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incontro
del 6 giugno 2015
Blanda
lucana e romana: dinamiche insediative, modelli culturali ed attività
economiche nel Golfo di Policastro tra IV sec. a.C. ed epoca imperiale
Fabrizio
Mollo* - archeologo,
Università degli Studi Messina
I
Lucani
Nella seconda metà del V secolo a.C., in seguito a vari eventi storici
che provocarono la crisi di alcune colonie greche e l’indebolimento
delle comunità enotrie, la popolazione dei Lucani scende verso Sud
dalle contrade interne del Sannio e si impossessa di numerose aree della
Basilicata e della Calabria.
A Tortora l’arrivo dei Lucani è documentato a partire dall’inizio
del IV secolo a.C. dalla sovrapposizione di tombe con caratteristiche
diverse rispetto ai sepolcreti enotri e dalla costruzione delle mura di
fortificazione di Blanda sul Palecastro.
Le tombe lucane (sale 3-4) che occupano tutto il IV secolo sono
caratterizzate da una varietà di tipologie e di riti funerari. Accanto
alle semplici fosse scavate nel terreno, come nella fase precedente,
sono presenti anche tombe a incinerazione, del tipo cosiddetto “ad
ustrinum”; si tratta di fosse rettangolari, scavate poco profondamente
nel terreno, sopra le quali veniva allestita una catasta di legname
sulla quale si deponeva il defunto col suo corredo di vasi e oggetti
personali; quindi si dava fuoco alla catasta e si lasciavano sul posto i
resti del rogo.
Tra le tombe a fossa, particolarmente significative sono quelle “a
cassone”: vaste fosse rivestite da grandi tegole di terracotta e poi
coperte da un tetto a due spioventi di tegole e coppi, come la tomba 44
esposta nel museo (sala 4) e ricostruita nel suo aspetto originario. Il
corredo di queste grandi tombe, destinate a personaggi eminenti della
comunità, sia di sesso maschile che femminile, è caratterizzato da
numeroso vasellame a figure rosse di produzione italiota e da vasi a
vernice nera; compaiono anche anfore vinarie e grandi contenitori di
derrate, oltre a interi set di oggetti in piombo che fanno riferimento
all’uso di arrostire le carni: griglie, alari e gruppi di spiedi.
Particolarmente interessanti alcuni vasi a figure rosse con scene
figurate: grandi anfore, piatti e vasi per bere (skyphoi), grandi
zuppiere con coperchio (lekanai).
Alcune tombe, invece, sono di adulti di sesso maschile, guerrieri armati
di lancia di ferro e cinturone di bronzo.
Poco sappiamo delle vicende di Blanda nel corso del III secolo a.C.; le
aree di necropoli sembrano esaurirsi verso la fine del IV secolo a.C. e
lasciano ritenere che la comunità sia sicuramente entrata in crisi già
al tempo della spedizione di Pirro.
I
ROMANI
La definitiva capitolazione ai Romani avviene tuttavia nel corso della
guerra annibalica; lo storico romano Tito Livio racconta, infatti, che
nel 214 a.C. il console romano conquistò la città di Blanda che
diviene civitas foederata.
Dopo
due secoli di vita stentata (assai scarsamente documentata dai resti
archeologici), sul colle Palecastro, sede della città lucana
fortificata, in seguito ai provvedimenti legislativi con i quali tra il
90 e il 50 a.C. la cittadinanza romana venne estesa a tutti gli italici,
nacque il municipium di Blanda Julia;
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ad
esso è dedicata l’ultima sezione del museo (sala 5). Gli scavi sul
Palecastro hanno permesso di portare alla luce sulla sommità del colle la
piazza del foro con il Capitolium, il tempio dedicato alla triade
capitolina: Giove, Giunone e Minerva.
A
Sud-Ovest del foro è emerso un settore dell’abitato romano sovrapposto
ai resti della fase lucana; lo scavo ha portato alla luce resti di ampie
case organizzate intorno ad un cortile centrale e affacciate su strade
rettilinee; i materiali recuperati sia nel foro che nel quartiere
abitativo documentano le varie fasi di vita fino al VI secolo d.C., quando
la città viene definitivamente abbandonata.
Personaggio certamente eminente è il duoviro Marco Arrio Clymeno,
magistrato supremo della colonia, al quale, verso la fine del I secolo
d.C., il senato cittadino e la popolazione intera dedicarono una statua
nel foro; l’imponente base in pietra con iscrizione dedicatoria fu
rinvenuta casualmente sul Palecastro nel 1969 ed è oggi conservata nella
sala consiliare del Comune.
Marco Arrio possedeva fabbriche di mattoni coi quali sono stati costruiti
molti edifici pubblici e privati sia a Blanda che nel territorio
circostante fino a Scalea, Orsomarso e Grisolia, come mostrano i numerosi
frammenti di laterizi recanti il marchio M.ARRI. Un monumento di grande
importanza è il Mausoleo funerario in contrada Pergolo, recentemente
scavato e restaurato e oggi visitabile. Si tratta di un grande edificio
circolare costruito sopra la tomba dell’illustre defunto, le cui ceneri
sono state rinvenute in un anfratto roccioso sotto le fondazioni.
L’edificio non era accessibile; il muro anulare conteneva un tumulo di
terra a sua volta internamente ripartita da strutture quadrangolari; sulla
sommità del tumulo, a circa m 5 dal terreno, al centro della sistemazione
a giardino, svettava la statua del defunto posta all’estremità del
pilastro centrale rinvenuto nel corso dello scavo.
La monumentalità dell’edificio e la rarità del tipo di mausoleo a
tumulo in Magna Grecia, diffuso invece a Roma, nel Lazio e nella Campania
tra I secolo a.C. e I secolo d.C., permette di attribuire questa tomba
monumentale ad un importante personaggio dell’aristocrazia, forse,
addirittura, ad uno dei fondatori della colonia.
Un importante documento di piena epoca imperiale è il frammento di
sarcofago esposto al Museo, appartenuto ad una Cominia Damianete, come
ricorda l’iscrizione scolpita sul marmo, morta in giovane età intorno
alla fine del III secolo d.C.
Dalle fonti ecclesiastiche sappiamo che Blanda divenne precocemente sede
vescovile, forse già tra fine IV e V secolo d.C., e lo rimase almeno fino
al 743. Fondamentale riscontro archeologico a queste notizie è costituito
dalla chiesa protobizantina rinvenuta a San Brancato nel 1999.
Si tratta di un piccolo edificio a pianta centrale con ingresso ad Ovest e
tre absidi, databile tra VI e VII secolo d.C.; all’interno e subito
all’esterno sono state rinvenute alcune semplici tombe a fossa.
La chiesa documenta il progressivo abbandono delle aree costiere, troppo
esposte alle sempre più frequenti scorrerie saracene, e il ritiro dei
nuclei superstiti verso siti più interni; tale processo culminerà con la
nascita dell’abitato normanno di Tortora su uno sperone roccioso sulla
Fiumarella di Tortora a circa km 5 dalla costa.
*Fabrizio Mollo, ricercatore presso il Dipartimento
delle Civiltà Antiche e Moderne dell'Università degli Studi Messina. |
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