Intervista ad ETA

Dichiarazione di ETA
- Perché ora? Che cosa distingue questa decisione da altre precedenti?

Non è sufficiente analizzare attentamente l'attuale situazione politica, è necessario dire che ci troviamo davanti ai risultati ed al risultato della lotta e l'evoluzione di questi ultimi anni. In primo luogo, vogliamo risaltare l'apporto della sinistra indipendentista basca, perché è stata la lotta per la costruzione e la difesa di Euskal Herria quella che ha permesso di aprire la situazione attuale; quello ci ha portato a questo scenario. Ugualmente, ha permesso di estendere tra la gente nuove coscienze, ed ora vediamo come concetti e principi politici che per anni la sinistra indipendentista basca si è vista obbligata a difendere in solitario sono assunti oggi da molti agenti e partiti. È stata la lotta della sinistra indipendentista basca quella che ha fatto sì che la posizione di agenti e stati si muovano, e questo ha permesso che oggi si aprano nuove opportunità.

- Quali sono oggi le ragioni politiche per dare inizio ad un processo e per le quali ETA ha adottato un cessate il fuoco permanente?

Da un lato, dovremmo sottolineare che Euskal Herria, nel suo insieme, è oggi sempre di più una realtà accettata, e ciò ha aperto la strada, in un modo più consistente che mai, al riconoscimento politico di Euskal Herria come nazione e paese. Per noi, esiste inoltre un'altra ragione fondamentale, che l'idea che sono i cittadini baschi che devono avere la parola e la decisione sul loro futuro è accettata sempre di più. Perché quella è l'essenza che porterà a superare il conflitto.
Inoltre, grazie alla capacità di resistenza della sinistra indipendentista basca, la irrealtà dell'opzione poliziesca è venuta allo scoperto, e ciò ha rinforzato la necessità di dare una soluzione politica e negoziata al conflitto.
Da quando la sinistra indipendentista basca rese pubblica la sua alternativa per una soluzione democratica, è assunto dai cittadini ed i principali agenti il doppio schema che dovrà svilupparsi: da un lato, il processo politico per decidere il futuro di Euskal Herria; e, dall’altro, quello che dovrà essere concordato tra ETA e gli stati. E, infine, quei concetti e desideri estesi tra i cittadini hanno contribuito, in qualche modo, a che gli agenti ed i partiti si muovano in quella stessa direzione. Ovviamente, a quelle ragioni sommammo che la decisione ed il passo di ETA non si è dato nel vuoto; nella nostra decisione hanno avuto a che fare la volontà e gli impegni espressi direttamente da differenti agenti in questi ultimi mesi.

- Nei contatti che avete mantenuto con gli agenti è rimasta tanto palese quella volontà? Che obiettivi cercava ETA in quei contatti?

ETA mantiene regolarmente contatti con gli agenti di Euskal Herria; specialmente, per noi sono un ambito di relazioni prioritarie le forze che consideriamo favorevoli ad Euskal Herria, e negli ultimi mesi abbiamo portato anche a termine quei contatti. Il principale obiettivo dei contatti che abbiamo mantenuto in questi ultimi mesi è stato quello di conoscere di prima mano la disposizione di quegli agenti per sviluppare un processo democratico, come i passi che fossero disposti a compiere ed i compromessi che fossero disposti ad assumere, e conoscere direttamente quelle decisioni.

- La situazione politica si trova dove ETA voleva che stesse?

Riflettendo sulla situazione politica è necessario segnalare, in forma speciale, che Euskal Herria si trova in un momento di cambiamenti politici; per ciò, per noi è importante sottolineare perché si trova in questo momento di cambiamento, e sottolineare gli elementi che lo caratterizzano. Prima che niente, sottolineando che ci troviamo davanti ad un cambiamento provocato dalla lotta della sinistra indipendentista basca, e se il resto di agenti e partiti si sono mossi in quella direzione è stato grazie alla pressione e la lotta esercitata dalla sinistra indipendentista basca.
Se qualcosa è ovvio è l’inevitabilità del cambiamento politico, e ciò è così perché l'esaurimento delle cornici che dividono e negano Euskal Herria è più evidente che mai. E porta con ciò il fallimento di chi impose la riforma politica della Spagna 30 anni fa. Da un lato, perché è rimasta dimostrata l'incapacità di quelle cornici per costruire Euskal Herria; quel groviglio giuridico politico lo costruirono per sequestrare la libertà di Euskal Herria, e con la lotta di questi anni abbiamo dimostrato che quelle cornici non valgono per liberare Euskal Herria, non valgono per costruire il nostro paese.
È evidente, inoltre, che quelle cornici non servono per risolvere il conflitto e dargli un'uscita democratica. E non sono valsi, neanche, per divorare la sinistra indipendentista basca e farla finita con la lotta di liberazione. E questo ha portato ad una conseguenza chiara che Euskal Herria non ha futuro come paese sotto Spagna e Francia e che il conflitto non può risolversi sotto quella situazione. Pertanto, è necessario il cambiamento politico delle cornici imposte ad Euskal Herria, e quel cambiamento dobbiamo farlo tra tutti, dobbiamo mettere in moto il processo democratico che plasmerà questo cambiamento.

- Chi deve fare o spingere questo cambiamento? In che momento ci troviamo?

Oggi stiamo nel punto di percorrere la strada che porta dalla cornice di imposizione alla cornice democratica, e quello che noi diciamo a tutti gli agenti è che, essendo arrivati a questo punto, oggi non possiamo commettere gli stessi errori commessi 30 anni fa. Chi afferma che allora fecero la "transizione democratica" che conformarono il blocco della riforma, sono falliti nei loro principali obiettivi. Abbiamo potuto comprovare la portata della frode perpetrata allora e tutte le sue conseguenze. Ed ora è arrivato il momento di fare una vera strada democratica; la possibilità di superare il conflitto arriverà attraverso il percorrere la strada che porta dalla cornice di negazione e ripartizione alla situazione di riconoscimento di Euskal Herria. Quella è la base dell'attuale momento politico.

- Dalla dichiarazione di cessate il fuoco, tuttavia, e perfino in precedenza, c’è chi ha sostenuto che si tratta di un'iniziativa sorta dalla debolezza, ed è stata anche fatta notare la situazione creata dagli attentati del 11 di Marzo... Come avete ricevuto quelle dichiarazioni?

Da tempo veniamo manifestando che chi realizza una lettura in chiave di debolezza delle iniziative di ETA e delle proposte portate avanti dalla sinistra indipendentista basca, in primo luogo si sbaglia nel realizzare la diagnosi corretta della situazione e, quello che è peggiore, se si impongono calcoli politici basati su quella riflessione alla fine si fallirà nella direzione che deve imprimersi al processo. Se invece di processi per superare il conflitto si progettano strategie per accantonare la sinistra indipendentista basca in base a quel calcolo malizioso, la storia c'insegna che sono strategie condannate al fallimento. Molti realizzarono identiche letture nel processo del 98, molti pseudo intellettuali, giornalisti e politici professionisti spinsero quella tesi, e tutti conosciamo le conseguenze risultanti della sua imposizione. Reiterare ed insistere su quella bugia sono, nella nostra opinione, tentativi di alimentare strategie già fallite.

Relazioni con gli stati
- Spesso si è menzionato, quasi si è dato ovviamente dal primo momento che la dichiarazione di ETA è arrivata dietro contatti e negoziazioni con lo Stato spagnolo. In realtà, un anno fa ETA annunciò che era immersa in un tentativo di aprire un processo di negoziazione col Governo spagnolo. Che sviluppo ha avuto quel tentativo?

Rendendo la cosa pubblica un anno fa, ETA non fece altro che confermare cioè un atteggiamento che abbiamo mantenuto sempre, esprimere la nostra volontà di superare il conflitto per mezzo della negoziazione, al tempo che mantenevamo la nostra lotta e la nostra determinazione per superare il conflitto tra Euskal Herrria, Spagna e Francia attraverso una negoziazione ed un accordo. E questo ultimo anno, ovviamente, ETA ha continuato a fare passi in quella stessa direzione, in quel tentativo di aprire e sviluppare un processo di negoziazione.

- Che contatti e negoziazioni ha avuto?

Per noi la discrezione è un elemento basilare ed indispensabile in un processo di negoziazione, e quello è pertanto sempre l'atteggiamento che ETA ha mantenuto e manterrà, e sollecitiamo identica responsabilità agli agenti e partiti.

- Hanno credibilità le voci che hanno visto ultimamente la luce?

Vogliamo denunciare quelle dicerie e voci che sono uscite nelle ultime settimane sui media su processi di negoziazione e contatti che abbiamo potuto avere o no, principalmente perché sono indiscrezioni realizzate per alimentare interessi parziali concreti e di media, con l'obiettivo di danneggiare il processo ed originare confusione.

- Avete aperto vie o spazi di contatto col Governo francese?

Vogliamo confermare di nuovo l'informazione trasmessa vari mesi fa: ETA inviò una lettera al primo ministro francese, il signor De Villepin. In quella lettera, mostravamo la nostra volontà per superare il conflitto tra Euskal Herria e Francia attraverso la negoziazione, come primo passo per aprire una via di negoziazione che dovrebbe plasmarsi in un processo di negoziazione sulle forme per superare il conflitto.

- Riceveste risposta a quella lettera?

Non abbiamo ricevuto risposta ufficiale di nessun tipo. In più, confermando il suo atteggiamento più negativo, la lettera fu passata alla stampa, perfino modificando e manipolando il suo contenuto. Il Governo francese deve mostrare un'altra maturità e serietà per potere aprire un processo che contribuisca a dare uscita al conflitto. È necessario esigere che abbandoni la sua chiusura, e che mostri volontà per dare una risposta positiva.

Reazioni e posizione degli agenti
- Come avete stimato, in termini generali, le reazioni alla vostra iniziativa?

Ci piacerebbe emergere che l'iniziativa di ETA è stata posizionata in una prospettiva di processo, cioè, come un'iniziativa legata ad altri movimenti e non come un passo isolato.
Allo stesso tempo, la maggioranza degli agenti hanno risposto con discorsi scritti in anticipo, con una risposta formulata in base ai loro propri interessi, con l'obiettivo di fissare la loro posizione al processo.

- Come stimate la risposta e l'atteggiamento del PSOE?

Il PSOE sta tentando di allontanare il centro e la direzione dal processo di Euskal Herrria, affinché tutti gli sguardi si orientino verso i movimenti che deve fare la Moncloa. Quella strategia nasconde un obiettivo concreto, deviare i passi che devono dare i partiti succursalisti del PSOE e bloccare i passi e responsabilità che devono darsi ed assumere per spingere il processo politico in Euskal Herria. Vediamo come i rappresentanti di PSE e PSN ha dato tutto il protagonismo a Zapatero e come stanno ballando al suo sono.
D'altra parte, continuano a mantenere senza cessare l'atteggiamento di imporre condizioni alla sinistra indipendentista basca, invece di guardare verso le loro proprie responsabilità. Ci sembra che sia un atteggiamento di ricatto e pressione verso la sinistra indipendentista basca. Il PSOE deve essere cosciente che l'opportunità per superare il conflitto verrà dallo sviluppo del processo democratico in Euskal Herria. Lì devono situarsi tutte le basi.
Il PSE ed il PSN seguono all'ombra della politica marcata da La Moncloa, e non hanno risposto ancora di fronte al suo compromesso a sviluppare il processo da Euskal Herria, e dovranno fare la cosa più presto che tardi affinché lo stesso possa svilupparsi realmente.

- Che cosa pensa ETA della reazione ed atteggiamento del PNV?

Ibarretxe realizzò immediatamente un tentativo speciale per appropriarsi dell'iniziativa, ma per noi è importante guardare all'indietro, osservare da dove viene quell'atteggiamento da Ibarretxe.
Con la pubblicazione del Piano Ibarretxe, il PNV volle prendere l'iniziativa, alla misura dei suoi interessi, è chiaro. Con quell'iniziativa collocarono il loro proposito nel rinnovamento dello Statuto di La Moncloa e cercarono di accantonare la sinistra indipendentista basca. Ma quando questa rinnova la sua proposta di risoluzione del conflitto in novembre di 2004 e, insieme ad altre iniziative, recupera la sua iniziativa politica, quando comincia a profilarsi una nuova situazione, il principale progetto del PNV cominciò a fare crac, ed arrivò il declino del Piano Ibarretxe; quello si verificò specialmente nelle elezioni vascongadas dell'anno 2005.
Il PNV perse l'iniziativa che ebbe nel periodo 2001-2004 e diede un salto evidente: lasciò da un lato il Piano Ibarretxe e cercò di ricollocare il suo progetto situandosi dietro l'iniziativa marcata dalla sinistra indipendentista basca e saltando dal Piano Ibarretxe al discorso del tavolo per la risoluzione. Era un tentativo per recuperare l'iniziativa e guadagnare protagonismo nel processo che si stava aprendo. Ed il PNV continua in quella dinamica, con lo stesso proposito.
Noi capiamo che il PNV abbia, e si faccia, così il suo posto nel processo, deve essere, perché deve presentare il suo apporto, ed inoltre è un agente di grande riferimento. Quello che dobbiamo chiarire è quale sarà il senso e la direzione di quell'apporto. Se l'obiettivo di quell'apporto è costruire un processo democratico tra tutti e dare una risposta reale alle cause del conflitto, cioè, non ripetere gli errori commessi 30 anni fa, sarà benvenuto. Invece, se quello che perseguono è, adeguarlo alla situazione attuale, ripetere lo stesso obiettivo che cercavano col Piano Ibarretxe, quello che diciamo è che camminano nella direzione sbagliata.

- Che cosa cerca nella vostra opinione, allora?

Vediamo due obiettivi nei movimenti realizzati dal PNV queste ultime settimane: vuole essere l'arbitro del processo, e cerca un processo adeguato ai suoi obiettivi ed interessi. Ma il PNV non può essere l'arbitro del conflitto, perché è parte dello stesso. In qualsiasi caso, la cosa più preoccupante è che ancora non ha definito quale sarà il suo comportamento davanti al processo; prosegue senza uscire dal mulinello della sua ambiguità storica. A noi genera varie domande cui il PNV dovrebbe rispondere: perché non stette nella manifestazione del 1 di aprile, perché attacca tanto violentemente Imaz la sinistra indipendentista basca, perché tanti viaggi a Madrid, perché tanto patto economico con le autorità di La Moncloa, perché tanta offerta di collaborazione al Governo della Spagna.

Congiuntura
- Che cosa vuole dire ETA quando dice cessate il fuoco permanente?

Esprime la solidità della decisione di ETA, la portata dell’impegno di ETA e la nostra volontà di portarlo a termine. Questo andrà in funzione dello sviluppo del processo.
- Tuttavia, c’è chi li reitera che deve essere irreversibile.
Ci sembra qualcosa di insensato. In questo momento, in un momento nel quale ETA adotta una decisione di simile portata, quando ha annunciato una sospensione delle azioni armate per promuovere il processo, pretendere di situare la responsabilità su ETA e cercare di aprire dibattiti in base a ciò, ci sembra una grande irresponsabilità, e questo dà idea dello scarso livello dei responsabili politici che agiscono in Euskal Herria, un livello certamente scarso.
Orbene, se con questo vogliono esprimere che il loro impegno nel processo è definitivo e che la loro volontà per superare il conflitto è irreversibile, vanno per la buon strada. Invece, se cercano di situare un'altra volta la chiave nel convertire in irreversibili le decisioni di ETA senza sviluppare nessun processo democratico, dobbiamo dir loro chiaramente che si sbagliano.
ETA ha realizzato già il suo principale apporto all'impulso del processo. Ma l'ha fatto tanto con questa decisione come con la traiettoria percorsa fino ad ora. E continueremo a farlo d'ora in poi. Ora tocca a quegli agenti concretizzare i loro impegni.

- Madrid e Lakua, specialmente il PNV, hanno preteso che il cessate il fuoco sia universale. È così?

A quei dirigenti e partiti che ripetono quella cantilena, diciamo che conoscono i parametri della decisione di ETA, ed anche la sua solidità, ed ETA ha manifestato chiaramente quali siano i suoi compromessi. Il resto ci sembrano discorsi realizzati di fronte alla galleria, per giustificare l'attuazione di ognuno e confondere i cittadini. La cosa peggiore è che quei discorsi si usano a volte per bloccare i passi che devono darsi nel processo, con l'obiettivo di condizionare e sfigurare la natura dello stesso.

- Da quando annunciarono il cessate il fuoco si sono registrati due attacchi che sono stati relazionati con la kale borroka, in Barañain ed in Getxo. Che cosa dite su quei due attacchi?

Noi non facciamo letture di eventi concreti, e molto meno del disordine creato in funzione degli interessi di mezzi e partiti. Facciamo valutazioni più generali, per esempio sulla lotta popolare e la risposta del paese.

- E quale è la valutazione?

Finché persistono gli attacchi delle forze armate, se continuano gli inseguimenti ed i sequestri di cittadini, se i cittadini sono torturati nelle caserme, se continua la violazione dei diritti dei carcerati, se lo stato di eccezione non ha fine, crediamo chiaramente che i cittadini baschi devano rispondere, mobilitarsi ed utilizzare i modi che hanno per le mani. Crediamo che quegli attacchi siano la manifestazione della rabbia e della risposta popolare. Quello che ci sembra che bisogna denunciare è che quei partiti, davanti a fatti di questa natura, pretendano di nuovo di situare la responsabilità del confronto sulla sinistra indipendentista basca. Ci sembra un enorme esercizio di ipocrisia, precisamente perché sono quei partiti chi quando sequestrano e torturano cittadini baschi guarda da un’altra parte o, ancora di più, chi aizza le forze poliziesche affinché commettano quegli attacchi, con l'obiettivo di battere la sinistra indipendentista basca.

- Ma ha ETA alcuna responsabilità in quegli attacchi?

ETA non ha avuto mai, e neanche ha ora, nessuna responsabilità né paternità su quegli attacchi; ma che nessuno chieda ad ETA che eserciti lavori di pompiere davanti alla risposta dei cittadini. Quello che deve finire sono gli attacchi degli stati e delle forze armate.

- D'altra parte, hanno dato molto di che parlare le lettere che suppostamente voi avete inviato ad impresari sollecitando denaro. Le avete inviate?

In primo luogo, vorremmo denunciare l'intossicazione da parte delle forze poliziesche, e contemporaneamente l'interesse di alcuni per creare dibattiti basati su quelle intossicazioni e provocare confusione nel dibattito politico.
È necessario chiarire che la lotta di liberazione di Euskal Herria ha originato sempre differenti tipi di necessità, e tra queste ci sono necessità economiche per portare avanti in qualche modo la lotta, ed oggi la lotta di liberazione continua originando quelle necessità, comprese le economiche. In quell'evoluzione, l'offerta che hanno fatto i cittadini è stata molto ampia, l'apporto realizzato nella lotta per Euskal Herria è stato molto grande, ed anche l'apporto economico. Lo capiamo come un aiuto di persone impegnate. ETA garantisce che quel denaro sarà utilizzato a beneficio della libertà e costruzione di Euskal Herria. In quel senso situiamo le petizioni monetarie che realizza ETA.
Ci sembra un esercizio enorme di ipocrisia che chi si scandalizza per le richieste di denaro realizzate da ETA siano precisamente alcuni partiti politici che si arricchiscono grazie alla corruzione ed a commerci nascosti; o chi ruba migliaia di milioni alla sinistra indipendentista basca per mezzo di cauzioni, o chi sequestra migliaia di milioni in multe a cittadini che si mobilitano; o alcuni impresari che si arricchiscono per mezzo dello sfruttamento, o chi paga migliaia di milioni alla Spagna in imposte ma non è disposto a dare niente a beneficio di Euskal Herria.

- È chi, come Ibarretxe, dice che è l'ultimo treno.

Il discorso non è nuovo, stiamo da 30 anni ascoltando cose come quella. Si usa per minacciare la sinistra indipendentista basca, una minaccia intorno alla situazione che può arrivare nel futuro. Come ad Ibarretxe a quanti brandiscono il concetto dell'ultimo treno bisogna dire che la sinistra indipendentista basca è da molti decenni sullo stesso treno, saliti sul treno della lotta per i diritti di Euskal Herria, e che abbiamo l'assoluta determinazione di continuare in quella lotta fino a ottenere la libertà del nostro paese, al di sopra di tutte le difficoltà e minacce. Ovviamente, siamo disposti a condividere quel viaggio con altri molti agenti, e quello lo sa il PNV. Quello che ci sembra grave è che, quando quello che sta in gioco è dare un'uscita democratica ad un conflitto di molti anni, si usi quella situazione per rinnovare strategie di minacce contro la sinistra indipendentista basca.

Verifica
- Relazionato con tutto questo, il Governo spagnolo ha dichiarato che prima di fare qualcosa deve verificare il cessate il fuoco, e che conta su strumenti e vie per farlo.

Con il cessate il fuoco ETA ha realizzato il suo apporto fondamentale al processo, e ha mostrato chiaramente la fermezza e la portata del suo compromesso e della sua volontà. Ora corrisponde alle autorità di Moncloa prendere e compiere i loro compromessi per dare un'uscita negoziata al conflitto. Ed uno di essi è, da oggi stesso, confinare i comportamenti repressivi, mostrare volontà e compiere passi.

- Anche Josu Jon Imaz ha espresso chiaramente che la verifica è la sua priorità.

Alcuni partiti stanno mettendo senza cessare condizioni ad altri. Il PNV, soprattutto, deve chiarire e verificare il suo proprio comportamento, deve chiarire perché sequestrò due cittadini a poche ore dall’entrata in vigore dell'iniziativa di ETA; o perché continua ad utilizzare ancora adesso la polizia autonomistica per scagliarsi contro i cittadini baschi; o perché continua utilizzando l'Ertzaintza come il suo braccio armato. Perché continua ad utilizzare il PNV la polizia autonomistica della Spagna al servizio delle sue decisioni politiche, dentro la sua strategia politico-militare. Questo è quello che il PNV deve spiegare, perché abbiamo chiaro che non è possibile garantire una situazione di pace in Euskal Herria senza disattivare quella polizia autonomistica della Spagna come forza repressiva.

- Anche ETA sta portando a termine qualche tipo di verifica?
Quello che noi abbiamo chiaro è che sono gli attacchi degli stati quelli che devono finire, e chi deve farlo sono i responsabili dei loro apparati, cioè, le autorità della Spagna e Francia. La risposta di ETA starà in funzione della condotta degli stati spagnolo e francese.

- C'è fretta per negoziare?

Quando si menzionano la fretta ed altri fattori simili, quello che noi crediamo è che sia necessario fare continuamente passi per alimentare il processo, meglio oggi che domani; la cosa più importante è alimentare senza cessare il processo, e per ciò devono compiersi passi concreti, senza dare opzione a che ci siano arresti nello stesso, senza lasciare che possa marcire alla fine.
Non capiamo perché alcuni partiti manifestano intenzione di ritardare i passi da fare in quel processo; consideriamo che sottostanno interessi parziali dietro quell'intenzione, o il proposito e la strategia di consumare la posizione degli altri. È il momento affinché, nella cornice del processo per superare il conflitto, si materializzi in fatti concreti la volontà mostrata fino ad ora; ora è il momento per alimentare quel processo con passi concreti e pratici. Perché lasciare domani per i compromessi ed i passi che possono adottarsi e dare oggi?

- Come stima ETA alcuni fatti che sono accaduti dal 22 di marzo: detenzioni, controlli polizieschi, le illegalizzazioni che continuano...?

Il processo necessita di alcune condizioni democratiche basilari affinché possa svilupparsi. Affinché quelle condizioni possano essere garantite è imprescindibile fermare l'offensiva degli stati, cessare gli atteggiamenti repressivi. Sta in mano dei governi della Spagna e Francia fare i passi necessari per ciò. Di più, alcuni attacchi che si sono prodotti li capiamo come un attacco diretto contro il processo, ed in ultima istanza come attacchi diretti contro lo sviluppo di un processo democratico. Tra le altre cose, perché sono direttamente sequestri ed ostacoli diretti contro rappresentanti designati dalla sinistra indipendentista basca per sviluppare il processo democratico. Dobbiamo manifestare con pienezza che gli attacchi che si stanno producendo sono incompatibili con un processo di risoluzione del conflitto e con lo sviluppo di un processo democratico. Dobbiamo dire chiaramente che se gli attacchi degli apparati degli stati proseguono sarà impossibile proseguire nel processo.

Contenuto della negoziazione
- Nella sua iniziativa, ETA citò direttamente Madrid e Parigi affinché dichiarino che accetteranno i risultati del dibattito democratico che dovrà avere luogo in Euskal Herria, ma non ci sono ancora notizie in quel senso. Sperate che quella dichiarazione abbia luogo? In che termini dovrebbero pronunciarsi?

Quello che i governi della Spagna e Francia devono manifestare è un atteggiamento chiaro di dare un'uscita al conflitto per la via della negoziazione, una posizione chiara per portare a termine un processo di quelle caratteristiche. D'altra parte, devono abbandonare i loro comportamenti repressivi, devono garantire le condizioni basilari che permetteranno lo sviluppo del processo democratico, e questo esige rispettare i diritti civili e politici della sinistra indipendentista basca, finirla coi sequestri di cittadini baschi e con la persecuzione da parte delle forze poliziesche. Spagna e Francia devono prendere e compiere i loro compromessi di "tregua" affinché il processo possa svilupparsi.
Ma le autorità della Spagna e Francia devono rispondere ad una risposta chiave: sono disposti a rispettare quello che decideranno i cittadini baschi sul loro futuro? Devono proclamare la loro volontà di ritirare tutti i limiti che si impongono al desiderio e la decisione di Euskal Herria.

- Il Governo spagnolo ha manifestato che non pagherà prezzo politico alcuno, ed anche il PP preme in quella direzione. Chiede ETA qualche prezzo politico?

Quello che chiede loro ETA è che mettano fine a tutte le attuali imposizioni antidemocratiche. Detto più chiaramente che passino dall’essere stati che causano repressione e ripartizione ad essere stati che rispetteranno i diritti di Euskal Herria in un contesto democratico.
Il prezzo, e molto alto, è quello che i cittadini baschi hanno dovuto pagare durante lunghi anni, dovuto alla repressione, dovuto alla violazione di tutti i nostri diritti, con l'oppressione della nostra identità, con la violazione dei diritti linguistici. Per superare quello stato di oppressione e riconoscere quei diritti bisogna fare il processo.

- Di che cosa parlerà ETA con gli stati?

Per noi, la chiave principale e la base imprescindibile si trova nel processo democratico che deve svilupparsi in Euskal Herria, e lì bisogna giungere all'accordo principale per superare il conflitto, cioè, tra gli agenti baschi. Dal suo sviluppo verrà la nuova situazione che permetta di risolvere il conflitto. Alla Francia e la Spagna tocca rispettare i risultati di questo processo democratico.
In questo modo, la negoziazione che ETA deve portare a termine con gli stati sarà costruita su queste basi. L'essenza della negoziazione tra ETA e gli stati proviene da questo punto di partenza e, in ultimo termine, il principale asse della negoziazione si incentrerà sul garantire che gli stati tolgano le restrizioni che oggi impongono ad Euskal Herria. Inoltre, gli stati dovranno offrire garanzie che quel processo democratico si sviluppi senza ingerenze e senza la loro intromissione, dovranno adottare impegni per confinare le attuazioni repressive.
Su quelle basi si aprirebbe la situazione per parlare e negoziare sulle conseguenze del conflitto, cioè, il momento per parlare di carcerati e smilitarizzazione. Ma il punto di partenza è l'altro dal nostro punto di vista. Questo è il senso che diamo all'ambito di negoziazione di ETA.

- La questione dei carcerati è, come sostengono alcuni, "tecnica?" Come collocate nel processo la situazione che soffrono i carcerati ed i loro diritti?

I carcerati politici hanno diritto a prendere direttamente parte al processo e c'è necessità di ciò. Devono dare il loro apporto attivo al processo. Per noi non è una questione tecnica, di più, non è una questione che concerne ad ETA. I carcerati sono militanti politici, militanti politici che stanno in prigione per lottare per Euskal Herria e, pertanto, rispondendo alla ragione che ha portato alla prigione si darà ugualmente risposta alla questione dei carcerati politici. E questo, in un processo di risoluzione di conflitto ha un nome: amnistia e scarcerazione di carcerati. Mettere in libertà i carcerati è condizione democratica imprescindibile nel processo di risoluzione del conflitto. I militanti che sono sequestrati sono carcerati che il paese considera suoi ed è la stessa Euskal Herria quella che proclama che in un processo di risoluzione del conflitto i carcerati devono stare per strada. Pertanto, quello che diciamo è che i cittadini baschi devono continuare a lottare per l'amnistia.
Insieme a tutto ciò, crediamo che, da oggi stesso, i governi della Francia e Spagna devano fare passi verso il rispetto dei diritti dei carcerati, specialmente per riconoscere il loro status politico e rispettare i diritti basilari dei carcerati, soprattutto nel senso di mettere fine alla situazione di eccezione che è imposta al Collettivo, tra altre questioni finendola con la dispersione sterminatrice.

- Se si producesse un avvicinamento di carcerati dovrebbe essere interpretato come un gesto?

Non è questione di gesti. La questione è che se una delle chiavi principali del processo deve essere l'amnistia che deve plasmarsi in una fase di sviluppo del processo, da oggi stesso deve finire la situazione di oppressione che soffrono i carcerati, una situazione che sarebbe dovuta finire già.
Se dessero quel passo la cosa unica che starebbero facendo sarebbe disattivare un pezzo della situazione di eccezione imposta al Collettivo. Compirebbero un passo basilare verso il rispetto dei diritti dei carcerati.

- Se una corsia va bene ma l'altra no, o se una corsia va bene ma i governi dicono di no, che cosa farà ETA?

ETA ha adottato la sua decisione per spingere il processo democratico, e proseguirà anche prendendo le sue decisioni in funzione dello sviluppo del processo, e quello sviluppo è quanto analizzeremo; prenderemo in considerazione tutti i fattori per procedere a quella riflessione, prendendo in considerazione e stimando tutti i pezzi del processo nel suo insieme.

Lo stato spagnolo ed il conflitto
- Che cosa chiede esattamente ETA allo Stato spagnolo? Che cosa vi aspettate da Madrid?
Oggi possiamo dire che, in qualche modo, esiste una dimostrazione di volontà per risolvere il conflitto attraverso la negoziazione; questo è quanto si è mostrato fino ad ora. Ma noi guardiamo sempre più ai fatti che alle parole, ed ora quello che tocca è plasmare in fatti concreti quella volontà, con compromessi concreti da parte del Governo spagnolo; ed ora stiamo in quel momento.
Per noi, quel compromesso deve avere due basi principali: da un lato rispettare quello che i cittadini baschi decideranno, e dall’altro fermare gli attacchi contro Euskal Herria.
Ad ogni modo, nella nostra opinione è importante contestualizzare quello che sottosta dietro quella dimostrazione di volontà e quello che sottosta dietro le opportunità aperte per sviluppare un processo di negoziazione. Da un lato, ubichiamo lì la vecchia crisi della strutturazione della Spagna; cioè, la cornice delle autonomie organizzata come prigione per i paesi dopo il franchismo è fallita, ed in quel fallimento ha avuto direttamente a che vedere la lotta per i diritti di Euskal Herria, e più concretamente la lotta di ETA. In quel senso, il Governo spagnolo sa oggi che lo Stato spagnolo non avrà stabilità finché non darà soluzione al conflitto che vive con Euskal Herria. In più, quello è l'unico modo di stabilizzare qualunque riforma o cambiamento che lo Stato spagnolo realizzi di fronte al futuro, dare soluzione al conflitto che vive con Euskal Herria.
Il Governo spagnolo sa che quella soluzione può essere solo negoziata; cioè che la negoziazione è l'unico modo di risolvere il conflitto. Perché la traiettoria di questi decenni ed il fallimento di tutti i tentativi repressivi porta a quella conclusione. Ed aggiungiamo che il Governo spagnolo sa che in quella negoziazione ed in quel processo per risolvere il conflitto dovrà dare una risposta diretta ai diritti di Euskal Herria.

- Che influenza può avere un eventuale cambiamento di Governo nello Stato spagnolo?

Ci stia un partito o un altro nel Governo, quello che finalmente conta è che è lo Stato spagnolo che deve riconoscere, rispettare ed accettare i diritti di Euskal Herria. In ultimo termine, se si ottiene una soluzione democratica, e se si supera il conflitto tra Euskal Herria e lo Stato spagnolo, sarà necessaria l'implicazione dello Stato. Per ciò, alla soluzione bisogna dare prospettiva di processo.

- Come valutate l'atteggiamento di Zapatero nel processo catalano?

Affinché quello che si farà in Euskal Herria sia un processo di superamento del conflitto, quel processo deve avere come risultato il rispetto dei diritti di Euskal Herria, dare alveo a tutte le opzioni politiche per Euskal Herria. Ma pretendere di finire una mera riforma degli statuti con movimenti o patti per una sola parte, pretendere di imporre ad Euskal Herria un secondo ciclo autonomistico, oltre ad essere una frode, non farebbe altro che alimentare il conflitto.

Natura del conflitto
- Che cosa è, per ETA, quello che si è dato chiamare "processo?" Si parla di pace, normalizzazione, entrambe insieme, separate.

Gli assi che recensivamo nella nostra dichiarazione sono il nostro riferimento per sviluppare il processo. Cioè che deve sviluppare il processo democratico, con la partecipazione di tutti gli agenti baschi e prendendo in considerazione l'insieme di Euskal Herria. Ci riferiamo alla strada che sarà necessario percorrere dalla cornice attuale alla situazione di riconoscimento dei diritti di Euskal Herria.
Questo è quanto noi vogliamo sostenere, ed è lì che bisogna avanzare. In fin dei conti, quello che ETA fa è permettere di aprire tutte le porte a tutte le opzioni politiche per sviluppare il processo. Ora, senza rimanere in quello scenario della cornice attuale, senza lasciare che chiudano le porte a quella strada, l'obiettivo deve essere attraversare quelle porte aperte e passare allo scenario dell'autodeterminazione e della territorialità. Quello che bisogna fare è quel passo da uno scenario ad un altro. Quello sarà per noi, in definitiva, portare il processo a termine e l'unico modo di dare strada a tutte le opzioni.

- E che cosa non è, per voi, il processo?

Il processo non è un processo per costruire una pace falsa senza contenuto; il processo non può essere, assolutamente, un processo per integrare la sinistra indipendentista basca nella normalizzazione politica; pertanto che nessuno pensi che la sinistra indipendentista basca accetti tranquillamente l'attuale cornice senza nessun cambiamento politico. E neanche può essere un processo che sbocchi nell'attuale cornice, si deve fare affinché faccia una strada verso una vera situazione democratica, perché se è un vero processo bisognerà percorrere quella strada. Pertanto, si sbaglia chi si limita a cercare di disattivare la lotta armata di ETA.

- Che cosa è che bisognerebbe sviluppare oggi?

Quello che bisogna sviluppare, principalmente, sono elementi che stanno in bocca di tutti gli agenti. Oggi stanno già in bocca della maggioranza degli agenti e del dibattito politico tutti i componenti per avanzare nel processo di risoluzione del conflitto, ed è quello che bisogna sviluppare: il riconoscimento di Euskal Herria, i diritti di Euskal Herria, la parola e la decisione dei cittadini baschi, la necessità che gli stati rispettino quella decisione, e che per ciò si dovrà convocare una consultazione. Sono quegli elementi che ora devono concretizzarsi e svilupparsi nel processo. I parametri e le basi del dibattito democratico che deve aprirsi stanno lì, quelli sono gli elementi che compongono il midollo del conflitto.
Perciò, l'accordo che dovrà sorgere da quel processo dovrà sciogliere quei nodi. Stando già quegli elementi nel dibattito politico ed in bocca di una maggioranza di agenti, è arrivata l'ora di concretizzare i momenti e passi di quel dibattito democratico, di fare passi concreti. Quella è oggi la necessità, necessità di concretizzazione soprattutto. Diremmo che è arrivato il momento di dare corpo a compromessi concreti nel processo democratico.

- Durante il tragitto, nel tragitto da un quadro ad un altro, appaiono altri nodi. Avete menzionato che nel processo, in definitiva, si tratta di Euskal Herria. Che difficoltà vi aspettate per integrare Lapurdi, Zuberoa e Nafarroa Beherea nel processo? Che cosa vi aspettate dallo Stato francese, stato che nega di avere una "questione basca?"

In primo luogo ci piacerebbe segnalare che il cessate il fuoco di ETA ha avuto anche lì un ampio impatto, e quello si è potuto vedere nelle reazioni alla nostra decisione. Nella pratica, ha mostrato l'effetto politico della decisione di ETA. Le reazioni sono state molto varie. Potremmo distinguerne tre: da un lato chi ha seguito nei suoi tradizionali atteggiamenti di chiusura, sostenendo che stiamo di fronte ad una questione interna della Spagna e, pertanto, che il Governo francese non deve fare nessun passo. Davanti a quello, dobbiamo manifestare chiaramente che non potranno mantenere per molto tempo quella posizione, perché il mero fatto di chiudere gli occhi non serve per coprire il conflitto. Al contrario, pretendere in questo momento politico e davanti al processo aperto di non dare nessuna uscita politica al conflitto non fa altro che alimentarlo.
D'altra parte, altri agenti hanno reagito sollecitando al Governo francese che si implichi. In questo caso, è importante per noi fermarci nel senso e la direzione che dovesse avere quell'implicazione. Vogliamo sottolineare che i passi e l'implicazione del Governo francese sono necessarie, ma che, soprattutto, quell'implicazione deve dirigersi a rispondere alle radici politiche del conflitto, per rispondere al problema politico e solo non servire le sue conseguenze. Questo ha un'interpellanza chiara: devono mostrare la loro disposizione a rispettare i diritti di Euskal Herria.
La reazione di altri agenti è servita per corroborare il loro compromesso, calcando l'importanza che gli agenti baschi implichino Lapurdi, Baxe Nafarroa e Xuberoa nel processo di Euskal Herria; e quella è la strada che, a nostro intendere, devono percorrere gli agenti baschi. Finalmente, parliamo di un processo che deve svilupparsi in tutta Euskal Herria che deve avere dimensione nazionali e, pertanto, è di vitale importanza implicare nello stesso gli agenti di Lapurdi, Baxe Nafarroa e Xuberoa, e che adottino passi e compromessi propri al processo.

- Come dovrebbe essere quell'implicazione? Come dovrebbe plasmarsi la dimensione nazionale del processo?

Nella nostra opinione, quel compromesso dovrebbe plasmarsi soprattutto intorno al riconoscimento di Euskal Herria, aprendo un dibattito su quella questione, promuovendo la sua rivendicazione e rivendicandola ugualmente con fermezza davanti al Governo francese. Pertanto, crediamo che gli agenti baschi devano implicarsi in questo modo. E bisogna utilizzare la situazione creata dal processo per collocare nel centro politico il dibattito sul riconoscimento di Euskal Herria.

- Nafarroa sta sulla bocca di molti, e c’è chi sembra nervoso davanti alla nuova situazione, Sanz per esempio.

Quello che Sanz sta dimostrando è un atteggiamento difensivo, ed è così perché ha paura davanti all'opportunità che può aprirsi affinché i cittadini baschi decidano sul loro futuro; perché sa che quella è la rotta del processo.
Quello che Sanz ha visto, e di lì viene il suo nervosismo, è che sta perdendo l'iniziativa. Sanz ed il Governo di UPN avevano incentrato il loro progetto e scommessa politica sulla riforma dell'Amejoramiento della Giurisdizione, volevano dirigere il dibattito politico in quel senso, ed in questo momento questo è cambiato ed il dibattito politico sta su altri parametri, e questo ha provocato che Sanz perdesse l’iniziativa.
Miguel Sanz sa, in ultima istanza, che il processo attuale lo colpisce di pieno. In realtà, Sanz sta situando molto bene quali sono i nodi che devono essere sciolti in questo processo e quali sono realmente le chiavi politiche del processo, precisamente il dibattito intorno all'autodeterminazione e la territorialità.
L'impegno del fascista Sanz è collocare un muro di fronte a quell'opportunità di cambiamento politico. Noi vediamo in quell'atteggiamento quelli di UPN, ma soprattutto li vediamo completamente immersi nell'attuale dibattito politico.


Agenti e tavolo per superare il conflitto

- La Dichiarazione di Anoeta menzionava due vie, ma sembra che entrambe siano connesse.

Nella nostra opinione, il processo deve essere osservato ed interpretato come un insieme, benché in questo processo esistano ambiti differenti per il suo sviluppo. Allo stesso tempo, crediamo che i passi che devono darsi nel processo, i passi che bisogna dare da oggi stesso, finalmente si alimentano mutuamente. Bisogna compiere passi in tutte le direzioni.
Le basi ed i punti di partenza principali del processo sono il dibattito ed il processo democratico che devono essere spinti in Euskal Herria, perché è lì che si deve rispondere alla chiave del riconoscimento dei diritti di Euskal Herria. L'accordo per la risoluzione del conflitto arriverà dal punto di partenza di quel processo politico. Quella è la base per noi, e quello che gli stati devono fare è rispettare i risultati di questo processo democratico, rispettare la parola e la decisione dei cittadini baschi senza nessun limite.
Come abbiamo detto, l'ambito di negoziazione di ETA si svilupperà in funzione di quel punto di partenza, ed è per ciò che diciamo che è necessario leggere il processo nel suo insieme.

- Un unico tavolo o tavoli per amministrazioni. Quale è l'opinione di ETA su questa questione?

Pensiamo che quello bisogna accordarlo e concretizzarlo tra gli agenti baschi. Ma per noi è chiaro che se realmente il dibattito democratico serve per risolvere il conflitto dovrà contare su alcune basi chiare, ed affinché sia così è imprescindibile che il dibattito integri la totalità di Euskal Herria e, pertanto, dovrà dare anche una risposta diretta dall'inizio del processo alla chiave della territorialità. Quello sarà un pilastro imprescindibile per portare a termine il processo democratico ed affinché quell'accordo finale integri le basi del conflitto. Stabilire, in fin dei conti, i procedimenti e modi per dare la parola e la decisione ai cittadini baschi.

- Nella vostra opinione, come dovrebbe plasmarsi il compromesso degli agenti?

È arrivato già il momento di concretizzare lo sviluppo del processo, e quello che tocca gli agenti è cominciare a dare corpo ai compromessi in quella direzione, per ottenere finalmente un accordo che risponda alle chiavi del conflitto; bisogna sviluppare oggi stesso un processo che avrà come obiettivo questo grande accordo.
Quando diciamo che è arrivato il momento di compiere passi, ci riferiamo al fatto che è arrivato il momento di plasmare in passi pratici e compromessi concreti la volontà espressa fino ad ora.

- E se durante il processo non si riconoscessero l'autodeterminazione e la territorialità?

Senza sciogliere quei nodi non è possibile superare il conflitto, non è possibile avere una soluzione democratica. Pertanto, è imprescindibile costruire dall'inizio il processo su quelle basi, e l'accordo finale che lo porti a termine deve essere una formulazione ferma sull'autodeterminazione e la territorialità, poiché quelle sono le chiavi per superare un conflitto di tanti anni.

Cittadini

- Nella vostra dichiarazione avete fatto un appello esplicito ai cittadini baschi. Quale considerate sia la loro funzione?

La sensazione di allegria che è sorta tra i cittadini ha a che vedere col fatto che sentono che tutte le opzioni sono aperte in Euskal Herria, e che realmente vedono una possibilità che si sviluppi un processo con quell'obiettivo. Per guidare quell'attivazione dei cittadini baschi è necessario trasformare quell'illusione in un attivo; per questo i cittadini devono essere agenti di primo ordine, devono mobilitarsi, devono esercitare una pressione popolare affinché la speranza aperta si plasmi in passi concreti, affinché i diritti di Euskal Herria siano materializzati. Soprattutto, i cittadini devono situarsi in prima fila affinché gli agenti e partiti non perdano questa opportunità, affinché gli agenti diano corpo ai loro impegni, affinché non ritardino i passi da fare nel processo. I cittadini sono la chiave per ciò, affinché la speranza non anneghi in vie false senza futuro.
Perché, in definitiva, il processo comincia e finisce nei cittadini baschi.

- ETA fece un appello speciale alla sinistra indipendentista basca nella sua dichiarazione.

La sinistra indipendentista basca deve essere cosciente che l'attuale opportunità politica si è aperta grazie alla sua lotta. D'ora in poi quella continuerà ad essere la chiave, l'impulso che darà al processo con la sua lotta. È responsabilità della sinistra indipendentista basca essere il motore, come fino ad ora. La sinistra indipendentista basca deve percorrere il processo insieme ai cittadini, e deve lavorare per implicare i cittadini nel processo.
Malgrado abbia dovuto pagare un alto pedaggio per arrivare a questa situazione, da ora in poi anche dovrà continuare immersa con la stessa fermezza nella costruzione e difesa di Euskal Herria. L'insieme della sinistra indipendentista basca deve continuare a costruire Euskal Herria in tutti gli ambiti, organizzando la difesa della nostra identità e dignità, lottando per l'indipendenza di Euskal Herria.

- Non può succedere che la gente cada nello scoraggiamento se il processo è più lungo di quanto sperato, o se fallisce?

Crediamo che la speranza concordi con le opportunità aperte. Ma, precisamente perché parliamo di un processo, è imprescindibile fare passi concreti per materializzare quella speranza, poiché quello permetterà di portare a termine il processo. Per quel motivo diciamo che in questo momento è assolutamente necessario che gli agenti compiano passi per alimentare la decisione di ETA e sviluppare il processo democratico.
In relazione al termine scoraggiamento, quello che vogliamo esprimere è che nel nostro dizionario non c’è la parola frustrazione, e ciò ci porta a riflettere sul senso della lotta e della strada realizzata da questo paese negli ultimi decenni, quale è il senso dell'apporto realizzato da ETA ad Euskal Herria. Quella traiettoria non è stata inutile per noi. Perché la vediamo proprio al contrario, benché la lotta sia dura, finalmente è stato quel processo di resistenza e lotta quello che ci ha portato ora ad aprire tutte le opportunità. La cosa inutile sarebbe lasciare morire ad Euskal Herria senza lottare. E, per quel motivo, ora come prima, ratifichiamo la nostra assoluta determinazione a continuare a lottare fino a ottenere un paese libero.

- Alcuni affermano che il processo sarà lungo e pieno di ostacoli.

Abbiamo visto come alcuni partiti tendono ad allungare il più possibile i tempi e fasi del processo, ed è preoccupante. La frase "molto, duro e difficile" è diventata famosa. Dietro quella frase si nasconde la volontà di ritardare i passi del processo in funzione di interessi politici concreti, la volontà di ritardare i passi che possono darsi da oggi stesso. Inoltre, quando quei responsabili politici parlano di ostacoli, o quando osservano che il processo sarà difficile e duro, stanno inviando un messaggio diretto alla sinistra indipendentista basca, perché annunciano specialmente per la sinistra indipendentista basca quella durezza, perché annunciano quelle difficoltà per la sinistra indipendentista basca. Cosicché lo vediamo come una minaccia.

Fattore internazionale
- Che importanza dà ETA al fattore internazionale?

ETA stima in forma positiva le reazioni provocate dalla sua iniziativa sul piano internazionale e la dimensione che hanno riscosso le reazioni. Perché molte dichiarazioni hanno dato appoggio alla via di una soluzione negoziata, ma vogliamo sottolineare specialmente le dichiarazioni a beneficio dei diritti di Euskal Herria, le reazioni che hanno difeso e rispettato la lotta di liberazione di Euskal Herria.
In tutti i casi, consideriamo che quelle reazioni e movimenti siano frutto dei tentativi realizzati in questi ultimi anni per fare presente la lotta di Euskal Herria nella cornice internazionale, e conseguenza di ciò è che oggi il conflitto tra Euskal Herria e Spagna e Francia ed il processo per superare quel conflitto stanno situati nell'agenda internazionale. E per noi questo ha un grande valore politico.
Non può essere altrimenti ad ogni modo, perché il conflitto non è una questione che concerne unicamente Spagna e Francia, si tratta di un conflitto che supera quella cornice per colpire direttamente istituzioni internazionali, perché nella sua essenza sta il diritto di autodeterminazione che spetta a tutti i paesi. E, contemporaneamente, perché il riconoscimento dei diritti di Euskal Herria esige anche il riconoscimento e l'approvazione internazionale.

 

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