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06 MARZO 2005
SCHIO."Libera Zone" nelle piazze "Più spazio ai giovani"
Una manifestazione senza incidenti con concerti di Anger, Eterea, e una mostra (p. r.) Massiccia presenza di forze dell’ordine, ieri pomeriggio in città, per la kermesse organizzata dal coordinamento di Libera Zone, per chiedere spazi da destinare ai giovani e soprattutto luoghi dove potersi esprimere attraverso la musica e lo sport. In piazzetta Garibaldi e in piazza Falcone Borsellino, nonostante il freddo e l’accenno di fiocchi bianchi che nel primo pomeriggio aveva fatto temere un’altra nevicata, una cinquantina di ragazzi si sono dati appuntamento ed hanno allestito una «simulazione di spazio sociale», come l’hanno chiamata gli organizzatori della manifestazione rivolta soprattutto ai giovani. In piazzetta Garibaldi vi era una piccola esposizione d’arte, mentre piazza Falcone Borsellino è stata riservata alla musica. Rispetto ai programmi della vigilia è saltata l’esibizione di skateboard, in quanto la neve che ancora copriva l’intera piazza l’ha resa impossibile perché troppo pericolosa, i ragazzi hanno allestito lo spazio musicale sotto il portico della piazza, dove si sono esibiti i complessi musicali degli “Anger”, e gli “Eterea”. La parte più politica, invece, si è svolta in piazzetta Garibaldi, anche attraverso la distribuzione di volantini che si è svolta lungo tutta via Garibaldi e via Pasini. «In piazza per dare voce al bisogno di spazi di socialità, di espressione e di confronto politico, per chiedere luoghi fisici d’alternativa» è stato il motivo della manifestazione di ieri: locali dove le band giovanili possano suonare, soprattutto, ma anche una pista da skate board «dove praticare questo sport senza rischiare multe e senza disturbare la quiete pubblica», struttura che in zona non esiste e della quale, evidentemente, si sente un particolare bisogno. Una quarantina di carabinieri e poliziotti hanno controllato la manifestazione, che si è svolta in tutta tranquillità, peraltro senza coinvolgere più di tanto gli scledensi impegnati nel passeggio del sabato pomeriggio.
Si scatena contro i Cc Bloccato e condannato In discoteca Militare Usa diventa una furia Gli costa 10 mesi (d. n.) Non è certo un buon periodo per gli americani ospiti di Vicenza. Non passa fine settimana infatti che non si rendano protagonisti di qualche grave fatto di cronaca. L’altra sera a mettersi, si fa per dire, in luce, è stato Rodney Mc Cullough, 24 anni, che dopo aver bevuto qualche drink di troppo in discoteca si è avventato novello Bruce Lee contro i carabinieri che stavano riportando la calma dopo una rissa. Ne ha feriti tre e per lui si sono aperte le porte del carcere. L’episodio è avvenuto verso le 4 di ieri mattina all’esterno della discoteca “Nordest” di Caldogno. I carabinieri di Dueville stavano compiendo un controllo fra gli avventori del locale quando, probabilmente a causa dei fumi dell’alcol, è scoppiata una violenta discussione fra un gruppo di americani che stavano trascorrendo una serata di festa dopo aver percepito lo stipendio. I militari del luogotenente Livio Peruzza hanno cercato subito di mettere calma fra i contendenti riuscendo nell’intento, perché il gruppetto si è sciolto e quasi tutti si sono placati. Quasi, perchè Mc Cullough, per tutta risposta, ha spaccato per terra una bottiglia di birra e con i cocci ha minacciato i carabinieri che hanno tentato di calmare anche lui facendogli mettere da una parte la bottiglia. Ma pochi istanti dopo l’americano ha ripreso ad inveire e si è scagliato con furia inaudita contro i militari, che sono riusciti a bloccarlo soltanto in quattro. Tre sono rimasti feriti, con prognosi fra 3 e 12 giorni. Il militare Usa è stato arrestato per violenza, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Ieri mattina è stato processato e davanti al giudice Furlani ha patteggiato dieci mesi e 20 giorni. Quindi è stato portato in caserma dalla Militar Police.
Se il grembiule lo indossa George Washington di Marino Smiderle In attesa che il Grande Oriente alzi le colonne ufficialmente a Vicenza, si può cominciare a dare un occhio a cosa accade in una loggia massonica che, pur essendo americana, fa parte a tutti gli effetti della galassia di palazzo Giustiniani. Più precisamente, la George Washington Lodge, n. 585, punto di riferimento per i fratelli muratori del Nord America che sono venuti, e vengono, in Italia con la divisa militare. Prima distinzione: tra Stati Uniti e Italia, in fatto di massoneria, c’è una diversa percezione. Nel Belpaese, soprattutto dopo i fatti della P2 di Licio Gelli, le logge massoniche sono viste con sospetto misto a paura e su tutto questo mondo aleggia il fascino della segretezza; negli Stati Uniti, invece, far parte di una loggia non è certo una cosa da tenere segreta. Anzi, molti viaggiano con l’adesivo dell’officina di riferimento appiccicato sul paraurti dell’auto. Per dare un’idea, basta ricordare il pacioso Howard Cunningham, della famosa serie Happy days, quando esce di casa per andare a riunirsi con i fratelli della loggia del leopardo: poco più di una carnevalata, nobilitata dalle opere di carità e dalla beneficenza. Alla George Washington, ogni tanto, ci vanno anche i massoni vicentini. Ma la n. 585 (www.georgewashington585.org) è famosa per essere stata la prima loggia fondata dalle forze armate americane al di qua dell’Atlantico, nel 1959. Già dalla presenza di un sito internet specifico e dalle informazioni contenute, si intuisce la differenza dai criteri italiani. Per dire, abbiamo chiesto a qualche massone vicentino di intervenire pubblicamente, visto che la massoneria italiana non è segreta e non nasconde alcunché di proibito: in privato, collaborazione massima, ma per apparire servono timbri e ceralacche del Gran maestro nazionale (di tutte le parrocchie interpellate). Sul sito della Washington, invece, ci sono i nomi dei maggiorenti, le foto degli incontri e le date per le prossime riunioni. Che sono fissate per il primo e il terzo martedì di ogni mese alle 7 della sera. Un corollario di questa loggia, poco noto in Italia, è la presenza a Vicenza di una cosiddetta oasi dell’Antico Ordine Arabo dei Nobili del Santuario Mistico del Nord America. «È una corporazione paramassonica statunitense - si legge nel dizionario di Esonet - ideata e creata a New York dai massoni Walter M. Fleming (un eminente medico) e William J. Florence (attore). Essi avevano in comune l’idea di una nuova Fratellanza riservata ai Liberi Muratori, in cui divertimento e buona compagnia venissero accentuati a scapito della ritualità. Il Fleming, che intorno al 1870 era una stella del palcoscenico, mentre si trovava a Marsiglia per uno spettacolo, veniva invitato ad una festa data da un diplomatico arabo. Il ricevimento consisteva in un’elaborata commedia musicale al cui termine gli ospiti diventavano membri di una società segreta. Era solo una specie di gioco, ma era condotto in modo tanto interessante da indurre Fleming a prendere molti appunti, che arricchì nel corso di altre due occasioni simili, cui partecipò ad Algeri ed al Cairo. Quando ebbe l’occasione di mostrare i suoi appunti al dott. Fleming, questi ne fu tanto entusiasta da trasformare quelle idee embrionali in quello che sarebbe diventato l’Ancient Arabic Order of the Nobles of the Mystic Shrine, l’A.A.O.N.M.S., una sigla che, anagrammata, dà stranamente le due parole "A MASON", ovvero un massone». Ritualità e massoneria, due concetti che, specie negli Usa, vanno a braccetto. Il simbolo di questa strana loggia è una scimitarra a cui sono agganciate una mezzaluna e una stella, il tutto in una foggia tipicamente araba, quanto mai singolare, soprattutto in tempi come questo. In Italia ci sono due logge che fanno riferimento all’Aaonms, una a Vicenza e una a Milano. Al di là dei rituali stravaganti e divertenti, non bisogna dimenticare che il compito principale dei fratelli di quest’ordine è esemplificato dalla decine di ospedali costruiti in gran parte negli Stati Uniti e, in misura minore, anche all’estero. «Dal 1922, quando il nostro primo ospedale è stato aperto a Shrevenport, in Louisiana - spiegano i fratelli della Davis Oasis di Vicenza - lo Shrine ha destinato circa 3,4 miliardi di dollari per curare i pazienti con fratture e con ustioni. Oltre mezzo milione di bambini sono stati guariti completamente negli Shriners hospitals». Di fronte a queste finalità, ogni rituale, ogni mascherata, si possono sopportare e, anzi, auspicare. La filantropia tanto più è nascosta, tanto più è vera, sentita ed efficace. (2. continua)
Dopo la presa di posizione delle categorie produttive, ecco le reazioni dei politici. La Provincia: «Migliorie sì, stravolgimento no» Il tavolo sulla bretella? Si può fare Tempi lunghi per lo stop notturno ai tir: ancora senza data l’ordinanza (g. m. m.) Dopo due settimane di tutti contro tutti, la querelle esplosa fragorosamente intorno al progetto per la costruzione della tanto sospirata bretella da Ponte Alto a Isola sembra avviata a ricomporsi su un tavolo. Il tavolo di confronto richiesto nella lettera firmata dai presidenti delle principali associazioni di categoria vicentine e indirizzata alla presidente della Provincia Manuela Dal Lago. Proprio la Dal Lago, infatti, di fronte alla decisione del sindaco di Costabissara Giovanni Forte di eliminare dal suo piano regolatore la fascia di vincolo per la bretella, aveva disposto di congelare i fondi destinati da palazzo Nievo alla nuova arteria: circa 45 milioni di euro, cui va aggiunto l’investimento dell’Autostrada. Le categorie hanno scritto alla presidente per chiedere di non cancellare il finanziamento dell’opera, prendendo le distanze da quanto deliberato a Costabissara. Dopo aver ribadito il no secco alle ordinanze di stop ai tir, i presidenti delle categorie invitavano gli attori protagonisti della bretella a ritrovarsi intorno a un tavolo per provare a migliorare il progetto. Un appello accolto dai vari fronti, ma con obiettivi diversi. Roberto Ciambetti, assessore provinciale alla viabilità, lo dice chiaro e tondo: «Sì al tavolo, ma per portare migliore al progetto, non stravolgimenti». Il progetto preliminare, infatti, si basa sul tracciato “Da Rios”, inserito a suo tempo nel Prg bissarese, prevedendo un passaggio in galleria per attraversare un tratto di Costabissara. «Il tavolo può contribuire a migliorare il progetto, ma solo se il tracciato sarà quello urbanisticamente compatibile, quello allo stadio di progettazione più avanzato, quello già all’esame della Valutazione di impatto ambientale. Altrimenti significherà buttare all’aria tutto il lavoro svolto in questi anni e perdere altro tempo», chiarisce Ciambetti. «Sconsolato» si dice invece il sindaco Forte, leggendo la presa di posizione degli imprenditori: «Se questa è la nostra classe dirigente, andiamo male. O i problemi vengono trattati in modo superficiale, oppure stanno facendo campagna elettorale pro Dal Lago. Siamo noi i primi a volere il tavolo: mi chiedo, piuttosto, perché non l’hanno preteso tre anni fa. A metà febbraio avevo incontrato il sottosegretario Stefano Stefani e l’assessore Ciambetti, che però non mi ha garantito nulla. Io avevo fatto richieste, che non hanno avuto risposte. Ecco perché abbiamo deliberato di “cancellare” il vincolo. Il nostro obiettivo era e resta la convocazione di un tavolo serio. Noi pensiamo di essere propositivi, sono gli altri che non vogliono sentire ragioni». Forte spiega che il tavolo può essere l’occasione per siglare un accordo di programma, che passerà sopra all’eliminazione del vincolo urbanistico. Al tavolo è stato chiamato anche il capoluogo, che attraverso l’assessore alla mobilità Claudio Cicero aveva proposto un’alternativa compatibile con il disegno del raccordo anulare intorno alla città: un’ipotesi - avvertono le categorie - che va verificata per evitare il riproporsi di negative interferenze con altri contesti fortemente antropizzati. «Auspicavo da tempo la convocazione del tavolo - dice l’assessore Cicero - se si fosse fatto un anno fa, forse oggi avremmo qualche certezza in più su un’opera importantissima. L’importante è che non ci siano posizioni preconcette. Il tavolo dovrà servire per capire cosa conviene fare. Sono straconvinto che la nostra ipotesi è valida, perché tiene conto di un progetto completo, di cui la bretella è un ramo». Nel frattempo, l’annunciata ordinanza che dovrebbe fermare i tir di notte e che doveva partire dal 1 marzo, non è ancora stata emanata. All’Albera aspettano con ansia, mentre si ripetono episodi come l’abbattimento di una transenna ripara pedoni da parte di un tir giovedì scorso, come rileva il consigliere comunale Sandro Guaiti. «Stiamo attendendo i dati fonometrici e purtroppo la neve non aiuta - conclude Cicero -. Inoltre, abbiamo chiesto alla Regione di dirci quali sono le procedure per accedere al contributo sul pedaggio dei tir deviati in autostrada».
Il Comune segue 1300 casi, in aumento le famiglie che si rivolgono alla parrocchia I “nuovi poveri” chiedono aiuto per pagare le bollette L’allarme Preoccupante la situazione di tante donne e dei disoccupati cinquantenni che non arrivano a fine mese di Elisa Morici In poche ore hanno bussato in dieci alla porta della canonica di S. Pietro. Dieci storie di povertà raccolte appena una settimana fa, tutte in un giorno e i giorni così non sono più solo una triste eccezione. Chiedono soldi, un po’ di cibo, un vestito. Sempre più spesso chiedono un lavoro. Qualche sbandato, molti immigrati e sempre più scledensi, i veri nuovi poveri che si ritrovano senza occupazione dalla sera alla mattina, con una famiglia sulle spalle, le bollette da pagare, i figli da mandare a scuola. La crisi economica che ha investito l’Italia, annacquando il mito del Nordest, miete vittime tra la gente che s’illudeva di essere al sicuro e si ritrova invece in ginocchio e costretta a chiedere aiuto mettendo da parte l’orgoglio e con la paura di perdere anche la dignità. A Schio sono almeno 110 le famiglie seguite da Caritas e S. Vincenzo, 190 i nuovi casi presi in carico dal Comune nel 2004, con un aumento del trenta per cento rispetto all’anno precedente. E, numeri a parte, a preoccupare è soprattutto il volto nuovo della povertà. «Seguiamo quasi 1.300 casi tra cui moltissimi anziani - spiega l’assessore al sociale Emilia Laugelli -. Ma accanto a questa categoria di bisognosi che esiste da sempre, registriamo un netto aumento di richieste di aiuto da parte di nuclei familiari monoparentali e di disadattati. Nel primo caso (circa 170 richieste) si tratta per lo più di madri sole il cui ex compagno non rispetta gli accordi di mantenimento stabiliti dal tribunale; con il termine disadattati, invece, intendiamo malati di mente, ex tossicodipendenti che faticano a reinserirsi ma soprattutto persone che hanno perso improvvisamente il lavoro, ed è questa la triste novità rispetto al recente passato». Sono donne, con gli immigrati, le prime ad essere espulse dal ciclo produttivo, o uomini in mobilità o in cassa integrazione intorno ai 50 anni che faticano a trovare un altro lavoro per via dell’età. «Ci chiedono un aiuto immediato per tamponare l’emergenza - continua l’assessore - ma vorrebbero poi un’occupazione per restituire tutto il prima possibile e riprendersi la loro vita dignitosa. L’unico aspetto positivo del problema è che queste persone non costituiscono lo “zoccolo duro” dei nostri assistiti; per loro esistono delle prospettive e la concreta possibilità di uscire da una situazione difficile». I sussidi erogati dal Comune sono aumentati di oltre 30 mila euro tra il 2003 e il 2004, arrivando a quota 237 mila, di cui 23 mila per pagare le bollette di molti assistiti e altre migliaia di euro per coprire il costo di rette, mense e trasporto scolastico di 125 bambini. Gli stessi disagi riscontrati anche dalla Caritas, che oltre a casi di lunga data si trova infatti ad affrontare emergenze nuove: «Ci sono le persone di passaggio che chiedono solo soldi e in genere non le vediamo più - spiega l’arciprete, don Lodovico Furian -, e ci sono poi gli immigrati e sempre più scledensi che all’improvviso non possono più contare su uno stipendio da portare a casa, e vivono come un incubo la necessità di rivolgersi infine alla parrocchia. Per chiedere da mangiare o un paio di scarpe per il figlioletto a cui non vanno più bene quelle vecchie. Per un lavoro». Storie a cui la ricca Schio stenta ancora a credere. Disagi reali che rendono ancora più urgente l’attivazione di “Schio C’è”, il progetto comunale di aiuto mirato, presentato un mese fa: un fondo sociale per concedere prestiti di solidarietà a chi vive situazioni di difficoltà, senza interessi e con modalità di restituzione concordata. «Ci stiamo organizzando per costituire il fondo - conclude l’assessore Laugelli - e siamo soddisfatti della risposta positiva ricevuta da più parti». Una boccata d’ossigeno più che mai necessaria, mentre i campanelli delle canoniche continuano a suonare. |