Essendo stato fatto
cenno nel vol. II, p. 140, a quelle che nell'ermetismo alchemico sono
state chiamate le «acque corrosive », per molti punti di
contatto e per alcuni particolari giudichiamo utile pubblicare le
istruzioni riservate circa un uso superiore delle droghe, di un gruppo
col quale siamo stati in contatto. Per il lettore, un punto da rilevare
è la differenza assoluta delle esperienze considerate, e del
loro orientamento, rispetto all'uso diffusissimo profano che della
droga sta facendo l'ultima generazione, con effetti che possono solo
essere di degradazione e di autodistruzione.
Per qualsiasi
specie di droghe, compresi i semplici eccitanti, non per un uso profano
ma per finalità superiori, bisogna considerare anzitutto la
cosiddetta equazione tossica personale. Essa è stata
definita come «la reazione funzionale psico-fisica ad una data
sostanza di un dato individuo, che decorre diversamente che in altri
individui, non solo per quantità ma anche per qualità
». La causa profonda di queste differenze è rimasta
ignota. Le ricerche tossicologiche ritengono non definibile il modo
dell'azione delle droghe e degli stupefacenti, quanto ai loro effetti,
perché se sono in gioco reazioni chimiche, non appare, con
ciò, piu chiaro il meccanismo di azione di tutte queste
sostanze. Così si deve seguire l'idea, che si tratti
essenzialmente di stimoli, i quali possono interessare strati assai
diversi dell'essere, provocando reazioni che dipendono dalla struttura
di tali strati nell'individuo di cui si tratta.
Nella misura in
cui all'individuo sia dato di agire su questi strati, cioè di
predisporli nell'uno o nell'altro senso o di avviare lo stimolo verso
l'uno o l'altro di essi strati, l'equazione tossica personale
diverrà variabile, ossia ci si può attendere, o un genere
speciale di effetti che in altri non si produrrebbero affatto, ovvero
effetti diversi da quelli che si avrebbero nello stesso individuo per
effetto dell'una o dell'altra droga, quando egli affrontasse in modo
passivo queste esperienze. In ciò devesi vedere il principio
fondamentale di ogni impiego non profano delle droghe. Nell'uso non
profano delle droghe è dunque da considerarsi:
1) la predisposizine
naturale dell'individuo;
2) la preparazione,
che crea un orientamento ben determinato, il quale a sua volta
condizionerà la direzione di efficacia delle sostanze usate e il
decorso delle esperienze;
3) il canale costituito dall'aggregazione dell'individuo ad una catena
o tradizione, aggregazione che può provocare l'innesto di una
corrente psichica specifica, ed anche esperienze d'ordine superiore se
si tratta di droghe che, o per la loro natura, o per la loro alta dose,
ograzie ad un loro uso particolare portano oltre i contenuti e le
reazioni della coscienza e della subcoscienza soltanto individuale.
Per entrare in
dettagli, è necessario la suddivisione corrente delle droghe in:
1) eccitanti;
2) euforici;
3) inebbrianti;
4) allucinogeni;
5) narcotici.
Gli eccitanti
leggeri piu noti in Occidente sono il caffè e il tè. Per
chi vi è abituato, è evidente che il loro uso non ha un
qualsiasi interesse. Se non vi si
è abituati e se quindi si è in grado di avvertire
distintamente un effetto, questo effetto non è nocivo, ma utile
per la concentrazione mentale lucida. Fra gli eccitanti
rientra il tabacco. Per esso si deve ripetere quello che si è
detto or ora: l'abitudine, nella vita profana, ne paralizza
l'utilizzabilità. Invece l'uso saltuario di tabacco forte e
autentico (per esempio sigari tipo Brasile o Avana), se lo si sopporta,
può provocare uno stato di ebbrezza attiva nel quale si
mantengono tutte le facoltà intellettuali e volitive. Fra gli indigeni di
America succhi altamente concentrati di tabacco a digiuno erano e sono
usati per scopi iniziatici e come preparazione a visioni dei neofiti in
ritiri sui monti. Ma si conosce poco piu di questa vaga indicazione.
Gli euforici
portano più oltre la stessa azione degli eccitanti, senza ancora
provocare particolari cambiamenti di stato. Vi si possono annoverare la
simpamina, il pervitin, l'aktedron ed altri preparati del genere.
Dipende dall'equazione tossica personale quale di queste sostanze
può produrre un vero stato euforico, i cui effetti positivi
possono essere una piu alta presenza lucida a sé stessi e una
dinamizzazione delle facoltà psichiche e anche dell'intelletto.
Il discepolo non deve però lasciare che questi vantaggi si
sprechino, non approfittandone per scopi comuni.
Quando la
sostanza non corrisponde all'equazione tossica personale, cioè
non si addice alla propria costituzione, l'effetto euforico è
minimo e viene in risalto il risultato negativo (da attendersi
però, come successiva ripercussione, anche negli altri casi,
cioè nei casi positivi); l'impossibilità a prendere sonno
nelle 24 ore consecutive all'uso. Già riguardo
la categoria degli euforici si deve mettere in guardia, perché
si delinea la possibilità di quella deviazione dell'esperienza,
che in massimo grado si presenterà nell'uso delle droghe vere e
proprie, degli stupefacenti e degli allucinogeni. Si tratta del
pericolo di una euforia che investe il corpo di sensazione, suscitando
un piacere, un senso diffuso di voluttà come tono di ogni
sensazione. Questo pericolo si
presenta in modo precipuo nell'uso della morfina, della cocaina e
dell'eroina, sostanze le quali, se nel loro uso non si arriva ad alte
dosi, possono ancora rientrare nella categoria degli euforici. Nel considerare
questo pericolo si entra anche nel campo di ciò che dipende
dall' atteggiamento particolare del soggetto e dalla sua facoltà
di controllare e di dirigere tutta l'esperienza. Infatti a lui
è dato - se ha l'abitudine al controllo sottile di sé -
di impedire che l'azione delle droghe investa essenzialmente o
esclusivamente il corpo di sensazione, risolvendosi nella euforia di
piacere.
Non è
possibile tracciare una netta linea di separazione fra euforici e
inebbrianti. Gli insegnamenti tradizionali antichi hanno considerato
molte forme di ebbrezza sacra e profana. La verità
è che non esistono ebbrezze sacre opposte a ebbrezze profane, ma
una ebbrezza è sacra oppure profana a seconda del modo con cui
il discepolo l'assume e la esperimenta, a seconda del piano su cui la
lascia agire. Sembra però
che la diversa costituzione dell'uomo moderno escluda quelle forme di
una ebbrezza capace di condurre fino all'estasi, che
nell'antichità e nelle "orge" dei Misteri erano state
considerate. Si allude sempre a ebbrezze provocate da sostanze e da
bevande.
Le due ultime
categorie delle droghe sono gli allucinogeni e i narcotici. Essi hanno
in comune la proprietà di interrompere la coscienza normale di
veglia. Coi narcotici, fra i quali si possono far rientrare gli
anestetici, questa interruzione può corrispondere alla pura e
semplice perdita della coscienza, alla produzione del sonno profondo e
della letargia. Altrimenti lo stato risultante è la liberazione
della fantasia dai sensi fisici, sullo stesso piano di tutto quello che
accade nel sogno. Le droghe in senso proprio hanno il carattere
prevalente di allucinogeni; ma vi si può aggiungere un effetto
parallelo euforico, con la variante predominante e pericolosa
dell'indicato sentimento di voluttà ed anzi di beatitudine. Questo è il
caso soprattutto per gli estratti di canapa, pel principio attivo delle
solanacee, per l'oppio e l'hashish. Però a questo
proposito sono state egualmente constatate reazioni diversissime del
soggetto, reazioni che non è possibile né prevedere
né spiegare in modo positivo. Una di queste
droghe, che è stata usata anche dagli indigeni americani a scopi
magici, perché si pensava che potesse far entrare in rapporto
con la divinità o con gli dèi, è il peyotl. Da
esso attualmente è stato ricavato l'anhalonium lewini, di cui
anche Aleister Crowley ha fatto largo uso.
Gli effetti
abituali (normali nell'uomo comune) sono descritti come «uno
speciale risveglio di un piacere di una qualità particolare,
unito alla percezione di fantasmi sensibili o della più alta
concentrazione della vita interiore più pura, sebbene con
aspetti assai speciali, superiori alla realtà, mai immaginati,
tanto che il soggetto crede di essere trasportato in un mondo diverso e
nuovo dei sensi e dello spirito ». Questa descrizione
indica le due facce possibili dell'esperienza. Effetti dello stesso
genere sono prodotti dal mescal, di origine egualmente americana, da
cui viene prodotta farmaceuticamente ed è in commercio la
mescalina. Come effetti, sono
indicati visioni, allucinazioni e sensazioni anormali del corpo,
però la coscienza restando chiara e attiva, e l'attività
del pensiero svolgendosi nel modo normale. Con la mescalina
sono stati. fatti anche esperimenti controllati perché il
soggetto mentre vive queste esperienze può mantenersi in
rapporto e comunicare con altri. Ciò apre
delle possibilità, quando sia ad assistere un Maestro. Questi dovrebbe
però avere cognizioni circa il dosaggio della droga. Essa non è
facile da trovare senza prescrizioni mediche. Inoltre per essa, e
per tutte le altre dello stesso genere, vi è da rilevare che
praticamente è quasi impossibile trovarle direttamente preparate
dalle sostanze (sono piante); si trovano delle preparazioni chimiche
sintetiche, nelle quali diversi elementi sottili delle droghe vengono
distrutti e non agiscono nel senso che a noi interessa. Il decorso nel, caso
del mescal, è il seguente:
Si provano
dapprima sensazioni anormali del corpo: grande leggerezza o pesantezza,
sentimento di volare o di sprofondare. Poi si hanno dei
fenomeni visivi, con figure prevalentemente geometriche. Piu oltre si
presentano delle immagini e dei panorami, in genere con colori
fantastici. Tutte queste fasi debbono essere osservate e lasciate
dietro di sé. Segue una fase di visioni simboliche, piene di un
significato o palese o nascosto. Per questo stato, valgono le stesse
cose che si diranno più oltre parlando degli effetti dell'etere
all'ultimo stadio. Però i più perdono la coscienza prima
di raggiungere quest'ultimo stadio, che è quello essenziale per
fini spirituali.
L'uso
delle droghe ad effetto esclusivamente di allucinogeni, come sarebbero
l'oppio e l'hashish, è assolutamenta da sconsigliare al
discepolo, per un uso iniziatico. L'effetto della
dinamizzazione della fantasia è così diretto e violento,
che lo spirito cade in una condizione (avvertita o - ancor peggio -
inavvertita) di passività, divenendo il semplice spettatore di
una fantasmagoria. Per le droghe che
hanno questa azione, il pericolo spirituale è costituito dalle
deviazioni già dette, dall'attivazione vampirica del corpo di
sensazione. Se non si ha una preparazione ascetica e iniziatica molto
sviluppata, e convalidata (messa alla prova) in modo severo, è
difficile che lo spirito sappia resistere alla tentazione di cedere, di
identificarsi e di immergersi nelle sensazioni di piacere estatico e di
beatitudine. Da noi, questo viene considerato come uno stato regressivo
e solamente dissolutivo, il quale conduce ad un livello spirituale piu
basso di quello del profano.
Il pericolo ora
indicato è minore nell'uso dei narcotici. in senso proprio,
perché essi in genere non destano quelle sensazioni. Essi possono anzi a
tutta prima provocare delle reazioni vive di ripulsa e stati organici
assai sgradevoli. La facoltà di
dominare queste reazioni e di vincere questi stati è però
già una garanzia per la presenza, nel soggetto, di una forza,
che dà affidamento per un susseguente decorso positivo e non
deviato dell'esperienza. La difficoltà
principale nell'uso dei narcotici è, naturalmente, quella di
mantenere la coscienza. Si deve però
notare che anche nell'uso dell'anhalonium lewini e del mescal (o
mescalina) si presenta una difficoltà dello stesso genere. Infatti a noi
risulta che pochi riescono a raggiungere lo stato in cui, dopo
sensazioni fisiche anormali, le visioni, le allucinazioni, ecc. si
producono esperienze iniziaticamente interessanti. Spessissimo si perde
la coscienza prima di arrivare a tanto. Si interrompono anche i
rapporti eventuali con chi può assistere. Questa
difficoltà è poi quasi insuperabile per i più, nel
caso del cloroformio. Inoltre è difficile somministrarsi il
cloroformio, da sé. L'una e l'altra
cosa, a cagione della sua azione non graduabile e poco regolabile.
Per esperienze
individuali può servir meglio l'etere. La sostanza si
può facilmente trovare. È consigliabile la qualità
raffinata che si usa non per, semplice anestetico ma per la narcosi in
chirurgia. La tecnica da usare
è progressiva, e si può regolare da sé. Il tempo piu
propizio è la sera, a distanza dai pasti (a digestione
compiuta), a letto. La prima fase, in un
primo periodo di esperienze, è l'inspirare lentamente e
profondamente l'etere dalla boccetta per una narice tenendo chiusa
l'altra narice con un dito, e espirando l'aria per la bocca. La seconda fase, in
un secondo periodo di esperienze, è l'inspirare lentamente e
profondamente con la bocca l'etere e l'espirare l'aria col naso. Dal punto di vista
fisico, bisogna avere un controllo dell'organismo, perché molto
spesso al principio nei piu si producono stimoli improvvisi e violenti
pi nausea e di vomito. È importante
restare assolutamente immobili, perché ogni movimento favorisce
i conati di vomito. Questi conati possono e debbono venire arrestati
sul sorgere. In seguito, non si manifesteranno più, a meno che
il soggetto sia assolutamente refrattario per la sostanza. In tal caso
si dovrà rinunciare all'etere. Bisognerà
calcolare che, nei primi tentativi, ad un certo momento si
perderà la coscienza e si cadrà nel sonno. A poco a poco si
acquista la facoltà di conservare sempre piu a lungo, per gradi,
la coscienza. Condizioni interne:
Occorre disporre di una particolare forza di concentrazione, di
raccoglimento e di vigilanza sulle sensazioni, oltre ad un
atteggiamento assolutamente attivo. Il secondo requisito
è la chiave di ogni decorso iniziatico dell'esperienza, anche
per prevenire i pericoli della sua deviazione e, in generale, del
servaggio dalla droga. L'atteggiamento
attivo è simile a quello di chi, pronto, aspetta per spiccare un
salto. Perciò
non si deve attendere semplicemente che le sensazioni e i mutamenti
della coscienza si manifestino, ma come un ragno che sta attento al
centro della rete, occorre afferrarle subito e farvi corrispondere un
atto della propria coscienza. In secondo luogo,
l'atteggiamento di attività significa non lasciarsi sorprendere
e sopraffare dalle sensazioni, per quanto intense, inaspettate,
seducenti e meravigliose che siano; al loro presentarsi, all'aprirvisi,
vi si deve unire una forza propria. Per esempio, se la
sensazione ha la carica cinque, per l'aggiungervisi dell'Io (che,
però, ciò facendo non deve alterarla né
interromperla) la carica dovrà essere, diciamo, sette. Si
avrà così un vantaggio di due di fronte allo stimolo. Questa è,
anzitutto, la condizione affinché non si passi al regime delle
sensazioni passive nelle quali viene attivato soltanto il corpo di
sensazione, con regresso della volontà, come nel corso normale
dell'azione degli stupefacenti sul profano. È, in secondo
luogo, la condizione per mantenere l'indipendenza dalla droga. È stato
verificato che quando il discepolo ha seguito per davvero questa linea,
non è, diventato lo schiavo delle sostanze. Appunto
perché si cerca soltanto uno stimolo, ma il fatto volitivo resta
predominante, egli ha potuto anche fare a meno di esse ad un dato
momento, evitando il pericolo dell'abitudine e altre conseguenze
negative. Cosi sarà sempre lui a decidere quando usare le
sostanze e quando no. Si tenga però
ben presente il pericolo, quando non si tiene la linea. Noi lo sottolineiamo.
Il decorso
delle esperienze con l'etere (e con sostanze analoghe, anche del tipo
allucinogeno), è innanzi tutto una apertura della
sensibilità e della cenestesia, un senso di leggerezza estatica
e di dilatazione, e un particolare suolo di risonanza che si unisce
alle percezioni (dato che per un buon tratto si resta ancora in
contatto col mondo esterno). Si passa ad una
coscienza interna, in cui i processi mentali sono galvanizzati. Poi i processi
mentali sono neutralizzati, divengono discontinui, si presentano
pensieri, idee o immagini isolate che di solito hanno una
intensità particolare. Bisogna stare assai
attemi, nel senso di mantenere la neutralità interna, o
impassibilità intellettuale, di fronte a questi pensieri
perché essi possono presentare una parvenza fallace di evidenza
e verità, la quale non riguarda affatto il loro contenuto, ma
dipende esclusivamente dallo stato generale in cui ci si trova e in cui
essi appaiono alla mente. È come un
colore che può aggiungersi ad ogni cosa. Portando oltre
questa fase, si possono anche verificare allucinazioni visive o
uditive, a seconda della predisposizione del soggetto (immagini o
voci). Anche queste hanno un carattere accidentale, secondario. Sono
prive di un significato spirituale. Ma vi è chi
si arresta là. La fase successiva
è una più alta libertà estatica, sgombra da
contenuti psichici. Essa corrisponde allo stato di sonno nell'uso
comune. Di
solito il punto di passaggio è contrassegnato da un sentimento
di terrore o di angoscia. Si crede che se si fa un solo passo piu
avanti, si morirebbe. Anche immagini o
voci possono rafforzare questa sensazione. Occorre avere una
intrepidezza e voler andare assolutamente avanti, «succeda quel
che succeda ». Se la coscienza
tiene fermo fino a questo stato (dopo il punto morto), questo è
lo stato in cui possono prodursi fenomeni d'importanza iniziatica, se
lo sperimentatore ha il circolo esorcistico di protezione, per crisma
di catena, o per naturale dignità, o per acquisita
dignificazione. Devesi tener
presente che lo stato ora indicato è uno stato psichico di
vuoto. Il vuoto attira forze, influenze, « archetipi»
dell'inconscio e del regno intermedio, non materiale ma non divino. È già
una valida garanzia se la coscienza si è mantenuta, se si
è conservata e non dissolta come coscienza dell'Io, fino a
questo stato; ciò sta a dire che delle tre condizioni protettive
anzidette una è presente. Allora lo stesso principio
«Io» può avere una virtù esorcistica, con la
sua sola presenza. Ma, in più,
la condizione attiva deve conservarsi, non nel solo senso di presenza a
sé e di affermatività coraggiosa, ma anche come
facoltà di invocazione: orientarsi verso l'alto, desiderare
profondamente la trasfigurazione. Se, in questo stato, la soluzione
negativa (dovuta alla mancanza del
circolo esoterico protettivo con virtù esorcistica) è una
fantasmagoria visionaria che si incontra con tutte le fantasie
teosofiche, nella soluzione positiva la realizzazione essenziale
può proprio essere la dischiusura iniziatica dell'Io,
l'esperienza della seconda nascita. La grandissima
diversità delle disposizioni individuali non permette di
indicare ad estranei schemi generali, per tutto ciò che
può verificarsi, e che è possibile, in via di principio,
in questo stato. Non potendo esservi
una guida in queste esperienze, perché, a differenza di quelle
col mescal o con l'anhalonium, non si può avere a fianco un
Maestro o assistente con cui restare in rapporto, ognuno deve cercarsi
la via da sé e organizzare da sé l'esperienza, seguendo
le proprie intuizioni e secondo la sua responsabilità, in
ripetuti tentativi. L'uso dei simboli
viene da noi considerato. Nel passaggio a questo stato di superiore
libertà, la proiezione di un simbolo può essere un
appoggio. Il simbolo può fare anche da base per la dischiusura
iniziatica della coscienza dell'Io, se viene scelto così da
avere questa funzione. La tradizione a cui
il discepolo appartiene per regolare aggregazione, ovvero la linea
coltivata nella propria seria e lunga via individuale basandosi su
affinità elettive adeguatamente verificate, indicheranno, caso
per caso, quale simbolo si presti a questa funzione. In più, lo
stato accennato rappresenta, in genere, quello in cui può
prodursi la dischiusura illuminativa o inspirativa del contenuto di
ogni simbolo in genere, grafico (visivo), verbale o concettuale:
ideogrammi e pentacoli. Si vuol dire che chi
ha padroneggiato adeguatamente questo stato, se, trovandosi in esso,
proietta un dato simbolo (s'intende: sempre di quelli veri, non
arbitrari, delle tradizioni sacre iniziatiche o della nostra catena),
di esso può rivelarglisi il senso occulto sintetico e intuitivo, in un
atto della luce intellettuale, al difuori di ogni elemento discorsivo
concettuale e interpretativo. I simboli, in questa
dimensione, sono realtà metafisiche. Hanno dunque un contenuto
sia conoscitivo, sia magico. Come le esperienze
dell'iniziazione e della teurgia, così anche questi stati,
provocati artificialmente, della coscienza possono dunque avere un
potere anche evocatorio. Con essi si
può tendere a realizzare un rapporto con delle entità
negli stessi termini descritti nel fascicolo sulla teurgia di catena. L'individuo che
opera da sé, anche se protetto dall'orientamento del suo spirito
e da un crisma di catena, non si avventurerà però alla
leggera in questo dominio, perché non potrà mai avere la
sicurezza che il suo circolo magico non abbia archi di minore
resistenza. Così i
Maestri esortano a perseguire esclusivamente la ricerca della luce
intellettuale e della dischiusura iniziatica dell'Io quando si usano
droghe, sulla linea dei narcotici e degli allucinogeni. Si dovrà
tenere presente che tutte le condizioni indicate per l'atteggiamento
dello spirito (attività, lucidissima vigilanza, conversione
attiva del contenuto delle sensazioni, ecc.) valgono anche per l'uso
non profano di sostanze di un genere diverso, di inebbrianti, ecc.,
l'azione delle quali non porta fino al distacco dalla coscienza. Giunti ad un dato
punto dell'esperienza con l'etere (punto soddisfacente o non ancora
soddisfacente), si deciderà di smettere. Basterà
questa decisione, la quale revoca il decreto di presenza a sé
della coscienza, a che segua subito un sonno profondissimo senza sogni.
È un sonno benefico.
Ripercussioni:
Bisogna guardarsi bene, si ripete, dal contrarre un'abitudine, con
l'uso di questa o di qualsiasi altra droga. Per ottenere degli
effetti, e già per allenarsi e superare le prime
difficoltà, è naturale che occorra un dato periodo di
pratica serrata. Ma saranno sempre
periodi determinati, per i quali a volta a volta ci si deciderà,
lasciando passare intervalli di tempo. Per poco che si sia
concesso margine all'assorbimento passivo degli stati estatici da parte
del corpo di sensazione, nel caso di un'abitudine anche parziale alla
droga la ripercussione sarà uno stato o sentimento di
estraneità al mondo, di insofferenza quasi fisica per la vita
ordinaria. Per questo, vi sono
casi frequenti di eteromani profani che si sono uccisi. Nel campo delle
ripercussioni positive: la mattina e il giorno successivo alla pratica
si potrà esperimentare una specie di animazione e di apertura
inspirante delle esperienze esterne; nelle cose, nelle persone,
nei paesaggi, nei fenomeni naturali potrà essere percepito
direttamente un significato profondo e evidente; si rivelerà il
loro essere vero. Per ottenere
percezioni di questo genere, esse essendo assai facilmente soffocate
dal modo ordinario di sentire, bisogna mantenersi aperti nello spirito,
e isolati, cioè senza commercio diretto con gli altri. Specialmente nei
primi esperimenti, il periodo scelto è bene trascorrerlo in
campagna, non vedendo quasi nessuno, parlando il meno possibile,
evitando le letture e non tenendo il pensiero applicato. Solamente quando si
è rafforzata la sensibilità sottile i benefici di cui si
è parlato (frange di ripercussione) potranno ottenersi,
più attenuati, anche nella vita di città. Però essi a
poco a poco svaniscono, e qui vi è di nuovo il pericolo di
asservirsi alle droghe per rinnovarli.
Il discepolo
non deve dimenticare che l'oggetto di queste istruzioni è sempre
un'« acqua corrosiva ». Con questo vogliamo
dire che la presenza di un nucleo interno essenziale, il quale non si
lascia sommergere (tanto evitare la tossicomania) ed è in
condizione di mantenersi, è, qui, un ovvio presupposto. Ciò non
impedisce che l'uso di tutte queste sostanze (a differenza dei semplici
eccitanti) ha come conseguenza inevitabile una disgregazione nei
riguardi della compagine psichica complessiva. Solo quel nucleo non
è leso. In altri termini, si ha l'effetto opposto a quello a cui
può condurre la via di una integrazione crescente di tutti i
principi sottili, psichici e psico-fisici intorno al nucleo dell'Io.
Tutto ciò che si fosse realizzato in questo diverso senso va
perduto, è distrutto con l'uso delle droghe. Così il
discepolo deve riflettere, e considerare che, se per motivi seri, si
è deciso per l'uso della tecnica delle droghe, egli deve
attendersi che per mesi, talvolta anche per anni, si possano stabilire
condizioni negative per tutto quello che egli può realizzare
seguendo l'altra via (integrazione psico-fisica); e dovrà
pazientare, a questo riguardo, prima di ritrovarsi al punto di
partenza. Seguire invece
esclusivamente la tecnica delle acque corrosive eleggendola a sistema
di tutta la propria via e di tutta la propria vita, è l'altra
possibilità, la quale è però cosi rischiosa, da
potersi prospettare solo a individualità con una qualificazione,
una costituzione e un sistema magico di sicurezza più che
eccezionali.