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GIUSTIZIA PER PAOLO !

 
 


IL GIORNO DELLA VERGOGNA

24/09/2006: GIUSTIZIA PER PAOLO!
                              
24 Settembre 2005. Il gruppo Brescia 1911 affronta una delle trasferte storicamente più sentite recandosi, a bordo di due treni speciali, allo stadio Bentegodi di Verona, per assistere al derby con l’Hellas.
Le nuove leggi che impongono biglietti nominali (decreti anti-terrorismo? E le leggi sulla privacy?) e che vengono applicate costantemente con tolleranza zero, stanno per scatenare l’inferno.
Durante la settimana che precede la partita, esattamente il giovedì sera, due giorni dopo l’inizio della prevendita dei tagliandi, viene comunicato di arrivare muniti di una copia della carta d’identità, tutti quanti. Cosa impossibile ormai da attuare vista l’enorme utenza di pubblico (circa 1000 persone) e il breve preavviso.
Si decide di partire lo stesso alla volta di Verona, muniti di regolari tagliandi ma, all’arrivo in stazione, molti si accorgono del clima a dir poco surreale che li attende. Nello scendere dal treno alcuni agenti di polizia cominciano a sussurrarci frasi alquanto sospette: “Come a Modena,come a Modena” (dove, qualche anno prima, si è stati vittime di un’imboscata della polizia che si è conclusa con il ferimento di alcuni ragazzi e di due agenti della digos che li stavano scortando) oppure : “Vediamo se dopo oggi ci andate ancora in trasferta”.
Frasi intimidatorie pronunciate a mezza voce si susseguono per qualche minuto, lasciando attoniti alla ricerca di una spiegazione a tante minacce.

Con 1000 persone al seguito più di tanto non possono fare, se non ammonirci per la prossima volta di avere una copia del documento d’identità. Iniziano a scortare su diversi pullman verso lo stadio, dove i primi gruppi sono già arrivati e stanno lentamente defluendo all’interno del settore riservato agli ospiti.
In questo frangente si nota che sono giunte allo stadio parecchie persone con auto private e si scopre che otto di queste non hanno con sé il biglietto d’ingresso.
Onde evitare problemi vengono ceduti loro i biglietti del gruppo affinché possano entrare e , come a volte accade, ci si avvicina al responsabile di turno con denaro alla mano per acquistare gli otto tagliandi mancanti (anche di un settore più caro del nostro).
Ma stavolta viene negata questa possibilità, dicono che non è possibile perché le nuove norme prevedono che i biglietti siano venduti solo fino al giorno prima della gara. Si insiste, anche perché ci sonoi soldi necessari ma, dopo varie telefonate, il responsabile di turno (stranamente aperto al dialogo), dice di aver avuto disposizioni dall’alto (Ministro degli Interni? Lega calcio?) e il no diventa irrevocabile. Si decide così di restare tutti (gruppo Brescia 1911) fuori dallo stadio mentre le poche persone che ormai sono dentro al settore vogliono uscire ma sono impossibilitati da grossi lucchetti posti sulle cancellate (sequestro di persona?).

Al termine della partita, svoltasi nella totale tranquillità senza un attimo di tensione o confusione, viene comunicato di salire sugli autobus per essere scortati alla stazione dove è pronto il treno del ritorno.
Nel frattempo, all’interno dello stadio, un cancello che divide il settore ospiti da quello dei locali viene “inspiegabilmente” lasciato aperto e alcuni bresciani partono per cercare il contatto con i veronesi.
Piccoli attimi di tafferugli e velocemente tre ragazzi vengono portati via (e già qui ci si chiede: ma chi doveva sorvegliare i tifosi, non sapeva di quel cancello? Chi mai può averlo aperto? Forse proprio la polizia con il pretesto di arrestare qualcuno?).
Le forze dell’ordine, fuori, cominciano a comportarsi in modo strano, la tensione cresce, gli uomini si preparano in tenuta anti-sommossa, sembrano quasi drogati, bava alla bocca, occhi sbarrati, tremori, pronti al massacro.
Per il momento non accade nulla di grave, vengono sparati lacrimogeni sia fuori che dentro al settore e uno di questi colpisce alla gamba un anziano tifoso veronese.
Il ferimento di quest’ultimo all’arto inferiore dimostra chiaramente che i lacrimogeni venivano sparati senza criterio ad altezza d’uomo.(E se, invece dell’anziano signore, passava in quel momento un bambino, l’avrebbe colpito al volto?).
Il primo carico di tifosi, dopo alcuni momenti di confusione, arriva alla stazione ed aspetta il secondo turno cominciando a prendere posto sui vagoni mentre altri ragazzi aspettano i compagni seduti sulla banchina di un binario morto.
All’arrivo degli altri gruppi, i responsabili si recano dalle forze dell’ordine per avere qualche notizia in più sulle persone arrestate, cercando ovviamente (cosa fareste voi?) di riaverle indietro.

A questo punto succede l’immaginabile. Dalla testa e dalla coda del treno partono feroci cariche che spingono a forza i ragazzi nelle carrozze.Queste hanno entrambe le porte aperte così, visto che la carica prosegue anche sopra il treno, con lancio continuo di lacrimogeni, molti scendono dalla parte opposta. Anche da dietro parte una carica, ma non sono le solite cariche di “alleggerimento” (alle quali si è ormai tristemente abituati) per spingere sul treno e fare ripartire alla svelta, stavolta la cosa prosegue per parecchio tempo e assume dimensioni disastrose.
Gli scontri non risparmiano donne (ferite al volto, al ventre e al seno, tutto documentato da foto), uomini di una certa età, ragazzini molto giovani e persino bambini che con il loro papà volevano solo godersi l’emozione di una partita allo stadio. Gli agenti colpiscono con manganelli rigorosamente impugnati al contrario, come vuole l’etica professionale, lanciano lacrimogeni ad altezza uomo, scagliano pietre contro le persono e contro i vagoni (rompendo parecchi finestrini), usano spray urticante sparandolo sul volto ed anche in bocca. Tra frasi minacciose (“Puttana,ti ammazziamo”) e vari gesti di collera, sembrano più belve che uomini.
In questo frangente accade il fatto più grave e drammatico. Durante una carica Paolo, ventinovenne di Castenedolo, riesce dapprima a rifugiarsi sul treno, trovare i suoi amici e raccontare di cosa è stato vittima (“Mi hanno manganellato in cinque sulla testa e mi hanno stordito con lo spray”) dopo di che si sente male, fatica a respirare e viene fatto scendere dal convoglio. La polizia chiama un’ambulanza e, constatato lo stato di Paolo, lo fa con un codice Giallo-Due (che letteralmente significa “Non c’è nulla di grave”). Intanto le sue condizioni peggiorano rapidamente, la respirazione si fa sempre più debole e difficoltosa, vomita verde e comincia a perdere conoscenza.
Dopo 25 minuti arriva l’ambulanza e gli operatori, constatando le gravissime condizioni in cui versa Paolo, chiamano un secondo automezzo con un codice Rosso-Tre che in cinque minuti sopraggiunge e porta Paolo all’ospedale di Borgo Trento dove sarà immediatamente operato per rimuovere un grosso ematoma alla testa.
Appena l’ambulanza si allontana dalla stazione, parte una seconda carica, ancora più violenta in cui vengono portati via altri quattro ragazzi.
Alcune persone sono state colpite ripetutamente, altre stordite dallo spray vengono aiutate dagli agenti della Polfer, spettatori inermi e sbigottiti del massacro (perché è di questo che si è trattato). Altri riferiscono di aver chiesto ad alcuni celerini se non si vergognavano di quello che i colleghi stavano facendo e di essersi sentiti rispondere: “Sì, è per questo che noi stiamo qui fermi”.

Ma perché,visto che ai tifosi impongono il biglietto nominale, la copia della carta d’identità, non impongono a certi macellai la divisa nominale? Questa viene adottata già in Inghilterra e Germania, non è una realizzazione impossibile, e poi consente di individuare i colpevoli. In queste nazioni il singolo che sbaglia, viene individuato grazie al numero sulla divisa e paga, come è giusto che sia.


Alla richiesta di parlare con un responsabile, viene riferito che al momento non è disponibile, agenti della digos non ce ne sono. L’unica cosa che accade è che un uomo da dietro, alzando un braccio, da l’ordine di partire con le cariche, quasi un “al mio segnale scatenate l’inferno”.
E questo maledetto inferno dura più di un’ora.

Partito il treno (uno solo con a bordo 1000 persone, anziché due come all’andata, alla faccia della sicurezza) con conseguente lancio di lacrimogeni addosso ad esso, i primi feriti gravi vengono fatti scendere a Desenzano del Garda per essere trasportati all’ospedale.
Il treno arriva a Brescia verso le nove e mezza e subito ci si dirige alle sedi dei due giornali locali, il Bresciaoggi e il Giornale di Brescia, per mostrare i feriti, le botte, le lacerazioni e le diverse contusioni e per raccontare la versione dei fatti.
Si viene raggiunti anche da un corrispondente Ansa, al quale viene raccontata la vicenda.
Per due giorni le versioni degli ultras si alternano a quelle della questura di Verona che, casualmente, discordano dalle prime. Poi il silenzio, o quantomeno un clamoroso tentativo di censura dei fatti accaduti. Dal canto loro, tutte le testimonianze sono state raccolte dal legale che li difende.
Ora è stata aperta un’inchiesta anche se non si vive nell’illusione che la verità salti mai fuori, si può già immaginare che il colpevole non pagherà, si sospetta purtroppo che chi ha ridotto Paolo in quelle condizioni non sarà certo individuato.
La sera stessa il questore di Verona si permette di diramare un personale bollettino medico sulle condizioni di Paolo, dichiarando che il taglio di 5 cm sulla testa è compatibile con un sasso lanciato da parte di un gruppo di veronesi (mai visti alla stazione) oppure di una brusca caduta a terra. Da notare è che nemmeno i medici dell’ospedale che avevano in cura Paolo hanno diramato un bollettino medico, quindi sembra davvero strano che lo potesse fare liberamente il questore di Verona.
Il giorno dopo costui pensa addirittura di supporre che sia rimasto ferito all’interno dello stadio oppure dai bresciani stessi.
Per quanto riguarda i mass media, giornali e tg danno per vera e certa la notizia fornita dalla questura, che etichetta i tifosi come i soliti cretini violenti, e pensano bene di smettere di parlare del caso.
Per tre mesi Paolo rimane ricoverato in prognosi riservata nel reparto di neurochirurgia dell’ospedale di Borgo Trento e per tutto questo periodo i suoi amici del Brescia 1911 smettono di andare in trasferta e si recano da lui a Verona, per stragli vicini e cercare di trasmettergli la solidarietà e l'affetto di cui ha bisogno.
Il 5 Gennaio 2006 il gruppo Brescia 1911 convoca una conferenza stampa insieme alla famiglia di Paolo così per la prima volta, anche chi non era a Verona, può vedere con i propri occhi quello che i mille tifosi hanno subito.
Nei mesi precedenti sono state raccolte foto, videoriprese da cellulari, registrazioni audio e tutte le testimonianze possibili su quel tragico giorno.
Sono momenti di commozione e di rabbia.
Nei primi giorni dell’anno Paolo è stato dichiarato fuori pericolo, ha cominciato una lunga riabilitazione in un’altra clinica del veronese e nei week end può persino tornare a casa.
Gli amici di Paolo riprendono le trasferte, senza mai dimenticare neppure per un attimo quel loro amico vittima di veri e propri criminali in divisa.
Dopo un vergognoso quanto inutile comunicato congiunto dei sindaci di Brescia e Verona per il derby del ritorno, nel quale il fatto stranamente appare come opera dei soliti facinorosi, il 18 Febbraio a Brescia ha luogo una manifestazione aperta a tutti, Ultras e non solo, di ogni colore e fede, dedicata a Paolo, alla verità e alla giustizia.
Partecipano diversi gruppi provenienti da tutta Italia, di ogni categoria.
E finalmente il primo aprile Paolo torna nella sua Curva Nord, abbracciato dai suoi amici e dal calore del tifo.

Poiché solo il caso può essere così tremendo, sabato 23 Settembre 2006, quasi un anno dopo, c'è in calendario la trasferta a Verona. Tornarci sarà dura, per tutti.
E più duro ancora sarà accettare che nulla è cambiato, che la verità non è ancora uscita e che nessuno ha pagato per ciò che è successo.
Anzi no. Il questore di Verona sembra abbia subìto un provvedimento: si dice sia passato da Servizio Stadio Hellas Verona a Servizio Stadio Chievo Verona.
Alla faccia del provvedimento!


Tutto questo è avvenuto perché chi ha un briciolo di potere pensa di poterne abusare a suo piacimento, non si può ridurre un uomo in simili condizioni per una partita di calcio. Bisogna che i colpevoli vengano a galla, che chi sa si faccia coraggio e onore per parlare della vicenda, non si può credere che in tutta la stazione di Verona, punto nevralgico di raccordo per il traffico ferroviario, non ci siano telecamere a circuito chiuso. E nemmeno che un poliziotto con un minimo di dignità e di decenza non si sia reso conto cosa stava succedendo. Si sarebbe voluto vedere se Paolo fosse stato figlio loro. E la dura e triste omertà di chi a Verona c’era, ha visto ma non vuole esporsi, non vuole testimoniare. Ha paura, ma chissà cosa teme? Che salti fuori la verità? Che Paolo abbia finalmente giustizia?
Ci sono gruppi ultras e non solo che da tutta Italia e oltre esprimono solidarietà a Paolo e ai ragazzi coinvolti mentre a Brescia ciò che conta per molti ora è la squadra, in questo momento in cui Paolo  ancora lotta per tornare ad avere un vita perlomeno serena, lotta per tornare a cantare e a gioire in Curva come una volta.

E' importante tener viva l’attenzione su ciò che è accaduto, parlarne può aiutare a giungere alla verità. Paolo se lo merita, e come lui tutti i ragazzi che a Verona indossavano una sciarpa e si sono visti calpestare dignità e diritti.
Basta soprusi!