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Herria 2006-04-17 Un sorriso malizioso La formazione, sconosciuta fino
a quel momento, era stato iscritta nel registro di partiti politici il
29 Luglio 2002, quando José María Aznar era presidente del
Governo ed Angelo Acebes il suo ministro dell’Interno. Saputo che
la sinistra indipendentista basca potrebbe contare su una scheda legale,
un sorriso malizioso si trasmise tra una buona parte della cittadinanza
di Euskal Herria. Sia come sia, da quando EHAK diede
il passo, i media e Batasuna iniziarono uno strano gioco su che cosa la
formazione indipendentista avrebbe fatto, la quale annunciò che
avrebbe discusso la decisione con la sua base. Mentre i dirigenti indipendentisti
baschi tacevano in pubblico ed alcuni analisti pontificavano sulla difficoltà
intrinseca che la cittadinanza votasse un partito che difende la dittatura
del proletariato, le basi della sinistra indipendentista basca avevano
più che chiara quale era la sua scheda.
Nekane Erauskin ricorda le elezioni di un anno fa e le settimane che li precedettero come "un tempo molto intenso, nel quale successero in pochi giorni molte cose. Fu qualcosa di differente da quello che io ero abituata, ma un'esperienza positiva. Viviamo la speranza della gente per strada, la sua voglia di aiutarci e di appoggiarci." Prima apparizione alle elezioni e più di 150.000 voti, a che cosa l'attribuite? Alla speranza della gente della sinistra indipendentista basca di potere votare un'opzione legale, ed al fatto che la parola d’ordine "Demokrazia eta pakea" aggregava molto. Videro che facevamo sul serio e quello fece che si fidassero di noi. Dal non pensare di essere parlamentari a trovarsi già nella Camera passarono poche settimane. Il lavoro nel Parlamento è come immaginavate? Non avevamo alcuna idea di come era il lavoro e sì che ci siamo sorpresi. Per esempio col proprio funzionamento del Parlamento o come si trattano i temi che sono cose che abbiamo dovuto continuare ad imparare sul momento. Incominciaste forte, mantenendo la negativa a votare Atutxa. Subito uno dei dati che vedemmo è che ci sono qui molte cose ereditate e, tra esse, l'idea che alcuni comandano e tutti dobbiamo ballare al loro sono. Noi ammettevamo che spettava al PNV, come forza più votata, presiedere il Parlamento, ma capivamo che Juan María Atutxa non riuniva nemmeno il consenso necessario tra i gruppi né potevamo dimenticare le sue attuazioni contro la sinistra indipendentista basca essendo consigliere dell’Interno. Prendemmo la decisione di non votarlo e noi, quando prendiamo una decisione, andiamo avanti con quella. Dicemmo che se il PNV cambiava candidato gli avremmo dato il voto e così facemmo. Quello ci fece pagare pegno. Ci lasciarono fuori dal Tavolo, quando la ripartizione doveva essere proporzionale ai voti, e ci diedero solo la presidenza di una commissione, quando gruppi con meno rappresentazione hanno di più. Quindi Juan José Ibarretxe fu investito lehendakari grazie a due voti di Ezker Abertzalea. Diceste allora che era per aprire un'opportunità di "futuro" e gli chiedeste di non sprecarla come ha sprecato altre. Sta compiendo le sue aspettative? Furono due voti per quella ragione e perché nel suo discorso aveva difeso il riconoscimento di Euskal Herria come popolo ed il suo diritto a decidere. Credevamo anche che potesse svolgere un ruolo molto importante in un processo come quello che si incomincia ora ad aprire, ma vediamo che non lo sta facendo. Egli deve aiutare a che si costituisca un tavolo senza esclusioni né politiche né territoriali e vediamo che ha fatto una consultazione di partiti ma che si non sta implicando come dovrebbe farlo. E, inoltre, mentre Ibarretxe dice che sta a beneficio della risoluzione del conflitto, mantiene un consigliere dell’Interno, Javier Balza, che non fa altro che mettere ostacoli a quella risoluzione, bastonando manifestazioni, proibendo atti di "Orain herria, orain bakea" in locali privati e chiusi, inviando relazioni all'Udienza Nazionale... Questo non aiuta il processo. Il lehendakari sta giocando in forma molto ambigua. Che bilancio fate di questo anno di lavoro parlamentare? Nel terreno della ricerca della
risoluzione del conflitto, abbiamo mantenuto sempre un atteggiamento positivo
nei dibattiti, chiedendo il dialogo e la negoziazione tra tutti per cercare
soluzioni. Un'altra linea di lavoro è stata quella di cercare di
dare apporti dalla sinistra e la costruzione nazionale. In quel senso
andavano i nostri emendamenti ai presupposti redatti dopo esserci riuniti
con sindacati e collettivi per sapere quali erano le loro necessità
che furono tutti scartati. In materia di euskara, il nostro intervento
servì affinché si ammettesse fino ad ora il fallimento delle
politiche sviluppate. In materia sociale, i nostri apporti vanno avviati
a dimostrare che il problema è il limite autonomistico, per cui
chiediamo che non si dica che non ci sono competenze per affrontare un
problema, ma si superi quella situazione. Abbiamo preso anche iniziative
in relazione al TAV, perché qui si parla molto del tracciato ed
in primo luogo quello che bisogna decidere è se questo paese ha
bisogno di quel modello di treno. Quello che si sta dimostrando nella
pratica è che attualmente siamo l'unica opposizione. I grandi temi
si stanno approvando con l'appoggio del PSE ed il PP tira a se, il che
non ha niente a che vedere coi problemi della gente. Siamo l'unica alternativa
ed opposizione. Avete la Presidenza della commissione su Donna e Gioventù... È molto importante per noi. Siamo nuove, ma stiamo tentando di dotare di contenuto questa commissione. C'è una relazione che studia la violenza di genere da differenti punti di vista, conoscendo apporti diretti. Abbiamo ottenuto anche che ogni volta che ci sia un'aggressione ad una donna il Parlamento risponda con un protocollo di attuazione. -
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