti si stava compiendo una saldatura tra movimenti sociali che andavano dal quello di Porto Alegre a quello di girotondisti e professori, fino ai sindacati compresa la Cgil. E tutto ciò è proprio cominciato quel 23 marzo 2002 quando a Roma, insieme alla Cgil, sfilano tutti, ed è continuato poi il 16 aprile con la generalizzazione dello sciopero, e poi a Genova nel luglio del 2002, per ricordare quanto avvenuto un anno prima. Un vastissimo e composito fronte che criticò apertamente l'operato del governo su ogni linea. Prova evidente di ciò è la mobilitazione della Cgil contro la proposta di legge Bossi-Fini, che non era affatto scontata qualche mese prima, quando se ne era cominciato a parlare. Questo ha fatto paura.
Un ennesimo recinto della zona rossa della repressione andava allora erigendosi. Un recinto che coinvolgeva un altro potere dello stato: la magistratura (o quanto meno una sua parte). Nel novembre e dicembre 2002 la procura di Cosenza si prestò all'uso giudiziario del teorema politico di alcuni reparti dei carabinieri, arrestando decine di attivisti del movimento nel Sud Italia. Le accuse furono paradossali e senza alcun fondamento (compartecipazione psichica agli scontri, sovvertimento dell'ordine economico) e caddero dopo un mese: venne ordinata la scarcerazione degli imputati, anche se qualcuno rimase in carcere più a lungo. La cronologia degli arresti, inoltre, non fu affatto casuale. Pochi giorni dopo il Forum Sociale Europeo e una manifestazione di un milione di persone contro la guerra, ecco scattare la prima ordinanza. Poche ore prima della trattativa tra Fiat e sindacati, ecco la seconda.
All'attacco giudiziario si sommano, dopo poco tempo, anche le bombe e le bombette strategiche: subito prima dello sciopero generale contro la cassa integrazione per gli operai Fiat, subito prima delle fiaccolate contro la guerra in 260 città, nel bel mezzo di un autunno che ha visto il saldarsi di molte lotte sociali e la crescita del malcontento, mentre ancora sono in carcere una ventina di persone per il teorema della procura di Cosenza, il 9 dicembre 2002, scoppiano due bombe vicino alla questura di Genova.
Solo per queste coincidenze, la vicenda non è chiara, ma diventa ancor meno chiara quando si viene a sapere che a rivendicare l'azione è la fantomatica Brigata 20 luglio (e non più XX luglio), che a detta di inquirenti e stampa, sarebbe la responsabile della bomba del 26 febbraio al Viminale, cosa che pare alquanto strana in quanto gli stessi inquirenti avevano liquidato la rivendicazione da parte del fantomatico gruppo come non completamente attendibile; lo stesso ministro Scajola in parlamento aveva attribuito l'attentato a imprecisati gruppi anarcoinsurrezionalisti.
Risulta quindi strano che la versione ufficiale cambi quando fa più comodo. È chiaro che per chi, negli apparati statali, ha intenzione di alzare il livello della tensione, la presenza di un nuovo gruppo terroristico stabile sul territorio, e non con una presenza sporadica, fa comodo. Quando poi tale gruppo ha un preciso richiamo a un'area politica e sociale come quella del movimento (il 20 luglio è la data dell'omicidio di Carlo Giuliani), tutto sembra combaciare. Le bombe infatti fungono subito da pretesto: il vicepresidente della regione Liguria, Gianni Plinio (An), pochi giorni dopo l'attentato di Genova nel dicembre del 2002, chiede all'onorevole Fini di vietare le manifestazioni no global, per la sicurezza di tutti;[51] prima della "rivendicazione" della Brigata 20 luglio, il plurindagato per i fatti della Diaz e per le violenze in piazza a Genova, Vincenzo Canterini (dirigente della Confederazione sindacale autonoma della polizia, vicino alla Casa delle libertà e dirigente del Reparto mobile di Roma), aveva rincarato la dose affermando che le bombe erano da ricondurre a chi tra i no global voleva attentare all'ordinamento dello stato. Inoltre dichiarò che questo attentato era il risultato del continuo discredito operato dal movimento no global a danno delle forze di polizia. Come queste, sono decine le dichiarazioni che si rincorrono ad affermare la corresponsabilità di parte del movimento con le bombe genovesi, sempre senza presentare prove e tutto sempre su semplici supposizioni e pregiudizi. Una strategia molto simile a quella inaugurata il 12 dicembre 1969 con la strage di Piazza Fontana. Anche in quel caso la colpa fu immediatamente attribuita agli anarchici, e anche in quel caso gli effetti della bomba furono usati per contrastare il movimento operaio e studentesco. Anni dopo si scoprì che la bomba venne piazzata da militanti dell'estrema destra con una qualche partecipazione dei servizi segreti e copertura istituzionale.
Siamo quindi di fronte a strategie di stabilizzazione sociale e contenimento degli antagonismi che, benché differenti, tuttavia convergono nella produzione di zone rosse di repressione cioè in sospensione dei diritti in diversi campi. Non è sicuramente pensabile una regia unica di tutto questo, ma piuttosto è realistico immaginarsi una rete di relazioni forti tra gruppi di potere, tra élites, nonché una sinergia tra mass-media e militare. Si parte dalla criminalizzazione degli "anarchici", presentati come componente "terrorista" e si arriva alla criminalizzazione dell'intero movimento. Questo in netta antitesi alle tesi dell'ex vice-direttore della Banca Mondiale, Joseph Stiglitz in La globalizzazione e i suoi oppositori, o Kofi Annan nella sua conferenza a Davos che riconoscono il carattere positivo della opposizione politica. O addirituttra il sensazionalistico New York Times che riporta l'opinione del movimento di Seattle come unica "superpotenza" in grado di contrastare il potere imperiale statunitense.[52] Le strategia mass-mediatica mostra tuttavia le sue crepe. Un esempio in questo senso è la vicenda degli NTA [vedi box] che da uno dei nuclei forti del "fronte armato del movimento" si è rivelato essere un'invenzione di una mente particolarmente creativa.
Una repressione bipartisan
Non hanno tutti i torti coloro che affermano che nel 2001 la P2 ha vinto[53] dopo una scalata iniziata nel 1992, anno del referendum sul maggioritario, non solo perché numerosi suoi esponenti sono andati al governo, ma anche perché gran parte dell'apparato legislativo prodotto in questi anni di governo Berlusconi, corrisponde in modo impressionante al Piano per la rinascita democratica, elaborato negli anni Settanta da tale loggia massonica a cui Gladio era collegato [vedi box].[54] Dall'abolizione delle rogatorie internazionali alla depenalizzazione del falso in bilancio, dalla divisione del fronte sindacale (da una parte la Cgil, dall'altra Cisl e Uil), al controllo di gran parte della stampa nazionale e locale. Tutto era già stato scritto più di 20 anni fa, negli anni Settanta, ed è stato scrupolosamente messo in atto dal Cavaliere e dai suoi collaboratori. Purtroppo questo non è tutto. E' infatti utile notare come nel manifesto politico della P2, ci sia un esplicito richiamo a una politica bipartisan, con grandi accordi tra schieramenti, il tutto nell'ambito di un sistema maggioritario. Uno dei primi accordi bipartisan, durante l'attuale legislatura di centro destra, fu un documento comune sulle disposizioni per la gestione di piazza durante il G8 a Genova.
Se da un lato risultano evidenti le pesanti responsabilità da parte del Governo di centro-destra, dall'altro le responsabilità del centro-sinistra sembrano altrettanto gravi. È infatti innegabile che in occasione del Global Forum di Napoli della primavera del 2001, furono attuate strategie di piazza da parte della polizia, simili se non uguali a quelle attuate a Genova. La tesi che Napoli fu in realtà una prova generale per Genova, venne avanzata la prima volta da Fausto Bertinotti, proprio all'indomani delle tre giornate genovesi. Uscendo poi dall'ambito nazionale si può notare come questo modello di gestione di piazza durante i controvertici non sia una peculiarità italiana, ma rifletta una tendenza ormai globale. Praga, Gotheborg, Ginevra, Quebec City, sono esempi di una stessa strategia repressiva delle manifestazioni che assediano i grandi vertici delle istituzioni globali e che si perfeziona di volta in volta. Tale tattica non si riassume solamente in una modalità simile di gestione della piazza (creazione della tensione prima e durante, assalti ai centri stampa del movimento e alle sedi dei manifestanti al termine delle manifestazioni), ma si concretizza soprattutto anche in una delega pressoché totale delle decisioni politiche agli organi di polizia, che si assumono la totale gestione dell'ordine pubblico. E' un'altra caratteristica della polizia dell'impero. La crescente autonomia della polizia dal potere esecutivo (e dell'esecutivo dal parlamento) diventa tecnica del governo neoliberista.
Inoltre sia per quanto riguarda la Commissione parlamentare d'inchiesta su Genova, sia per quanto riguarda i giudizi sulle politiche sindacali della Cgil, abbiamo assistito a prese di posizione, votazioni e schieramenti bipartisan formali e informali, senza alcuna distinzione tra centrosinistra e centrodestra. Questo induce quindi a riflettere su come in realtà la proposta politica piduista sia riuscita a imporsi e ad accomunare schieramenti politici apparentemente contrapposti, che si ritrovano di comune accordo su argomenti riconducibili alla gestione del conflitto sociale.
Oggi l'apparato mediatico è il nuovo potere forte in Italia come nel mondo, in grado di trasfigurare la realtà. Ma questa trasfigurazione modifica a tal punto l'immaginario da diventare un dato reale. Su questa trasformazione sociale operata dai mass-media, i vari schieramenti politici si presentano divisi, pur avendo un comune indirizzo di avvallo del neoliberismo. Esemplare è in questo senso la predisposizione della zona rossa a Genova. Da un lato i mass-media hanno creato un clima di paura e di richiesta di sicurezza, dall'altro i politici bipartisan hanno risposto istituendo la zona rossa.
Siamo di fronte oggi a qualcosa di più pericoloso di ciò che si manifestava negli anni Settanta. Oggi la guerra contro le opposizioni sociali si sta sempre meno giocando con metodi quali le punizioni esemplari o gli omicidi, ma viene condotta con un dispiego di forze mai visto a livello mediatico e dell'informazione. Mai come prima risultano essere profetiche le parole di Orwell in "1984" o di Bradbury in "Fahrenheit 451". Sembra essere solo l'inizio di quella che potrebbe essere una guerra dichiarata a chi si permette di dissentire.
Con la fine della guerra fredda sembrava aprirsi un periodo di egemonia unipolare dominato dagli Usa. Si afferma il modello economico del Washington Consensus e con esso anche quella particolare tecnica di governo che è la polizia. Da una parte la società viene indotta, attraverso la diffusione della paura, a richiedere misure sicuritarie, dall'altro i vari corpi militari e di polizia si sono amalgamati e ristrutturati. A Genova è stata teorizzata e praticata la zona rossa, ovvero la sospensione dei diritti di chi si oppone alle politiche del neoliberismo. Si è così dichiarata una guerra a chi desidera dissentire. Una guerra a bassa intensità condotta da attori poco conosciuti e spesso in lotta tra loro.
In un quadro bipartisan dove i dirigenti dell'ordine avevano codificato la manifestazione contro il vertice G8 come un atto eversivo e terroristico e ne avevano preso le dovute misure, la lotta per il potere di diverse linee di gestione dell'ordine si è risolta in piazza. La linea dura ha avuto la meglio. La polizia ha potuto operare in uno stato di eccezione attraverso pratiche di ingegneria militare.
Militari con esperienza di guerra a svolgere ordine pubblico in piazza, in una situazione di particolare tensione. Polizia addestrata in centri internazionali per "prevenire" guerriglie urbane, illegalmente poi usata come corpo di repressione della popolazione, nel mondo come in Italia.
L'hanno definita polizia dell'impero, quel potere nel potere, che si muove tra legali operazioni di peacekeeping (vis pacem para bellum) e illegali tecniche di contro-insurrezione.
Come durante la guerra fredda in Italia c'è stato uno stato nello stato, pronto ad agire illegalmente, a compiere o commissionare atti di repressione dei movimenti (contadino, operaio, studentesco), così nell'attuale fase di globalizzazione esistono poteri di polizia transgovernativi che cooperano. Qualcuno che per ragioni di stato è pronto a destabilizzare per stabilizzare. Questo potere nel potere che opera nell'ombra, ci sembra anche lo stesso capace di fermare o lasciare agire strani gruppuscoli che vorrebbero condurre una lotta antiimperialista, ma le cui mosse sono sempre troppo preziose per certi politici bipartisan pronti a discreditare i movimenti (sindacale, pacifista, anti-G8).
La zona rossa di Genova ha però anche mostrato un re nudo. Alcuni giornalisti hanno sperimentato sulla propria pelle quell'operato. La zona rossa ha mostrato le molte crepe di un potere che si basa sempre più solo sulla forza. La strategia di repressione di Genova non è stata mai bene analizzata fino in fondo perché dopo il caldo dell'estate e l'ondata di instant books, ecco che l'11 settembre avrebbe oscurato tutto. Proprio mentre l'opinione pubblica stava prendendo atto che il re era nudo, ecco che un nuovo colpo ripristina a livello globale la cultura sicuritarista. Con l'11 settembre esploderanno mediante i mass-media zone rosse su tutto il pianeta. Dall'Indonesia al Paraguay, dall'Africa all'Occidente, i diritti verranno sospesi e limitati in nome della sicurezza.
Note:
1 Le Monde, 28 maggio 2002
2 Su questo rimane fondamentale il primo studio a caldo sulla questione: Alain Bihr, Du grand soir à l'alternative, le mouvement ouvrier européen en crise, Paris, Les Editions Ouvrières, 1991.
3 Serge Halimi, Dove nascono le idee della destra statunitense, Le Monde Diplomatique, Maggio, 1995; id., La genesi di un pensiero dominante, Le Monde Diplomatique, gennaio 2002.
4 Loïc Wacquant, Parola d'ordine: tolleranza zero, la trasformazine dello stato penale nella società neoliberale, Milano, Feltrinelli, 2000
5 C. Murray, R. Herrnstein, The bell Curve. Intelligence and class Structure in American Life, New York, 1994, cit. in Loïc Wacquant, Parola d'ordine: tolleranza zero, cit., p.16, che riporta anche gli studi che hanno mostrato l'inconsistenza empirica su cui tale libro è fondato.
6 C. Murray, R. Herrnstein, The bell Curve, cit. in Serge Halimi, La genesi di un pensiero, cit. 7 Loïc Wacquant, Parola d'ordine: tolleranza zero, cit., pp. 19-20
8 Le Monde, 28 gennaio 1999; cit. in Loïc Wacquant, Parola d'ordine: tolleranza zero, cit., p. 49
9 S. Palidda, Polizia postmoderna, etnografia del nuovo controllo sociale, Milano, Feltrinelli, 2000, pp.60 sgg.
10 Ibid., p.193
11 Piero Sansonetti, Celerini in piazza contro la militarizzazione, Unità, 30 maggio 2002
12 Intervista di V. Parlato a M. D'Alema, Il Manifesto, 31 ottobre 1995, cit. in A. Dal Lago, Non persone, l'esclusione dei migranti dalla società globale, Milano, Feltrinelli 1999
13 Loïc Wacquant, Parola d'ordine: tolleranza zero, cit., p.44
14 Ibid., p.77; anche lo studio di Palidda sul caso italiano mostra bene l'inesistenza del nesso tra aumento della carcerazione e aumento dei reati.
15 Ignacio Ramonet, Un delitto perfetto, Le Monde Diplomatique, giugno 2002; cf anche Maurice Lemoine, Hugo Chavez salvato dal popolo, Le Monde Diplomatique, Maggio 2002
16 S. Palidda, Polizia postmoderna, cit., p.118
17 Ibid., p.132 (corsivo dell'autore)
18 Per un'analisi specifica sulle modalità di creazione del pericolo "clandestini" si veda S. Palidda, Polizia postmoderna, cit., pp. 151 sgg; p.177 sgg.
19 Maurizio Rotaris, cit. in Palidda, Polizia postmoderna, cit., pp.183 sgg
20 Purtroppo le analisi di Foucault sul neoliberismo non sono ancora disponibili interamente, avendole sviluppate in un paio di corsi e poche lezioni. Qui si fa riferiemento a M. Foucault, Nascita della biopolitica, corso 1978-79, in M. Foucault, Biopolitica e territorio, i rapporti di potere passano attraverso i corpi, Millepiani-Mimesi, n.9, 1996 (preso dalla prima edizione italiana pubblicata a Pisa da Franco Serantino nel 1994) e ai saggi specifici sull'argomento contenuti in M. Foucault, Dits et ecrits, Paris, Gallimard, 2001 (i saggi: Sècurité, territoire et population, 1977-1978; La gouvernabilité, 1977-78; Omnes et singulatim: vers une critique de la rasion politique, 1981; La technologie poltique des individus, 1982). Mentre stiamo pubblicando è appena uscito in Francia l'edizione completa del corso sotto il titolo Naissance de la biopolitique per GallimardSeuil, `Hautes études'.
21 Per un'ampia rassegna stampa internazionale: AA.VV., I giorni di Genova: cronache, commenti e testimonianze da giornali di tutto il mondo, Internazionale SRL, Roma 2001. In particolare si vedano Il mondo a Genova, di Eric Jozsec, Internazionale del 29 luglio 2001; AA.VV, La cronaca dell'odio, The Observer del 29 luglio 2001; L'assedio di una città, The Nation del 23 luglio 2001; E' tutto un errore, The Sunday Times, 22 luglio 2001. Sulla discordanza tra le prime ricostruzioni date dalle polizia e la verità dei fatti, si veda inoltre: Y.Trofimov e I. Johnson, G8 protesters say they were beaten. Deprived of rights by police in Italy,The Wall Street Journal, 07/08/2001.
22 Si segnala a riguardo la storia di Eligio Paoni fotoreporter dell'agenzia Contrasto, brutalmente pestato e ferito gravemente alla testa (più la frattura di una mano) dai carabinieri mentre riprendeva la scena della morte di Carlo Giuliani. I militari gli hanno anche distrutto una macchina fotografica e lo hanno costretto a consegnare la pellicola di un'altra fotocamera che era riuscito a tenere al riparo dalle manganellate e dai calci delle forze di polizia. Altre storie su http://www.fnsi.it/genova_email_commenti_comunicati.htm, 16 marzo 2003.
23 Francesco Martone, Inchiesta su un candelotto, Carta, n.2, gennaio 2002
24 Silvio Buzzanca, I neonazisti nei cortei. I DS accusano: ignorato un dossier della Questura, La Repubblica, 27 luglio 2001; Giuseppe D'Avanzo e Anais Ginori, Dalla Diaz a Bolzaneto, il G8 e le sue ombre, La Repubblica, 30 luglio 2001; Anais Ginori, Casarini: "Si indaghi sui neonazisti infiltrati", La Repubblica, 31 luglio 2001; Nedo Canetti, Infiltrati di Forza Nuova, il governo sapeva. Inoltre: Sparpagliati a piccoli gruppi. Ecco il piano dei neonazisti, l'Unità, 27 luglio 2001; Fascisti pronti a infiltrarsi, Il Manifesto, 27 luglio 2001; inoltre su Repubblica on-line: Le Tute Bianche accusano: infiltrati nei cortei, 21 luglio 2001 www.repubblica.it/online/politica/gottonove/infiltrati/infiltrati.html; Il Gsf accusa: Poliziotti infiltrati tra i manifestanti, 22 luglio 2001 www.repubblica.it/online/politica/gottodieci/chiuso/chiuso.html; G8, in Senato un documento su neonazisti infiltrati, 26 luglio 2001 www.repubblica.it/online/politica/gottotredici/gottotredici/gottotredici/angius/angius.html; Violenza neonazista per screditare gli anti-g8, 26 luglio 2001 www.repubblica.it/online/politica/gottotredici/gottotredici/documento/documento.html
25 IMC Italy, Raccolta di materiali su black block e dibattiti relativi, al di là del balletto emergenziale dei media ufficiali, in
www.italy.indymedia.org/front.php3?article_id=13582 18 settembre 2001.
26 Video di Davide Ferrario, Le strade di Genova, 2001 presentato alla Commissione Parlamentare d'Inchiesta.
27 Simone Falanca, Le BR colpiranno ancora: pubblicato su Il Giornale un nuovo allarme dei servizi segreti, in http://www.zaratustra.it luglio 2002.
28 Relazione Pellegrino, Il convegno del Parco dei Principi del maggio 1965 nell'analisi della Commissione Stragi, in< www.zaratustra.it/relezioneparcoprincipipellegrino.htm marzo 2003, consultabile dal sito http://www.zaratustra.it/page18.html marzo 2003.
29 Espressione figurata che significa "restare dietro le quinte". Si trattava di una rete estesa a tutti gli stati europei occidentali con a capo la CIA, che si inseriva nel complicato gioco ad incastri della terza guerra mondiale (guerra fredda). Gladio fu uno dei nodi italiani della rete. Gli scopi di tale rete erano di influenzare in modo occulto la politica degli alleati occidentali, in modo da impedire una ipotetica avanzata dei rispettivi Partiti Comunisti. L'attuazione pratica di questi scopi fu il piano "Demagnetize". Primo Moroni, La notte dei gladiatori, Padova, Calusca Edizioni, 1991
30 Strettamente collegato alla rete "Stay Behind", fino ad essere praticamente la stessa cosa. Il "Piano" sottoscritto dagli alleati occidentali, impegnava i vari servizi segreti a rispettare gli obiettivi di una strategia permanente di offensiva anticomunista nei reciproci paesi. Il piano consisteva in una serie di operazioni politiche, paramilitari e psicologiche, atte a ridurre la presenza del Partito Comunista in Italia. Una versione analoga era in vigore in Francia e in altri paesi europei. Primo Moroni, La notte, cit.
31 Attilio Bolzoni, Tano Gullo, Portella della Ginestra, sulla strage impronte USA, La Repubblica, 10 Febbraio 2003, ora disponibile anche su http://www.misteriditalia.com/giuliano/strage-portella/ombra-statunitense/download/Giuliano-Cia.rtf
32 Antonio Arconte, The real history of Gladio, in http://www.geocities.com/pentagon/4031/real.htm marzo 2003; Simone Falanca, Memoriale di un gladiatore, http://www.zaratustra.it/memoriale.htm 14 marzo 2003, consultabile dal sito http://www.zaratustra.it/ page18.html marzo 2003.
33 Rosanna Biffi, Lo strano caso di G-71. rivelazione di un ex: ecco le prove della Gladio militare, Famiglia Cristiana, n.20, 2002, p. 28.
34 Recentemente Arconte ha rivelato addirittura della complicità di Gladio nella vicenda legata ad Aldo Moro, e di come
tale organizzazione avrebbe saputo con due settimane di anticipo dell'imminente rapimento, dando precisi ordini di non intervento: cf. Toni Baldi, Quei gladiatori sulle tracce di Moro, Liberazione, 9 maggio 2002; ora disponibile sul sito: http://web.tiscali.it/no-redirect-tiscali/locomotiva/gladiatori.htm
35 Primo Moroni, La notte. cit.
36 Inchiesta di Zaratustra, Lo Stato Occulto: storia dei Servizi Segreti italiani, in http://www.zaratustra.it/stato.pps marzo 2003; sullo stesso sito sono consultabili anche altre interessanti le inchieste sui poteri occulti della storia italiana; sono comunque
consultabili a questo URL http://www.zaratustra.it/page16.html, marzo 2003.
37 http://www.piazzacarlogiuliani.org/pillolarossa
38 Arto, Il caso Giuliani-Alpi, in Pillola Rossa
39 Consultare nel sito di Pillola Rossa Le inchieste esistenti, che compongono una parte della controinchiesta su Piazza
Alimonda. L'elenco di articoli che compare su questa pagina è da riferirsi a più autori che hanno collaborato, 14 marzo 2003
40 Franti, La bestia nera di Piazza Alimonda: un profilo dei protagonisti, 14 marzo 2003.
41 Secondo un comunicato Ansa del 20 Aprile 2001: "Usa-Italia. Alta onoreficenza a ufficiale carabinieri Washington: Il presidente degli Stati Uniti ha insignito il colonnello dei carabinieri Leonardo Leso della Legion of merit. L' onorificenza,
la piu' alta `non combat' degli Stati Uniti, di cui sono insigniti pochissimi militari italiani, costituisce il riconoscimento dell' intensa carriera internazionale del col. Leso e dell' opera svolta in varie missioni di pace dalla unita' specializzata multinazionale, una formazione di carabinieri impiegata dalla Nato in Bosnia, in Albania e nel Kosovo con compiti di ordine e di sicurezza pubblica."
42 Per maggiori approfondimenti si veda la relazione del Generale e Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Rolando Mosca Moschin per l'inaugurazione dell'anno accademico 2002-2003 del Centro Alti Studi della Difesa, settembre 2003.
43 Il ritorno della School of Americas in http://italy.indymedia.org/news/2002/12/124194_comment.php , dicembre 2002; molti documenti sulla School of Americas sono in inglese su questo sito http://www.soaw.org; lo studio migliore sui complessi legami della SOA è J. Nelson-Pallmeyer, School of Assassins, guns, greed, and globalization, New York, Orbis Books. 2003
44 Carabinieri alla ex school of americas?, in http://italy.indymedia.org/news/2001/11/29573.php novembre 2001.
45 Marco Galluzzo, E l'Arma addestra 5.000 uomini anti-guerriglia, Corriere della Sera, 7 giugno 2001, consultabile qui
46 Marcella Andreoli, I veri rapporti fra Stay Behind e i reparti speciali delle forze armate, Panorama. Disponibile in internet: http://www.italy.indymedia.org/news/2003/03/198324.php 7 marzo 2003.
47 E-Lotta, La memoria delle bombe: dagli Nta alla brigata 20 luglio, http://www.italy.indymedia.org/news/2002/12/130701.php 11 dicembre 2002.
48 Newsletter numero 39, del 9 aprile 2002, in misteriditalia
49 Un Hacker rivela: è stato ucciso perché sapeva, http://www.informationguerrilla.org/caso_landi.htm
50 Newsletter numero 42, del 21 maggio 2002, in misteriditalia
51 La Stampa, 10 dicembre 2002.
52 New York Times, 16 febbraio 2003
53 Gianni Barbacetto, La P2 ieri, la sua vittoria oggi, in http://www.zaratustra.it/page18.html marzo 2003
54 Il testo del piano per la rinascita democratica, la base teorica su cui si appoggiava la P2, sequestrato a Gelli nel 1982, è consultabile nel sito http://www.zaratustra.it/pianorinascitademocratica.htm marzo 2003