E.5 Come condiziona l'abilità
di affrontare la crisi ecologica il bisogno del capitalismo di profitti a
corto termine?
Ad effetti particolarmente nocivi come inquinamento,
surriscaldamento globale, buco nell’ozono e distruzione dell’habitat naturale
ci si riferisce in genere come “secondarietà” le quali non vengono
considerate come “costi di produzione” all’interno dei metodi standard di
resoconto, perché devono essere sopportate da tutti in una società
da esse afflitta. Siccome i loro costi sono talmente sparpagliati sulla società
intera, le secondarietà in questione possono venir benissimo ignorate
dai capitalisti durante la pianificazione di produzioni future. Ma tutto
ciò significa che queste secondarietà verranno anche
ignorate, poiché la competizione obbliga le imprese a tagliare il
maggior numero di spese possibile così da concentrarsi su profitti
a breve termine.
Ecco un esempio (parafrasato da Noam Chomsky): supponete che ci siano 3 compagnie
automobilistiche X, Y e Z le quali siano competitive (lontane dal cospirare
con l’intento di fissare dei prezzi) e si trovino ad esistere in una tipica
società capitalista in cui non c’è nessun controllo sull’economia
da parte di una comunità democratica. Ancora, supponete che la compagnia
X decida di investire sul progetto di sviluppare un’automobile non-inquinante
nell’arco di dieci anni. Allo stesso tempo i suoi competitori, Y e Z, staranno
concentrando tutte le loro risorse nell’incremento di profitti e divisione
di mercato nei giorni e mesi a venire e oltre l’anno successivo. Durante
questo periodo, la compagnia X cadrà in disgrazia in quanto non sarà
capace di attirare abbastanza capitali da parte degli investitori per portare
avanti i suoi progetti, anche perché questi investimenti verranno
indirizzati tutti sulle compagnie con possibilità di profitti assai
più immediati. Questo significa che una posizione di inadempienza
sotto un capitalismo di “libero mercato” porterebbe la compagnia (o il Paese)
con gli standards produttivi in assoluto più bassi, ad avvantaggiarsi
a livello competitivo trascinando verso il fondo gli standards delle rimanenti
compagnie (o Paesi).
I sostenitori e sostenitrici del capitalismo potrebbero a questo punto ribattere
sul fatto che i magnati del commercio sono pure particolarmente abili nel
preventivare effetti nocivi a lungo termine come facciamo noi. Ma questo
è solo un fraintendimento della natura della nostra obiezione. Non
si tratta del fatto che i grandi magnati del commercio come individui
siano più o meno capaci di osservare cosa accade all’ambiente. Si
tratta del fatto che loro vogliono mantenere il compito che gli deriva dal
lavoro che devono fare in quanto il sistema stesso lo richiede e cioè
concentrarsi su tutto ciò che sia maggiormente lucrativo entro il
minor lasso di tempo. Perciò, se il presidente della compagnia X ha
all’improvviso un’esperienza mistica come di essere un tutt’uno con la natura
e comincia a deviare i profitti verso un controllo dell’inquinamento mentre
i presidenti delle compagnie Y e Z proseguono i loro affari come di solito,
gli/le azionist* della compagnia X eleggeranno un nuovo presidente che sia
intenzionato (o intenzionata) a concentrarsi prima possibile in profitti
a breve termine come le compagnie Y e Z.
In generale, quindi, se una compagnia cerca di devolvere
risorse allo sviluppo di prodotti o processi che siano ecologicamente responsabili,
questi ultimi verrebbero subito svenduti a basso costo da altre compagnie
che non adottano la stessa etica di produzione (tenendo conto del fatto che
simili prodotti o processi siano più costosi, come del resto generalmente
sono) e dunque non sarebbero competitive sul mercato. In altre parole, il
capitalismo è fondato principalmente sull’acquisizione entro breve
termine e questa sua inclinazione – assieme all’inerente bisogno di crescita,
di espansione – indica solamente che il pianeta proseguirà nella sua
caduta libera verso il disastro ecologico finché il capitalismo continuerà
ad esistere.