Soccorso Rosso Militante 1976 – Comunicato stampa del 17 luglio 1976
Categoria: Spazzali Sergio
[1980] Sergio Spazzali: “Sul ruolo della difesa politica”
[1981] Sergio Spazzali: “Il gioco e le candele”
[1981] Iniziano a Torino il processone BR (Torino / 2) e il processo Prima Linea
Il 4 maggio 1981 inizia a Torino il secondo grosso processo BR. Sempre a Torino negli stessi giorni inizia il processone a Prima Linea.
[1981] Interrogatorio a Sergio Spazzali sulle dichiarazioni di Peci
[1981] Interrogatorio a Sergio Spazzali sulle dichiarazioni di Peci
[1981] Péntiti o dissóciati: insomma fai qualcosa! Sergio Spazzali – CONTROInformazione 21 dicembre1981
[1982] Il nuovo progetto di legge sui pentiti, Sergio Spazzali
[1985] Lotte nelle carceri, analisi delle fasi (1970-1985)
Durante il decennio 70 nelle carceri italiane si sono verificate forti lotte dei prigionieri che hanno assunto forme diverse nei diversi periodi, in gran parte in rapporto con i mutamenti della situazione politica e sociale esterna. Si possono distinguere diverse fasi:
1. Fase rivolta/evasione (70/75 – NAP)
2. Fase organizzazione stabile interno/esterno (75/80 – DCL)
3. Punto culminante: Asinara/D’Urso (80)
4. Fase di reflusso/sciopero della fame/dialogo con le istituzioni (Punto di svolta San Vittore 81: approdo Nuoro 83)
5. Situazione Attuale: Dissociazione/differenziazione/stasi del movimento.
Uno degli elementi centrali di tutto il periodo è costituito dalla presenza nelle carceri italiane di un numero sempre più elevato di detenuti politici (che alla fine degli anni 70 diventano più 3000) e dal fatto che i detenuti politici hanno cercato un collegamento di lotta con i cd. “comuni”. Nel passato ciò era raramente avvenuto e non è molto comune neppure oggi in altri paesi. La ragione fondamentale di questa caratteristica delle lotte dei prigionieri va trovata nella situazione sociale esterna, nella quale le avanguardie politiche rivoluzionarie hanno agito in collegamento anche con il proletariato cittadino extralegale, il quale per ragioni materiali (disoccupazione) e culturali (rifiuto del lavoro salariato) vivevano e vivono di appropriazioni illegali della ricchezza sociale.
PRIMA FASE: RIVOLTE/EVASIONE
Si tratta di un grande sviluppo quantitativo di una tecnica di lotta conosciuta universalmente. Occupazioni delle carceri dall’interno da parte di prigionieri in rivolta per ottenere allentamenti della disciplina (tipo dell’aumento delle ore di aria, dei colloqui, dei pacchi etc.) e riduzioni di pena (tipo amnistia e condono), parziali concezioni da parte del potere, moltiplicarsi delle evasioni. Nel periodo 70/75 all’esterno si costituiscono diversi organismi di sostegno delle lotte dei prigionieri (ogni organizzazione politica extraparlamentare ha la sua “commissione carceri” o soccorso rosso etc.) ed una organizzazione militare e clandestina (i NAP: Nuclei armati popolari) nasce proprio dallo sviluppo dell’esperienza di collegamento fra prigionieri sociali e militanti esterni realizzata a partire dall’organizzazione “Lotta continua” (naturalmente l’organizzazione legale Lotta continua si distanzierà totalmente dai NAP). La fase è caratterizzata da rivolte interne, attentati alle carceri dall’esterno, evasioni in una quantità mai vista prima, propaganda e solidarietà proletaria ai detenuti e formazione di una certa coscienza popolare anticarceraria prima non conosciuta.
SECONDA FASE: ORGANIZZAZIONE STABILE INTERNA/ESTERNA
Intorno al ’75 avvengono due fatti fondamentali: 1) come conseguenza della lunga fase di lotte il potere promulga una nuova legge penitenziaria vagamente più liberale, 2) come conseguenza del carattere politico assunto dalle lotte attua la costituzione del circuito delle carceri speciali (cioè superdure e sicure) culminato nella sua ufficializzazione nel ’77, destinato ad isolare in alcune carceri i detenuti pericolosi, fra i quali i politici.
La prima risposta del movimento dei detenuti, sostenuto dalle organizzazioni rivoluzionarie esterne, è costituita da un notevole aumento di livello di organizzazione dei prigionieri. In questo periodo si costituiscono i Comitati di Lotta (CdL) nelle carceri. Si tratta di strutture clandestine e, per quanto possibile armate (soprattutto di esplosivo), collegate all’interno e all’esterno specialmente con le Brigate Rosse. I CdL si costituiscono particolarmente nelle carceri speciali. Qui i progetti di evasione sono di difficile attuazione, ed il problema immediato è quello di allargare gli spazi di socialità interna e di mantenere aperti i canali di collegamento con l’esterno. I CdL sono composti indifferentemente da prigionieri politici ed cd. comuni ed attuano un diffuso ed altro livello di scontro con l’amministrazione penitenziaria, civile e militare. Dall’esterno le organizzazioni rivoluzionarie e particolarmente le BR, in cui sono confluiti in parte i disciolti NAP, attaccano duramente il personale della stessa amministrazione penitenziaria ed in generale dello stato (anche a sostegno delle lotte dei detenuti).
PUNTO CULMINANTE DELLA SECONDA FASE
Il punto culminante di questa fase si realizza alla fine del ’80 col sequestro D’Urso (un magistrato direttore centrale delle carceri). L’argomento centrale del sequestro, attuato dalle Br, è il supercarcere dall’Asinara in Sardegna, allora il più duro del circuito, di cui i prigionieri chiedono la chiusura. Nello stesso momento del sequestro D’Urso, i CdL del carcere speciale di Trani organizzano una grande rivolta. Il CdL di Trani e le BR all’esterno divengono i poli coordinati della trattativa per il rilascio di D’Urso. Il sequestro si concluderà con un successo: il carcere dell’Asinara verrà chiuso. La rivolta di Trani verrà pero’ duramente repressa con l’impiego di corpi speciali militari. Alla repressione di Trani le BR reagiranno con l’esecuzione del generale GALVALIGI, comandante dei carabinieri addetti alle carceri.
SVOLTA ANNI ’80 – Fase attuale
Gli anni ’80 vedono un certo disorientamento dei detenuti, in coincidenza con una crisi politica ed organizzativa delle forze rivoluzionarie esterne. Un esempio di questo disorientamento è quello della lotta del carcere di San Vittore di Milano, nell’autunno/inverno ’81. In questo grande carcere i prigionieri attuano un sistema di micro-conflittualità permanente e diffusa diretta nello stesso tempo a conquistare l’obbiettivo tradizionale degli spazi di socialità interni/esterni, ma anche con obbiettivi politicamente più equivoci (di miglioramento contrattato delle condizioni di vita interna) che segnano il momento di svolta.
La lotta avrà un certo appoggio esterno, anche questo equivoco, per la presenza di notevoli tentativi di strumentalizzazione da parte di riformisti di vario tipo ed anche di parte delle strutture istituzionali. Nonostante ciò, alla fine, la lotta di San Vittore verrà duramente repressa.
La crisi di identità politica di molti militanti detenuti e delle stesse organizzazioni rivoluzionarie esterne portano (a partire dal 82) alla diffusione del fenomeno della dissociazione dalla lotta, se non anche di vero e proprio tradimento (il cd. pentitismo). L’esempio tipico è lo sciopero della fame del carcere di Nuoro, attuato da numerosi ex-quadri rivoluzionari, che alla fine del 83 viene condotto all’insegna della dissociazione e della trattativa con le autorità della chiesa e dello Stato. Questo tipo di “movimento” porta ad un solo risultato: la divisione accentuata tra detenuti “buoni” (raggruppati nelle aree omogenee ed in carceri un po’ migliori) e detenuti “cattivi” isolati in bracci speciali, studiati sempre più scientificamente.
Ad Alessandria è stato istituito uno speciale carcere per pentiti che vi godono di ampia socialità e pubblicano addirittura un periodico di propaganda al pentitismo.
Questa situazione di disorientamento nel movimento dei prigionieri, spiega l’attuale situazione di caduta della conflittualità e di restaurazione del completo potere dell’amministrazione penitenziaria.
L’involuzione della situazione può essere schematicamente rappresentata così: durante gli anni 70 i cd. detenuti comuni si politicizzano. Come conseguenza abbandonano il terreno tradizionale delle lotte per le riforme contrattate, tutte interne alla condizione di detenzione come tale “accettata”, per attaccare direttamente la stessa condizione carceraria nel suo insieme. Nella fase del reflusso e specialmente dopo ’82, numerosi fra gli stessi detenuti politici retrocedendo sul terreno delle tradizionali lotte che era stato dei detenuti comuni non politicizzati ed accettano il terreno della lotta per la riforma del carcere, così accettando la stessa condizione di detenzione. Naturalmente oggi esiste un consistente nucleo di prigionieri politici e sociali che non si sono piegati e costituiscono il punto di riferimento per una ripresa di un movimento politico rivoluzionario anche sul terreno delle carceri.
’85
da: Sergio Spazzali: “Lotte nelle carceri analisi delle fasi (1979-1985)”
[ 1973 – La rivolta nel carcere di Pescara
1978 – La rivolta nel carcere dell’Asinara
1980 – La rivolta nel carcere di Volterra
1980 – La rivolta nel carcere di Fossombrone
1980 – La rivolta nel carcere di Badu’e Carros (Nuoro)
1980 – La rivolta nel carcere di Trani
1981 – Il massacro di San Vittore
1982 – Sciopero della fame nel carcere di Badu’e Carros (Nuoro) ]