From: mb.tiaz Subject: ricerca su CM To: cm-crew Date: Sat, 14 Jun 2003 14:51:50 +0200 CIAO RAGAZZI QUESTA è UNA RICERCA FATTA PER UN MODULO DELL'ESAME DI ETNOGRAFIA ALLA FACOLTà DI SOCIOLOGIA BICOCCA. ::: Etnografia delle cose: la bicicletta. Bianchi Mattia e Carioni Lorenzo "Sin dalla sua comparsa, la due ruote è sempre stata intimamente legata al concetto di libertà" Matteo Guarnaccia ::: Introduzione, alcuni cenni sulla cosa: In una pagina del Codice Atlantico, Leonardo da Vinci tracciò uno schizzo di velocipede con trasmissione a catena e demoltiplica, una novità introdotta soltanto nel 1885. A Stoke Poges, nel Buckingamshire, sulle vetrate di una chiesetta del 1642 è raffigurato un angelo seduto su una trave a forma di cavalluccio marino, appoggiata su due ruote. Nel 1791, Monsieur de Sivrac realizza un rozzo prototipo di quella che sarà la bicicletta, si tratta del celerifero, due ruote di legno a sei raggi congiunte da una trave: ci si spingeva facendo leva con i piedi per terra. Intorno al 1840 il fabbro scozzese Kirkpatrick Mac Millan elabora un veicolo con la ruota posteriore motrice più alta di quella anteriore, con pedivelle azionate dall'uomo seduto sulla ruota stessa. Intorno al 1880 Starley ideò un modello più basso, molto simile alla moderna bicicletta. Questi sono alcuni dei passi che hanno favorito lo sviluppo della ``bicicletta" come noi ce la immaginiamo, poiché modello tipico delle nostre generazioni, con le forme che la rendono caratteristica e che difficilmente si modificheranno, se non per aumentarne la commercializzazione o per migliorarne le prestazioni sportive (aspetti che spesso vanno di pari passo come poi vedremo). Bisogna però sottolineare due miglioramenti rilevanti nel corso tempi moderni: il primo vede la creazione della bici pieghevole e di dimensioni ridotte (la versione italiana, la ``Graziella" della Carnielli vendette un milione di esemplari). La seconda novità, grazie anche ai migliori materiali, è tuttora in fase di espansione. Si tratta del modello noto come ``rampichino" o anche ``mountain bike" sviluppatosi negli Stati Uniti negli anni ottanta e che sta avendo un grosso successo anche in tutto il mondo. Questi due esempi sono solo alcuni dei tanti modelli che riempiono il mercato, la bicicletta quindi non ha una definizione univoca, nel senso che ci sono moltissimi aspetti che la rendono diversa dalle altre modificando anche il rapporto che l'individuo instaura con il mezzo. Allo stesso tempo per essere funzionale è composta di una serie di elementi che non possono venire a mancare: due ruote, un manubrio, un sellino, due pedali e un telaio che colleghi il tutto. Il telaio è l'anima della bici in quanto ne definisce l'uso, esistono tipi differenti di tubi per telaio, a seconda del peso e della qualità, naturalmente il suo modificarsi deve essere accompagnato dal variare degli altri elementi strutturanti. Oltre a questi non possiamo dimenticare gli accessori di una bici: batticatena (1), borracce e portaborracce, campanello, carter, luci, nastro, parafanghi, pompa, portapacchi, sedili. Tutti questi accessori danno la possibilità ai ciclisti di scegliere il rapporto da tenere con la propria bici, ognuno è in grado di personalizzarla a suo piacimento, la bici diventa quindi una ``protesi umana" una parte di noi stessi, ma non solo grazie alle modifiche che noi abbiamo voluto apportargli ma anche per il suo semplice utilizzo. L'uomo e la bici diventano un tutt'uno, ognuno dipende dall'altro per riuscire a coprire grandi e piccole distanze, suo fine principale. Prima della diffusione dell'automobile o ai suoi albori la bicicletta veniva usata come unico mezzo di trasporto e di lavoro, i nostri nonni e genitori hanno ben impresse le immagini dei prestinai, degli arrotini che giravano per la città con bici che trainavano carretti carichi ``del loro lavoro". Non dimentichiamoci che la bici è stata il mezzo di trasporto più usato in Italia (e non solo) fino al boom economico degli anni '60. L'immortalità della due ruote forse è anche legata ad una sorta di gratitudine per i benefici apportati alla società civile e principalmente a coloro che potevano permettersi solo questo pezzo di ferraglia: ``il primo mezzo di trasporto non si scorda mai". Le evoluzioni tecnologiche che hanno investito la bici e il cambiare del contesto storico-sociale hanno ampliato gli orizzonti di utilizzo della bicicletta, trasformandola in un surplus per l'individuo che vede la sua attenzione catalizzata dall'automobile e suoi derivati. Lo stesso sport è stato fondamentale per lo sviluppo e l'evoluzione della bici e del suo rapporto con l'individuo, ci sono vari tipi di bici: le mountain bike bici estremamente versatili con piccoli telai e ruote molto resistenti inizialmente impiegate per attraversare boschi e strade dissestate con varie pendenze, le bici da cross usate nelle gare ciclocampestri per superare difficoltà derivanti dall'asperità del terreno, le bici da pista che non hanno freni e marce con un telaio corto e pedali che non toccano il terreno (gare su pista sono quelle di velocità, il giro o chilometro a cronometro con partenza da fermo etc.) e da corsa usate per gare su strada dove il telaio è più leggero e le ruote molto sottili. Ognuna di queste bici si differenzia nella struttura e quindi nel rapporto che va ad instaurare con l'individuo, difatti la commercializzazione di questi modelli ha dato la possibilità di ampliare gli orizzonti di scelta dei consumatori che ora come ora sono in grado di scegliere il mezzo in base all'utilizzo che ne devono compiere. Inoltre la vasta gamma di scelta ha dato la possibilità alla stessa bici di mantenere l'attenzione che i mezzi a motore le hanno strappato, andando incontro ai gusti ed alle esigenze del ciclista. Chiedendo ai ciclisti che si possono incontrare in ogni dove si capisce come per ogni bici sia collegata una fase della loro vita, si parte da bambini con bici piccole munite di piccole ruote agganciate alla ruota posteriore per permettere maggiore stabilità. Successivamente per chi non è stato ``colpito" dalla diffusione della mountain bike (la classe 1981 potrebbe essere una delle ultime a godere della diffusione di questi modelli) ci sono le bici con le marce, le famose Atala, spesso sorrisi e occhi lucidi accompagnano i resoconti dei ragazzi, soprattutto maschi, poi c'è chi è passato sempre nel periodo adolescenziale alla BMX, bici spesso usata dai più spericolati poiché capace di compiere numerosi ``trick" come direbbe uno di loro. Poi col passare degli anni sembra quasi che l'attenzione per la bicicletta scemi sempre più, e i mezzi di spostamento diventano altri. Non è difficile incontrare persone che ammettono di usare la bici ormai per pochi spostamenti anche se da piccoli ne erano innamorati, d'altronde è l'effetto della novità dell'imparare un qualcosa di nuovo è difficile riuscire a mantenere integro lo stesso entusiasmo, sono loro a dirci che la pigrizia metropolitana prima o poi ti viene a prendere....a casa. Qualcuno però che quelle emozione le prova ogni volta che sale in sella c'è, Critical Mass ce lo insegna e non solo. Come abbiamo precedentemente sottolineato, l'evoluzione della bici è influenzata dal contesto storico-sociale all'interno del quale viene a trovarsi e con l'avvento della modernità all'interno delle città italiane e del mondo la bici ha modificato ancora una volta il suo valore simbolico. La bici è diventata un'alternativa dovuta alla nascita di nuovi mezzi di locomozione privati e pubblici. L'espansione delle civiltà urbana a discapito di quella rurale ha portato ad un utilizzo smodato di cemento per rendere il più confortevole possibile il viaggio in macchina o motorino, la bicicletta è rimasta estromessa dalla nuova progettazione metropolitana ma grazie alla sua forza, rappresentata dal volere individuale, è riuscita ancora una volta a salire alla ribalta o per lo meno a dimostrare di esistere ancora e soprattutto di essere fondamentale per il benessere del cittadino. Il cittadino moderno è diventato pigro, sia fisicamente che mentalmente, adattandosi a ciò che gli viene posto dall'alto, poche persone hanno ancora voglia di effettuare uno sforzo fisico per spostarsi quando c'è la possibilità di scegliere qualcosa di più comodo. La due ruote diventa un corpo estraneo, guardando la nostra città, Milano, notiamo come le piste ciclabili siano delle vere e proprie ``oasi", difficili da scorgere e spesso sconnesse o senza senso. Le strade sono delle macchine. L'interesse nei confronti delle bici da parte degli organi istituzionali è nato nel momento in cui si è notato che le città stavano diventando delle vere e proprie ``camere a gas", gli scarichi delle macchine e dei motorini hanno reso le città invivibili così sono nate delle iniziative chiamate ``Domeniche a piedi" dove per un giorno usare la macchina è un reato e la bici è la vera padrona della città. Oltre a queste sporadiche probabilmente inutili se non ridicole iniziative istituzionalizzate è nato un movimento diffuso in tutto il mondo che fa della bici il suo mezzo di protesta. Critical Mass è il suo nome, nasce da pochi fedelissimi in California per poi diffondersi a macchia d'olio ad una cerchia sempre più vasta di persone, queste non necessariamente vedono nella bicicletta uno stile di vita, avvertono però questa situazione di disagio all'interno della città dandole così una particolare valenza simbolica. L'aspetto che intendiamo analizzare nella nostra etnografia e proprio il variare del significato attribuito dall'uomo alla bicicletta, vista come uno strumento di critica e protesta nei confronti del logorio dei tempi moderni che ci coinvolge in prima persona. Non tutti vogliono accorgersene poiché i danni fisici saranno rilevabili solo più avanti, alcuni credono che tutto si possa fare senza limite e senza recare alcun danno all'ecosistema altri proprio si disinteressano dei problemi. La bici si carica quindi di valori importanti cercando di ritagliarsi quello spazio che da suo è diventato estraneo, nella nostra ricerca andremmo ad analizzare proprio questa ``nuova" (Critical Mass nasce in California nel 1992) realtà all'interno della nostra città Milano, qui invece il movimento nasce nel 2002, andando ad intervistare coloro che partecipano a queste manifestazioni di protesta e inoltre ci addentreremo all'interno di una realtà appena nata e sempre legata al movimento che è la ciclofficina del centro sociale milanese Deposito Bulk. Le nostre interviste inoltre coinvolgeranno anche semplici ciclisti, cercando di andare a scoprire quelle che possono essere le loro sensazioni e i motivi che li portano ad usare la bicicletta. L'esperienza sul campo tra Critical Mass e la Ciclofficina: Nella prima ``massa" (termine gergale per definire il movimento) in cui ci siamo cimentati ormai un mese fa, abbiamo subito capito che stavamo avendo a che fare con una parte della popolazione milanese che aveva qualcosa di differente dagli altri ``critical mass....è una coincidenza un improvviso incontro di ciclisti in/micro/polverati nel mezzo delle masse automobilistiche cittadine"(2). Naturalmente non possiamo generalizzare senza alcuna base empirica, è vero però che dopo qualche intervista e osservazione di ciò che succedeva intorno a noi abbiamo notato un ``sentire comune". La massa critica che ogni giovedì alle 22 parte da piazza Mercanti (zona centro) ha voglia di mostrare le proprie bici, non vuole tenerle in cantina, anche a costo di andare incontro alla pigrizia del mondo metropolitano che ormai a macchia d'olio si è diffusa e che solo da poco sta iniziando ad incontrare qualche resistenza. Questa opposizione al ``mostro-macchina", immagine che meglio si adatta al pensiero dei ciclisti, alcune volte è auto imposta dall'individuo che inizia a consumare criticamente macchine, motorini etc.etc. Sarebbe ipocrita sostenere che ogni persona partecipante a critical-mass non usi la macchina, la cosa importante e sapere cosa si sta usando, cosa si sta provocando, cosa si potrebbe evitare, questa è il pensiero comune che staziona nelle menti della massa critica. La ``massa" pedala per 3,5-4 chilometri intorno alla città di Milano, il percorso è deciso al momento quando i ragazzi si riuniscono e poi via, l'atmosfera diventa boriosa, la gente si conosce chiacchiera, vengono scambiate opinioni sul mondo che ci circonda, si parla delle cose più futili insomma si interagisce ``perché più di una manifestazione è la dimostrazione pratica e reale di come un'altra città sia possibile, bella e divertente". L'andatura classica non è in fila indiana, perché il movimento è comunque deciso nel suo intento, la strada bisogna occuparla, le macchine non devono passare, la bici per 2 o 3 ore deve impossessarsi della strada. Il fondatore di Critical Mass Chris Carlsson è chiaro: ``Noi non blocchiamo il traffico, noi siamo il traffico" (3). Centinaia di persone che pedalano per la città, indubbiamente è coinvolgente un ``movimento in movimento" potremmo definirlo. Gli automobilisti come reagiscono, la loro frustrazione all'interno della scocca che ben li ripara isolandoli dal mondo esterno è alle stelle quando passano i ciclisti, la libertà delle due ruote si contrappone alla ``claustrofobia" automobilistica. Clacson, strilla, volano parole grosse il nervosismo e palpabile, la gente in bici ride scherza, due mondi contrapposti e purtroppo in conflitto si trovano faccia a faccia per strada. Recentemente su un giornale è uscito un articolo: ``Il giovedì delle biciclette sfiora la rissa" (4), poi quando chiediamo ad alcuni partecipanti le risposte sono vaghe, non tutti hanno visto cosa è successo e chi era nei dintorni non si preoccupa, catalogandolo come il solito ``mini-tafferuglio" che inevitabilmente ogni giovedì si sfiora. Da un po' di tempo un strana presenza si aggira a chiudere il corteo, la macchina della Polizia Municipale. Questa ci ha un po' stupiti, poiché credevamo che ci si potesse organizzare anche senza il loro aiuto invece poi andandoci a informare più nel dettaglio abbiamo scoperto che è stata più imposta che voluta. E' Pesce a parlarcene, uno di quelli che si è fatto le gambe sulla sua bici, che era tra i primi 10-15 ``pirla" come lui stesso ci dice (fossero tutti così i pirla aggiungiamo noi) che giravano per Milano, il 22-02-2002, nella classica disposizione a ventaglio tipica del movimento. ``All'inizio ci beccavamo avvertendoci tramite e-mail, sms e altro poi una sera incontriamo una giornalista del Corriere della sera che ci chiede qualche informazione e il giorno dopo pubblica un articolo su di noi. La volta successiva la presenza inizia a moltiplicarsi, già di per se un problema di ordine pubblico, successivamente verrà scritto un ulteriore articolo su Il Manifesto, questa volta però la reazione è differente. Oltre a nuovi ciclisti si presenta la Digos, vuole sapere se siamo dei bravi ragazzi e non dei comunisti, da quel momento la macchina della municipale è una costante ostruendo inoltre anche i partecipanti. Personalmente non mi disturba la loro presenza, può risolvere qualche controversia con gli automobilisti e poi non possiamo farci molto." I ragazzi sono tranquilli sulle loro bici, si sentono invulnerabili su quegli ammassi di ferraglia, perché di bici ce ne sono una miriade, credo che alcune si possano vedere solo in queste occasioni. Assemblati di bici con forme ``astratte", la stravaganza è d'obbligo, siamo in una ``piazza" l'individuo si esprime mostrando lati del proprio sé che emergono in situazioni condivise, in cui si è trascinati dall'altro che da forza, vigore e coscienza alle nostre idee, l'altro che in questo caso sventola una bandiera della pace, siamo in tempo di guerra, non possiamo dimenticarcelo. Bici libertà e pace, Critical Mass può essere anche questo. ``+bici, +kaos, +libertà" questo è la penultima frase con cui termina il manifesto (5) del movimento italiano. Come detto il rapporto con gli automobilisti non è idilliaco, non bisogna generalizzare però il bello del contesto che queste bici in movimento creano è anche composto dai clacson amici, dalle urla di gioia di condivisione, applausi, fischi dei passanti di chi si trova sul percorso. Non è difficile vedere automobilisti che fermano le macchine spengono i motori stando ad osservare la marea di biciclette che passano, ``le persone che guidano queste macchine mortali non sono mostri. Tutti loro sono stati pedoni e sono andati in giro in bici[...]" Prima di intraprendere questa ricerca, era capitato di trovarmi sul ciglio della strada proprio al passaggio della ``massa" e insieme a loro c'era anche una bici enorme su un piedistallo che veniva trainata dai ciclisti, indubbiamente la sensazione è stata molto piacevole, quasi emozionante. Le mani hanno iniziato a prudere, non si poteva non applaudire, loro ci credono veramente ad un altro mondo e noi? I ciclisti sorridono, salutano, applaudono probabilmente è in quell'attimo che ci siamo avvicinati al mondo della bici, con l'intenzione di approfondirne la nostra conoscenza. All'interno dei vari incontri non è stato difficile ricavare informazioni, chiedere pareri o in generale riuscire ad avere un contatto con la realtà da studiare. Occorre avere una bici, nient'altro. L'ambiente è molto cordiale per quanto sia coeso in alcune sue parti data la presenza dei ``vecchi" che formano gruppo e si isolano dagli altri rendendo più complesso l'inserimento per una interazione. In generale con il passaparola che costituisce la fonte di diffusione per nuovi partecipanti, il movimento è divenuto sempre più ampio rendendo più facile la ricerca di informazioni. L'intervista in bicicletta è stata una sorta di ``nuova amicizia" potremmo dire, è capitato che si interagisse con qualcuno anche per pochi secondi chiedendo le cose che ci interessavano per ricavare materiale ma poi aumentando la pedalata ci si staccava salutando e ringraziando. Più spesso ci si sceglieva il compagno di viaggio con cui fare due chiacchiere come Igor nostro fedele compare nei viaggi all'interno della Milano notturna. Difficilmente ci portavamo con noi carta e penna, bene o male non è stato difficile ricordarsi le serate e le esperienze in cui eravamo coinvolti. La mattina dopo comunque, si cercava i ricostruire il tutto nel modo più dettagliato possibile. Ritornando ai nostri incontri con la massa critica, l'esperienza più forte l'abbiamo vissuto in un giovedì che sembrava come tanti altri, sempre accompagnati da Igor. Dopo aver portato a termine le solite routine partiamo per il nostro tour milanese, dopo non molto ci troviamo vicino alla stazione centrale dove era allestito uno ``skate park", non ci vuole molto a capire che l'avremmo simbolicamente occupato e ben presto ci troviamo nel mezzo di rampe e ``trick" (6) vari. Persone di ogni età entrano e cercano di affrontare razionalmente gli ostacoli posti di fronte a loro, non sono pochi quelli che tirano dritto dato che alcune bici sono veramente vecchie o strane. Questo aggettivo potremmo dire ripetersi spesso nei nostri sguardi all'interno del gruppo, le persone si liberano delle loro inibizioni e all'interno si comportano come in un mondo a se. Ci sono bici veramente incredibili, per loro è un diletto mettersi in cantina oppure andare alla ciclofficina nata da poco e sempre collegata a Critical Mass e costruire delle vere opere d'arte. Poi ci dicono, dopo tutta la fatica fatta per assemblarle vederle muoversi è una questione di orgoglio personale, il sorriso difatti è una costante. Tornando al resoconto della ``massa" appena introdotta, durante il viaggio capitava di notare ragazzi che da ponti o vicino ai semafori contavano i partecipanti, poiché anche loro hanno bisogno di conoscere che diffusione sta avendo il movimento che hanno iniziato. I risultati non vengono riferiti, se li tengono per loro tanto il numero è importante ma relativamente, ``potremmo andare anche in 10 e avere lo stesso effetto" afferma Igor. Lui come altri ci fanno notare che il movimento sta avendo un aumento di partecipazioni, sicuramente anche in coincidenza della bella stagione...siamo tutti umani. Dopo aver attraversato lo skate-park (7) ci aspettano un altro paio di azioni simboliche volte ad aumentare la coesione e il piacere dello stare insieme, dapprima si occupa per 15-20 minuti una delle corsie taxi, successivamente in un momento di pausa generale scatta la foto, tutti o quasi (solo alcuni ci riescono) alzano le bici sopra la testa, l'effetto è piacevole il risultato anche. Azioni di questo genere avvengono quasi sempre, ``l'estate scorsa il caldo era estenuante, passiamo vicino ad una grossa fontana, non c'è stato bisogno di dire niente, è stata subito assalita e il bagno ha dato piacevoli sensazioni" ricorda Igor. La serata finisce torniamo tutti a casa, salutiamo Igor dato che potrebbe essere una delle ultime volte che ci troveremo, la sua bici però ha qualche problema, non può più proseguire. Ci fa capire che non può rimanere senza, allora appuntamento a domenica in ciclofficina altra realtà nata dalla passione di questi ciclisti-critici. La ciclofficina nasce un anno fa ed è ancora in via di sviluppo, l'idea arriva da coloro che della bici non ne fanno un semplice mezzo di trasporto ma uno stile di vita. Potremmo definirla una costola di Critical Mass, dato che ``i gestori", ci tengono a precisare la mancanza di un direttivo, sono anche coloro che da tempo frequentano il movimento. Alla ciclofficina ci siamo stati svariate volte, all'inizio è stato un po' complicato addentrarsi nella realtà, sia noi non eravamo ancora pronti a comprendere bene come avremmo dovuto raccogliere informazioni sia perché c'era un po' di scetticismo nei nostri confronti. Entri nella tua ciclofficina e vedi due ragazzi che seduti ad un tavolo, con carta, penna e fogli sparsi continuano a scrivere anche senza fare domande. Fortunatamente superate le prime barriere comportamentali, abbiamo fatto le prime conoscenze e tutto è divenuto più semplice. Abbiamo anche spiegato ad alcuni ciò che stavamo facendo e subito ci è stato indicato Nino, lui è il nostro primo informatore colui al quale ci rivolgiamo per chiedere le informazioni necessarie per la nostra ricerca. All'interno del locale adibito alla manodopera abbiamo la fortuna di avere tutto sotto controllo. Siamo in una stanza abbiamo sedie e scrivania sulla quale disporre il nostro materiale prendendo appunti e scrivendo ciò che avviene e ci viene detto. Questa realtà si trova all'interno del centro sociale milanese Deposito Bulk, situato nella zona del Cimitero Monumentale, i ragazzi tendono a sottolineare come le due realtà siano separate poiché la il loro intento è di cambiare un attimo la visione del centro sociale in questione, allontanandolo dalla funzione di luogo aperto solo nel caso di serate con concerti. L'intento è quello di renderlo una realtà in cui possa esserci spazio per una più vasta cerchia di persone, credono che così si possano aprire gli orizzonti del Bulk rendendolo più alla portata di tutti. La ciclofficina apre la domenica dalle 15:00 alle 18:00, l'orario è piuttosto variabile, la prima volta che siamo andati l'apertura della porta ha necessitato una cesoia per rompere la catena-antifurto ritardandone l'apertura. Entrati abbiamo al piano terreno, praticamente un sottoscala, una serie di ``carcasse", nome gergale per definire le bici in disuso pronte all'intervento riparatore. Salendo arriviamo al primo piano dove i locali che incontriamo sono tre: un bagno molto grosso, una specie di magazzino e infine l'officina vera e propria. All'interno del magazzino ci sono una serie di bici aggiustate ancora da riparare con alcuni scaffali contenenti alcuni pezzi di ricambio o strumenti di lavoro, questo è un luogo di passaggio in quanto situato in cima alla rampa di scale e nel corridoio per entrare nell'officina. Le mura sono tappezzate di articoli, volantini o comunque messaggi propagandistici, il tema ricorrente è quello di un mondo migliore possibile senza troppi sforzi ma con una bici in più. L'ambiente è piuttosto buio e fresco. Passati dal magazzino si entra in un'altra saletta adibita alla riparazione delle biciclette, questa è il cuore della ciclofficina, la luminosità si contrappone al buio del locale adiacente, qui dentro è necessario vedere cosa si sta facendo essendo la stanza in cui le persone stazionano più a lungo come vedremo non solo per riparare le proprie due-ruote. Dentro questa stanza c'era il nostro studio, una scrivania e due sedie, bastava restare seduti ed osservare per ricavare più informazioni possibili, il contatto ravvicinato dava la possibilità almeno inizialmente di poter immagazzinare notizie indirettamente, ascoltando le conversazioni. La stanza sembra più grande di quanto lo sia realmente, il soffitto è molto alto e per quanto sia un locale spesso chiuso ci sono grosse finestre in cima ad una parete che facilitano il ricambio d'aria. Lo spazio centrale è libero, ci sono tre tavoli da lavoro mobili, anche una sedia può ricoprire questa funzione senza problemi, su due pareti ci sono scaffali con dentro la vita della ciclofficina, pezzi di ricambio di ogni tipo da una parte e ruote, copertoni, sellini, cerchioni, telai di bici sull'altra parete. In basso alla parete degli attrezzi c'è una panca su cui le persone possono sedersi, difatti mentre ci sono coloro che lavorano non mancano gli amici che seduti parlano tra loro tra una birra e una canna. Anche loro hanno conoscenze a riguardo, difatti spesso intervengono dando consigli o semplicemente esponendo il proprio parere su una questione sollevata dai ragazzi che lavorano. Il materiale che si trova negli scaffali è portato dai ragazzi che gestiscono il luogo, la ``spedizione" viene fatta ogni tanto quando le richieste di ritiro carcasse o pezzi di ricambio iniziano a essere molte, un ragazzo ci dice che recentemente un padre di un suo amico aveva chiuso una ciclofficina e tutti i pezzi che erano rimasti sono stati presi e portati qua. Una domenica avevamo assistito ad una di queste ``spedizioni", i ragazzi tornavano con scatole di ricambi e dato che il disordine è una parola d'ordine ``il bello è il casino" bisogna trovare anche un'allocazione ``Rocco...lo spazio forcelle è da adibire? o c'è un posto dove metterle?". Nel momento in cui arrivano i pezzi di ricambio (ruote, portapacchi, ingranaggi vari, forcelle) la scena è incredibile, tutti si accalcano sulle scatole emozionandosi, qualcuno dalle retrovia dice ``guarda come si arrapano". Le persone che vivono la ciclofficina hanno un rapporto intimo con la due ruote, questa suscita emozioni e sensazioni. Non tutti la vivono come esperienza personale, poiché sono pochi coloro che la gestiscono, la aprono tenendola nel modo migliore e organizzando serate, e per quanto si ostinino a rinnegare un scala gerarchica c'è chi conta più di altri o chi si ``sbatte" più di altri. Ritornando alla composizione dell'ambiente abbiamo sotto i finestroni un tavolo da lavoro ricco di strumenti come chiavi inglesi, viti, bulloni, seghetti e tutto ciò che può servire a chi deve mettere a posto una bici. Su quel tavolo per un'ora e mezza abbiamo lavorato come dei dannati per aggiustare miracolosamente la bici del nostro amico Igor sollevando l'entusiasmo di Nino, come detto nostro ``Cicerone" e di un altro ragazzo che più di altri possiede conoscenze ciclistiche. La ciclofficina non è solo un luogo di lavoro, di fronte alla parete con le finestre abbiamo due banconi che vengono utilizzati come bar quando vengono organizzate delle serate. I giorni di apertura oltre alla domenica ed il mercoledì vedono un venerdì dove vengono organizzati aperitivi con musicisti dal vivo. All'interno del locale principale c'è anche un pianoforte che si nasconde o per lo meno difficilmente si riesce a focalizzare poiché elemento estraneo dal contesto in cui si trova. Le persone che arrivano il venerdì sono spesso anche inseriti all'interno di Critical Mass, Nino ci spiega come il venerdì sia anche utilizzato per organizzare assemblee informali dove viene organizzata le gestione dell'officina e vengono esposti anche problemi o difficoltà di gestione, le assemblee sono aperte a tutti e chiunque può intervenire. Le serate del venerdì sera contribuiscono ad aumentare il grado di socializzazione e continua interazione che anima lo spirito della ciclofficina. Una delle grosse preoccupazioni dei promotori è infatti quella di non poterla tenere aperta tutti i giorni, per riuscire ad avere un maggiore contatto con i ciclisti che possono essere interessate da un posto di questo tipo. Dal primo giorno che siamo arrivati alla ciclofficina, è subito emerso come questa fosse una realtà a parte totalmente incentrata sulla bicicletta. Stando al suo interno non era difficile carpire i discorsi tra le persone, dai quali emergevano termini specifici che indicavano sia una buona conoscenza dei lavori manuali, uno dei ragazzi faceva il falegname, sia la coniazione di alcuni neologismi o parole con una traslazione di significato, per esempio le bici abbandonate sono le ``carcasse da cannibalizzare" o anche ``cadaveri". All'interno di questo luogo c'è un gergo alternativo. Le carcasse le trovano per Milano, i partecipanti alla ``massa" del giovedì spesso e volentieri li chiamano appena notano una bici in disuso, ogni cosa riesce ad essere riutilizzata per ripararne altre, Nino mi dice che spesso chiamano persone che lui non conosce, magari riescono ad avere il numero telefonico e non si fanno problemi a contattarli, per esempio adesso c'è una certa Paola che lo sta chiamando. Questo per lui non è un problema, la bicicletta è la via di fuga dai problemi di ogni giorno, riuscire a dare vita ad una bicicletta per loro è fonte di grande gratificazione. Quando andammo in ciclofficina per aggiustare la bicicletta di Igor, ci rimanemmo per quasi due ore. Noi eravamo in tre più Nino e un altro ragazzo che possiede le conoscenze sulla meccanica e in generale su come muoversi con gli attrezzi. Il problema inizialmente sembrava impossibile da risolvere poi proprio per la sfida che si veniva a creare, la difficoltà ha stimolato un po' tutti dandoci la forza e le idee per porre rimedio al danno. Bisognava cambiare la forcella, l'unico modo è trovarne una di dimensioni uguali, ecco a cosa servono le carcasse, l'abbiamo asportata e cannibalizzata sulla nostra bici dopo averla accorciata con il seghetto e un po' di fortuna ci dicono gli intenditori. Le reazioni ad ogni buona nuova erano di sincera felicità, Nino alla fine dell'opera dice ``son cose" perché spesso non si riescono a dare spiegazioni a ciò che viene compiuto sulle biciclette, ogni volta può succedere qualcosa di nuovo e incredibile difatti ci mostra subito una bici molto particolare, su cui stava lavorando, illuminandoci sulle sue stranezze e particolarità. Alla fine della nostra operazione ce ne andiamo, loro non chiedono dei soldi sei tu che spontaneamente fai un offerta, ci spiegano che solo se il pezzo di recupero è da comprare questo diventa il prezzo del lavoro ``se qualcuno vuole una bici dall'oggi al domani, noi gliela forniamo e poi gli chiediamo un'offerta, quello che può offrirci, solitamente sono molto generosi". Noi siamo arrivati alle 15:30 e siamo usciti per le 17-17:30, nel frattempo arrivava gente e quindi più la stanza si riempiva più si interagiva, ogni bici diventava la propria sulle quali discorrere, consigliare, c'è una continua interazione per riparare le bici, si chiedono informazioni, ci si aiuta. Si prova piacere nel ricostruire una bicicletta in compagnia, l'ambiente è molto aperto, favorito anche dalla presenza in maggior numero di ragazzi. Nino ci dice ``nel momento in cui metti a posto la bici sei parte dell'officina". Come detto il moto all'interno dell'officina è perpetuo, secondo loro le persone che vengono sono varie ``la domenica spesso ci sono molte persone, adesso non ce ne sono molte per via del ponte feriale....vengono anche bambini con genitori". A noi non ci è mai capitato di vedere persone oltre i 40 o sotto i 18, anche per...