Imanol Ostolaza, Edurne Sánchez del Arco
e Josu Ormaetxea (*)
SOLIDARIETÀ = DIGNITÀ
Nelle ultime settimane si è svolto una tour di ex prigionieri ed
ex prigioniere per l'Europa, al fine di stabilire, in alcuni casi, e rafforzare,
in altri, relazioni di solidarietà con Euskal Herria nel suo contenzioso
storico con gli Stati francese e spagnolo.
Sia la negazione dei diritti civili e politici di questo paese da parte
di entrambi i governi, sia la drammatica situazione del Collettivo di
Prigionieri e Prigioniere Politici Baschi e dei loro parenti, ci obbligano
tutti, senza eccezione, alla ricerca di una soluzione politica e democratica
per questo conflitto.
Sono ostinati, nella loro ansia di farci sparire dalla mappa politica,
geografica e culturale, nonostante siamo uno dei paesi più antichi
d'Europa. È aberrante l’accanimento contro la nostra lingua
millenaria, dato che questo è il principale segno di identità
di qualunque collettivo umano e veicolo indispensabile, ed irrinunciabile,
di comunicazione-trasmissione della nostra storia passata, del nostro
presente e, soprattutto, di quel futuro che non ci lasciano scegliere
liberamente.
Ma la questione, è chiaro, è negare la realtà di
Euskal Herria come nazione sovrana e, pertanto, occultare l'esistenza
di settecento prigionieri e prigioniere politici baschi nelle loro prigioni.
Tuttavia, questo Paese ha sempre dimostrato di essere capace di fare fronte
a tutte le sfide che gli si sono presentate nel corso della storia. E
questo, la situazione dell'EPPK (Collettivo dei Prigionieri Politici Baschi)
dopo diciassette anni di illegale ed inumana politica di dispersione,
è quello che tutta la società basca deve affrontare senza
ulteriore ritardo.
Anche questo collettivo ha dato il suo contributo e, dopo due anni di
dibattito interno, si presenta sullo scenario politico come soggetto di
decisione, con alcuni obiettivi ben definiti: tattico, raggruppamento
di tutti i prigionieri e prigioniere politici baschi in territorio basco
e strategico, l'amnistia totale intesa come la rimozione definitiva delle
cause che hanno originato questo conflitto e come risultato di una soluzione
politica e democratica in chiave di riconoscimento della nostra piena
sovranità.
Perché dobbiamo essere solidali con l'EPPK? Perché, mentre
i grandi partiti politici, organizzazioni sindacali ed altri soggetti
sociali avidi di potere si vendono per un piatto di lenticchie (o "fagioli
tipici locali"), i prigionieri e prigioniere sono e sono sempre stati
quelli che hanno mantenuto con maggiore sforzo e sacrificio personale
e collettivo, meglio di chiunque altro, la dignità di questo Paese,
già tanto abituato all'insulto gratuito ed alla repressione organizzata,
legiferata ed applicata ad hoc in ogni dettaglio.
Tutto è necessario per rompere il muro di silenzio ed isolamento
ai quali sono stati sottoposti ed arrivare così ad ogni singolo
prigioniero e prigioniera. Oggi più che mai hanno bisogno del nostro
appoggio, del nostro affetto e, perché non dirlo, anche del nostro
aiuto economico, al fine di potere sviluppare dinamiche di lavoro, denuncia
e solidarietà che facilitino il raggiungimento di questi obiettivi.
La lettera, la visita, mantengono viva la fiamma di quella lampada ad
olio che passa di una madre ad un'altra ad ogni liberazione; manteniamo
vivo, dunque, anche quel fuoco di solidarietà economica tanto necessaria
in questi tempi.
Sappiamo che la solidarietà non è un valore in rialzo nelle
borse, né nelle tasche, di questa società neoliberista alla
quale sembra soggetta l'Europa degli Stati; forse per questo dobbiamo
fare di essa, della solidarietà, una delle principali caratteristiche
che ci caratterizzi, come popolo, davanti agli altri.
Euskal Herria deve loro troppo per dimenticarli
e, un giorno, saremo grati a noi stessi.
(*) Sottoscrivono questo scritto anche Joserra Artola, Manex Erdozain
e Joseba Izaga. Tutti ex prigionieri politici.
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