dal quotidiano GARA del 25.04.2004
Eneko Herran Lekunberri - Sociologo
CAMBIAMENTI IN SPAGNA?
I risultati delle elezioni spagnole del 14 marzo hanno aperto una porta
alla speranza, ben poca cosa se si tiene conto che la speranza, sebbene
si sia soliti dire che è l’ultima cosa che si perde, normalmente
è la prima cosa che ci rovina, spingendoci a riporre la nostra
fiducia in elementi a noi estranei, in una certa misura immobilizzandoci
e lasciando tutto nelle mani di un destino che sembra divenirci più
propizio per il mero fatto di essere speranzosi.
Che questo preambolo serva a dipingere appena con un tocco di scetticismo
le mie speranze rispetto alla nuova tappa iniziata, perché anch’io
ne ho. Già prima delle elezioni, consideravo come scenario più
desiderabile che il partito vincitore (possibilmente il PSOE), si attestasse
intorno ai 15 seggi di maggioranza assoluta, come, alla fine, è
più o meno successo. Le maggioranze assolute sono una sorta di
legittimazione del caudillismo in queste "democrazie" rappresentative
che subiamo e, per ottenerle, non è neppure necessario avvicinarsi
al voto del 50% dell'elettorato (degli aventi diritto), e neanche alla
stessa percentuale del voto espresso. Troppe agevolazioni quando si
tende al bipartitismo come copia del modello USA. Devo anche puntualizzare
che il fatto di preferire il PSOE come vincitore non è per stima,
ma ha molto a che vedere con quella teoria del male minore, molto in
voga per le cose alle quali ci si riferisce col pomposo nome di "questioni
di stato."
Quel che è certo è che, al di là di ciò
che era solo desiderabile, il risultato è stato quello a priori
più appetibile, almeno dal mio punto di vista. Ora abbiamo davanti
quattro anni nei quali devono concretizzarli una nuova forma di fare
politica (immagine, Zapatero dixit), e di intendere la Spagna, (Nazione?
Nazioni? Nazionalità? Autonomie? Stato federale? Stati liberamente
associati? Stati liberamente dissociati?...).
Rispetto al primo punto, quello della nuova immagine, non c’è
che da applaudire al passo del nuovo presidente, che ha tolto le truppe
spagnole dall'Iraq, dove non hanno perso niente. Hanno fatto già
abbastanza danno con il loro modesto contributo ad una guerra ed un'occupazione
che, se davvero esistesse una Comunità Internazionale non-marionetta,
dovrebbero essere già sotto processo come crimini contro l'umanità.
Dove sono gli embarghi agli Stati Uniti ed ai loro satelliti per essere
intervenuti in territorio straniero e sovrano senza previa risoluzione
dell'ONU?
E, continuando con l'immagine, c’è poi la promessa di dialogo.
Dove siamo arrivati, se il semplice fatto di dialogare ci viene presentato
come una virtù? Il dialogo deve essere un principio fondamentale,
e la sua virtù, in ogni caso, sarà segnata dalle caratteristiche
dello stesso (ricettività, ampiezza, capacità di intendimento
e di arrivare a punti di incontro, confronto di opinioni diverse, accordi...).
Se il dialogo promesso si limiterà a più foto ed a più
pranzi, non andrà oltre un valore simbolico quanto vuoto.
E la forma di intendere la Spagna? Si potrà tornare a parlarne,
come fino a non tanto tempo fa, a patto che si parta e si finisca nell'attuale
modello impositivo? Cioè, continuerà ad essere una, grande
e libera (riferimento al motto franchista, N.d.T.) senza altri problemi
se non la sua articolazione o strutturazione interna? Zapatero chiede
che gli sia dato tempo per potere vedere la Spagna plurale che vuole
costruire. E perché non incomincia con il riconoscere il diritto
di autodeterminazione per le diverse nazioni che, come lui stesso ammette,
conformano l'attuale modello di stato? Questo sarebbe l'unico e vero
riconoscimento di un stato plurinazionale; dopo, la sua missione potrebbe
essere la costruzione di una Spagna allettante, affinché nessuna
delle nazioni che la conformano voglia fare uso di questo diritto. Il
contrario di ciò, è ripetere lo stesso inganno di sempre:
io lavoro affinché tutti si sentano a loro agio in Spagna, ma,
indipendentemente dal fatto che ci riesca, non resta altra opzione che
appartenervi.
Ma la cosa più interessante non è che Zapatero sia presidente,
nemmeno che il PP si veda relegato all'opposizione (questo sì
che è stato un bene, eccome). La cosa migliore è la posizione
in cui si sono trovati i piccoli partiti, quasi tutti appartenenti all'ambito
delle nazioni senza stato. Questi sì che, per una volta, si vedono
nella migliore situazione immaginabile nel Parlamento spagnolo, essendo
pertanto a loro che spetta premere quanto basta per provocare cambiamenti
importanti nella situazione attuale. Il PP, in quattro anni di maggioranza
assoluta si è affannato in un taglio senza tregua delle libertà,
tanto individuali come collettive, che urge restaurare in un tempo molto
inferiore, perché il contrario implicherebbe un esaurimento della
legislatura senza altro risultato che il ritornare parzialmente sui
passi compiuti. Non si può confidare nel fatto che le urne, capricciose,
allunghino il termine di altri quattro anni, con le stesse condizioni,
cosicché dall'ottica di questi "piccoli" partiti, che
ora acquisiscono rilevanza, l'opzione da esporre dovrà essere
un carico, se vogliono arrivare alla fine della partita con un certo
vantaggio.
In sintesi, si danno le circostanze propizie per giocare forte, ma il
termine è limitato. Seguendo la via della timidezza, il tempo
si esaurirà e saremo ancora allo stesso punto, con l'aggravante
che forse, allora, non si ripeteranno le possibilità aperte dal
periodo attuale. Speriamo pertanto che non ci si lasci sfuggire questa
opportunità. Perciò, la pressione da una sensibilità
di sinistra è fondamentale per un vero cambiamento di immagine
politica. Comunque, il riconoscimento del diritto di autodeterminazione
è fondamentale in un'ottica di cambiamento di modello di Stato,
verso una cornice plurinazionale e non impositiva o coercitiva.
Saranno all'altezza?