GLI DEI NON ABITANO LA TERRA.
L'apparato delle S.S. è tutto esterno al campo. Le S.S. controllano le strade che portano all'universo concentrazionario. Tra gli abeti si leva la torretta con le mitragliatrici puntate. Lungo le due file di alberi, al margine del sentiero, corre il filo spinato. A mo' di cippi, sguardi di teschi montati su due tibie incrociate. Un sistema di leve e l'invisibile rete ad alta tensione ampliano con la propria presenza la zona deserta. In questa solitudine ululano, ben nutriti, i cani. Una mano levata su un S.S., un insulto sfuggito di bocca, ed è la forca. L'S.S. fa un cenno e un uomo viene frustato, striscia, urla e supplica. Il volto del più alto tra i burocrati si fa grigio quando gli occhi dell'S.S. si incupiscono di collera. L'S.S. parla e migliaia di uomini, con metodo, vengono uccisi dal gas. Achtung! Passa l'S.S., i corpi si irrigidiscono, cala il silenzio. "Sckeiss-stŸck!" dice l'S.S., e guarda quelle decine di migliaia di esseri allineati su uno spiazzo - esseri che può uccidere impunemente. Il palmo della sua mano è come quello di Dio. E tuttavia l'S.S. non è che onnipotenza per la feccia. Un flagello del destino, ma è il destino la divinità sovrana dei campi. Il destino dell'universo concentrazionario è lontano anni luce. Immensi spazi di leggi e di uffici, meandri di corridoi, cumuli di rapporti fra i quali tutto un mondo di funzionari pallidi e indaffarati - vere macchine da scrivere umane - vive e muore, isolano il campo e non ne lasciano trapelare se non una spaventosa e confusa immagine di luogo inumano. Al centro di questo impero, inesorabilmente invisibile, il cervello che unifica e comanda tutte le polizie del Reich e d'Europa, che domina con volontà assoluta ogni possibile aspetto dei campi, e che ha nome Himmler, e i suoi intimi con lui. Pareti di scaffali, grattacieli di dossier, le questioni più minute sono catalogate nelle anticamere di Himmler. Da questi uffici arriva per gli internati l'ordine di vita o di morte: una firma. Il loro comportamento al campo non c'entra: di quello possono giudicare gli ObersturmbannfŸhrer. La causa è una vita morta, spesso dimenticata da mesi o da anni, e che già sembrava cosa giudicata. La causa è un inconoscibile estendersi di tale vita morta che prosegue una sua. esistenza lontana e minacciosa in uffici inaccessibili. Il processo, qui, non finisce mai, non passa mai in giudicato. Il processo si alimenta e si arricchisce di personaggi che esso stesso ha creato, senza che mai ne siano formulate le ragioni. Arriva un ordine. Una decisione nuda e cruda, senza commenti. L'ordine reca il contrassegno del padrone. Il comandante del campo ignora tutto. L'OberscharfŸhrer ignora tutto. Il BlockfŸhrer ignora tutto. Il LagerŠltester ignora tutto. Gli esecutori materiali ignorano tutto. Ma l'ordine dice morte, e quale genere di morte, e quanto tempo impiegare a dare la morte. E in questo deserto di ignoranza è sufficiente.
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Gli alloggiamenti e gli uffici delle S.S. sono fuori dal campo. Le S.S. sorvegliano le porte e contano gli uomini. Figure alte sui muri: l'uomo scuro, cappello a larga tesa, che striscia lungo le pareti, e, immenso, il punto interrogativo. Silenzio! Questa sagoma fantastica si ripete in tutta la Germania, dalle masserie più remote al camminamento che sovrasta la nera morchia delle officine, brilla e svanisce nelle gallerie delle miniere e sulle avventurose macchine dei cieli, immagine ossessiva della spia e, agli occhi degli uomini, reclutatore di internati, i pensieri spenti dalla presenza che urla dai muri, ossessione pura. Manifesti violenti, caricature di preti, di capitalisti e di ebrei: personaggi inchiodati alla greppia, in un incendio di colori pubblicitari, invadono le porte dei campi. Umorismo fuori luogo, umorismo da S.S. L'S.S. responsabile del campo ha il titolo di SchutzhŠftlingsfŸhrer. Manifesto chiassoso, come certe risate dei pazzi che non finiscono mai, spauracchio di contagiosa ilarità: gli SchutzhŠftlinge, i «detenuti protetti», sono i prigionieri politici. La Bibbia delle S.S. insegna infatti che i detenuti politici sono stati rinchiusi nei campi per proteggerli dal giusto furore del popolo. Il vicecomandante S.S., l'UnterschutzhŠftlingsfŸhrer, completa i quadri superiori. Al di sotto di tale duplice autorità si collocano: l'OberscharfŸhrer, sergente-capo; lo ScharfŸhrer, sergente; il RapportfŸhrer e, alla base, le S.S. con compiti di sorveglianza o particolari funzioni di controllo, come il BlockfŸhrer, responsabile di uno o più edifici.
Un principio costante vuole che, all'interno di quest'ambito, la gestione del campo sia interamente affidata ai detenuti. Le S.S. si limitano a un ruolo di direzione e di controllo. Fatta eccezione per gli appelli, a Buchenwald si vedevano molto di rado. A Neuengamme, invece, i BlockfŸhrer si recavano di frequente a visitare i Blocks di cui avevano la responsabilità. Non si trattenevano mai più di dieci minuti. Per i detenuti l'ObersturmbannfŸhrer e lo SturmbannfŸhrer sono presenze visibili solo durante gli appelli, e anche in questo caso relativamente poco e soltanto nei campi di media importanza.
Ogni detenuto possiede il diritto di appellarsi al BlockfŸhrer, al RapportfŸhrer o al comandante. I comuni mortali, per giusta prudenza, non ci provano mai.
Per undici anni furono le S.S. a garantire la guardia dei campi e dei Kommandos di lavoro. La loro presenza costante rendeva durissima la vita degli internati: nessuna o scarsa possibilità di rallentare i ritmi di lavoro, nessuna concessione da parte dei Kapos e dei Vorarbeiter, un'ininterrotta gragnuola di colpi. La situazione mutò all'inizio del '44. A partire da aprile a Neuengamme i soldati della Flak (D.C.A.) sostituirono le S.S. alla guardia del campo e dei Kommandos. Le S.S. conservavano i pieni poteri, in larga misura anche sui militari, ma la loro presenza non era più costante. Molto spesso i Feldwebel le sostituirono anche per le ispezioni. Il miglioramento fu molto sensibile. Le modifiche si estesero a quasi tutti i campi. Dora però non conobbe altro che S.S. fino alla liberazione. Le donne non poterono approfittare pienamente di quei vantaggi: a sorvegliarle erano i Posten, ma era sempre presente una S.S. in gonnella. All'inizio del 1945 la Flak fu incorporata d'imperio alle S.S. Ma il cambiamento di divise non modificò le abitudini. Il nostro OberscharfŸhrer a Helmstedt (lo chiamavamo Muso di Lepre) sghignazzava in proposito, dicendo che le S.S. avrebbero voluto incorporare tutto e tutti, ma che nessuno ci teneva più.
Dunque, il controllo delle S.S. non era limitato al campo. Si estendeva anche al lavoro. Le S.S. sono responsabili della sua organizzazione e disciplina. Fanno ispezioni nei cantieri e nelle fabbriche. La frequenza dipende dal carattere di urgenza imposto ai lavori da Berlino. Per il lavoro come per i campi, però, le S.S. si limitano a funzioni di direzione e di sorveglianza. Affidano ai burocrati detenuti piani e direttive, e fanno loro carico dell'intera organizzazione pratica. Questi funzionari sono responsabili di fronte alle S.S., e possono essere sostituiti, battuti o inviati in una Strafkompagnie se non sono riusciti a svolgere i compiti prescritti.
Tale sistema libera le S.S. dalla maggior parte degli obblighi e consente loro di occuparsi più liberamente della propria burocrazia interna e dei propri affari. Ma le ragioni che lo ispirano sono più profonde e più gravide di conseguenze. L'esistenza di un'aristocrazia di detenuti, che gode di poteri e privilegi ed esercita l'autorità, rende impossibile la socializzazione del malcontento e il formarsi di un'opposizione omogenea. Costituisce infine (e nell'universo concentrazionario questa è la sua sufficiente e definitiva ragion d'essere) un mirabile strumento di corruzione. La metafisica del castigo propria delle S.S. impone come una necessità assoluta l'esistenza di tale aristocrazia.