Riceviamo e pubblichiamo. Qui potete scaricare il pdf per stampare e diffondere il volantino che convoca il presidio.
Domenica 22 novembre alle 15 troviamoci al carcere di Villa Fastiggi (Pesaro) assieme a prigionieri/e per far sentire loro la nostra solidarietà e complicità nella rabbia e nell’odio contro carcere e carcerieri.
CON ENEAS UNO DI NOI AMMAZZATO DAL CARCERE
Siamo amici di Anas Zanzami,ragazzo che era detenuto in questo carcere e che è stato ammazzato il 25 settembre.
Il carcere uccide ovunque. In questo carcere la situazione è particolarmente preoccupante, anche a causa della nuova direttrice: Armanda Rossi. Sappiamo di lei grazie ai racconti dei detenuti del carcere di Campobasso (di cui era direttrice prima di essere trasferita qui) raccolti dal giornale Il Garantista.
Ecco qui uno stralcio
“…I racconti dei detenuti hanno messo in forte evidenza un comportamento che lede fortemente la dignità umana di tutti coloro che sono rinchiusi nel penitenziario. I detenuti lamentano le privazioni anche più elementari, come ad esempio il mancato accesso di molti generi alimentari e persino i dolci in uso durante le festività (panettoni, torroni, uova di pasqua), di tutti i prodotti farmaceutici di libera vendita, l’acquisto di giornali che la direttrice non ritiene idonei. Sistematicamente viene negato ai familiari dei detenuti di portare qualsiasi genere alimentare. I rapporti con i familiari sono fortemente limitati, con restrizioni non previste dalla normativa vigente, come ad esempio le telefonate sia ordinarie che straordinarie, sono vietati i colloqui con persone che pur essendo familiari non portano lo stesso cognome. Nello scorso mese di agosto ha disposto con un ordine di servizio che i detenuti non potevano effettuare colloqui e telefonate con i propri avvocati, privando di fatto il diritto alla difesa sancito dalla Costituzione. Non vengono autorizzate le autocertificazioni e lo svincolo dei soldi. Questi episodi insieme ad una atteggiamento e linguaggio di sfida (un detenuto di etnia rom che chiedeva un colloquio si è visto rispondere: «Questo è un carcere, non un albergo ed io sono Hitler!») hanno portato i detenuti all’esasperazione ed a porre in essere atti di autolesionismo pur di aver ascolto…”
Eneas non ha accettato tutto questo, e neanche noi vogliamo farlo.
È importantissimo farsi sentire da fuori, portare dentro queste parole e la nostra solidarietà. Far sentire alla direttrice ed alle guardie che è scaduto il loro tempo, che ora si sa quello che accade là dentro.
Non avremmo mai pensato che un fatto come questo potesse succedere ad un nostro amico, ad un nostro fratello, benché Eneas fosse riuscito a mandare una lettera in cui raccontava ciò che accade qui. Non avremmo mai pensato che potessero ammazzarlo.
Ma è accaduto. Dobbiamo fare in modo che non accada più!
Rompere questo muro di silenzio, incontrandoci, parlandoci, per costruire insieme sostegno morale e concreto a chi è dentro. Affinché sia sempre più forte la voce e la lotta di chi è recluso/a. Affinché guardie e direttrice sentano che i detenuti/e non sono soli/e e quindi capaci di reagire a restrizioni e prepotenze; sia individualmente che insieme.