Da Karachaganak al Mar Nero
Viaggio al capolinea delle pipelines
Indice
Premessa
1. Qazaqstan Respublikasy
2. Passando per l'Italia
3. Blue Sstream
4. Tra il mar Nero ed il mar Caspio
5. Colonizzazione
6. Popolazioni locali e opposizione
7. L'opposizione a Blue Stream sul mar Nero
Appendice: Principali fonti di informazione
Queste brevi note servono a far conoscere i problemi derivanti dall'uso massiccio
di risorse naturali costituite da idrocarburi gassosi, principalmente metano, che
alcune compagnie occidentali praticano nella regione situata tra il mar Nero e
l'area caucasica settentrionale.
I contenuti sono stati raccolti tra ricerche bibliografiche e documenti, contatti con
persone del luogo e traduzioni di articoli esteri.
1.1 Generalità
Un immenso territorio dell'Asia Centrale: ecco cos'è il Qazaqstan, questa la precisa
traslitterazione dal cirillico di quello che chiamiamo il Kazakistan, ampio 2.717.300
km2 ma con appena 17 milioni di abitanti.
Attraversandolo, si va dagli Urali fino al lago d'Aral e al mar Caspio.
Se, da una parte, l'ambiente naturale, contrassegnato da una crescente aridità nel
procedere da nord a sud, ostacola la valorizzazione agricola delterritorio, dall'altra il
sottosuolo ricco di risorse minerarie costituisce il principale fondamento del suo rapido
sviluppo economico.
Storicamente, è stato il territorio tradizionale del nomadismo del popolo kazako,
ormai interamente inglobato dalla colonizzazione russa nel XIX sec. Oggi il Kazakistan
è entrato in una fase di trasformazione economica, contrassegnata dallo sfruttamento
delle risorse minerarie e accompagnata da profondi sconvolgimenti sociali: sedentarizzazione
spesso coatta di quelli che furono i nomadi, lavoro forzato e ricorso all'immigrazione hanno
contribuito al regresso dei Kazaki, sommersi dai nuovi arrivati. In conseguenza di ciò
il Kazakistan è l'unica delle ex repubbliche sovietiche in cui la popolazione indigena,
quella kazaka, è minoritaria (circa il 36% della popolazione totale, contro il 40%
rappresentato dai Russi).
Periferia asiatica e meridionale dell'ex-URSS, fornisce essenzialmente materie prime o
semilavorate. I minerali ferrosi e non ferrosi e le risorse energetiche vengono sfruttati specialmente
in prossimità degli Urali.
L'industrializzazione ha portato alla formazione di centri rigorosamente specializzati e scarsamente
collegati tra loro. L'integrazione regionale ha progredito poco. Dal punto di vista economico si
possono distinguere cinque aree principali:
-
Il Kazakistan centrale, la cui economia è dominata dall'industria pesante: il bacino
carbonifero di Karaganda, i giacimenti di rame di Dzezkazgan e di Balchaš e svariati
giacimenti polimetallici formano la base di un complesso specializzato nella siderurgia e nella
metallurgia dei non ferrosi.
-
Il Kazakistan orientale, la cui industrializzazione è fondata sull'estrazione di minerali
polimetallici (piombo, zinco) e l'elettrometallurgia (Ust'-Kamenogorsk, Leninogorsk), integrate
dalle industrie alimentari (Semipalatinsk).
-
il Kazakistan settentrionale, che, grazie alla favorevole posizione geografica, associa
all'attività agricola dei grandi sovchoz cerealicoli le industrie estrattive e di prima
trasformazione dei complessi di Pavlodar-Ekibastuz e di Kustanaj.
-
Il Kazakistan occidentale, dove i giacimenti dell'Emba e della penisola di
Mangyšlak determinano la specializzazione nell'estrazione e nella lavorazione degli
idrocarburi.
-
il Kazakistan meridionale, che presenta il profilo economico più diversificato: sviluppo di
un'agricoltura irrigata nelle aree pedemontane e industrie di trasformazione che animano i centri
urbani (Alma-Ata, Cimkent). Lo sfruttamento dei fosfati del Karatau avviene nell'ambito del
complesso di produzione di Dzambul.
Dopo un periodo di recessione seguito alla disgregazione dell'Unione Sovietica, lo Stato Kazako ha
avviato un vasto piano di discutibili riforme che ha molto interessato gli investitori stranieri.
L'area Nord-Occidentale sarà protagonista di queste note.
1.2 Cenni storici
La popolazione kazaka, di origine turca, occupava il territorio che andava dal mar Caspio alle
frontiere degli imperi russo e cinese. Fu sottomessa nel XIII sec. al vasto Impero turco-mongolo
dell’Orda d'Oro, fondato da Batu Khan. Privo di un forte potere centrale, l'impero si limitava a
riscuotere i tributi dalle province, ma fu ben presto messo in crisi delle spinte centrifughe e nel
XIV-XV sec. perse via via compatezza.
Conquistata l'indipendenza i Kazaki la conservarono fino al XVIII sec., quando subirono la
colonizzazione dei Russi. Dopo il 1917 il territorio fu aggregato alla repubblica sovietica del
Turkestan.
Solo nel 1925 fu creata la repubblica sovietica del Kazakistan. I primi dissensi tra il Kazakistan
e l'URSS si manifestarono alla metà degli anni Ottanta e si aggravarono con lo scoppio
di violenti scontri tra la maggioranza kazaka e la minoranza caucasica sostenuta dal potere
centrale.
In seguito al disgregamento dell'Unione Sovietica, la repubblica partecipò il 21 dicembre
1991 alla fondazione della Comunità di Stati indipendenti.
Le successive elezioni confermarono alla presidenza Nursultan Nazarbayev (ora
socialista).
nel 1994 si sono svolte le consultazioni legislative che hanno conferito una netta maggioranza
ai sostenitori del presidente. Le accuse di irregolarità che hanno portato la corte
costituzionale a invalidare lo scrutinio, hanno successivamente provocato lo scioglimento del
parlamento da parte di Nazarbayev che, dopo essersi attribuito potere di legiferare per decreto,
con un referendum nel 1995 ha ottenuto l'annullamento delle presidenziali previste per il
1996 e la proroga del suo mandato.
Nel 1995 è stata approvata anche una nuova costituzione che ha ampliato i poteri,
già molto vasti, del presidente; le elezioni legislative per la Majilis (Camera dei deputati,
67 membri) e per il Senato (47 membri) sono state dominate dai sostenitori di Nazarbayev.
Per quanto riguarda la politica estera il Kazakistan ha operato una serie di accordi e rapporti,
sia economici che diplomatici, in particolare rivolti all'area asiatica ex sovietica; buone anche
le relazioni con i paesi musulmani con la sua adesione all'Organizzazione della conferenza
islamica.
Il Kazakistan odierno, come appena visto, è esposto alla colonizzazione/invasione
degli investitori stranieri.
Ci sono investitori/produttori italiani impegnati? La risposta è affermativa.
Principalmente si tratta dell'ENI, che tende a portare il marchio del cane a sei zampe che tutti
associamo all'AGIP in giro per il mondo, alla conquista di nuove fonti di fatturato.
Dopo qualche avventura nigeriana, il colosso italiano in questo periodo sta andando alla
conquista di nuove materie prime da immettere sul mercato proprio nella zona dell'Asia Centrale.
Le intenzioni dell'ENI di partecipare allo sfrutamento massiccio dell'area, sia dal punto di vista
del petrolio sia da quello del gas, sono apertamente dichiarate, dopo la loro pubblicazione
sulla Rivista
ENI.
Nell'articolo appena linkato si legge tra le altre cose che:
[Le riserve di] gas (Turkmenistan, Uzbekistan, Kazakhstan) sono dell'ordine di 15-20 trilioni
di mc. Altri quantitativi si potrebbero aggiungere a seguito di nuove attività esplorative.
Inoltre:
La distanza dai mercati potenziali, la mancanza di gasdotti per le esportazioni proiettano
lo sfruttamento delle riserve di gas in una prospettiva temporale di lungo termine. Le alternative
di trasporto al sistema russo verso i mercati europei, verso l'Oceano Indiano o verso
la Cina hanno il problema dei transiti attraverso l'Iran (sottoposto ad embargo americano) o
l'Afghanistan (la cui situazione interna è sempre fluida), oppure comportano investimenti
che rendono, ad oggi, il gas centroasiatico meno competitivo rispetto a quello proveniente da altre
aree.
Mentre regioni come l'Azerbaigian sono ricche di petrolio, soprattutto sulle rive e sul fondo del
Mar Caspio, le regioni interne dell'Asia Centrale hanno un sottosuolo ricco, oltre che di rame e
carbone, anche di gas naturali, primo tra tutti il metano:
Nel piccolo centro di Karachaganak l'Eni, la BG (British Gas) e la Texaco hanno
avviato iniziative upstream significative nell'area, pur con le difficoltà incontrate nel
risolvere per l'export il problema dei trasporti.
L'attenzione dell opinione pubblica e dei movimenti ambientalisti, non solo in questa fase,
è focalizzata particolarmente sul petrolio, tralasciando quasi del tutto gli aspetti legati
allo sfruttamento dei giacimenti di sostanze gassose.
Cos'è Blue Stream?
In Italia quasi nessuno lo sa (se non i vertici Eni), ma in Kazakistan, soprattutto a
Karachaganak, ed in Russia, sulle rive del mar Nero, lo sanno benissimo.
Osserviamo un attimo questa notizia lanciata il 23 novembre 1999, ormai due anni fa.
Eni: Saipem firma a Mosca contratto Blue Stream
Blue Stream Pipeline Company BV, società paritetica costituita tra Eni e Gazprom
nel quadro dell'alleanza strategica tra i due Gruppi, ha firmato oggi a Mosca con Saipem SpA,
Bouygues Offshore SA ed il Consorzio giapponese a cui partecipano Mitsui Co. Ltd., Sumitomo
Corporation e Itochu Corporation, il contratto per la progettazione, l'ingegneria,
l'approvvigionamento e la costruzione della sezione offshore del gasdotto Blue Stream che
collegherà, attraverso il Mar Nero, i maggiori campi gas della Federazione Russa al
mercato turco.
La sezione offshore del gasdotto Blue Stream sarà composta
dalla stazione di compressione di Beregovaya e da due condotte sottomarine
della lunghezza di circa 380 chilometri che saranno posate ad una profondità
massima di 2150 metri.
Il trasporto del gas comincerà nel 2001 dopo la posa della
prima linea. Il completamento dei lavori è previsto per l'anno 2002.
Il valore del contratto è di 1,7 miliardi di USD. La quota di competenza Saipem
è di circa un miliardo di USD. Il contratto entrerà in vigore all'adempimento
di alcune condizioni, la principale delle quali è l'approvazione dell'accordo
intergovernativo di esenzione fiscale. Blue Stream Pipeline Company provvederà
al fabbisogno finanziario del progetto con mezzi propri (20% degli investimenti),
utilizzerà inoltre schemi di finanziamento incluso il credito all'esportazione.
La sezione a terra del gasdotto in territorio russo sarà
costruita e gestita da Gazprom, mentre quella sul territorio turco dalla
compagnia locale Botas.
Il progetto del gasdotto Blue Stream, sostenuto dal governo della
Federazione Russa e da quello della Repubblica di Turchia sulla base dell'Accordo
intergovernativo del 15 dicembre 1997, renderà possibile l'esportazione
di 16 miliardi di metri cubi di gas all'anno dalla Russia alla Turchia.
Ecco cos'è Blue Stream: è tutta qui.
Il gas del Kazakistan viaggia nella pipeline onshore costruita da Gazprom
fino a Beregovaya, sul mar Nero, dove il gas sarà ricompresso per compensare le
perdite di carico, e immesso sulla sezione offshore fino in Turchia. La
sezione offshore è Made in Italy.
La situazione, dopo il fatidico 23 novembre 1999, si è evoluta.
La seguente notizia, del 6 giugno 2000, risolve gli intoppi fiscali di cui si è letto sopra.
Eni: il Parlamento Turco approva il protocollo fiscale relativo al Blue Stream
Superato l'ultimo passaggio parlamentare dell'iter autorizzativo
intergovernativo russo-turco per la realizzazione del progetto.
Con l'approvazione del protocollo sulla fiscalità da parte del parlamento
turco avvenuta lo scorso venerdi ad Ankara, si supera l'ultimo passaggio parlamentare
del complesso iter autorizzativo intergovernativo
russo-turco per la realizzazione del progetto Blue Stream. Dopo la russa
Duma, anche il parlamento turco ha dato pienezza giuridica al protocollo
che regola gli aspetti fiscali relativi alla realizzazione delle più
grandi infrastrutture di trasporto energetico offshore mai concepita nella
storia del gas in soluzione unica. L'Eni e la russa Gazprom sono stati
gli architetti di questo grande disegno.
" Questa decisione del Parlamento turco - ha affermato l'Amministratore
Delegato dell'Eni Vittorio Mincato - rappresenta un passo di fondamentale
importanza per la realizzazione di uno dei più grandi progetti gas
mai attuati al mondo. Il crescente successo del progetto è una prova
della capacità tecnologica e progettuale dell'Eni in campo internazionale,
e da respiro al processo di espansione all'estero del Gruppo, soprattutto
nei mercati con più elevato tasso di sviluppo".
"E' un risultato importantissimo - ha proseguito Vittorio Mincato
- anche per le rilevanti potenzialità della regione del Caspio,
dove esistono grandissime prospettive di sviluppo nel settore degli idrocarburi
e questo di Blue Stream, è il primo progetto di trasporto di gas
che si avvicina alla realizzazione. Molti non ci credevano, ma tutta la
storia dell'Eni è fatta di grandi sfide".
L'opera, nella sua essenza, collega il sistema dei gasdotti
russi della regione di Krasnodar nella Russia meridionale alla dorsale
turca del gas che passa per Ankara tramite un maxigasdotto della lunghezza
complessiva di circa 1250 km articolato in tre segmenti. Al tratto di gasdotto
a terra in territorio russo (ca 370 km), segue il tratto offshore, costituito
da due linee della lunghezza ciascuna di 380 Km, che dalla stazione di
compressione di Beregovaia raggiungono attraverso il Mar Nero la costa
turca a Samsun, da dove infine un gasdotto di 470 km prosegue fino alla
capitale turca. Nell'attraversamento del Mar Nero il gasdotto raggiunge
la profondità di 2150 m, profondità mai raggiunta finora
al mondo, in condizioni ambientali assai complesse.
Le tecnologie avanzate disponibili nel Gruppo Eni, in particolare
in Saipem e Snamprogetti, hanno consentito di individuare i corridoi più
idonei, il dimensionamento e le caratteristiche dei materiali, le tecniche
di posa e le modalità di manutenzione, rendendo così possibile
la realizzazione di quella che si prospetta come l'opera di ingegneria
tecnologicamente più avanzata a livello mondiale nel settore delle
acque ultra profonde.
La Saipem e Snamprogetti vantano, infatti, più di trent'anni
di esperienza nella ricerca e nell'applicazione di tecnologie avanzate
per la progettazione, realizzazione ed impiego di grandi mezzi marini ed
apparecchiature per l'esecuzione di progetti in acque profonde. La Saipem
7000, un gigantesco pontone posatubi, attrezzata con una torre di posa
da 4500 tn, alta 135 mt e con due gru da 7000 tn ciascuna, consente l'impiego
di una tecnologia innovativa che supera i precedenti sistemi applicati
finora per la posa di tubazioni in acque profonde e permetterà di
raggiungere profondità di 3000 metri.
Per la realizzazione, il finanziamento e l'esercizio dell'opera a mare Eni e Gazprom
hanno costituito su base paritetica la Blue Stream Pipeline Company BV (BSPC).
Il gasdotto nella sua configurazione di progetto consentirà
a regime di trasportare 16 miliardi di mc di gas naturale all'anno, cui
corrisponde nel periodo degli attuali accordi intergovernativi un volume
complessivo di 400 miliardi di mc. Questa ingente risorsa contribuirà
in modo significativo a soddisfare il fabbisogno energetico della Turchia
e ne assicurerà lo sviluppo industriale ed economico. La Turchia
rappresenta il mercato gas con i maggiori tassi di crescita in Europa:
al 2010 la domanda di gas nel Paese potrebbe raggiungere i 40-50 miliardi
di metri cubi l'anno, contro i 13 attuali.
Altre notizie su Blue Stream ed ENI
Cosa c'entra Blue Stream, in costruzione tra la Russia e la Turchia, con
il Kazakistan? Perchè non si parla di distruzione della fauna marina
del mar Nero ma della piccola località di Karachaganak, situata
nel nord ovest del Kazakistan, ai piedi degli Urali? Il legame c'è:
ricordiamo la data di inizio del progetto Blue Stream ed osserviamo cosa
fa l'ENI nello stesso periodo (il 21 dicembre 1999), mostrando un'evidente
parallelismo tra diversi progetti.
Quello che segue è un estratto da un articolo in inglese, la
traduzione è stata effettuata da parte dello scrivente,
questo
è il link al testo originale inglese.
Le evidenziature in grassetto sono ancora dello scrivente.
La Repubblica del Kazakistan ed i suoi partners operanti
a Karachaganak firmano l'accordo per la pipeline
Il governo della Repubblica del Kazakistan ed i partner dell'Organizzazione
Integrata di Karachaganak (KIO), formata da Agip/Eni, BG, Texaco
e Lukoil, hanno annunciato oggi la firma di un emendamento all'Accordo
Finale di Condivisione della Produzione di Karachaganak che permette
la costruzione di una pipeline di 460 Km da Bolshoy-Chagan a Atyrau, Kazakistan.
Ad Atyrau, questa pipeline si collegherà alla pipeline del
Consorzio del Caspio (CPC) e fornirà la trasportabilità
occorrente per incrementare la produzione di circa 9 milioni di tonnellate/anno
di liquido (195.000 barili di petrolio al giorno) ed 11 miliardi di metri
cubi/anno di gas (1.1 miliardi di piedi cubi al giorno) nel 2002).
La firma dell'accordo è avvenuta a Washington da parte del
Presidente del Kazakistan Nursultan Nazerbayev, Edward M. Trafford, Executive
Vice President della BG International, Massimo Nicolazzi, Vice Presidente
dell'Eni Spa, Robert A. Solberg, Vice Presidente di Texaco Inc. e Osman
Sapaev, Deputy General Manager della Lukoil.
Commentando in gruppo l'accordo, i firmatari hanno dichiarato: "(...)
Questo progetto rende possibile per Karachaganak di esportare i suoi prodotti,
attraverso la pipeline di CPC, verso i mercati internazionali".
L'accordo sulla pipeline permette lo sviluppo a pieno campo del
più grande giacimento di gas condensato del mondo.
Karachaganak contiene riserve di gas nel suo sottosuolo equivalenti
(energeticamente, N.d.T.) a 18 miliardi di barili di petrolio. Queste riserve
sono state scoperte appena nel 1979.
Allo stato attuale, la produzione di Karachaganak è di circa
3 milioni di tonnellate all'anno di liquido (65.000 barili di petrolio
al giorno) e 3.5 miliardi di metri cubi di gas all'anno (340 miliardi di
piedi cubi al giorno).
Quello che si può osservare è che Karachaganak è
sia fonte di petrolio sia fonte di gas, con decisa predominanza quantitativa
di qust'ultimo.
Blue Stream c'entra eccome! Sarà il gas di Karachaganak (in
parte già lo è) ad essere convogliato, una volta giunto al
Caspio, nel settore on-shore di Blue Stream, per poter soddisfare la fame
di gas della Turchia, come vogliono farci credere. Sì, farci credere,
poichè in tutto questo, secondo la modesta valutazione di chi scrive,
la Turchia c'entra ben poco.
Poichè lo scrivente segue le questioni legate al mondo energetico
da dieci anni, il sapere che è in costruzione una pipeline che termina
in Turchia fa saltare subito alla mente un'altra pipeline molto più
antica: la Istanbul-Trieste-Ingolstadt. L'ipotesi più credibile
appare essere la rivendita del gas (ancora una volta) a Paesi Occidentali
quali l'Italia, l'Austria e la solita Germania.
Tra l'altro, se si guarda una carta geografica con il tracciato delle
pipelines, si osserverà che la Istanbul-Trieste-Ingolstad ha già
causato molti scontri sanguinosi per il controllo delle tubazioni e delle
stazioni di pompaggio (località come Sarajevo e Tuzla dicono qualcosa
alla nostra memoria?).
Torniamo in Kazakistan ed a Karachaganak.
L'Eni ha aperto i seguenti uffici in Kazakistan:
-
Agip Division (Ufficio di rappresentanza) Posiolok Kok tobe 2; Uliza Stroitelnaia,1
- Almaty
-
Agip Caspian Sea BV (Filiale) Microdistrict Samal, 2 Building 69a - Almaty
-
Saipem SpA (Filiale) Abaya Street, 157 Room 11 - 48009 Almaty
Il vero nucleo operativo, non di rappresentaza o amministrativo, è
il campo di Karachaganak, dove oltre alle abitazioni dei (pochi) dirigenti
occidentali e dei (molti) lavoratori Kazaki ed immigrati caucasici, ci
sono i pozzi per petrolio e gas e le stazioni di pompaggio per l'immissione
nelle pipeline esistenti.
Eni è tra i fondatori del campo di Karachaganak.
Oltre tutto questo, il gruppo Eni possiede una modesta quota (2%) del
CPC. Ricordiamo che quest'ultimo è un consorzio per la costruzione
di pipelines sia per liquidi che per gas che uniranno il mar Caspio con
il mar Nero (ritorna ancora ad aleggiare lo spettro di Blue Stream).
Queste notizie hanno conferma ufficiale da parte della stessa Eni,
alla
pagina dedicata alle attività in Kazakistan.
Questa è la colonizzazione capitalistico/produttiva. Poi c'è
naturalmente quella culturale, immancabile.
In occasione del centenario della scoperta dei giacimenti petroliferi
Kazaki, l'ENI si è affrattata a dichiarare che "Il Kazakhstan è
un paese che l’Eni ha imparato a conoscere e per il quale nutre un profondo
senso di amicizia.", con tanto di pubblicazione
di un libro sul Paese.
Naturalmente non c'è solo la colonizzazione da parte dell'Eni:
anche le altre compagnie presenti nel consorzio di Karachaganak, prima
tra tutte la BG (British Gas), si comportano allo stesso modo.
Per un quadro completo della situazione kazaka, naturalmente dal
punto di vista occidentale/capitalistico, si rimanda alla pagina dell'Energy
Information Administration dedicata al Kazakistan
La totalità assoluta delle fazioni politiche parlamentari del Kazakistan
è firmataria degli accordi con le compagnie occidentali per lo sfruttamento
delle risorse. Di conseguenza ci si trova in una situazione di opposizione
istituzionale completamente nulla.
D'altra parte, come accennato alla fine del paragrafo 1.2 sui cenni
storici, dietro una parvenza di democrazia si nasconde la stretta dittatura
del presidente Nursultan Nazarbayev.
La popolazione di tutta l'area sta affrontando seri problemi dovuti
all'impatto ambientale (sia delle installazioni
petrolifere sia dei cantieri per la costruzione della pipeline) ed
all'impatto sociale dell'industrializzazione forzata.
In generale, dopo la fine coatta del nomadismo e soprattutto dopo la
caduta dell'Unione Sovietica, la popolazione del Kazakistan vive una situazione
di grossa difficoltà economica: quelli che, durante l'appartenenza
all'URSS, erano scambi di beni e servizi interni, sono ora diventati scambi
internazionali, con tutte le conseguenze del caso. Il reddito medio è
bassissimo, la poca agricoltura ottenuta con la riforma agraria sovietica
è stata riassoribita dal deserto. Restano solo i campi di estrazione
di idrocarburi in comproprietà tra la Gazprom e le compagnie occidentali.
Resta solo la possibilità di abbandonare la propria casa ed andare
a vivere per lavorare, anzichè lavorare per vivere, nei campi di
estrazione.
Karachaganak è una Zona Industriale di Esportazione a
tutti gli effetti, con la differenza che non esporta beni prodotti ma energia,
impalpabile energia chimica che era la principale ricchezza del proprio
sottosuolo e che ora viene trasmessa all'opulento occidente.
Uno sviluppo fasullo, controllato e guidato da colossi economici italiani,
inglesi, americani e giapponesi.
Dal punto di vista dei danni ambientali, occorre considerare che la
regione è boscosa solo nell'area più vicina agli Urali, mentre
spostandosi verso sud diviene rapidamente desertica. La costruzione della
pipeline sta provocando la deforestazione forzata proprio del nord ovest,
cioè dell'unico polmone verde.
Secondo la IESNC (Independent Ecological Service on Northern Caucasus),
alcune ampie operazioni di deforestazione, oltrechè nocive all'equilibrio
ambientale, sono anche illegali, come ad esempio l'abbattimento dei Pini
di Crimea nei parchi nazionali. Il parco naturale di Gelendzhik svanirà
rapidamente, cessando alla base la sua ragion d'essere, quando a breve
l'ultima foresta di pini sarà stata distrutta per fare spazio alle
stazioni di pompaggio della pipeline.
Stessa sorte, nei pressi del mar Nero, tocca alla riserva
naturale "Arkhipo-Osipovskoe", dichiarata "Monumento della
Natura" dalla Federazione Russa ed addirittura in corso di
abbattimento illegale da parte della SAIPEM/ENI. Maggiori informazioni saranno date nel Capitolo 7.
Queste informazioni sono estratte da un comunicato bilingue (Russo/Inglese)
emesso dalla IESNC (Independent Ecological Service on Northern Caucasus)
il 18 agosto circa le azioni di protesta contro l'abbattimento della foresta.
Qui c'è il link all'originale inglese.
In questo quadro, senza appoggi politici nè interni nè
esterni, il movimento di opposizione stenta a trovare spazi di espressione
e di azione.
All'interno del mondo lavorativo, quasi sempre sotto dominio (nel vero
senso della parola) ENI o British Gas, sono pochi i lavoratori sindacalizzati.
All'esterno, esistono alcuni movimenti, tra i quali quello ambientalista
legato all'IESNC, ed alcune organizzazioni politicizzate come gli anarchici
della Autonomous Action.
Proprio questi ultimi, assieme ai lavoratori sindacalizzati, e quindi
situati a metà strada tra movimento di lavoratori e movimento sul
territorio, esprimono un punto di vista autenticamente "alternativo" a
quello dominante.
Non trovano molti spazi a causa della forte repressione e dei pochi
spazi di agibilità forniti dalla situazione sociale ed economica
kazaka, ma appaiono in grado di raccogliere consensi nell'immediato futuro,
a quanto risulta allo scrivente da contatti diretti.
La principale fonte di documentazione su questi ed altri attivisti della
zona è naturalmente russia.indymedia.org,
ma il sito attualmente è presentato solo in versione russa. Per
chi non conosce il russo, gli ostacoli comunicativi sono elevati.
In questa sede si presenta la traduzione in italiano di un documento
russo/inglese di Autonomous Action, presente anche
in versione inglese assieme ad altri documenti del
gruppo riguardo gli attentati dell'11 settembre ed altro. Tali documenti
vengono aggiunti per completezza e per fare chiarezza sulle loro posizioni
politiche, non vengono tradotti perchè
non direttamente riguardanti l'argomento trattato in questa sede.
Il 3 ottobre 2001, ad Aksai, un minuscolo abitato nelle immediate
vicinanze del grande campo di estrazione di petrolio e gas di Karachaganak,
sono stati attaccati dei volantini da parte di membri del gruppo dei lavoratori
anonimi nel quartiere degli Occidentali (managers e specialisti di ENI/Agip,
British Gas, Texaco, Shell, Lukoil, ecc.)
Questo quartiere è una zona residenziale ad accesso altamente
ristretto, con speciali sistemi di pass per l'accesso e una forte infrastruttura
di sicurezza.
In particolare la zona è difesa per prevenire l'accesso da
parte degli abitanti del luogo (a meno che non si tratti di giovani donne).
Lì dentro hanno acqua calda e molte altre cose gradevoli ed utili...
I Volantini recavano il seguente testo: "Combatti i tuoi veri nemici:
poliziotti-boss-politici. Non guerra, ma guerra di classe!"
Chi scrive ha avuto un rapporto drammatico con questo volantino.
Da alcuni contatti diretti successivi alla ricezione del testo risulta
che:
-
Karachaganak è un centro piuttosto esteso, formato da un 1% di abitazioni
destinate ai dirigenti occidentali, un 40% formato da abitazioni piuttosto
povere destinate ad abitanti locali e lavoratori immigrati, un 59% di strutture
di estrazione petrolifera e metanifera e relative infrastrutture.
-
L'unico 1% di abitazioni residenziali, quelle destinate ai managers americani,
europei e giapponesi, è guardato a vista da guardie armate, un vero
e proprio ghetto dorato dei ricchi sfruttatori.
-
Karachaganak è una zona energeticamente ricchissima, visto il petrolio
ed il metano del suo sottosuolo. Nonostante questa abbondanza energetica,
che qui in Italia (storicamente importatrice di energia) possiamo solo
invidiare, ai cittadini lavoratori locali ed immigrati non è concesso
nè avere energia elettrica ad uso abitativo nè una sola briciola
del gas per usi civili: non hanno impianti a gas per cucine, e neanche
acqua calda. Di impianti di riscaldamento, neanche a sognarne...
-
Tutta l'energia prodotta viene convogliata nelle pipeline, verso destinazioni
sconosciute (data la complessità della rete di pipelines russe).
L'unica deroga è rappresentata dalla minuscola percentuale destinata
al villaggio dei managers occidentali.
-
Per gli abitanti di Karachaganak del XXI secolo si presentano poche alternative:
se non si vuole essere costretti ad emigrare occorre accettare la schiavizzazione
nei campi di estrazione petrolifera/metanifera. Per le ragazze esiste solo l'alternativa di vivere prostituendosi
ogni notte ai managers occidentali, il che spesso è l'unico modo
per vivere almeno qualche ora nel villaggio dorato senza essere buttati
fuori dalle guardie armate.
Mentre gli unici oppositori a Karachaganak sono i lavoratori anarcosindacalisti,
sulle rive del mar Nero è la IESNC,
ed organizzazioni ad essa collegate, a lottare contro la
posa del tratto offshore di Blue Stream.
L'azione di protesta è principalmente su due fronti: da un lato
vengono prodotti documenti scientifici precisi, firmati anche
da persone autorevoli del mondo scientifico, in particolare
chimici e fisici, dall'altro vengono effettuate azioni dirette
volte a rendere visibile il problema alla popolazione locale
non politicizzata e magari non ancora sensibile alla tematica.
I documenti, dei quali si presentano in questa sede alcuni brevi estratti, provengono direttamente
dagli atti della IESNC, la cui comunicazione non è
affidata a siti internet ma a due mailing list.
Link documenti interi IESNC (en).
Lo scrivente si dichiara disponibile, per il futuro, ad estendere gli estratti o tradurre
integralmente i documenti.
Il primo documento (Declaration of the international Socio-Ecological Union on illegality and
extreme ecological danger of Russia-Turkey pipeline) evidenzia come Blue Stream sia
un progetto illegale. Già in precedenza, in questo stesso scritto, si è parlato del
parco nazionale di Arkhipo-Osipovskoe. Protetto dalle leggi della Federazione Russa in quanto
"Monumento della Natura", nonchè uno degli ultimi siti al mondo nel quale è
presente il Pino di Crimea. La Saipem/ENI è accusata di non avere
rispettato le leggi russe, trattando come acqua fresca l'obbligo da parte del
governo di Mosca di far passare il tratto onshore di sua competenza da un'altra parte.
Il resto del documento contiene la puntuale denuncia di tutti gli altri tipi di impatto
ambientale: dalla distruzione di flora e fauna costiere all'annientamento della vita
sottomarina, con conseguente rischio di morte biologica dell'ecosistema del mar Nero.
Da notare che il problema è internazionale, poichè dopo la fine dell'URSS sono
praticamente raddoppiati gli Stati che affacciano sul bacino.
Il secondo ottimo documento è stato pubblicato il 19 settembte 2001 dal
gruppo degli Scienziati indipendenti, russi, principalmente legati al mondo della
biologia. Contiene precise dimostrazioni della reale pericolosità del progetto Blue Stream,
compreso un ampio rapporto sulla pericolosità per la stessa vita umana dovuta
all'inquinamento dell'aria, delle acque ed a possibili (fin troppo probabili) incidenti.
Termina con il mettere in evidenza alcuni errori di progettazione di Blue Stream che lo
rendono una vera e propria bomba.
Segue il resoconto del blocco della enorme nave posatubi
Castoro 8 della SAIPEM/ENI
da parte di ambientalisti ed anarchici il 20 settembre scorso,
con relativa "rivendicazione".
Dopo questa lunga raccolta di informazioni, non ci sono
altre righe dedicate al tirare conclusioni.
Per scelta.
Prima di tutto si voleva preparare una raccolta di informazioni
circa fatti precisi ed il più possibili documentabili e
verificabili (con l'unico limite costituito dall'ostacolo
della lingua).
Non si è voluta preparare un'analisi politica: in
perfetto spirito di Open Publishing si preferisce che
sia il lettore ad analizzare i fatti, costruire liberamente
un'opinione e - perchè no, contribuire al miglioramento
di questo documento con aggiunta di informazioni/dati/contenuti
e correzione di sviste e bufale varie.
In questa breve appendice vengono fornite le principali fonti dalle quali sono stati tratti i contenuti
delle presenti note, non costituite da racconti di persone del luogo, più alcuni spunti di
approfondimento, naturalmente premesso che, per chi non conosce il russo, l'informarsi
sull'argomento ed il poter autonomamente approfondire non è impresa semplice.
- http://russia.indymedia.org
Resta la migliore fonte d'informazione indipendente, non filtrata e non controllata/dominata. Il
principale svantaggio (per noi occidentali) di Indy russia consiste nell'essere completamente in
russo, i documenti in inglese restano molto rari e di solito sono posting occidentali.
-
IES_NC-subscribe@yahoogroups.com
E' l'indirizzo e-mail per l'iscrizione alla mailing list internazionale della IESNC. Un altro modo
di raggiungerla è attraverso i yahoo-groups.
-
ENI-Kazakistan
Il sottosito dell'ENI che pubblicizza (a volte esalta) l'opera del cane a sei zampe in
Kazakistan. Con molte informazioni qualitative e quantitative che hanno reso possibile,
dopo opportuna verifica, lo scrivere queste note.
-
http://www.eia.doe.gov/emeu/international/kazak.html
Il sito dell'EIA dedicato al Kazakistan. Contiene le più ampie ed
aggiornate informazioni su tutti gli aspetti energetici: dal petrolio al carbone passando per
l'elettricità. Altre pagine dell'EIA possono essere utili per ottenere informazioni anche
su altri paesi del mondo, per cui può essere importante per ricerche simili su altre
zone.
- Radio Free - Radio Liberty
A dispetto del nome, a dire il vero promettente, è
meglio sfatare il mito di questo portale dedicato al mondo
dell'Est. Radio Free/Radio Liberty ha indubbiamente avuto dei
meriti nei decenni scorsi, quando era una radio clandestina
negli stati sovietici e del patto di Varsavia. Oggi ha
manifestato chiaramente che il proprio concetto di
libertà è quello americano.
Nonostante questo, che comporta un presentare le informazioni
condite di propaganda politica "di parte", è
sicuramente il portale con più informazioni sul
mondo dell'Est Europa e dell'Asia, sia in lingua locale sia
in Inglese.
Sul sito sono pubblicati alcuni articoli fondamentali per la
profonda comprensione del problema dello sfruttamento
energetico in area caucasico/caspica/kazaka. Da segnalare
Energy politics in the Caspian and Russia
2001.
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