Gestazione e disseminazione, prima nazionale poi internazionale, a opera dei
think tank americani e dei loro alleati operanti nel campo burocratico e mediatico,
di termini, teorie e misure che si intrecciano fra loro per suggerire una risposta
panpenalistica all'insicurezza sociale e alle sue conseguenze. Adozione di tale
modello, parziale o integrale, più o meno consapevole, attraverso un
lavoro di adattamento all'idioma culturale e alle tradizioni statali dei diversi
paesi svolto dai funzionari responsabili della sua applicazione a specifici
ambiti. Una terza operazione si aggiunge a tale sequenza, incrementando il traffico
internazionale delle categorie della ragione neoliberale che ormai circolano
a velocità vertiginosa da New York a Madrid, passando per Londra, Parigi,
Bruxelles, Monaco e Milano. Si tratta della messa in forma scientifica.
Attraverso scambi, interventi e pubblicazioni di carattere universitario, vero
o simulato, gli «scafisti» intellettuali riformulano le categorie
chiave del discorso «sicuritario» in una sorta di "pidgin politologico"
sufficientemente concreto per attrarre politici e giornalisti desiderosi di
«toccare con mano la realtà» (così come la costruisce
la visione autorizzata del mondo sociale), ma allo stesso tempo abbastanza astratto
da adombrare gli elementi che con troppa evidenza rimandano al suo contesto
d'origine. In tal modo, tali idee si trasformano in luoghi comuni semantici,
adottati da tutti coloro che, a prescindere dalle frontiere e dall'attività
svolta, dalle appartenenze, dalla nazionalità e dallo schieramento politico,
aderiscono spontaneamente al modello ideale della società neoliberale
avanzata.
Particolarmente eloquente, in proposito, si rivela l'opera di Sophie Body-Gendrot
"Les villes face à l'insécurité. Des ghettos américains
aux banlieues françaises", un caso esemplare di pseudoricerca su
uno pseudo oggetto integralmente precostituito dal corrente senso comune politico-mediatico,
a partire da dati spigolati da servizi giornalistici, sondaggi e pubblicazioni
ufficiali e in seguito «autentificati», almeno agli occhi del lettore
ingenuo, attraverso qualche rapida visita ai quartieri incriminati (nel senso
letterale del termine). Già il titolo si presenta come una sorta di condensato
prescrittivo della nuova "doxa" di stato sul rigore poliziesco e penale,
visto come ineluttabile, urgente e utile (62). Una sola citazione può
bastare: «La crescita inesorabile dei fenomeni di violenza urbana suscita
perplessità in tutti gli specialisti. E' meglio percorrere la strada
della 'stretta repressiva', della prevenzione o un mix di entrambe? Si devono
colpire i sintomi o impegnarsi sulle cause profonde della violenza e della delinquenza?
Secondo un sondaggio...». Troviamo qui riuniti tutti gli ingredienti di
quella pseudoscienza politica che tanto piace ai tecnocrati dei ministeri e
alle pagine dedicate ai dibattiti dei grandi quotidiani: un fatto dato per scontato
di cui tuttavia è più che lecito dubitare («crescita inesorabile»),
che tuttavia arriverebbe a turbare persino gli «specialisti» (non
si dice quali, e non a caso); un concetto burocratico («violenza urbana»)
dal significato talmente incerto che ciascuno lo può riferire a ciò
che meglio crede; un sondaggio che non dimostra altro che l'attività
dell'istituto che lo ha prodotto; una serie di false alternative, corrispondenti
a una logica d'intervento burocratico (repressione o prevenzione), fra le quali
il ricercatore finge di dover scegliere, mentre la possibile soluzione è
già chiaramente indicata dal modo in cui è posta la questione.
Quanto segue, una sorta di catalogo dei luoghi comuni americani sulla Francia
e francesi sull'America, permetterà "in fine" di presentare
come «via mediana», conforme alla ragione (di stato), la deriva
penale preconizzata dal governo socialista in carica per scongiurare il disastro.
Come infatti recita la quarta di copertina «Bisogna fare in fretta, e
reinvestire sui quartieri per impedire che le classi medie si orientino verso
soluzioni politiche estremiste» (63). E si potrebbe aggiungere «reinvestire»
in polizia e non in politiche volte a creare occupazione.
[L'analisi dettagliata e approfondita della produzione e dell'evoluzione dei
dati sulla criminalità registrati dai servizi della polizia francese
fra il 1974 e il 1997, effettuata dal maggior specialista transalpino, il criminologo
Bruno Aubusson de Cavarlay, permette di «prendere le dovute distanze»
dalle dichiarazioni catastrofiste dei politici e dai discorsi allarmistici,
incessantemente riproposti da giornalisti incapaci di interpretare una statistica
a cui fanno eco ricercatori che pretendono di dire la loro pur non essendosi
mai seriamente interessati dei fenomeni in questione.
In termini quantitativi, la delinquenza minorile, in Francia, negli ultimi quindici
anni è senza dubbio aumentata, in conformità, tuttavia, all'incremento
generale delle infrazioni. Al di là di qualche leggera fluttuazione,
la percentuale dei giovani fra gli autori di reati è tutto identica a
quella del 1980, ossia il 18 percento (p. 271). Certo, fra il 1994 e il 1997,
il numero dei reati accertati diminuisce costantemente mentre il numero dei
minori coinvolti aumenta considerevolmente. La presunta «esplosione»
della delinquenza giovanile registrata in quegli anni, tuttavia, altro non è
che un artefatto costruito a partire dal confronto fra i due dati, senza tener
conto del mutato atteggiamento della giustizia verso i giovani (p. 270). Lo
stesso discorso vale per la crescente gravità delle infrazioni: lo spostamento
verso reati violenti (vandalismi, lesioni volontarie, furti con violenza, stupri)
riguarda la delinquenza nel suo complesso, e non solo i minori, ed è
in parte spiegabile con la maggiore assistenza alle vittime dei reati, che facilita
le denunce (specie in caso di stupro) (p.p. 275, 269). Per quanto riguarda le
altre infrazioni, come il furto d'appartamento e d'auto o il taccheggio, per
quanto riguarda i minori, le cifre assolute del 1996 sono addirittura inferiori
a quelle del 1980 (p. 273).
Quanto alle cosiddette «inciviltà» minori (ingiurie, danni
di scarsa entità o minacce), dal momento che non sono registrate nelle
statistiche di polizia, risulta difficile sapere se oggi i giovani siano più
inclini a commetterle che in passato. Di conseguenza, non si capisce quale elemento
permetta di dare per scontato «un sempre maggiore coinvolgimento dei giovani
nelle infrazioni e nelle 'inciviltà'», così come afferma
il primo ministro nella lettera che affida ai deputati Lezergues e Balduyck
una missione sulle risposte alla delinquenza minorile (65). D'altra parte, la
«diminuzione dell'età dei minori coinvolti in reati sempre più
gravi e violenti», presentata da Lionel Jospin come un dato di fatto accertato
e sufficiente a suscitare la richiesta urgente di una relazione parlamentare,
è fondata solo su impressioni, supposizioni e timori, in quanto anche
in questo caso «non esiste alcuna fonte statistica che permetta di misurare
l'abbassamento di età e la maggiore precocità della delinquenza
che emerge costantemente dalle testimonianze dirette» (p. 270) (66).
Al termine del suo esemplare esercizio di lettura statistica, Bruno Aubusson
de Cavarlay conclude, con una fermezza improntata alla diplomazia che le statistiche
non sono in grado né di infirmare, né di confermare «l'ipotesi
dell'emergere di una nuova forma di delinquenza, tipica di certi minori (delinquenza
detta 'di esclusione')». Inoltre, non autorizzano «la creazione
di un nuovo gruppo di infrazioni, definito in maniera inaccorta 'violenza urbana',
nel quale i minori sarebbero coinvolti in maniera preponderante» (p. 275).
Tuttavia, è proprio questa «esplosione» della «violenza
urbana» a motivare, o a servire da pretesto, al trattamento penale della
miseria preconizzato da Lionel Jospin. E la stessa categoria di «violenza
urbana», che si presenta come un "non-sense" statistico che
mescola tutto e il contrario di tutto, viene agitata dal ministro della Giustizia
per escludere dalle misure di limitazione della carcerazione provvisoria gli
individui arrestati in flagranza di reato, ossia la metà delle carcerazioni
preventive (40 mila all'anno), che come noto riguardano prevalentemente persone
provenienti dalle classi subalterne e dai quartieri a rischio (67). Ciò
significa che deputati considerati di sinistra sono giunti a inscrivere nella
legge un forte «premio di carcerazione» riservato alle fasce sociali
più deboli.
Quanto detto spinge a pensare che se i governanti si prendessero la briga di
leggere le relazioni di studio che commissionano (è noto come l'attuale
governo francese sia un insaziabile consumatore di quel genere di ricerche),
eviterebbero al paese molti pseudodibattiti particolarmente nocivi. Infatti,
chi può veramente credere che la carcerazione di qualche centinaio di
giovani potrà avere qualche effetto sul vero problema, continuamente
rimosso: l'aumento delle ineguaglianze e la generalizzazione della precarietà
salariale e sociale conseguente alle politiche di deregolazione e di disimpegno
dello stato dall'intervento economico e urbano].
Ritornando al volume di Sophie Body-Gendrot, si può notare che questa
« americanologa» ben introdotta presso il ministero degli Interni
(68), attraverso una proiezione incrociata degli stereotipi nazionali di Francia
e Stati uniti, riesce ad applicare la mitologia americana del ghetto visto come
luogo di derelizione (anziché come strumento di dominio razziale) (69)
sui quartieri ad alta concentrazione di edilizia popolare del proprio paese
d'origine, arricchendo la nozione amministrativa francese di «quartiere
sensibile» con l'immagine dei ghetti di New York e Chicago. Ricorrendo
a una continua oscillazione che si spaccia per analisi, in cui l'esempio degli
Stati uniti è utilizzato non come un termine di comparazione - il che
avrebbe mostrato che la presunta «crescita inesorabile» della «violenza
urbana» è in primo luogo una tematica politico-mediatíca
volta a facilitare la ridefinizione dei problemi sociali in termini di sicurezza
(70) - ma, volta per volta, come spauracchio o modello da imitare, anche se
con le dovute precauzioni. Agitando, in un primo momento, lo spettro della «convergenza»,
gli Stati uniti risultano utili per suscitare l'orrore - il ghetto, no qui da
noi mai! - e drammatizzare il discorso, per poi meglio giustificare la stretta
poliziesca su «interi quartieri». Infine, non resta altro che intonare
il classico adagio tocquevilliano sull'iniziativa del cittadino, estendendolo
in questo caso allo scenario globale (in quanto, grazie alla mondializzazione,
«molti abitanti di tutto il pianeta hanno scoperto un'identità
comune, quella di partigiani della democrazia»), per giustificare l'importazione
in Francia delle tecniche locali di ordine pubblico statunitensi.
Al termine di una dissertazione rivolta agli studenti di scienze politiche in
occasione di un incontro nel quale si sono affrontati temi quali «La città
come laboratorio sociale», «I problemi della post-città»
e, per apparire veramente scientifici, «La criminalità operativa
in un mondo frattale» (il cui autore, senza ironia, afferma che «la
sua relazione è ispirata alle teorie matematiche di Mandelbroit sui frattali»)
Sophie Body-Gendrot giunge a conclusioni che sembrano direttamente provenire
da un "luncheon forum" del Manhattan Institute: nonostante l'«inerzia
tipica della Francia», che rallenta notevolmente ogni «trasformazione
di mentalità», «i governanti devono progressivamente arrendersi
di fronte a un'evidenza: si deve sviluppare la gestione di prossimità
dei problemi, le brigate di polizia per minori devono essere rafforzate, la
formazione dei poliziotti incrementata, i genitori responsabilizzati penalmente»
e «ogni atto delinquenziale dei minori deve essere sanzionato in maniera
sistematica, rapida e leggibile» (71). Tale evidenza, ormai accettata
a New York, Londra e Parigi, per effetto di imitazione si impone progressivamente
anche nelle altre capitali europee. Anche la Svezia oggi si chiede se non sia
il caso, per restare al passo con i paesi vicini, di adottare la «tolleranza
zero».
Riassumendo, è possibile affermare che il volume di Sophie Body-Gendrot,
"Les villes face à l'insécurité", giunge al momento
giusto, per registrare la dismissione dello stato sociale (ed economico) e legittimare
il rafforzamento dello stato penale nei quartieri, un tempo operai, sacrificati
sull'altare della modernizzazione del capitalismo francese. Come la maggior
parte del profluvio di opere recentemente pubblicate sul «senso d'insicurezza»,
l'«inciviltà» e la «violenza urbana», il libro
in questione è parte integrante di quello stesso fenomeno che pretenderebbe
spiegare. Anziché analizzarla, infatti, contribuisce alla costruzione
politica di una penalità rafforzata e proattiva, volta a contenere i
disordini provocati dalla generalizzazione della disoccupazione, del sottoimpiego
e del lavoro precario.
Con l'espressione «Washington consensus» si è soliti designare il complesso di misure di «aggiustamento strutturale» imposte dai centri della finanza internazionale, come condizione per l'erogazione di fondi ai paesi indebitati (con i risultati disastrosi che si possono osservare in Asia e Russia) e, per estensione, le politiche economiche neoliberali che si sono imposte negli ultimi decenni in tutti i paesi a capitalismo avanzato: austerità budgettaria e regressione fiscale, compressione della spesa pubblica, privatizzazioni e rafforzamento dei diritti del capitale, liberalizzazione disinvolta dei mercati finanziari e degli scambi, flessibilizzazione del lavoro salariato e riduzione delle garanzie sociali (72). A ciò, è necessario aggiungere anche il trattamento punitivo dell'insicurezza e della marginalità sociale, che appaiono le logiche conseguenze di simili politiche. Evidentemente, così come nella Francia di metà anni ottanta i governi socialisti hanno svolto un ruolo determinante nella legittimazione internazionale della "sottomissione al mercato", allo stesso modo l'équipe di Lionel Jospin si trova in una posizione chiave per banalizzare, in una presunta versione «di sinistra», la gestione poliziesca e carceraria della miseria.
NOTE.
N. 1. Sulle condizioni sociali e i meccanismi culturali di diffusione di questa
nuova vulgata planetaria, i cui termini feticcio sono ovunque «globalizzazione»,
«flessibilità», «multiculturalismo», «comunitarismo»,
«ghetto» e «underclass», o i loro cugini postmoderni
«identità», «minoranza», «etnicità»,
«frammentazione» eccetera: P. Bourdieu, L. Wacquant, "Les ruses
de la raison impérialiste", in «Actes de la recherche en sciences
sociales», 121-122, marzo 1998, p.p. 109-118.
N. 2. R. Debray, M. Gallo, J. Juillard, B. Kriegel, O. Mongin, M. Ozuf, A. Le
Pors, P. Thibaud, "Républicains, n'ayons pas peur!", in «Le
Monde», 4 settembre 1998, p. 13 (il numero e il diverso orientamento politico,
vero o presunto, dei firmatari avava lo scopo di attribuire un'apparenza di
neutralità e quindi di ragione alle posizioni sostenute).
N. 3. Si tratta tuttavia di paesi che possono avanzare la scusa (comoda) di
avere livelli di violenza criminale simili a quelli degli Stati uniti e di essere
direttamente soggetti alla tutela economica e diplomatica americana. Il Messico,
per esempio, deve ogni anno prosternarsi davanti al Congresso degli Stati uniti
per dimostrare di condurre con la dovuta energia la «guerra alla droga»
ordinata dal «Grande fratello del Nord».
N. 4. L. Wacquant, "L'ascension de l'Etat pénal en Amérique",
in «Actes de la recherche en sciences sociales», 124, settembre
1998, p.p. 7-26, e 71 segg. per uno schema delle maggiori componenti del «boom
carcerario» statunitense.
N. 5. Confronta per un'eccellente sintesi in proposito: S. Donziger, "Fear,
Politics and Prison Industrial Complex", in "The Real War on Crime",
Basic Books, New York 1996, p.p. 63-98.
N. 6. Si veda in particolare J. A. Smith, "The Idea Brokers. Think Tanks
and the Rise of the New Policy Elite", The Free Press, New York 1991.
N. 7. C. Murray, "Losing Ground. American Social Policy 1950-1980",
Basic Books, New York 1984.
N. 8. C. Lane, "The Manhattan Project", in «The New Republic»,
25 marzo 1985, p.p. 14-15.
N. 9. Per una dettagliata confutazione dei contenuti dell'opera di Charles Munray,
"Losing Ground", confronta W. J. Wilson, "Les oubliés
de l'Amérique", Desclée de Brouwer, Paris 1995.
N. 10. G. Gilder, "Wealth and Poverty", Basic Books, New York 1981;
Id., "Blessed are the Money-Makers", in «The Economist»,
7 marzo 1981, p.p. 87-88. Un'ottima analisi dell'influenza esercitata del discorso
antidiluviano sulla povertà, nonché dell'incapacità di
contrastarlo manifestata negli anni ottanta dal punto di vista liberal (o progressista),
in: M. B. Katz, "The Underserving Poor From the War on Poverty to the Waron
Welfare", Pantheon, New York 1989, p.p. 137-184.
N. 11. C. Murray, "In Pursuit of Happines and Good Government", Simon
and Schuster, New York 1988. Un decennio più tardi, Charles Murray, senza
dubbio deluso dallo scarso successo incontrato dalla sua prima uscita filosofica,
ricade nel peccato con un pamphlet dal titolo "What It Means to Be a Libertarian.
A Personal Interpretation", Broadway Book, New York 1998.
N. 12. C. Murray, R Herrnstein, "The Bell Curve. Intelligence and Class
Structure in American Life", Free Press, New York 1994, p.p. 167, 253,
251, 532-533. Per una critica estremamente severa di questo compendio di senso
comune razzista e conservatore, condotta a partire da un'analisi (corretta)
degli stessi dati empirici che conduce a conclusioni diametralmente opposte:
C. Fischer et al., "Inequality by Design. Cracking the Bell Curve Mith",
Princeton University Press, Princeton 1996. Il carattere puramente ideologico
delle tesi sul crimine sostenute da Murray e Herrnstein emerge dalla seguente
replica fondata su dati statistici: F. T. Cullen, P. Gendreau, G. R. Jarjoura,
J. P. Wright, "Crime and the Bell Curve. Lessons from Intelligent Criminology",
in «Crime and Delinquency», 43-44, ottobre 1997, p.p. 387-411.
N. 13. Tutti i resoconti dell'affermazione del Manhattan Institute sulla scena
pubblica descrivono un Rudolph Giuliani intento a prendere appunti durante le
conferenze e segnalano la presenza regolare dei suoi consiglieri agli incontri
promossi dall'istituto. Lo stesso sindaco newyorkese ha riconosciuto pubblicamente
a più riprese il suo debito nei confronti del Manhattan Institute.
N. 14. G. Kelling, C. Coles, "Fixing Broken Windows. Restoring Order and
Reducing Crime in Our Communities", The Free Press, New York 1996. Il libro
amplia e sviluppa gli spunti contenuti nel seguente articolo: J. Q. Wilson,
G. Kelling, "Broken Windows. The Police of Neighborhood Safety", in
«Atlantic Monthly», marzo 1982, p.p. 29-38. Se questa «teoria
del buon senso» fosse effettivamente vera, è lecito chiedersi come
mai siano stati necessari più di quindici anni per rendersene conto.
N. 15. W. Bratton, "Cutting Crime and Restoring Order. What America Can
Learn from New York' Finest", in «Heritage Lecture», 573, Heritage
Foundation, Washington 1996; Id., "The New York City Police Department's
Civil Enforcement of Quality of Life Crimes", in «Journal of Law
and Policy», 12, 1995, p.p. 447-464; Id., "Squeegees Rank High on
Next Police Commissioner's Priority List", in «The New York Times»,
4 dicembre 1993. Tony Blair e soprattutto il suo futuro ministro degli Interni
Jack Straw riprenderanno qualche mese dopo negli stessi termini lo spauracchio
"squeegee man".
N. 16. Per una presentazione critica dei tre modelli di «riforma della
polizia» in competizione fra loro negli Stati uniti, a partire da un comune
recupero «della tradizione poliziesca più repressiva»: J.-P.
Brodeur, "La police en Amerique du Nord. Des modèles aux effets
de mode?", in «Les cahiers de la sécurité intérieure»,
28, 2, primavera 1997, p.182.
N. 17. "NYPD, Inc.", in «The Economist», 7925, 20 luglio
1995, p. 50, "The CEO cop", in «New Yorker Magazine, 70, 6 febbraio
1995, p.p. 45-54.
N. 18. "Citizen s Budget Commission, rapporto annuale, ottobre 1998.
N. 19. J. A. Green, "Zero Tolerance. A case Study of Police Policies and
Practices in New York City", in «Crime and Delinquency», 45,
2, aprile 1999, p.p. 171-187.
N. 20. Il numero di omicidi a New York era già sceso nel 1994 della metà
rispetto alle cifre record del 1990, passando da 2300 a meno di 1200. I reati
contro il patrimonio, da parte loro, erano scesi del 25 percento. La stessa
massiccia diminuzione della criminalità si osserva a partire dal 1990
anche in Canada, senza che possa essere chiamata in causa alcuna particolare
innovazione poliziesca.
N. 21. W. W. Bratton, P. Knobler, "Turnaround. How America's Top Cop Reversed
the Crime Epidemic", Random House, New York 1998. William Bratton ricevette
un anticipo di 375 mila dollari per «scrivere» l'agiografia di se
stesso «insieme» a Peter Knobler, un giornalista specializzato in
biografie all'acqua di rose di star dello sport e della politica. Ha inoltre
fondato un'azienda di consulenza sulla polizia urbana, First Security, che opera
sia negli Stati uniti sia all'estero.
N. 22. Nel 1993, anno in cui Rudolph Giuliani diviene sindaco, New York si collocava
già all'ottantasettesimo posto (su centottantasette città repertoriate
in ordine decrescente) nella graduatoria sulla criminalità stilata dall'F.B.I.
Oggi gravita intorno al centoquarantesimo posto.
N. 23. "Zero Tolerance will Clean up our Streets", in «Scottish
Daily Record & Sunday Mail», 10 febbraio 1999. Sul tema della «responsabilizzazione»
di cittadini e «comunità» (geografiche o etniche) nella lotta
contro il crimine: D. Garland, "Les contradictions de la société
punitive: le cas britanmque", in «Actes de la recherche en sciences
sociales», 124, settembre 1998, p.p. 56-59; A Crawford, "The Local
Governance of Crime. Appeals to Community and Partnership", Clarendon Press,
Oxford 1997.
N. 24. «I polacchi sono particolarmente attivi nel furto organizzato di
auto; la prostituzione è controllata dalla mafia russa, i criminali legati
al traffico di droga provengono soprattutto dall'Europa centro-orientale e dall'Afrca
nera [...]. Non dobbiamo più essere timorosi nei confronti degli stranieri
colti con le mani nel sacco. Per coloro che violano le nostre leggi dell'ospitalità
non esiste che una soluzione: fuori e subito» (Gerhard Schroeder, frase
pronunciata nel luglio 1997 durante una campagna elettorale, riportata da «Le
Monde» il 28 gennaio 1999). Il caso della Germania è particolarmente
interessante in quanto illustra un processo comune ai diversi paesi del continente
europeo, ossia l'importazione delle teorie e delle politiche sicuritarie "made
in Usa" direttamente dagli Stati uniti (confronta la tournée tedesca
del 1998 di William Bratton) o per il tramite di qualche «sportello»
dell'ideologia penale americana (confronta l'emulazione non priva di qualche
invidia per l'Inghilterra di Tony Blair e l'interesse, forte e allo stesso tempo
ambivalente, per la Milano di Gabriele Albertini).
N. 25. "Lawsuit Seeks to Curb Street Crimes Unit. Alleging Racially Biased
Searches", in «The New York Times», 9 marzo 1999. Per un'analisi
più sfumata della violenza políziesca di New York e delle sue
basi sociali: P. Chevigny, "Edge of the Knife. Police Violence in the Americas",
The New Press, New York 1995, cap. 2.
N. 26. "Those NYPD Blues", in «US News and World Report»,
5 aprile 1999. Secondo i dati della polizia di New York, i controlli di strada
volti a impedire la detenzione di armi danno luogo a ventinove arresti per ogni
persona in possesso di armi, una percentuale nettamente superiore alla norma
abituale (dieci arresti ogni persona armata).
N. 27. J. A Green, "Zero Tolerance. A Case Study of Policies and Practices
in New York City", cit., p.p. 171-187.
N. 28. "Cop Rebellion against Safir. 400 Delegates Vote No Confidence.
Demand Suspension", in «New York Daily News», 14 aprile 1999.
N. 29. "Poll in New York Finds many Think Police are Biased", in «The
New York Times 16 marzo 1999.
N. 30. "Crackdown on Minor Offenses Swamps New York City Courts",
in «The New York Times», 2 febbraio 1999.
N. 31. "Dismissed by Prosecutors before Reaching Court. Flawed Arrests
Rise in New York City", in «The New York Times», 23 agosto
1999. Le cifre sulle entrate in carcere provengono dai rapporti annuali del
New York City Department of Corrections, quelle sugli arresti da un rapporto
della New York State Division of Criminal Justice.
N. 32. Malcolm Freeley ha mostrato come per gli americani appartenenti alle
classi subalterne che commettono crimini e delitti minori l'autentica sanzione
penale sia rappresentata più dalla procedura giudiziaria, attraverso
il trattamento arrogante e caotico che subiscono nei tribunali e i costi connessi
(economici, sociali e morali), che dalla sanzione legale (M. Freeley, "The
Process is the Punishment. Handling Cases in a Lower Criminal Court", Russel
Sage Foundation. Neu York 1979, in particolare p.p. 199-243).
N. 33. K. Dixon, "Les évangélistes du marché",
Editions Raisons d'agir, Paris 1998. Oggi è necessario tenere conto anche
dell'istituto Demos, think tank ufficiale dell'équipe di Tony Blair,
che sostiene tesi analoghe se non addirittura identiche.
N. 34. C. Murray, "The Emerging British Underclass", Institute of
Economic Affairs, London 1990, p.p. 41, 45.
N. 35. F. Field, "Britain's Underclass. Countering the Growth", in
"The Emerging British Underclass", cit., p.p. 58, 59.
N. 36. R. Lister, a cura di, "Charles Murray and the Underclass. The Developping
Debate", Institute for Economic Affairs, London 1996. Si possono facilmente
notare le analogie con il lamento di Debray, Gallo, Juillard eccetera («Repubblicani,
non dobbiamo avere paura!», secondo il quale il lassismo penale rappresenterebbe
una minaccia per la Repubblica. La retorica di Charles Murray si basa su un'opposizione
dicotomica fra i «nuovi vittoriani» (termine utilizzato per indicare
le classi medie e superiori che riscoprono le virtù del lavoro, dell'astinenza
e della famiglia patriarcale) e la «nuova plebaglia» ["the
new rabble"] dei bassifondi, invischiata nella promiscuità, nel
rifiuto del lavoro (sottopagato) e nel crimine. Simili sciocchezze sociologiche
versione americano-britannica di certi discorsi francesi sulla «frattura
sociale», sono riprese tali e quali dal «Sunday Times» e altri
quotidiani inglesi. Si veda, per esempio: "Britain Split as Underclass
Take Root alongside «New Victorians»", in «The Sunday
Times», 22 maggio 1994.
N. 37. L. Mead, a cura di, "From Welfare to Work Lessons from America",
Institute of Economic Affairs, London 1997. Già il titolo è sufficientemente
eloquente.
N. 38. L. Mead, "Beyond Entitlement. The Social Obligations of Citizenship",
Free Press, New York 1986, p. 13, 200, 87.
N. 39. L. Mead, "The New Politic of Poverty. The Nonworking Poor in America",
Basic Books, New York 1992, p.p. 239 segg. Per una serrata critica dei paralogismi
di Lawrence Mead: M. B. Katz, "The Poverty Debate", in «Dissent»,
autunno 1992, p.p. 548-553.
N. 40. L. Mead, a cura di, "The New Paternalism. Supervisory Approaches
to Poverty", Brookings Institute Press, Washington 1997, p.p. 21-22.
N. 41. La prefazione del libro, firmata da Michael Armacost, presidente della
Brookings Institutions, il think tank sedicente «progressista» (è
assai vicino ai New Democratics) che ha finanziato e pubblicato la ricerca,
si apre con le seguenti affermazioni, che la dicono lunga sull'integrazione
delle politiche sociali e penali rivolte al (sotto)proletariato: «La politica
sociale degli Stati uniti sta diventando più paternalista. Tradizionalmente,
i programmi sociali fornivano un aiuto alle persone, in tempi recenti lo stato
si è impegnato a supervisionare la vita dei poveri che dipendono da quei
programmi, "per il tramite sia dell'assistenza sociale, sia del sistema
della giustizia criminale"» (M. Armacost, "Preface", in
L. Mead, a cura di, "The New Paternalism. Supervisory Approaches to Poverty",
cit., p. VII, corsivo di L.W.).
N. 42. L. Mead, a cura di, "The New Paternalism. Supervisory Approaches
to Poverty", cit., p. 22. Per una critica sferzante di questa mitologia
personale del carattere razziale «misto» delle classi povere: D.
Massey, N. Denton, "American Apartheid", Harvard University Press,
Cambridge (Mass.) 1993.
N. 43. Frank Field aveva anticipato la sua adesione alle tematiche di Charles
Murray e Lawrence Mead nel suo libro "Losing Out. The Emergence of Britain's
Underclass", Basil Blackwell, Oxford 1989, il cui titolo richiama esplicitamente
il "Losing Ground" di Murray.
N. 44. L. Mead, a cura di, "From Welfare to Work. Lessons from America",
cit., p. 127.
N. 45. L. Mead, "The Debate on Poverty and Human Nature", in S. Carlson-Thies,
J. Skillen, a cura di, "Welfare in America. Christian Perspectives on a
Policy in Crisis", William Eerdmans Publishing, Cambridge (Mass.) 1996,
p.p. 215-216, 238, 241.
N. 46. Come nel 1989 e nel 1994, il «Sunday Times» dedica diverse
pagine a un lungo articolo diviso in due parti di Charles Murray, attribuendo
alle opinioni del «visitatore d'America» una visibilità nazionale
di cui nessun specialista britannico di questioni criminali ha mai beneficiato.
E ciò nonostante le posizioni semplicistiche (ed erronee) di Murray non
si fondino su alcuna ricerca originale e si presentino come un riciclo di noti
lavori dei principali criminologi ultraconservatori come James Q. Wilson e John
DiIulio. Si ha quindi a che fare con un vero e proprio lavoro di marketing ideologico
volto a far passare lucciole conservatrici per lanterne sociologiche.
N. 47. C. Murray, a cura di, "Does Prison Work?", Institut for Economic
Affairs, London 1997, p. 26.
N. 48. D. Downes, "Toughing it Out. From Labour Opposition to Labour Government",
in «Policy Studies», 19, 3-4, inverno 1998, p.p. 191-198.
N. 49. N. Dennis et al., "Zero Tolerance. Policing a Free Society",
Institut for Economic Affairs, London 1997. La dichiarazione di Tony Blair è
riportata da «The Guardian» del 10 aprile 1997 (ringrazio Richard
Sparks, professore di criminologia all'università di Keele, Staffordshire,
per le preziose informazioni che mi ha fornito su tali sviluppi).
N. 50. In «Times Literary Supplement», 4919, 11 luglio 1997, p.
25. Nello stesso articolo si reclamizza anche un libro dal titolo" Arming
the British Police".
N. 51. In occasione del convegno di Villepinte sul tema «Città
sicure per cittadini liberi», organizzato dal governo di Lionel Jospin,
il ministro degli Interni Jean-Pierre Chevènement tracciava un audace
parallelo tra la politica dell'istruzione e quella dell'ordine pubblico: «Lasciando
vagare l'immaginazione, mi piace pensare, sull'esempio del piano Università
2000, a un piano quinquennale Sicurezza di prossimità 2002, volto ad
accelerare la costruzione dei commissariati di prossimità nei quartieri
a rischio» (Atti del convegno, disponibili sul sito Internet del ministero
degli Interni).
N. 52. Le espressioni fra virgolette sono di Beaumont e Tocqueville: "Système
pénitentiaire aux Etats-Unis et son application en France", in Alexis
de Tocqueville, "Oeuvres complètes", IV, "Ecrits sur le
système pénitentiaire en France et à l'étranger",
Gallimard, Paris 1984, p. 11.
N. 53. Per fare un esempio, nell'attuale congiuntura politica francese (inizi
1999), lo scopo è quello di attirare gli elettori del Front national,
in particolare coloro che sono rimasti disorientati dalla scissione del partito.
Così può essere interpretata l'improvvisa accelerazione delle
misure annunciate dal governo Jospin allo scopo di «ristabilire»
l'ordine «repubblicano» e «riconquistare» le "banlieues".
E anche la fulminea svolta del primo ministro in favore di un giro di vite penale
nei confronti della delinquenza giovanile, trasformata dall'oggi al domani in
priorità dell'azione pubblica, mentre un esame rigoroso e disaggregato
dei dati statistici disponibili, pubblicati in un'apposita relazione indirizzata
al governo (che evidentemente né gli autori né i committenti si
sono presi la briga di leggere attentamente), dimostra che contrariamente a
quanto affermato dal battage mediatico, non si è verificato alcun aggravamento
della situazione (confronta l'appendice statistica del criminologo Bruno Aubusson
de Cavarlay, in C. Lazergues, J.-P. Balduyck, "Réponses à
la délinquence des mineurs. Mission interministérielle sur la
prévention et le traitement de la délinquence des mineurs",
La documentation française, Pans 1998, p.p. 263-291; B. Aubusson de Cavarlay,
"La mesure de la délinquence juvénile", Cesdip, Paris
1998).
N. 54. S. Body-Gendrot, N. Le Guennec, M. Herrou, "Mission sur les violences
urbaines. Rapport au Ministre de l'intérieur", La documentation
française, Paris 1998; sull'invenzione burocratica della categoria di
«violenza urbana», vista come strumento di riconversione e legittimazione
del lavoro di sorveglianza poliziesco: V. Laurent, "Les renseignements
généraux à la découverte des quarizers", in
«Le Monde diplomatique», 541, aprile 1999, p.p. 26-27.
N. 55. C. Lazergues, J.-P. Balduyck, "Réponses à la délinquence
des mineurs. Mission interministérielle sur la prévention et le
traitement de la délinquence des mineurs", cit., p.p. 433-436.
N. 56. Fra i vari studi quantitativi: W. Ruefle, K. M. Reynolds, "Curefews
and Delinquency in MajorAmerican Cities", in «Crime and Delinquency»,
41, 3, luglio 1995, p.p. 347-363.
N. 57. J. Damon, recensione a W. Bratton, P. Knobler, "Turnaround. How
America's Top Cop Reversed the Crime Epidemic", in «Les cahiers de
la sécurité intérieure», 34, 1998, p.p. 263-265.
Per un'analisi corrosiva del «tecnocratismo autoritario e razzista»
di cui la similautobiografia di William Bratton è un'espressione: H.
Otner, A. Pilgram, H. Steinert, a cura di, "Die Null-Lösung. Zero-Tolerance-Politik
in New York: Das Ende der urbanen Toleranz?", Nomos Verlag, Baden Baden
1998.
N. 58. In un'opera scritta in collaborazione con un ex ministro dell'Educazione
di Ronald Reagan, dal titolo (e dalla retorica militarista) sensazionalista:
W. J. Bennet, J. DiIulio, J. P. Walters, "Body Count. Moral Poverty...
and How to Win Americas War against Crime and Drugs", Simon and Schuster,
New York 1996.
N. 59. S. Roché, "Tolérance zéro: est-elle applicable
en France?", in «Les cahiers de la sécurité intérieure»,
34, 3, inverno 1998, p.p. 217, 222, 225, 227 (corsivi di L.W.).
N. 60. A. Bauer, X. Raufer, "Violences et insécurités urbaines",
Presses Universitaires de France, nuova edizione, Paris 1999, p.p. 62-65 (corsivo
nell'originale). Ringrazio l'associazione Citoyens Unis pour Chatenay-Malabry
per avermi segnalato i passaggi più significativi dell'opera.
N. 61. Institut des hautes études de la sécunté intérieure,
"Guide pratique pour les contrats locaux de sécurité",
La documentation française, Paris 1997, p.p. 133-134.
N. 62. S. Body-Gendrot, "Les villes face à l'msécurité.
Des ghettos américains aux banlieues françaises", Bayard,
Paris 1998. Come tipico del genere, il libro unisce ricerca scientifica (volta
a garantire autorevolezza) e reportage giornalistico (per rendersi accessibili
ai media), come testimonia il carattere assai vanegato dei riferimenti, che
vanno da Jean Baudrillard a William Julius Wilson, dagli articoli di «Science»
a quelli dell'«International Herald Tribune», dalle interviste ai
giudici agli editoriali di «Le Nouvel Observateur» e ai pamphlet
degli ex ministri di Ronald Reagan.
N. 63. Il comunicato stampa diramato dall'editore Bayard in occasione dell'uscita
del libro pone il problema in termini ancora più netti: «Fra le
"banlieues" francesi e i ghetti americani "esistono molte affinità":
crescita della delinquenza minorile, droga, scontri fra bande ecc. Di conseguenza
sorge spontanea una domanda: le massicce politiche di carcerazione condotte
con successo negli Stati uniti possono essere applicate anche in Francia?»
(corsivo di L. W.).
N. 64. Le indicazioni di pagina rimandano a B. Aubusson de Cavarlay, "Statistiques",
in C. Lazergues, J.-P. Balduyck, "Réponses à la délinquence
des mineurs. Mission interminestérielle sur la prévention et le
traitement de la délinquence des mineurs", cit, p.p. 263-291.
N. 65. L. Jospin, "Lettre de mission", in C. Lazergues, J.-P. Balduyck,
"Réponses à la délinquence des mineurs. Mission interminestérielle
sur la prévention et le traitement de la délinquence des mineurs",
cit, p. 9.
N. 66. La totale assenza di dati statistici sul fenomeno non impedisce all'editorialista
di «Libération» (7 gennaio 19991 di scrivere con grande sicurezza:
«La situazione che si è venuta a creare è senza precedenti,
per la percentuale dei giovani coinvolti, per il grado di violenza che manifestano,
ma anche per l'estrema precocità del passaggio all'atto».
N. 67. "La loi Guigou adoptée en première lecture",
in «Libération», 27-28 marzo 1999.
N. 68. Jean-Pierre Chèvenement le aveva precedentemente commissionato
un «Rapporto sulle violenze urbane», mentre la delegazione interministeriale
sulla città ha finanziato una «missione» di qualche settimana,
che ha permesso alla studiosa di «vivere alcune esperienze sul campo in
quartieri degradati» degli Stati uniti (S. Body-Gendrot, "Les villes
face à l'insécurité. Des ghettos américains aux
banileues françaises", cit., p. 14).
N. 69. L. Wacquant, "«A Black City Within the White». Rivisiting
America's Dark Ghetto", in «Black Renaissance - Renaissance Noire»,
2, 1, autunno-inverno 1998, p.p. 141-151.
N. 70. In proposito, si veda il persuasivo studio: K. Beckett, "Making
Crime Pay. Law and Order in Contemporary American Politics", Oxford University
Press, Oxford 1997.
N. 71. S. Body-Gendrot, "Les villes face à l'insecurité.
Des ghettos américains aux banlieues françaises", cit., p.p.
346, 332, 320-321 (corsivi di L. W.). Il libro si chiude con uno slancio a dir
poco commovente: «Se la polizia si metterà al servizio dei cittadini,
se la scuola diverrà un luogo della vita di quartiere, se i politici
svilupperanno innovazioni civiche, se la lotta contro la delinquenza coinvolgerà
i residenti, allora nella città si disegnerà un nuovo orizzonte.
Detto altrimenti, quando la città, e la vita, sarà bella, allora
sarà veramente bella.» (Un analogo paragrafo appare nelle "Monographies
de terrain à l'étranger" che danno lustro al rapporto ufficiale
della "Mission sur les violences urbaines", cit., p. 136).
N. 72. Sulla costruzione del concetto di "Washington consensus" all`intersezione
dei campi universitario e burocratico: Y. Dezalay, B. Garth, "Le «Washington
consensus»: contribution à une sociologie de l'hégémonie
du néo-liberalisme", in «Actes de la recherche en sciences
sociales», 121-122, marzo 1998, p.p. 2-22.