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Herria 2006-06-19
Teresa Toda, Mikel KORTA | giudicati nel processo 18/98
La "nostra pazienza si esaurisce, perché questa è
un'aggressione al processo"
I giudicati nel processo 18/98 riconoscono che sta esaurendosi la pazienza,
ma non per una questione di stanchezza personale, bensì perché
capiscono che questo giudizio, come il resto dei sommari aperti nell'Udienza
Nazionale spagnola, "sono un'aggressione a qualunque tentativo
di risoluzione democratica del conflitto." Da quella prospettiva,
insistono sul fatto che tutti devono essere sospesi una volta per tutte.
Il giudizio per il sommario 18/98 compie mercoledì sette mesi
dal suo inizio, nel novembre dell'anno scorso. Gli imputati hanno già
25.000 chilometri alle spalle e vari momenti molto duri incorporati
al bagaglio, ma insistono sul fatto che la denuncia di questo e del
resto dei processi aperti nell'Udienza Nazionale spagnola deve andare
oltre la solidarietà con le persone, perché "questa
è un'aggressione contro l'insieme di Euskal Herria ed un ostacolo
permanente contro le possibilità di aprire un processo democratico
per dare soluzione al conflitto." Per ciò, Teresa Toda e
Mikel Korta, a nome dei loro compagni, sollecitano a che si sospendano,
una volta per tutte e definitivamente, tutte queste attuazioni giudiziarie.
Sette mesi dopo, Che bilancio
fanno del giudizio gli imputati?
Mikel KORTA: Un bilancio con
chiaroscuri. Nel lato positivo, crediamo che abbiamo ottenuto uno degli
obiettivi che ci siamo posti all'inizio delle udienze che era trasportare
in Euskal Herria la realtà dell'Udienza Nazionale come tribunale
politico, erede del Tribunale di Ordine Pubblico. È un tribunale
che, bisogna ricordare, non nasce nel contesto di questi maxiprocessi
ma, sfortunatamente, è da anni che sta funzionando e nel quale
sono stati giudicati e condannati migliaia e migliaia di baschi. Un
altro elemento positivo è il livello di solidarietà che
abbiamo ricevuto, molto importante, tanto personalmente, in paesi e
quartieri, come da parte di determinati agenti del movimento popolare,
del movimento sindacale e del movimento politico. E pure bisogna sottolineare
i buoni rapporti che ci sono stati tra noi il che aiuta molto a continuare
a sopportare questa farsa che dura già da sette mesi.
Teresa Toda: Nell'altro lato
della bilancia, ci sono stati momenti molto duri per tutto questo tempo
e sono successe molte cose, non solo tra noi, o nella Sala, ma anche
all'esterno. Abbiamo sulle spalle 25.000 chilometri ognuno degli accusati,
ci sono stati tre incidenti stradali di persone che hanno dovuto muoversi
fino a Madrid come accusati, come testimoni o familiari. Si produssero
anche le morti dei carcerati politici baschi Igor Ángulo e Roberto
Sáinz che ci fecero prendere di più coscienza del fatto
che eravamo parte di quello che stava succedendo fuori. Poi arrivò
la morte di Jokin Gorostidi la cui memoria abbiamo sempre viva, le gravi
malattie di José Ramón Aranguren, Iñigo Elkoro
e David Soto... Tutto questo unito alle gravi irregolarità che
si sono andate succedendo nel giudizio che non violano solo diritti
civili e politici, ma anche le più elementari norme processuali.
Dall'inizio del processo si è
denunciato sempre il carattere politico dello stesso e, iniziandolo
si visto, gli imputati sapevano quello che affrontavano. Anche così,
produce stupore quanto successo durante le udienze?
T.T: Dall'esperienza che ho avuto
come corrispondente di '' Egin '' e la quantità di giudizi che
ho visto nell'Udienza Nazionale, devo dire che sì mi sono arrivata
a sorprendere... e guarda che ne ho viste di cose. Stiamo constatando
che realmente fanno quello che vogliono. Tanto che dicono che bisogna
rispettare le norme dello Stato di Diritto e qui stesso vediamo che
non si rispettano!
M.K: Sorprendono soprattutto
i comportamenti puntuali che si danno nel giudizio. Bisogna ricordare
che l'Udienza Nazionale è un tribunale di carattere politico
la cui funzione è dare una tintura giuridica ad una strategia
repressiva. Questo è semplice quando si tenta di condannare una
persona solo con dichiarazioni autoaccusatorie, ma tutto è venuto
loro meno quando c'è un progetto di contrasto di prove. Da quel
punto, la sorpresa è permanente, e stiamo vedendo comportamenti
che vanno da accettare fotocopie quando non appaiono le prove originali
ad impedire di esercitare il diritto di difesa togliendo la parola agli
avvocati, ed altre attuazioni che mettono in evidenza il carattere reale
dell'Udienza Nazionale dentro la strategia repressivo-giudiziaria.
T.T: A me chiama l'attenzione
l'ignoranza assoluta che ha il tribunale di quello che è Euskal
Herria, della gente che vive in Euskal Herria e delle persone che hanno
forgiato la storia di questo paese durante questi anni. Come esempio
abbiamo la forma nella quale trattarono José Luis Elkoro, una
persona la cui traiettoria politica non dovrebbe esserci bisogno di
spiegare. Ad essi bisogna spiegare tutto! Stanno in un giudizio e non
sanno niente di quello che si sta trattando qui.
Prima si menzionava la solidarietà
ricevuta. Che valutazione fate delle istituzioni?
M.K: Rigettiamo come mancanza
quel livello di solidarietà della parte istituzionale che si
è limitata a fare dichiarazioni di condanna del giudizio, ma
senza che ci sia stata un'implicazione reale ed effettiva conseguente
con quelle posizioni.
T.T: Da una parte, è importante
riconoscere che durante questi anni si è prodotto un cambiamento
nell'atteggiamento di alcuni agenti politici rispetto a tutto quello
che rappresentano il 18/98 e gli altri processi. Io ricordo quale fu
l'atteggiamento del signor Atutxa e del Governo di Gasteiz in generale
quando si produsse la chiusura di '' Egin '', ed in questo momento si
è prodotto un cambiamento.
L'appoggio che avemmo nella manifestazione del 18 di febbraio, in quel
senso, fu positivo. Ma sempre ti aspetti che ci sia un impegno che vada
oltre le parole. Ci sembrerebbe importante, di fronte a questo messaggio
che il giudizio deve fermarsi perché è un ostacolo per
un processo risolutivo che ci fosse un maggiore impegno da parte delle
istituzioni e di agenti politici. Ragioni per ciò non ne mancano.
M.K: Con tutti questi processi
si è fatto realtà il famoso poema di Bertolt Bretch. L'offensiva
dello Stato ha messo sul tavolo la realtà che stavamo denunciando,
e siamo arrivati ad un momento in cui lo stesso tripartito si autoincolpa
perché hanno citato Ibarretxe o perché possono imputarlo,
quando risulta che chi può andare in prigione sono Arnaldo Otegi,
Pernando Barrena e Juan Joxe Petrikorena. Quello che tutto il mondo
deve vedere in tutto questo è che attaccano chiunque si comprometta
nella difesa di Euskal Herria, abbia l'idea politica che abbia, e deriva
da un'insolidarietà politica tremenda che prendano un atteggiamento
o un'altro a nseconda di chi colpisce.
Quando sembra che possiamo stare
alle porte di un nuovo momento politico, Quel nuovo momento è
arrivato alla Casa de Campos?
M.K: Macchè! Quello che
si apprezza nella pratica reale del giudizio in sé è che
quei nuovi tempi non sono arrivati a questo giudizio. Tutti questi maxiprocessi
incominciano in un momento politico determinato, accompagnati dalla
famosa frase di Aznar che “finiranno tutti in prigione."
Ora ci troviamo davanti ad una congiuntura politica differente e, se
stiamo in un nuovo momento politico, questo giudizio è assolutamente
incompatibile con questi nuovi tempi. A questo rispetto, sebbene è
certo che tutta questa dinamica repressiva incominciò col Governo
del PP, bisogna ricordare che contò sull'assoluta implicazione
del PSOE. Ed ora gli tocca recedere da quella strada percorsa per dimostrare
se ha volontà o no di risolvere democraticamente il conflitto.
T.T: Il giudizio si deve sospendere,
non solo questo, ma anche i seguenti, e deve risolversi positivamente
la fase che rimane del giudizio contro gli organismi giovanili. Inoltre,
si può fare, perché il Governo spagnolo ricorre costantemente
all'indipendenza del Potere Giudiziario, ma quell'indipendenza si dimentica
quando allega un supposto "allarme sociale" per indurire le
pene dei carcerati baschi. Questo giudizio non doveva essere fatto né
in questa situazione né nell'anteriore, e deve risolversi su
quella premessa. Stiamo parlando di diritti civili e politici, e per
la risoluzione del conflitto che vive Euskal Herria quei diritti che
sono rubati devono essere messi un'altra volta in vigore.
M.K: bisogna mettere in chiaro
che questi giudizi sono un'aggressione ed un ostacolo permanente per
qualunque possibilità di risoluzione di carattere democratico
al conflitto e, in senso opposto, l'eliminazione di questo tipo di giudizi
significherebbe togliere ostacoli per mettere in moto un processo di
carattere democratico.
Vi sentite moneta di scambio,
una situazione favorevole da parte dello Stato spagnolo davanti ad un
eventuale processo di negoziazione?
T.T: Ci tengono in una situazione
quasi di sequestro in questi momenti. Puoi sentire che tutti i processi
aperti contro quelli che lavorano nella costruzione nazionale di Euskal
Herria pretendono di condizionare questo processo. Pertanto, sì.
M.K: È chiaro che il Governo
spagnolo vuole utilizzarci per fare una specie di ricatto permanente.
Ma se quella è la giocata che pretendono di fare, prendendoci
come persone individuali, quella giocata è fallita dall'inizio,
perché un ricatto ha forza secondo la forza che la persona ricattata
gli voglia dare, e noi abbiamo chiaro che se stiamo all'Udienza Nazionale
è per il nostro impegno militante e politico col processo di
liberazione nazionale e sociale di Euskal Herria. Assumiamo dall'inizio
quel rischio, e ci sono migliaia e migliaia di persone che l'hanno passata
peggio e che stanno passandolo nelle prigioni e nell'esilio. Il ricatto
che pretende di fare lo Stato spagnolo, pertanto, non ha forza.
Sette mesi dopo, come va stanno
il coraggio e la pazienza degli imputati?
T.T: Personalmente è verità
che sta essendo duro, ma credo che stia essendo anche un'esperienza
umana che sta apportandoci molto a tutti. Stiamo crescendo molto come
persone, tutti abbiamo passato settimane migliori e peggiori, ed in
queste ultime noti l'appoggio della gente. Esiste un buon ambiente tra
noi. Il valore di quelle cose è molto importante ed è
quello che sta aiutandoci a sopravvivere in queste circostanze. Io ringrazio
per questo tutte le compagne e compagni che sono lì. Dopo, da
questo impegno, diciamo basta, che questo deve fermarsi ora perché
non ha nessun senso in una tappa nella quale tutti devono contribuire.
M.K: A zuccate non vince nessuno
a questo punto della partita. Se sono otto mesi, come se sono diciotto.
La lettura che bisogna fare è quella politica che la nostra pazienza
si sta esaurendo, non perché noi siamo stanchi di andare lì
tutte le settimane, bensì perché capiamo che è
un'aggressione a qualunque possibilità di aprire un processo
in chiave democratica. Per ciò non può avere nessun tipo
di ingerenza esterna, e ci stiamo riferendo a tutta l'impalcatura giuridico-politico-istituzionale
dello Stato spagnolo e di quello francese. -