Sezione H – Perché gli anarchici si oppongono
al socialismo di stato?
Il movimento socialista è stato continuamente
diviso tra diverse tendenze e movimenti. Due delle principali tendenze in
ambito socialista sono: socialismo di Stato (marxismo, leninismo, maoismo
e così via) e socialismo libertario (anarchismo nelle sue svariate
forme). Il conflitto e il disaccordo tra anarchici e marxisti sono leggendari.
Come notò Benjamin Tucker:
“E’ un fatto curioso che i due
estremi del [movimento socialista]… sebbene uniti… dal comune ritenere che
il lavoro dovrebbe essere autogestito, sono contrapposti
l’un l’altro sui principi fondamentali di azione sociale e i metodi attraverso
cui arrivare a porre fine a ciò che, per entrambi, rappresenta il
nemico comune, la società attuale. Essi si basano
su due principi in eterno conflitto tra loro la cui storia è pressoché
parallela alla storia del mondo
stesso sin dalla comparsa dell’Uomo…
“I due principi citati sono AUTORITA’
e LIBERTA’ e i nomi delle due scuole di pensiero socialistico che rappresentano
incondizionatamente una o
l’altra sono, rispettivamente, socialismo di Stato e anarchismo. Chi dunque
già conosce ciò che queste due scuole vogliono e come si propongono
di ottenerlo, capisce il movimento
socialistico. Per cui, come in altre occasioni si è detto di come
non esista nessuna via di mezzo tra Roma e il Buon Senso,
allo stesso modo si potrebbe dire che non esiste nessuna via di mezzo tra
socialismo di Stato e anarchismo.” [The Individualist Anarchist,
pp. 78-9]
Oltre a questa divisione fra forme di socialismo autoritario
e libertario, ne esiste un’altra tra le ali reazionarie e rivoluzionarie
di queste due tendenze. “Il termine ‘anarchic*’,” scrive Murray Bookchin,
“è una parola generica come il termine ‘socialista’ e ci sono probabilmente
tanti tipi di anarchismo quanti di socialismo. In entrambi i casi, la gamma
varia da individui le cui vedute derivano da una estensione del liberalismo
(gli ‘anarchici individualisti’, i social-democratici) ai comunisti rivoluzionari
(gli anarco-comunisti, i marxisti, leninisti, trotskysti rivoluzionari).”
[Post-Scarcity Anarchism, p. 214]
In questa sezione della FAQ ci concentreremo sul conflitto
tra le ali rivoluzionarie dei due movimenti. Qui discuteremo del perché
gli anarchici comunisti, anarco-sindacalisti e altri anarchici rivoluzionari
rifiutino le teorie marxiste, in particolare le idee rivoluzionarie dei leninisti
e dei trotskysti. Ci concentreremo quasi interamente sui lavori di Marx,
Lenin e Trotsky come sulla Rivoluzione Russa. Questo perché tanti
marxisti rifiutano le rivoluzioni cinese, cubana e altre in quanto ispirate
dallo stalinismo. Per contrasto, nei circoli marxisti si concorda generalmente
sul fatto che la Rivoluzione Russa sia stata un’autentica rivoluzione socialista
e che le idee di Lenin (come anche Trotsky) seguissero la via indicata da
Marx. Quello che diciamo contro Marx e Lenin è anche applicabile ai
loro controversi seguaci e pertanto li ignoreremo. Inoltre ci riteniamo,
a priori, in totale disaccordo sul fatto che il regime stalinista fosse anche
solo remotamente socialista. Sfortunatamente molti/e seri/e rivoluzionari/e
considerano il regime di Lenin come un valido esempio di efficace rivoluzione
socialista ed è per questo che noi sentiamo la necessità di
dire perché così non fu.
Come abbiamo sottolineato sopra, dunque, le due ali
principali del movimento socialista rivoluzionario, anarchismo e marxismo,
sono sempre state in contrapposizione tra loro. Sebbene con l’apparente successo
della Rivoluzione Russa il movimento anarchico fu nascosto dalla sua controparte
autoritaria, ultimamente questa situazione sta cambiando. In anni recenti
l’anarchismo ha visto un revival per via del fatto che più e più
persone riconoscono la natura fondamentalmente antisocialista dell’”esperimento”
russo e le politiche che la inspirarono. Con questa rivalutazione del socialismo
e dell’Unione Sovietica, molte persone stanno abbandonando il marxismo per
abbracciare il socialismo libertario. Come si può vedere anche dal
rilievo che la stampa ha dato ad eventi come le rivolte anti-Poll Tax nel
Regno Unito agli inizi degli anni ’90 e le dimostrazioni anti-capitalistiche
del J18 e N30 nel 1999, l’anarchismo è ormai divenuto sinonimo di
anti-capitalismo.
Neanche a dirlo, l’auto-proclamatasi “avanguardia del proletariato” ha cominciato
a preoccuparsi affrettandosi a scrivere articoli sull’“anarchismo” (senza
preoccuparsi tanto di cercare di approfondire l’argomento o le sue critiche
contro il marxismo). Questi articoli sono in genere un miscuglio di bugie,
attacchi personali e irrilevanti, distorsioni delle posizioni anarchiche
e ridicole assunzioni secondo le quali gli anarchici sono anarchici perché
nessuno si è preso il disturbo di informarli di cosa “veramente” è
il “marxismo”. Non vogliamo ripetere analisi tanto “scientifiche” in questa
FAQ e ci concentreremo giusto sulla politica e sulla storia. Facendo ciò
indicheremo il motivo per cui gli/le anarchici/anarchiche sono tali in quanto
capiscono il marxismo e lo rifiutano perché incapace di dirigere una
società socialista.
Sfortunatamente, è usanza comune dei marxisti
e in particolare di quelli influenzati dal leninismo, di concentrarsi sulle
personalità e non sulla politica quando si discutono le idee anarchiche.
Albert Meltzer faceva bene a scrivere che è “molto difficile per
i marxisti-leninisti fare una critica oggettiva dell’anarchismo come tale,
perché per sua natura smentisce tutte le supposizioni di base del
marxismo. Se il marxismo è pensato davvero come la filosofia
di base della classe operaia e il proletariato non può delegare
la propria emancipazione a nessuno eccetto sé stesso, è difficile
tornare indietro e dire che la classe operaia non è ancora pronta
a fare a meno dell’autorità posta sopra di essa. Di conseguenza i
marxisti di solito evitano di criticare l’anarchismo come tale – a meno che
non siano costretti a farlo esponendo il loro autoritarismo… e concentrano
i loro attacchi non sull’anarchismo ma sugli anarchici”
[Anarchism: Arguments For and Against, p. 37]
Tutto questo appare ben visibile ad esempio, nel momento
in cui molti leninisti cercano di “confutare” l’anarchismo in blocco, la
sua storia e le sue teorie, indicando i fallimenti personali di alcuni anarchici
in particolare. Citano Proudhon definendolo come antisemita e sessista, Bakunin
come razzista, Kropotkin come sostenitore degli alleati durante la Prima
Guerra Mondiale e di conseguenza, l’anarchismo è falso, privo di senso.
Tutti questi fatti riguardo Proudhon, Bakunin e Kropotkin sono veri ma sono
irrilevanti ai fini di una critica dell’anarchismo. Questa “critica” non
mira alle idee anarchiche, che sono completamente ignorate con questo approccio.
In altre parole, attaccano gli anarchici, non l’anarchismo.
Anche tenendo conto di questi fatti, appariremmo come
degli imbecilli nell’affermare che la misoginia di Proudhon o il razzismo
di Bakunin possa avere lo stesso peso di un certo comportamento operato da
Lenin o dai bolscevichi (ad esempio, la creazione di una dittatura di partito,
la repressione degli scioperi, libertà di parola, delle organizzazioni
indipendenti della classe operaia, la creazione di una forza di polizia segreta,
l’attacco su Kronstadt, il tradimento dei makhnovisti, la violenta repressione
del movimento anarchico russo, ecc.) inserito in un elenco di eventi deprecabili.
Risulta veramente assurdo come si possa dare alla bigotteria personale la
stessa importanza, se non di più, nel valutare una teoria politica
oltre che la sua messa in opera durante una rivoluzione.
Inoltre, questa tattica argomentativa appare incredibilmente disonesta. Se,
per esempio, guardiamo a Proudhon, le sue sparate antisemite rimasero inedite
nei suoi appunti fino a quando le sue idee non divennero di dominio pubblico
e come fa notare Robert Graham, “Una attenta lettura di General Idea
of the Revolution mostrerà che l’antisemitismo non incide sul
programma rivoluzionario di Proudhon." ["Introduction", The
General Idea of the Revolution, p. XXXVI]. Analogamente, il razzismo
di Bakunin è un triste aspetto della sua vita, talmente irrilevante
che non ebbe influenza sul nocciolo dei suoi principi e idee di base. Inoltre,
Bakunin e i suoi associati respingevano totalmente il sessismo di Proudhon
ed erano a favore di una totale uguaglianza fra i sessi. Ma perché
alla fine menzionare questi aspetti delle loro vite? Sono assolutamente irrilevanti
ai fini di una corretta definizione del concetto di anarchismo come valida
teoria politica. Equivale ad affermare in maniera del tutto disonesta, che
l’anarchismo è sessista e razzista quando, al contrario, non
lo è.
Se esaminiamo l’appoggio di Kropotkin agli alleati nella
Prima Guerra Mondiale, scopriamo una curiosa ipocrisia da parte dei marxisti
così come un tentativo di distorcere la storia. Perché ipocrisia?
Semplicemente perché Marx e Engels supportarono i prussiani durante
la guerra franco-prussiana (al contrario, Bakunin era favorevole all’insurrezione
popolare e a una rivoluzione sociale per fermare la guerra). Come Marx scrisse
ad Engels nel 20 Luglio del 1870:
“I francesi devono essere sconfitti.
Se i prussiani vinceranno, la centralizzazione del potere dello Stato verrà
asservita alla centralizzazione della classe operaia tedesca.
Inoltre, l’influenza tedesca trasferirà il centro di gravità
del movimento operaio europeo dalla Francia alla Germania… su scala
mondiale, l’influenza che il proletariato
tedesco avrà su quello francese, costituirà allo stesso tempo
la vittoria della nostra teoria su quella di
Proudhon." [citato
da Arthur Lehning, Michael Bakunin: Selected Writings, p. 284]
Marx, in parte, approvò i decessi della classe
operaia in guerra con l’intento di fare in modo che le sue idee
divenissero più importanti di quelle di Proudhon! Almeno Kropotkin
supportò gli alleati perché era contro i pericoli della libertà
imposta da uno Stato militare tedesco. L’ipocrisia marxista è chiara
– se l’anarchismo viene condannato per le azioni di Kropotkin, allora il
marxismo deve essere condannato per le azioni di Marx.
Questa analisi riscrive anche l’intera storia in quanto
gran parte del movimento marxista appoggiava i suoi rispettivi Stati durante
il conflitto. Diversi partiti della Seconda Internazionale si opposero alla
guerra (e furono anche i partiti più piccoli). Il padre del marxismo
russo, George Plekhanov, supportò gli alleati. Il Partito Social-Democratico
Tedesco (il gioiello sulla corona della Seconda Internazionale) era favorevole
alla guerra (giusto una piccola minoranza di esso non si schierò).
Ci fu solamente un uomo nel Reichstag tedesco nell’agosto del 1914 che non
votò a favore della guerra (e non votò nemmeno contro,
si astenne). E molte altre minoranze anti-guerra seguirono la maggioranza
del partito nel nome della “disciplina” e dei principi “democratici”.
Di contro, solo una minoranza molto piccola di
anarchici prese posizione durante il conflitto. Gran parte del movimento
anarchico (compresi i leaders come Malatesta, Rocker, Goldman e Berkman)
si oppose alla guerra, affermando che gli anarchici dovevano“raccogliere
ogni forma di ribellione, ogni malcontento per alimentare l’insurrezione,
organizzare la rivoluzione a cui noi guardiamo come mezzo per porre fine
a tutte le ingiustizie di questa società.” [No Gods, No Masters,
vol. 2., p. 36] Come Malatesta notò a quel tempo, gli anarchici favorevoli
alla guerra non erano “numerosi, è vero, ma tra loro erano presenti
compagni che amavamo e rispettavamo molto”. Sottolineò che
“quasi tutti” gli anarchici “rimasero fedeli alle loro convinzioni”
di “risvegliare la consapevolezza di un conflitto di interessi esistente
tra dominatori e dominati, tra lavoratori e sfruttatori, di fare in modo
che si sviluppasse una lotta di classe all’interno di ogni Paese, di solidarietà
fra tutti i lavoratori al di là di ogni frontiera, contro ogni pregiudizio
di razza o nazionalità”. [Life and Ideas, p. 243, p. 248
and p. 244]
Indicando Kropotkin, i marxisti nascondono il fatto
che fu proprio il movimento marxista ufficiale a tradire la causa dell’internazionalismo,
non l’anarchismo. Infatti il tradimento della Seconda Internazionale fu il
risultato naturale della“superiorità” del marxismo sull’anarchismo
così come Marx sperò. L’ascesa del marxismo, sotto forma di
social-democrazia, finì come predisse Bakunin, con la corruzione del
socialismo immerso nel pantano delle elezioni e dello statismo. Come correttamente
scrive Rudof Rocker, “la Grande Guerra del 1914 fu la dimostrazione del
fallimento del socialismo politico.” [Marx and Anarchism]
Qui non seguiremo il tipico approccio marxista perché
i fallimenti del marxismo, in particolare nelle sue forme leniniste, non
sono dovuti a fallimenti personali di diversi individui ma dalle loro politiche
e dal modo in cui avrebbero dovuto funzionare in pratica. Nei fatti, nessuno
vive totalmente per i suoi ideali, siamo tutti Umani e questo insistere sui
fallimenti individuali non va assolutamente a sottostimare la teoria a cui
costoro avevano contribuito. Altrimenti noi saremmo liberi di “confutare”
il marxismo solo perché Marx e Engels propugnavano idee antislave
e supportarono lo Stato tedesco durante la guerra franco-prussiana del 1871.
Piuttosto, analizzeremo il marxismo in termini teorici
e anche il modo in cui queste teorie dovrebbero funzionare nella realtà.
Condurremo un’analisi scientifica del marxismo, guardando alle sue affermazioni
e confrontandole con ciò che ottennero nella pratica. Pochi, se addirittura
esiste qualcun* dispost* a farlo, marxist* presentano un’analisi così
critica della loro politica, il che rende il marxismo un sistema di fede
più che di analisi. Per esempio, molt* marxist* indicano il successo
della Rivoluzione Russa e affermano che mentre gli anarchici attaccano Trotsky
e Lenin per essere stati statisti e autoritari, proprio quello statismo e
quell’autoritarismo salvarono la rivoluzione.
In risposta gli anarchici affermano che la rivoluzione
marxista, nei fatti, fallì. Dopo tutto, l’obbiettivo di quelle
rivoluzioni era quello di creare una società di uguaglianza, libera,
democratica e senza classi. Di fatto invece, creò una dittatura gestita
da un unico partito, basata su un sistema a classi di burocrati sfruttatori
e dominatori sulla classe operaia e una società priva di libertà
e uguaglianza. Dato che gli obbiettivi prefissati della rivoluzione marxista
non si materializzarono, gli/le anarchici/che sostengono che quelle rivoluzioni
fallirono nonostante un partito “comunista” sia rimasto al potere per oltre
70 anni. Quanto allo statismo e all’autoritarismo che “salvarono” la rivoluzione,
lo fecero per Stalin non per il socialismo. Non c’è assolutamente
niente di cui andare fieri .
Da una prospettiva prettamente anarchica, tutto questo
è perfettamente sensato in quanto “nessuna rivoluzione può
essere valida come fattore di liberazione a meno che i MEZZI usati per promuoverla
siano identici come spirito e tendenza con gli OBBIETTIVI stabiliti."
[Emma Goldman, Patterns of Anarchy, p. 113] In altre parole, da intenti
statisti e autoritari potranno fuoriuscire solamente finalità statiste
e autoritarie. Chiamare un nuovo Stato uno “Stato dei Lavoratori” non cambierà
la natura di questo Stato sottoforma di minoranza di governo (cioè
una classe). Questo non ha niente a che vedere con la natura e gli ideali
di chi sale al potere ma al contrario ha a che fare con la natura dello Stato
stesso e delle relazioni sociali che ne vengono generate. La struttura dello
Stato è uno strumento di potere da parte di una minoranza e non può
essere usata dalla maggioranza perché si basa sulla gerarchia, la
centralizzazione e il rafforzamento di una minoranza a spese di tutti gli
altri. Gli Stati hanno certe caratteristiche solo in quanto Stati.
Hanno le loro dinamiche che li tengono fuori dal controllo popolare e non
sono semplicemente un attrezzo nelle mani della classe economicamente
dominante. Realizzare questa minoranza socialista all’interno di uno
“Stato dei Lavoratori” non cambia la natura fondamentale dello Stato come
strumento di dominio di una minoranza – cambia solo la minoranza in carica,
che continua a sfruttare e opprimere la maggioranza.
Analogamente, nonostante più di 100 anni in cui
socialisti e radicali hanno usato le elezioni per portare avanti le loro
idee e la risultante corruzione di ogni partito che ha agito in simile maniera,
tanti marxisti ancora invitano i socialisti a prendere parte alle elezioni.
Per una teoria che si autodefinisce scientifica, ignorare una tale evidenza
empirica e simili fatti storici, appare davvero impressionante. Il marxismo
si pone assieme all’economia capitalista come la “scienza” che più
costantemente ignora la storia e sue le prove.
Infatti, questo rifiuto di guardare alla realtà
dei fatti si può intravedere dai commenti piuttosto comuni che i marxisti
fanno sugli anarchici, cioè di essere solo dei o delle “piccolo-borghesi”.
Per gli anarchici in generale ciò sta ad indicare il fatto che, per
parecchi/e marxisti/e, la classe è vista più come una sorgente
di insulti che non di analisi. Tutto ciò risulta ancora più
evidente se consideriamo ciò che i marxisti affermano, come dicono
loro, che Kropotkin o Bakunin fossero “piccolo-borghesi”. Come se un membro
della classe dominante russa potesse essere un piccolo-borghese! Se guardiamo
alla classe da un punto di vista socio-economico e di relazioni sociali (perché
di ciò si tratta) e non come un insulto, scopriremo che Bakunin e
Kropotkin erano “piccolo-borghesi” allo stesso modo di Marx, perché
entrambi avevano in comune la stessa situazione socio-economica! E non si
può neanche spiegare come Marx (un membro della piccola-borghesia,
un giornalista indipendente, quando e se lavorava) ed Engels (un borghese
vero, un proprietario di fabbrica!) possano aver creato una simile
“scienza proletaria”. Dopo tutto, una teoria per essere “proletaria” deve
essere prodotta dalla classe operaia in lotta. Ma non fu così. Di
seguito, Albert Meltzer spiega i problemi cui vanno incontro i marxisti quando
ci chiamano “piccolo-borghesi”:
“Questo li conduce ad un'altra
difficoltà: come si può riconciliare l’esistenza delle unioni
anarco-sindacaliste con le origini “piccolo borghesi” – e come
si tralascia il fatto che molti marxisti-leninisti di oggi sono signore e
signori professionist* che studiano o appartengono a una professione? La
risposta di solito è siccome l’anarchismo è
gia di per sé “piccolo borghese” coloro che aderiscono ad esso – ‘qualunque
sia la loro occupazione ed origine
sociale’ saranno automaticamente ‘piccolo borghesi’. E
siccome ‘il marxismo è classe operaia’, così i suoi aderenti
appartengono alla classe operaia ‘almeno
soggettivamente’. Questa è un’assurdità sociologica, come se
‘classe operaia’ indicasse a priori un punto di vista ideologico. E’ anche
una via di fuga”. [Op. Cit., p. 39]
Come questa sezione della FAQ metterà in chiaro,
questo uso dei nomi e la concentrazione sui fallimenti personali degli anarchici
da parte dei marxisti non è un caso. Se prendiamo l’abilità
di una teoria di predire gli eventi futuri come indicazione del suo potere,
scopriamo che l’anarchismo è uno strumento molto più utile
del marxismo nella lotta di classe. Dopo tutto, gli anarchici predissero
con sorprendente accuratezza le sorti del marxismo. Bakunin affermò
che le elezioni avrebbero corrotto il movimento socialista, trasformandolo
in riformista e giusto in un altro partito borghese (vedi sezione J.2). Di
fatto, questo è quello che accadde ai movimenti social-democratici
in tutto il mondo all’inizio del ventesimo secolo (la retorica, ovviamente,
rimase radicale per qualche anno in più). Sono appropriati qui i commenti
di Murray Bookchin sui social-democratici tedeschi:
“La preoccupazione del partito
per il parlamentarismo, lo stava staccando da qualunque cosa ebbe previsto
Marx. Invece di lavorare per rovesciare lo stato borghese,
l’SPD, con il suo intenso interesse per le elezioni, è diventato virtualmente
un meccanismo per incanalare i voti e aumentare la sua
rappresentanza come Reichstag all’interno
dello Stato borghese… E più astuto divenne lo SPD in quei regni, più
la sua appartenenza ed elettorato
aumentarono e con la crescita di nuove pragmatiche ed opportunistiche adesioni,
tanto più divenne una macchina per aumentare il suo potere sotto il
capitalismo invece che un’organizzazione
rivoluzionaria per eliminarlo.” [The Third Revolution, vol. 2,
p. 300]
La realtà del lavoro nello Stato presto trasformò il partito
e la sua leadership, come Bakunin aveva previsto. Se guardiamo agli anni
’20, scopriamo una caratteristica simile se consideriamo la prova:
“Fin dai primi anni ’20, l’attaccamento leninista
alle tattiche social-democratiche pre-WWI, come le politiche elettorali e
tattiche politiche in sindacati pro-capitalistici, dominarono la prospettiva
del cosiddetto comunista. Ma se queste tattiche erano giuste, perché
non portarono ad un numero inferiore di risultati deprimenti ? Dobbiamo essere
materialisti, non idealisti. Quali furono i veri risultati delle strategie
leniniste? Diedero origine a guerre proletarie di successo dando forma a
società degne degli Esseri Umani? Il movimento rivoluzionario nell’inter-guerra
fu sconfitto…” [Max Anger, "The Spartacist School of Falsification",
Anarchy: A Journal of Desire Armed, no. 43, Spring/Summer 1997, pp.
51-2]
Come affermò l’anarchico scozzese Ethel McDonald
nel 1937, le tattiche imposte da Lenin furono in pratica un disastro:
"Al Secondo Congresso della Terza
Internazionale, Moscow, un compagno che adesso è con noi in Spagna,
rispondendo a Zinoview, insistette a favore del movimento
sindacale in Germania e chiese la fine del comunismo parlamentare. Fu deriso.
Il parlamentarismo, parlamentarismo comunista,
avrebbe salvato la Germania. E lo fece…
La salvò dal socialismo. La salvò per il fascismo.” ["The
Volunteer Ban", Workers City, Farquhar McLay
(ed.), p. 74]
Quando nel 1933 i nazisti presero il potere in Germania,
i 12 milioni di votanti socialisti e comunisti e i 6 milioni di lavoratori
organizzati non fecero niente. In Spagna, fu il CNT anarco-sindacalista che
guidò le lotte contro il fascismo nelle strade e aiutò a creare
una delle più importanti rivoluzioni sociali che il mondo ha mai visto.
Il contrasto non potrebbe essere più forte. E oggi ancora molti marxisti
insistono nel seguire il consiglio di Lenin!
Se guardiamo agli “Stati dei lavoratori” creati dai
marxisti, scopriamo una volta ancora che le previsioni anarchiche furono
giuste. Bakunin affermò che “per governo popolare loro [i marxisti]
intendono un governo del popolo guidato da una minoranza eletta dal popolo
stesso … [In pratica] un governo sulla maggioranza della popolazione a vantaggio
di pochi privilegiati. Ma questa minoranza, ci assicurano i marxisti, consisterà
di lavoratori. Sì, di ex lavoratori che, appena diventeranno
governatori o rappresentanti delle persone, cesseranno di essere lavoratori
e guarderanno al mondo dei lavoratori dall’alto dello Stato. Non rappresenteranno
più le persone ma le loro pretese di governarli.” [Stato e
Anarchia, p.178] La storia di ogni rivoluzione marxista dimostra che
Bakunin aveva ragione.
Grazie a questi “Stati dei lavoratori” il socialismo
è divenuto sinonimo di regimi oppressivi e totalitari, l’esatto contrario
di cosa veramente è il socialismo. E non aiuta nemmeno quando socialisti
auto-proclamati (come i trotskysti) “descrivono oscenamente i regimi che
sfruttano, imprigionano e assassinano i lavoratori salariati a Cuba, in Corea
del Nord, in Cina come ‘Stati dei lavoratori’”. [Max Anger, Op.
Cit., p. 52] Ecco perché molti anarchici e anarchiche non usano i
termini “socialista” e “comunista” e si chiamano semplicemente “anarchici
e anarchiche”. Vengono accomunati, grazie ai marxisti, a regimi che non hanno
niente a che fare con le nostre idee o quelle del socialismo come tale.
Questo non significa che gli anarchici rifiutano tutto
quello che Marx scrisse. Lungi da questo. Ad esempio, per anarchici e anarchiche
buona parte della sua analisi sul capitalismo è accettabile (sia Bakunin
che Tucker considerarono importante l’analisi economica di Marx). Infatti
ci sono certe scuole marxiste che sono molto libertarie e cugine dell’anarchismo
(per esempio il comunismo consultativo e il marxismo autonomista sono parecchio
vicini all’anarchismo rivoluzionario). Sfortunatamente, queste forme di marxismo
libertario sono una minoranza all’interno di quel movimento.
In altre parole, non tutto il marxismo è male
– sfortunatamente lo sono la grande maggioranza di esso e quegli elementi
che non si trovano comunque nell’anarchismo. Per tanti, il marxismo è
la scuola di Marx, Engels, Lenin, Trotsky e non Marx, Pannekoek, Gorter,
Ruhle e Mattick. La minoranza libertaria della corrente è basata,
come l’anarchismo, su un rifiuto dei partiti, delle elezioni e del creare
uno “Stato dei lavoratori”. Loro, come gli anarchici, sostengono l’azione
diretta, la lotta di classe autogestita, l’autonomia della classe operaia
e una società socialista autogestita. Questi marxisti si oppongono
alla dittatura del partito sul proletariato e, in effetti, sono d’accordo
con Bakunin quando arguisce contro Marx che i socialisti non dovrebbero “accettare,
nemmeno nel processo di transizione rivoluzionaria, né assemblee costituenti,
governi provvisori e cosiddette dittature rivoluzionarie; perché siamo
convinti che la rivoluzione sia sincera e vera solo se è nelle mani
delle masse e che quando viene concentrata in pochi governanti diventa inevitabilmente
reazione.” Come Bakunin, pensano che “una libera federazione di associazioni
agricole e industriali… organizzate dal basso verso l’alto” sarà
la base della nuova società (i marxisti libertari di solito chiamano
queste associazioni Consigli dei Lavoratori). [Michael Bakunin: Selected
Writings, p. 237 e p. 172].
Queste forme libertarie di marxismo dovrebbero essere
incoraggiate e non condannate con lo stesso astio del leninismo e della social-democrazia
(infatti Lenin commentò sulla “deviazione anarchica del Partito
dei Lavoratori Comunisti Tedeschi” e di altri “elementi semi-anarchici”
i gruppi che chiamiamo qui col termine “marxisti libertari.” [Marx,
Engels and Lenin, Anarchism and Anarcho-Syndicalism, p. 333 e p. 338]).
Speriamo che col tempo questi compagni vedano queste tendenze libertarie
frutto dei loro pensieri essere sempre più influenti dei pensieri
di Marx. Quindi i commenti di questa FAQ si rivolgono verso la grande tendenza
del marxismo e non alle sue tendenze libertarie.
Un’ultima precisazione. Dobbiamo dire che in passato
molti capiscuola marxisti affermarono che anarchismo e socialismo fossero
distanti kilometri: in pratica che l’anarchismo non fosse una forma di socialismo.
Il pensatore marxista americano Daniel De Leon si allineò a questo
punto di vista e con lui molti altri. In un certo senso è vero perché
gli/le anarchici/anarchiche non sono socialist* di stampo marxiano
– rifiutiamo tale “socialismo” come fortemente autoritario. Comunque gli
anarchici in generale sono membri del movimento socialista e respingono i
tentativi dei marxisti di monopolizzare il termine. Ma sia quello che sia,
a volte in questa sezione troviamo utile usare il termine socialista/comunista
per descrivere “socialismo di Stato” e anarchic* come “socialista/comunista
libertari*”. Questo in nessun modo implica che l’anarchismo non sia socialista.
E’ solamente un modo per rendere i nostri argomenti più facilmente
leggibili.
Nelle sezioni a seguire discuteremo il marxismo e i marxisti al lavoro. Questo
indicherà perché gli anarchici lo rifiutano in favore di una
forma di socialismo libertaria.