E.6 Cos’è il mito
della popolazione?
L’idea che sia l’incremento della popolazione la causa
chiave dei problemi ecologici rappresenta molto più che un
semplice luogo comune. Persino gruppi di ambientalisti radicali come Earth
First! promuovono un simile concetto. Questo, altro non è se non
una grossa distorsione della verità. Il capitalismo è
la causa principale sia della sovrapopolazione, sia della crisi ecologica.
Innanzitutto, dovremo sottolineare il fatto che tutt*
quest* profeti da “giudizio universale”, della “sovrapopolazione come bomba
definitiva” sono stat* smentit* più e più volte. Le terribili
predizioni di Thomas Malthus, l’ideatore del mito della popolazione, non
si sono avverate anche se i/le neo-malthusian* continuano a dar voce alle
sue idee reazionarie. Infatti, Malthus inventò la sua “legge sulla
popolazione” in risposta all’anarchico William Goodwin come tentativo di
“dimostrare” che la stratificazione sociale e quindi lo status quo, fosse
una “legge naturale” e la povertà fosse solamente una colpa propria
degli stessi poveri, non una colpa da attribuire ad un ingiusto e autoritario
sistema socio-economico (in contrasto e in diretta contraddizione con la
sua “teoria” sulla popolazione; come economista Malthus era preoccupato da
un pericolo di sovraproduzione all’interno di un’economia capitalista.
Quindi, nessun accenno riguardo l’”eccesso” di popolazione, il quale indica
molto bene la natura ideologica della sua teoria di sovrapopolazione). Il
vantaggio di questo mito come giustificazione per le miserie umane inflitte
sulle genti britanniche, vittime di una classe sociale formata da aristocratici
e industriali, fu l’unica ragione per cui un giorno, tale mito, venne stabilito.
In maniera simile, oggi, il suo vantaggio nei confronti della classe dominante
spesso garantisce un largo impiego in vari campi, almeno fino a che non venga
a scomparire di nuovo una volta che la situazione attuale lo richieda. Il
fatto che il mito della popolazione, come giustificazione “genetica” ai fini
di una oppressione basata su razza, classe e genere riappaia periodicamente
persino dopo una ben evidente intenzione nel disapprovarla, indica la sua
utilità per i guardiani ideologici della gerarchia di Stato.
I/le neo-malthusian* basilarmente incolpano le vittime del capitalismo per
la loro vittimizzazione, criticando la gente comune per il fatto di mettere
al mondo dei figli o vivere troppo a lungo, ignorando in questo modo (nel
migliore dei casi) o giustificando (spesso) il privilegio – la radice
sociale della fame. Semplificando, chi ha fame versa in questa condizione
perché escluso dalla terra o non può ottenere abbastanza di
che sopravvivere. In America Latina, per esempio, l’ 11% della popolazione
non aveva terra nel 1961 e nel 1975 la percentuale arrivò al 40%.
Approssimativamente, l’ 80% delle terre agricole del Terzo Mondo è
nelle mani dei grandi proprietari terrieri.
L’incremento della popolazione non è una causa della mancanza di terra,
bensì ne è il diretto risultato. Se una cultura tradizionale,
i suoi valori e il suo senso di identità vengono distrutti, il tasso
di crescita di una popolazione aumenta in maniera drammatica. Come accadde
nella Gran Bretagna del 17° e 18° secolo, i contadini del Terzo Mondo
vennero cacciati dalle loro terre dalla locale classe dominante che utilizzò
queste terre per produrre raccolti destinati all’esportazione mentre nel
loro Paese si moriva di fame. Come in Irlanda durante la carestia delle patate,
le nazioni del Terzo Mondo maggiormente intaccate dalla carestia erano le
stesse da cui si esportava cibo verso le nazioni più avanzate. Il
malthusianismo è pratico giusto per coloro che sono in salute, perché
offre una scusa “scientifica” per la miseria che essi/esse causano in modo
che possano godere del loro denaro macchiato di sangue senza alcun rimorso.
In un Paese nel quale siano state introdotte le gioie
del capitalismo per intervento statale (questo in genere significa che abitudini
e cultura tradizionali sono state distrutte e soppiantate da un “sistema
naturale di libertà”), la popolazione è prossima all’esplosione,
dovuta alle estremamente povere condizioni economiche e sociali in qui si
ritrova. All’interno dei ghetti più nascosti nelle città del
cosiddetto Primo Mondo, le condizioni economiche e sociali del tutto simili
a quelle del Terzo Mondo danno, allo stesso modo, via libera ad elevati tassi
di natalità. Quando le popolazioni dei ghetti sono formate per lo
più da minoranze, come accade negli USA, elevati tassi di natalità
tra le minoranze più povere danno libero sfogo a una conveniente scusa
extra per il razzismo, “dimostrando” in tale maniera, che le minoranze in
questo stato di afflizione siano “inferiori” a causa della loro “mancanza
di autocontrollo”, siano quindi “nient’altro che animali con l’ossessione
della procreazione”, etc. (un argomento che ignora il fatto che i senza
tetto, per esempio, in Gran Bretagna durante la Rivoluzione Industriale fossero
tutti bianchi e comunque con altissimi indici di natalità).
La crescita della popolazione, invece che essere causa
di povertà appare nei fatti come una diretta conseguenza. Esiste una
relazione inversa tra il reddito pro capite e il tasso di fertilità
– se si avrà un decremento della povertà, lo stesso accadrà
all’indice di crescita della popolazione. Quando la gente sprofonda nella
sozzura a causa della povertà, crolla l’educazione, i diritti delle
donne diminuiscono e la contracezione risulta meno diffusa. Mettere al mondo
dei bambini diventa allora, virtualmente, l’unica valvola di sfogo creativa,
con la gente impegnata a riporre le loro speranze per un futuro migliore
nella loro progenie. Pertanto, le condizioni sociali hanno un maggiore impatto
sulla crescita della popolazione. In Paesi con elevati indici economici e
culturali, la crescita demografica presto inizia a diminuire. Oggi, per esempio,
gran parte dell’Europa assiste a un decremento dei tassi di natalità
in luogo di una sorta di rimpiazzo a livello nazionale. E’ anche il caso
di alcuni Paesi cattolici nei quali si immagina esistano fattori di carattere
religioso ad incoraggiare un gran numero di famiglie.
Per chiarire, non stiamo dicendo che la sovrapopolazione
non sia un problema serio. Ovviamente, la crescita demografica non può
venir ignorata e nemmeno cercare di metterci delle pezze sopra finché
il capitalismo non verrà eliminato. Abbiamo immediato bisogno di provvedere
a una migliore educazione e a un accesso ai contracettivi da parte di tutto
il pianeta allo stesso modo di un elevamento dei livelli culturali e dei
diritti delle donne al fine di poter combattere la sovrapopolazione che avvantaggia
unicamente le elites, grazie al mantenimento dei bassi costi dei lavoratori
con l’aggiunta di combattere per la riforma terriera, organizzazione
di unioni, etc. Comunque, l’”esplosione demografica” non è
una teoria neutrale e la sua invenzione e uso costante sono dovuti alla sua
utilità come interessi acquisiti. Non dobbiamo lasciarci prendere
in giro da questi pensando che la sovrapopolazione sia la causa principale
della crisi ecologica, in quanto non si tratta di altro se non di una strategia
per distrarre la gente dalla vera ragione della distruzione ecologica e della
crescita demografica: in pratica, ciò che l’economia capitalista e
le relazioni sociali di stampo gerarchico richiedono.
Alcun* “Verdi” sostengono che raggiungere un elevato
tenore di vita sia impossibile per chiunque in quanto si arriverebbe ad un
esaurimento delle risorse. Comunque, il loro uso delle statistiche nasconde
un gioco di prestigio che smentisce questi argomenti. Prima di tutto, si
parte dal presupposto che società e tecnologia siano statiche e che
le circostanze che hanno prodotto questa storica crescita del tasso di consumo,
rimarranno inalterate. Tutto ciò è ovviamente falso, in quanto
l’Umanità non è statica. In più, riguardo il consumo
“in media” in occidente, si dimenticano di domandare quanti carri armati
e caccia-bombardieri una persona “media” consuma in un anno o quante Rolls
Royce o ville possiede.
Coloro che difendono il “mito della poplazione” alla stessa maniera
in cui vedono il problema dal punto di vista sbagliato, propongono anche
(di solito) “soluzioni” davvero autoritarie – per esempio, un pronto incremento
del potere statale con un “Gabinetto per il Controllo della Popolazione”
al fine di “vigilare” sulla società e garantire allo Stato pieno accesso
alle nostre camere da letto e alle relazioni più intime e personali.
Fortunatamente per l’Umanità e la libertà individuale, per
via del fatto che si tratti solo di un’idea sbagliata del problema, questa
specie di soluzioni da “Grande Fratello” non sono necessarie.
E’ probabilmente vero che che uno stile di vita “occidentale”
non sia possibile per la popolazione mondiale allo stato attuale. Uno studio
recente ha stabilito che per il resto del mondo godere degli standard di
vita allo stesso modo del Primo Mondo richiederebbe l’utilizzo delle risorse
di ben due pianeti del tutto simili alla Terra! Questo “standard
di vita” è il prodotto di una società alienata in cui consumare
per il semplice gusto di consumare rappresenta il nuovo dio. In una economia
cresci-o-muori, produzione e consumo devono mantenere un certo incremento
al fine di prevenire il collasso economico. Questo bisogno di crescita porta
a massicce campagne pubblicitarie per indottrinare le persone con la teologia
capitalista fondata sul sempre maggior consumismo allo scopo di raggiungere
la “felicità” (salvezza), producendo anche una vera e propria attitudine
al consumo nutrita dall’interno di una tendenza al consumo già presente
così da compensare la noia di un lavoro insignificante in ambiti di
lavoro organizzati su scala gerarchica. Finché non si avrà
una trasformazione di valori che riconoscano l’importanza di vivere
come opposto al consumismo, la crisi ecologica potrà solo peggiorare.
E’ impossibile immaginare una simile trasformazione radicale rimanendo sotto
il capitalismo, la cui linfa vitale è rappresentata dal consumare
per il solo gusto di consumare.
Spesso si dice che “l’industrialismo” piuttosto
che il “capitalismo”, sia la reale causa della sovrapopolazione –
come se potesse esistere un capitalismo che non porti all’industrialismo
o dipenda in larga misura da basi industriali. Di sicuro, non si può
negare che tipologie di sviluppo come una migliore condizione di salute,
nutrizione e allungamento della vita abbiano contribuito alla sovrapopolazione
e siano stati possibili grazie all’avvento dell’“industria”. Ma vedere questo
tipo di sviluppo come causa primaria della crescita della popolazione, significa
ignorare il ruolo centrale giocato dalla povertà, il disgregamento
dei principi culturali e il bisogno di lavoro a basso costo dovuto al capitalismo.
Esistono sempre elevati tassi di natalità associati alla povertà,
che la scienza possa aver significativamente progredito i suoi studi o no
come è accaduto, per esempio, agli albori del capitalismo. ”Industrialismo”
è infatti, un termine spesso usato dai/dalle Verdi liberali che non
vogliono ammettere che la crisi ecologica non possa risolversi senza una
completa rinuncia al capitalismo, pretendendo invece una trasformazione “verde”
del sistema attraverso varie riforme di soccorso (come mostrato nella sezione
D.4 e nella prossima, questo non è possibile). “Mantenere la crescita
della popolazione sotto controllo” resta sempre il punto chiave nei programmi
di quest* liberali, al posto di “eliminazione del capitalismo” che
dovrebbe invece essere il nodo principale da sciogliere.
Come dice Murray Bookchin: “Se viviamo in una società
capitalistica basata su ‘crescita o morte’, in cui l’accumulazione è
letteralmente una legge di sopravvivenza economica e la competizione il motore
del ‘progresso’, qualsiasi cosa avremo da dire circa la popolazione e la
conseguente crisi ecologica, sarebbe basilarmente priva di significato. Sotto
una tale società, la biosfera sarà probabilmente distrutta
sia che si tratti di cinque miliardi o cinquanta miliardi di persone che
vivono in questo pianeta.” [“The population myth” da Which
way for the ecology movement? p. 34]. Una società sana non doverbbe
esser guidata dalla crescita per il solo dovere di crescere e dovrebbe invece
cercare di ridurre la produzione a partire dalla riduzione del lavoro medio
per settimana, in modo di assicurare sia un accettabile standard di vita,
sia il tempo stesso per riuscire a goderselo.
Focalizzando l’attenzione lontano dalle cause principali
della crisi ecologica e del disgregamento sociale – come capitalismo e gerarchia
– e verso le vittime, coloro che difendono il “mito della popolazione”, si
fa un gran favore al sistema che crea una crescita priva di capacità
di pensiero. Dunque, il mito della popolazione ovviamente troverà
gradimento presso le elites dominanti e questo, in contrapposizione a ogni
base per il mito in chiave scientifica, garantirà la sua continua
riapparizione attraverso i media e l’educazione.