Una nuova era, davvero?
Nella loro prostrazione religiosa davanti all'America (che, come ogni bigottismo, si accompagna al bisogno di bestemmiare), i borghesi degli altri paesi occidentali provano un sacro terrore all'idea che anche l'America possa subire un bombardamento e cessi di essere, come dio, quella istanza invulnerabile di castigo.
Se ci si astiene da ogni accecamento religioso, si sarebbe tentati di pensare che quell'11 settembre, enormitá spettacolare a parte, sia una cosa di nessuna importanza: un'anziana signorina moralizzatrice e piena di sé si é fatta violare da quattro soldatacci. Sverginata, entra finalmente nel club degli adulti normali, non piú sempliciotti, civilizzati, quelli che sono cresciuti sotto le bombe, il cui spirito é stato irrimediabilmente insozzato dalla paura e dall'odio suscitati fra le persone disarmate dai bombardieri e dai caccia che le mitragliano - l'immensa maggioranza dei popoli della terra, dunque.
Eppure non é cosa di nessuna importanza, perché se é vero che ci si puó certo tenere alla larga dall'accecamento religioso, non si puó evitare di domandarsi di che cosa questo é fatto. L'invulnerabilitá dell'America costituiva una delle sfaccettature del mito americano. I milioni e milioni di uomini che hanno traversato l'Atlantico o, piú tardi, il Pacifico per sfuggire alla maledizione della miseria, della persecuzione, dell'oppressione, eccetera, vale a dire della storia, con ció stesso trovavano in America l'invulnerabilitá. Per amare che fossero le disillusioni inflitte dalla durezza e dalla violenza interne della societá americana, questo sentimento di invulnerabilitá nei confronti del mondo esterno é sopravvissuto: l'americano, per lo meno, restava al riparo dei colpi della storia. Se interveniva nella storia, era di sua iniziativa e per raddrizzarne, moralizzarne il corso.
Che l'America sia nella storia almeno dal 1917 (in America latina ben da prima), cioé nella lotta sordida di tutti contro tutti, ciascuno lo riconosce alla spicciolata: é il famoso "imperialismo americano": ma senza che ció intacchi la credenza nella verginitá storica a tutta prova di quell'America che rimane, qualsiasi cosa faccia, il difensore della libertá, il promotore del progresso, il modello della democrazia e che rispetta cosí scrupolosamente i diritti dell'uomo che l'FBI non puó far parlare i terroristi arrestati (e pensa di subappaltarli agli specialisti israeliani).
L'invulnerabilitá dell'America era la prova della sua elezione, il segno della grazia che la poneva al di sopra della storia, e fondava di conseguenza il culto che le si votava e tutte le credenze che lo accompagnavano. Che l'11 Settembre basti a rovesciare questo mito, si puó dubitarne. Resa umana dalle sue sofferenzae, la sua essenza divina non potrá che divenire piú adorabile. Gli ebrei che credevano di denunciare l'impostura di colui che si pretendeva figlio di dio mandandolo a morte si mordono ancora le mani.
A tutta prima, del resto, l'attentato all'invulnerabilitá americana non é stato compreso come un'intrusione della realtá nel mito, rivelatrice della sua inanitá, ma bensí in maniera simbolica. I nemici dell'America, il loro Grande Satana, pongono esplicitamente la loro lotta al livello del religioso, del sacro; quanto all'America, seguita da tutto l'Occidente, essa replica sul medesimo piano, almeno per quanto attiene al discorso esplicito: la crociata contro il male e, cosa che pare piú semplice da far ingoiare, per la civiltá. Berlusconi ha avuto il ruolo dell'ingenuo che dice ad alta voce "il re é nudo": di fatto tutti gli addetti a pensare in Occidente sono intimamente convinti, come lui, della superioritá delle civiltá occidentale su quella dell'Islam e su tutte le altre. Cosí, anche su questo piano l'11 settembre non ha cambiato niente - ha appena esplicitato un po'la posta: siamo sempre sul medesimo filo del discorso di legittimazione del colonialismo, quella della missione civilizzatrice. Se c'é rottura, é col breve intermezzo neocoloniale, che ovviava alla cattiva coscienza messa in mostra dall'Occidente di fronte alle lotte di emancipazione dei colonizzati camuffandosi dietro dei poteri nazionali fantoccio. La "mondializzazione" - ció che i giornali chiamano cosí, non quella che é cominciata nel Rinascimento - riprende la fiaccola colonialista e si dá come missione non solo di creare la prosperitá universale grazie al libero gioco della "mano cieca", ma anche di arrecare all'universo intero la democrazia e l'Illuminismo, che dissiperanno le tenebre in cui si genera il "terrorismo".
Su questo obiettivo, destra, sinistra e sinistra della sinistra vanno pienamente d'accordo. L'unica divergenza tra loro é se sia meglio o no iniziare maneggiando il bastone prima di mostrare all'asino la carota. Con questa sfumatura, la sinistra é completamente disposta a lanciarsi in una mondializzazione cosí nobilitata, tanto piú in quanto suppone che non la si lasci nelle mani sordide dei mercanti ma che la si affidi a quei campioni della libertá, dell'uguaglianza e della fraternitá che sono gli Stati.
Ci si puó dunque attendere una intensificaione della mondializzazione, in particolare con mezzi guerreschi, e un intervento molto piú attivo e diretto degli Stati per aprirle la strada. Come sotto Jules Ferry.
La differenza, considerevole, con la grande epoca del colonialismo sta nel fatto che l'espansione imperialista avveniva allora quasi esclusivamente con la forza. La seduzione interveniva solo a cose fatte e riguardava soltanto un'infima minoranza di figli di capi o di borsisti che aspiravano ad entrare nella nuova casta degli intellettuali. Oggi, l'uso della forza, benché pressoché costante, si rivela quasi altrettanto costantemente inoperante o disastroso. Il vero motore della mondializzazione sta nella seduzione intensa che esercita l'America, non soltanto su ipocriti principi sauditi, ma sulle masse stesse votate ad essere "mondializzate", seduzione che si manifesta non nel fatto che si abbeverino di Coca-cola, ma in quello che se ne abbeverino perché la coca si iscrive in una rappresentazione vivente e quotidiana della libertá, vale a dire dell'affrancamento rispetto ai legami soffocanti della societá tradizionale. Quella stessa immagine vivente che noi scoprimmo nel 1944-45, quando vedemmo dei GI deambulare come ballerini masticando chewing gum. Immagne di una disinvoltura sovrana che, con il jazz, alcuni film e qualche libro, é stata per molti di noi il fermento della rottura con il conformismo locale e di una rivolta contro l'ordine, di cui l'America, la patria di quei GI, era il cinico gendarme. Esattamente come per quelle mase del Terzo mondo che gridano "Yankees go home!" o "A morte il grande Satana!"
La strategia che rende apparentemente irresistibile il virus americano della liberazione consiste nell'introdursi nel metabolismo della vita quotidiana, prendendo cosí alle spalle le difese di tutti i sistemi di dominio. É appunto quella che hanno adottato i terroristi dell'11 settemmbre, restituendo cosí all'America pan per focaccia.
Quest'immagine fantasmatica della libertá paradossalmente associata ad una potenza di cui si denuncia l'oppressione, né l'11 settembre né probabilmente neppure la stupida e crudele risposta americana varranno a demistificarla. Se mai lo sará, lo sará solo ad opera di lotte condotte non sul piano fantasmatico ma su quello ben concreto su cui si esercita il dominio, e anzitutto contro gli strati dirigenti locali. Gli occidentali hanno un bel considerarsi gli unici soggetti della storia (anche un Chomsky non vuol vedere all'origine degli avvenimenti attuali altro che le mene criminali dello Stato e dei capitalisti americani), ma hanno tutte le probabilitá di esserne gli zimbelli. Perché tutto quanto faranno per troncare di netto a proprio profitto questa contraddizione non fará che renderla piú esplosiva, -al loro profitto perché non é dato davvero vedere (soltanto i culi-benedetti della sinistra della sinistra hanno ricevuto la grazia di vederlo) per quale miracolo gli occidentali potrebbero improvvisamente adottare come principio della loro azione la comprensione dell'altro, il disinteresse o almeno il senso del loro interesse ben compreso. L '11 settemhre avrá veramente cambiato qualcsoa solo se contribuisce a innescare nel Terzo mondo delle lotte, non per la plutocrazia rappresentativa e per la liberazione attraverso il rapporto di merce, ma per la presa in mano della propria vita. A condizione altresí che la loro propria storia abbia lasciato germinare in essi l'idea che ció sia possibile ...
(2-11-01, D.Blanchard)