Le origini di una peculiare tradizione magica "egizia", nata in Italia
ma diffusa anche fuori del nostro paese, si ricollegano alla tradizione
iniziatica napoletana (...). Un interesse per riti "egizi" e per le
tecniche note come
Arcana Arcanorum
si manifesta (...) all'epoca del passagio di Cagliostro a Napoli e
raccoglie l'eredità iniziatica del principe Raimondo di Sangro.
Questo interesse dall'Italia passa (...) in Francia dove - raccolto dai
fratelli Bédarride, non senza qualche modifica - si sviluppa in
senso prettamente massonico con i "riti egiziani", che rimangono (o
tornano) anche in Italia - la tradizione che era stata di Raimondo di
Sangro e di Cagliostro continua attraverso gli interessi
esoterico-occultistici coltivati in ambiente risorgimentale e liberale
(tra l'altro da figure come Mario Pagano e Pietro Colletta, entrambi
con interessi massonico-egizi). Verso la metà del secolo scorso
- si tratti di esuli politici dopo i moti del 1848, o di viaggiatori
alla specifica ricerca di un sapere occulto - vari eredi di questa
tradizione frequentano l'ambiente occultistico di Parigi: di questo
gruppo fanno parte il barone Nicola Giuseppe Spedalieri (uno dei
più assidui corrispondenti di Eliphas Lévi), l'avvocato
Giustiniano Lebano e Pasquale de Servis ("Izar"). Giustiniano Lebano
(1832-1909) può essere definito l'uomo che lottò con il
colera. Dopo un passato anti-borbonico e risorgimentale, con soggiorni
a Torino ed a Parigi, ricevette nomine e prebende dal nuovo governo
unitario (che dovette proteggerlo dal brigante antipiemontese Pilone,
che aveva giurato - sembra - di ucciderlo e che cadde invece
sotto il fuoco della polizia nel 1874 a Napoli). Dignitario della
massoneria "ufficiale" del Grande Oriente, della Società
Teosofica, del rito di Memphis di Pessina e poi dei riti egiziani
unificati da Garibaldi, conobbe - per comunanza di frequentazioni
massoniche - Giosuè Carducci e, ispirato dall'"Inno a Satana"
del poeta, scrisse un non meno massonico (anche se meno famoso) "Padre
Nostro satanico". Ma il colera, che gli aveva portato via tre figli
maschi nel 1867, rese quasi folle la moglie Virginia, che si riprese a
stento. La morte dell'ultimo figlio maschio nel 1884, per una nuova
epidemia, diede il colpo finale alla psiche di Virginia, che
finì per darsi fuoco credendo, sembra, di dover espiare i
peccati di magia del marito, di cui fece perire con sé nel rogo
molti manoscritti e documenti. Curiosamente Lebano si convinse che
l'odiata malattia non era affatto colera, come credevano "medici,
mediconzoli e medicastrelli", ma un altro morbo chiamato
"ociphon-sincope", sbucato dalle "avernee regioni" per tormentare gli
europei; nelle successive edizioni della sua opera sul tema (che fu
più volte ristampata) si spingeva oltre ed attribuiva la
responsabilità della diffusione della malattia a "Maghi e
Sacerdoti chinesi" che avrebbero dovuto essere combattuti con armi
ugualmente magiche. Lebano, tuttavia, non si occupava soltanto del
colera. Mentre raccoglieva un'ampia biblioteca e riceveva occultisti di
tutta Europa, commentava - sempre in polemica con la Chiesa Romana,
rimasta "a rappresentare l'ignoranza, l'oscurantismo, e la
superstizione" - il Cantico dei Cantici dedicando il commento al
ministro Zanardelli, e risolveva il problema dell'Inferno interpretando
la "discesa agli Inferi" come allegoria dell'iniziazione.
In una lettera del 25 ottobre 1910 alla rivista esoterica
"Commentarium", su cui dovremo ritornare, un personaggio che firmava
"Ottaviano" invitava i lettori interessati agli argomenti iniziatici a
leggere il volume di Lebano sull'Inferno. Sembra certo che "Ottaviano"
fosse Leone Caetani (1869-1935), principe di Teano e dal 1917, alla
morte del padre, duca di Sermoneta. Islamista ed orientalista.
tratto da Il Cappello del Mago, di Massimo
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