Il carattere esperenziale della
maggioranza delle mitologie, teologie e gnosi è basato
sull'equivalenza luce-divinità-spirito-vita. In Rig Veda, Prajāpati, il Creatore è
presentato come Hiraṇyagarbha, "l'embrione dorato", vale
a dire il seme solare. I Brāmaṇa considerano esplicitamente il semen virile un'epifania solare.
Nella Brihadāranyaka Upaniṣad il semen virile è veicolo
dell'Immortale. La Chāndogya Upaniṣad connette il "seme primevo" con
la "luce suprema", il sole. La concezione del sole come progenitore
è estremamente diffusa. In molti miti e racconti folklorici
americani, la nozione di verginità è espressa con
vocaboli che significano "non toccato dal sole". Nell'antico Egitto la
vita fluisce come luce dal sole e come seme dal fallo di un dio
creatore. I miti tibetani fanno derivare l'origine dell'universo e
dell'uomo da una luce bianca o da un'essenza primordiale. Secondo una
tradizione parallela, in origine gli uomini erano soffusi della loro
propria luce interiore ed asessuati: gli organi sessuali comparvero
quando si risvegliò l'istinto sessuale; mentre nell'uomo si
spengeva la luce, nel firmamento apparvero il sole e la luna. Nel
tantrismo buddhista il rapporto rituale con la "fanciulla" (mudrā, yoginī) non deve concludersi con
un'emissione seminale (boddhicittaṃ notsṛjet).