Parte seconda.
VIVERE IN PRIGIONE.
LA SOPRAVVIVENZA IN CARCERE.
L'ARCHITETTURA IN CARCERE.
- Lettera di C. D. - San Vittore.
Milano, 14 agosto 1971.
Progettato con criteri illuministici del Settecento, realizzato per celebrare l'unità d'Italia nell'Ottocento, e in data odierna ancora in esercizio, il carcere giudiziario di San Vittore, a detta delle autorità competenti, è strutturalmente ancora agibile, portato come esempio di come l'edilizia carceraria compie i suoi miracoli di trasformazione attraverso i secoli.
In effetti, una tradizione c'è, ed è quella dei vari direttori che sensibili alle tradizioni carcerarie anglosassoni del diciottesimo secolo con lo spirito del buon "padre di famiglia", considerano lo stabilimento penale il loro feudo e "reggia", ancora oggi una specifica disposizione ministeriale obbliga loro di abitare nell'apposita "dependance" in modo da creare "l'indispensabile" rapporto di sudditanza con i detenuti. Naturalmente la posizione geografica del carcere favorisce questo amalgama "direzione" "fortezza" "ambiente" "detenuto" [...]. Molti direttori stanno facendo degli studi comparati di ecologia con le locali sovraintendenze delle belle arti allo scopo di adeguare all'ambiente lo stile delle facciate della fortezza. Non è difficile trovare nelle anticamere di qualche direzione "progressista" degli arredamenti rinascimentali di buon gusto. Famoso è quello dello stabilimento penale di Firenze, per quanto riguarda l'interno... è tutta un'altra cosa. Questo cordone storico ombelicale tra direzione e carcere spiega e garantisce la sopravvivenza dello stabile attraverso i secoli. Ritornando a San Vittore, trovandosi a Milano in piena zona residenziale dove gli interessi economici speculativi hanno un peso determinante, la direzione ha posto parere negativo alla offerta di una nota società (La Rinascente) di costruire un nuovo e moderno carcere in zona da stabilirsi in cambio dell'area occupata da San Vittore, preferendo riverniciare tutto il carcere e, grazie all'ultima rivolta (1) che rese inagibile tutti i raggi, provvedere all'installazione dei servizi igienici nelle celle. Questo ennesimo miracolo di trasformazione carceraria dovuta alla mente illuminata del dottor C. (2), pone San Vittore nella prestigiosa e invidiabile posizione di avere i servizi igienici nelle celle e quindi assicurarci un tranquillo avvenire per almeno qualche generazione.
Naturalmente questi machiavellici miracoli di trasformazione hanno un prezzo che noi detenuti paghiamo duramente: per i lavori manuali vengono "usati" i detenuti che costano all'impresa appaltatrice le solite 12.000 lire al mese, appalto al quale la direzione in genere non è mai estranea. Citeremo a proposito l'esempio del direttore F. W. di Porto Azzurro, che, con cinquecento detenuti è la più grossa casa penale d'Italia, coinvolto in un appalto "doping". È stato trasferito a dirigere il carcere di Latina (trenta detenuti).
È facile dedurre che questo sfruttamento sui salari e non solo sui salari crea l'appalto di riammodernamento di edifici carcerari, fonte di speculazione alla quale è difficile rinunciarvi. Parlare di nuove carceri finché rimarranno queste roccaforti di sfruttamento e di arricchimento illecito, che sono le opere di modificazione carceraria, significa illudere la gente. Troppi interessi particolari verrebbero lesi, modificare il carcere significa adottare una politica riformistica che anche sotto il punto di vista borghese progressista risulta deleteria.
Il principio che regola l'attuale edilizia carceraria non ha nulla a che vedere con la rieducazione del detenuto, un detenuto rieducato non serve a far carriere, anzi c'è il pericolo che non torni più in carcere. La cosa che più interessa sono i famosi motivi di sicurezza: in un carcere meno finestre ci sono, più alti sono i muri di cinta con le relative torrette, più il carcere è teoricamente sicuro. Sembrerebbe un luogo comune ormai sfruttato da un certo tipo di letteratura giallo-poliziesca, ma il direttore del carcere italiano più di ogni cosa teme l'evasione, significa un punto nero nella sua pratica di promozione e quindi un danno economico non indifferente, di conseguenza non c'è da stupirsi se gran parte dell'attuale edilizia carceraria si basa su questo pedestre concetto.
Ligia a questi principi, la direzione di San Vittore toglie ai detenuti la possibilità di scambiarsi idee ed opinioni, l'unico mezzo che hanno per non trasformarsi in animali. Il cortile dove i detenuti passeggiano durante l'ora dell'aria è stato diviso a spicchi con divisori in modo che i detenuti dei piani diversi non possono parlare e comunicare tra loro, e come tocco finale il ripristino delle borboniche "bocche di lupo".
Ecco dunque le brillanti riforme dell'illuminato C.: impedire i contatti coi detenuti per impedire le rivolte.
I progetti di legge riguardanti il regolamento carcerario e in particolare per quanto concerne l'edilizia carceraria oltre a trovarsi di fronte alla solita e non casuale mancanza di fondi deve fare i conti con questo stato di cose.
- Lettera di S. N.
Volterra, 14 marzo 1971.
... Volterra. Il carcere è una fortezza medicea, la costruzione iniziò nel 1334 dopo che i fiorentini colpirono i pisani e conquistarono Volterra che, per la sua posizione strategica, era assai importante: infatti la città è posta sulla cima di una collina alta 600 metri circa, e domina con un paesaggio a volte aspro per le cave di alabastro, e a volte per il disegno ondulato delle sue colline. La fortezza nacque e per lungo tempo servì per detenere i rivali dei Medici; dopo la "congiura", i Pazzi furono imprigionati qui allo scopo di evitare la loro attiva influenza... Purtroppo è anche noto come il penitenziario più duro, infatti è di "punizione e rigore", questa è l'ultima tappa del poco romantico itinerario delle prigioni nazionali. I fabbricati in cui sono poste le celle sono i più recenti, ma sentiamo addosso tutti i "rumori dei secoli". Il disagio nasce da diversi motivi, fuori mano, quindi scomodo per avere contatti frequenti con i familiari. Temperature rigide essendo il carcere la costruzione più esposta ai venti. G. D'Annunzio, acutamente, definì Volterra: città del vento e del "macigno", per il "macigno" evidentemente si riferiva al carattere arcigno dei suoi abitanti che del resto Cassola evidenzia nei suoi libri.
Le celle qui sono tutte singole, non so dirti se sia un bene o sia un male, certo che si passano troppe ore da solo con se stessi, in genere dalle sedici alle otto del giorno dopo. Per molti questo isolamento è dannoso, specie per chi non riesce a dare un ordine e un programma alle sue ore. Ho notato che molti si difendono rifugiandosi in mondi fantastici, fanno sogni irreali galoppando con la fantasia; è un modo questo per evadere dalla dura realtà ed è molto praticato questo tipo di evasione con le conseguenze che puoi facilmente immaginare: alienazione, incoerenza, il senso della realtà che sfugge, perversioni, eccetera. Questo tipo di sport facilmente porta al manicomio criminale. E sarebbe interessante parlare anche di questo, ma per mia fortuna è una tappa che per il momento mi è stata risparmiata. Tuttavia volevo dirti quanto sia vicino la parola penitenziario-manicomio. Basta andare in "crisi", smaniare o protestare in modo un po' inconsueto e ti ritrovi a Montelupo (3) ...
- Lettera di G. S.
Trento, 11 agosto 1971.
Il carcere è stato costruito, credo, nel periodo napoleonico ed era tutto cadente. È strutturato in due blocchi staccati e congiunti da un lungo corridoio coperto; tra un blocco e l'altro ci sono dei cortili, uno dei quali viene adibito a passeggio per i detenuti, gli altri per allevamenti di polli e maiali per conto della direzione (con lavoro degli inservienti detenuti) o per lavori delle imprese private per conto delle quali lavorano molti detenuti. Il primo blocco ha una rotonda centrale con un locale adibito a sala per il cinema (molto sgangherata e sporca: la sporcizia è sempre il motivo dominante): intorno alla rotonda c'è un corridoio circolare dal quale si può accedere a qualsiasi locale [...]. Dalla rotonda si aprono, a raggiera, sei padiglioni: quattro grandi di circa 35-40 metri di lunghezza (complessivamente), disposti come una grossa X e due più piccoli negli interspazi. I padiglioni hanno tre piani, di cui uno è seminterrato. I due piani superiori, i due padiglioni grandi, sono adibiti a dormitori e possono contenere circa duecentocinquanta detenuti, tutti in cellette singole di circa metri 2,20 per 1,60 in pianta e metri 2,80 in altezza (al centro della voltina). Uno dei padiglioni è adibito a chiesa. Un altro padiglione grande, nella parte superiore, è diviso in due refettori, uno per gli studenti, e uno per i lavoranti, nella parte intermedia è suddiviso in due lavorazioni per gli interruttori. Il secondo padiglione piccolo è adibito a refettorio per i lavoranti nella parte superiore e a lavorazione nella parte inferiore. Il quarto padiglione grande è interamente adibito a lavorazione: falegnameria, calzolai e interruttori. A lavorazione sono anche adibiti tutti i locali seminterrati: ci sono saldatori, verniciatori, eccetera, per la lavorazione delle biciclette Girardengo; la gente lavora in condizioni di assoluta mancanza igienica, in condizioni che sono semplicemente bestiali, mancano completamente le garanzie previste dai contratti di lavoro. Ci sono detenuti che dopo dieci anni di questo tipo di lavoro diventano irriconoscibili e molti si ammalano [...]. Alla sinistra della grande X si apre il lungo corridoio che congiunge il blocco adibito ad uffici, abitazioni per il personale dirigente, compresa la caserma degli agenti, eccetera; in questo blocco ci sono le aule scolastiche e c'è una sezione con una ventina di celle dove vengono messi i detenuti di transito o quelli puniti: alcune di queste celle sono state ripulite e ci dormono in due alcuni scrivani o inservienti, perché sono più grandi, hanno le finestre basse che dànno sui cortili e permettono di vivere staccati dalle sezioni, con la comodità di potersi muovere più comodamente. E anche avere una stufetta di legno d'inverno (in genere ci abitano le persone più fidate, quelli che hanno sposato al negativo la causa dell'istituzione); naturalmente, le comodità e la stufetta, eccetera, sono solo per gli scrivani e gli inservienti; i transitanti e i puniti conoscono solo la sporcizia.