Oligarchia basca. Potere politico.
José María Lorenzo Spinosa
Dossier edito in Herria Eginez nº57 (1998)
La parola oligarchia ha un'origine che risale alla
Grecia classica, ma non fu di uso comune tra noi fino al secolo XIX per
designare in primo luogo i grandi proprietari terrieri che controllavano
il potere locale e corrompevano i politici e funzionari dello Stato. Oggi,
che il suo uso è rimasto un po’ oscurato nel discorso politico,
ancora possiamo chiamare oligarchia il settore o classe proprietaria dei
grandi mezzi di produzione in qualunque sistema sociale storico. Ed attraverso
questa proprietà chi prende le principali decisioni economiche
e politiche, e ha la possibilità di influire, intervenire o controllare
il potere dello Stato, come ha fatto l'oligarchia basca.
In qualunque situazione storica, quando l'oligarchia è cosciente
della sua egemonia sociale, determinata dalla sua capacità e proprietà
economiche, tenta di assicurare in suo favore le decisioni politiche dello
Stato, per avviarle nella direzione conveniente alle sue imprese. Perché
la chiave del successo dell'oligarchia non consiste solo nell’appropriarsi
del plusvalore del lavoratore, per il suo piacere privato ed esclusivo,
bensì specialmente nel mantenere questa appropriazione nei limiti
della legge grazie alla quale il potere legislativo e quello dirigente
sono anche della sua proprietà, oppure si identificano coi suoi
interessi.
Ispanismo ed endogamia
Durante il secolo XIX e parte del XX, la borghesia
basca e la sua fazione più potente, l'oligarchia, collocò
i suoi propri membri nella direzione politica di Euskal Herria o nella
sua rappresentanza nello Stato. Soltanto in un periodo ridotto degli anni
trenta, con la seconda repubblica spagnola, rimasero un po’ emarginati
del potere politico. Allora, quando la direzione dei temi pubblici non
coincideva pienamente coi suoi interessi, promossero il colpo militare
del 36 per recuperarla. Dopo la guerra, gli oligarchi contarono su altri
quaranta anni di permissivismo quasi assoluto, in magnifica connivenza
col franchismo del quale si avvantaggiarono come mai prima e che aiutarono
con denaro, uomini ed altri appoggi. Dopo la morte di Franco, l'oligarchia
ha delegato alla classe politica professionista la difesa dei suoi interessi,
non senza prima assicurarsi che i partiti dominanti assumessero lo stesso
concetto di società ed optassero per il mantenimento delle stesse
strutture economiche del franchismo. Cioè, dopo essersi garantito
la continuità dei risultati produttivi ed economici favorevoli
alle sue imprese.
Nel caso basco, l'oligarchia è responsabile in più della
convulsione catastrofica che conosciamo col nome di rivoluzione industriale,
iniziata a metà del secolo XIX. Si tratta di un gruppo ridotto
di famiglie o cognomi che appare nelle liste di maggiori proprietari e
nei consigli di amministrazione delle imprese che, dal secolo XVIII e
prima, venivano arricchendosi col commercio del trasporto delle materie
prime castigliane, andaluse o riojanas (lana) cereali, vino, olio.) o
con l'immagazzinamento speculativo e la vendita di prodotti manufatti.
Alcuni cognomi dell'oligarchia provengono da questi commerci. Altri incominciano
ad essere conosciuti più tardi, grazie alla proprietà delle
miniere di Somorrostro ed al loro sfruttamento sistematico, a partire
dalla grande domanda europea del secolo XIX ed una volta scomparse le
proibizioni esportatrici della Giurisdizione. Tutti essi si consolidano
con lo sviluppo della siderurgia, i cantieri navali o la creazione delle
banche, dal principio del secolo XX. Una volta che queste poche famiglie,
la maggioranza provenienti da Bilbao e paraggi, riuscirono ad accumulare
sufficiente capitale, erano preparate per dare un salto di grandi conseguenze
storiche: mescolare il loro interesse imprenditoriale nel mercato spagnolo,
con un totale abbandono della realtà e l'identità basca.
Da allora faranno tutte le cose possibili per seguire i passi spagnoli
dei fabbricanti catalani o dei proprietari terrieri andalusi. Considerarono
che la loro patria era quella in cui poteva vendere e comprare con maggiore
tasso di guadagno, e negarono per questo e per loro concittadini qualunque
resto dell'identità, indipendenza o la sovranità basche
anteriori.
Il comportamento sociale dell'oligarchia è tanto esclusivo ed interessato
come quello nazionale ed assolutamente dipendente dalle sue motivazioni
economiche. Le grandi imprese basche in potere dell'oligarchia sono strettamente
vincolate tra sé per mezzo di consiglieri e proprietari comuni.
Allo stesso modo, le famiglie oligarchiche agiscono in un ristretto limite
di relazioni sociali e familiari, come una casta chiusa ed esclusiva.
I principali cognomi dell'oligarchia basca sono intrecciati tra sé
da generazioni. E gli unici spiragli a questa endogamia si prenotano all'apparentamento
con altre famiglie dello Stato, pure oligarchi o proprietari terrieri,
proprietarie di titoli nobiliari. O a pochi cognomi britannici, francesi,
tedeschi, etc. associati ad imprese o commerci dalle origini dell'industrializzazione.
I nipoti attuali dei fondatori di questa casta portano pertanto cognomi
come Ybarra, Zubiria, Mac Mahón, Aznar, Gandarias, Urquijo, Oriol,
Alzola, Chavarri. Un'altra caratteristica di questi che chiamò
Unamuno"conti siderurgici", è la tendenza a truccare
la loro origine plebea con titoli concessi dalla casa reale spagnola.
Dagli anni venti la febbre di titoli creó una vera competizione
per l'ottenimento di nobiltà artificiali: conte Zubiría,
marchese di Acha, di Chávarri, di Pianura (Fante), di Arriluce
Ibarra, di Triano, di Mac Mahón. conti di Cadagua. Titoli che in
seguito il regime repubblicano soppresse con buon criterio. Ma che il
franchismo restaurò ed ampliò scriteriatamente.
I cattivi biscaglini
Oltre a questi giochi nobiliari, l'oligarchia biscaglina
è soprattutto responsabile di almeno tre considerevoli colpe storiche.
In primo luogo, dei problemi politici derivati dall'incorporazione forzosa
dei baschi allo Stato spagnolo. Cioè, della sparizione dell'antica
sovranità giurisdizionale.
In secondo luogo, dello sfruttamento economico del paese basco e di centinaiadi
migliaia di emigranti spagnoli, grazie alle agevolazioni ottenute per
lo sviluppo industriale dietro l'abolizione delle Giurisdizioni.
E finalmente della distruzione del sistema ecologico ed urbanistico, realizzata
sistematicamente ed irresponsabilmente, durante più di cento anni,
a nome dell’" interesse generale."
Quando qualcuno domanda i motivi che poteva avere la Spagna per occupare
il territorio basco nel secolo XIX, per rompere lo status di convivenza
anteriore e farla finita con i suoi Fueros e libertà, obbligando
i suoi cittadini ad essere costituzionalmente spagnoli, la risposta non
può essere altra: l'interesse individuale di una minoranza degli
stessi baschi. L'oligarchia commerciale e minatrice biscaglina, dopo la
grande-industriale e finanziaria, era il settore sociale più interessato
alla sparizione delle particolarità basche, nell'abolizione agì
come quinta colonna dell'interesse centralista nell’ampliare la
riscossione dello Stato e nell’inglobare nuove terre coi suoi uomini
al comando. Con l'abolizione del 1876, culminò il suo lavoro a
beneficio dell'unità della Spagna.
Per Arana i principali colpevoli delle disgrazie basche sono, soprattutto,
i cattivi biscaglini, gli oligarchi spagnolisti, per il loro aiuto e collaborazione
con l'invasore, per il loro rifiuto della lingua, la cultura ed altre
identità nazionali basche. L'infortunio di Bizkaya, nelle parole
di Arana," supera ad ogni ponderazione, se osserviamo la dimenticanza
ed abbandono, migliore ancora, il disprezzo e l'accanimento che, in mezzo
alla sua disgrazia è oggetto da parte dei suoi figli questa nazione
sfortunata." La riflessione di Ragno è causata per la"
crudele disgrazia in che l'ha sommersa la straniera dominazione a Bizkaya,
unanimemente col male che molti bizkainos rinnegati gli fa direttamente".
Questa oligarchia, primo commerciale, dopo minatrice, dopo siderurgica
o naviera, più tardi finanziaria e dopo tutto contemporaneamente,
ma sempre speculatrice, è dalla prospettiva nazionalista la classe
che ha fatto possibile le disgrazie politiche di questo paese. È
chi ha complottato sempre col potere politico e militare spagnolo da Espartero
e Cánovas fino a Juan Carlos, González o Aznar, passando
per Franco, per privare i baschi della sua capacità di decisione,
del suo potere di sovranità o autodeterminazione e delle sue libertà
politiche, economiche e culturali. E tutto lo fece e lo segue facendo
non perché creda in Spagna o in Europa o ami fervorosamente alla
Spagna, alla sua storia o la sua cultura. Bensì perché era
quello che più conveniva ai suoi commerci ed imprese. Per soddisfare
i suoi interessi mercantili, questa oligarchia cospirò da Madrid,
Bilbao, San Sebastian, Iruñea, etc., contro la permanenza delle
Giurisdizioni e finanziò gli eserciti spagnoli centralista che
sconfissero i carlisti. Comprò e dopo servì in prima fila
nel regime terroristico da Franco, facendo tutta la cosa possibile affinché
sparisse qualunque vestigio di orgoglio e dignità basci che ricordasse
le antiche libertà ed il suo diritto all'indipendenza.
Denaro ed autarchia
Questa oligarchia, come qualunque altra di qualunque
tempo, aveva solo e ha un'aspirazione: fare denaro. Non importa in che
settore economico, né in che posto del mondo, né contro
che prossimo. Non ci sono vocazioni industriali, né finanziarie
o agrarie specifiche nell'oligarchia. Il tipo di commercio o di impresa
è secondario, la cosa unica importante è accumulare capitale.
L'unico commercio è il denaro, benché il suo cognome possa
essere agricolo, industriale, commerciale o finanziario. Pretendere che
l'oligarchia ha altri interessi che non siano quelli di ottenere il massimo
beneficio col minimo rischio è un'ingenuità. Tutto il suo
discorso sull'interesse generale, le sue apparenti preoccupazioni sociali,
la nazione o la creazione di impiego sono altrettante fallacie.
Questa oligarchia è il principale responsabile della convulsione
politica, sociale ed economica che i baschi soffrono dal secolo XIX. Abbatterono
le Giurisdizioni per potere tirare fuori del territorio tutto il minerale
che volessero. Eliminarono le restrizioni per potere importare tutti i
braccianti che eccedevano nel campo spagnolo, come manodopera economica,
usandoli in condizioni indegne ed inumane. E grazie alla sobreexplotación
di questi uomini e queste terre, durante più di cento anni accumularono
favolose quantità di denaro in mani private, fecero fortune personali
e familiari, che cinicamente chiamano la ricchezza del paese e confondono
con l'interesse nazionale. Finalmente occuparono i sistemati politici
dello Stato e delle province basce, o comprarono ai politici che li occupavano,
per fare leggi che permettessero loro di mantenere la sua egemonia economica
e sociale. Allo stesso tempo acquartieravano gli eserciti spagnoli in
suolo basco, costruivano case per il Carabiniere, finanziavano quartieri,
chiese e scuole spagnole, proibivano il nazionalismo basco e fomentavano
lo spagnolo, perseguivano al movimento operaio e giustificavano al capitalismo,
provocavano colpi di Stato o guerre civili e si circondavano col protezionismo
doganale o l'autarchia economica. Le sue leggi imbrogliate permisero loro
di spezzare le città ed i campi, alzare dappertutto camini, avvelenare
l'aria e l'acqua. E cento anni dopo, quando avevano esaurito questo modello
diedi sfruttamento e dispari li serviva per continuerò a guadagnare
denaro, l'abbandonarono là ricerca diedi altri commerci più
redditizi.
La trasformazione socioeconomica di Bizkaia ha luogo tra 1840 e 1860.
Ma fino a finali di secolo non troviamo una serie di famiglie collocate,
protagonisti di questa trasformazione. Conosciamo i" grandi"
cognomi di quegli anni. Sono i primi oligarchi come Arellano, Mazze, Epalza,
Olávarri, Lequerica, etc., che coniarono le sue fortune nel monopolio
della speculazione commerciale o il trasporto e che pronto furono sostituiti
o imparentarono con altre famiglie, formando le attuali famiglie oligarchiche.
L'oligarchia ruppe il modello economico tradizionale, senza chiedere a
nessuno delle sue preferenze o necessità né dare tempo a
che evolvesse di modo naturale e spontaneo. Questa oligarchia, utilizzando
il suo braccio militare e politico spagnolo, finì con le Giurisdizioni,
reprimendo le proteste e senza lasciare che il paese basco decidesse sulla
sua propria esistenza. Così, quando lo credè necessario,
l'oligarchia si trasformò in classe politico dirigente, comprò
voti, corruppe elezioni e dominò lo scenario politico basco e spagnolo.
Normalmente si utilizzano le date della fondazione delle prima siderurgiche
che dopo in 1901 si fusero in Alti Forni di Biscaglia o fondavano le principali
banche, per annotare i primi nomi di questa oligarchia. Tra questi stanno
già gli Ybarra, Zubiría, Galindez, Chávarri, Echeverria,
Gandarias, Mac Mahón, Salazar, Martínez Rivas, Fante, Aznar,
Alzola, Villalonga, Allende, Urquijo ed altri. Benché le origini
dell'oligarchia basca siano commerciali e minatori fondamentalmente ancorati
nel secolo XIX, il suo vero insediamento non si prodursi fino all'arrivo
dei commerci siderurgici, la crescita delle navieras, la fondazione delle
grandi banche, il monopolio dell'industria elettrica spagnola o l'installazione
nel secolo XX di nuove fabbricazioni come le chimica e cartarie, il caucciù,
il vetro, i materiali di costruzione, etc.
Il nemico in casa
Da 1890 l'oligarchia biscaglina, liderada per Chavarri,
Martínez Rivas, Zubiría, Gandarias, Urquijo, Ussia, Aresti
o Ybarra, guadagnava le elezioni nei distretti provinciali, senza appena
opposizione. Per ciò utilizzavano tutte le risorse legali ed illegali
alla sua portata. Il più conosciuto fu quello dell'acquisto di
voti che perfino si annunciava nella stampa e mediante il quale ottenevano
il favore di operai e baserritarras. Non può spiegarsi altrimenti
che il partito dei ricchi guadagnasse sempre in distretti come Baracaldo,
Gernika, Balmaseda, Markina, etc. Ottenere il monopolio della rappresentazione
politica in Spagna era una delle chiavi per questi oligarchi, dato che
attraverso i suoi posti a Madrid e mediante alleanze nel Congresso, sommate
alle pressioni delle Confindustria basco - catalane, potevano ottenersi
le riforme doganali, le domande e l'aiuto statale che i suoi prodotti,
incapaci di competere in Europa per la sua scarsa qualità, necessitavano
per vendersi nel mercato spagnolo in regime di monopolio. Nelle pratiche
elettorali fraudolente, pronto emerse l'oligarca minerario Víctor
Chávarri che usava a piene mani il denaro. Senza dubbio fu il gran
corruttore di finali di secolo. Fu Víctor Chávarri che morì
a 45 anni in 1890, il rappresentante paradigmatico ed il leader di questa
oligarchia e delle sue pratiche nefaste, duramente criticate la stessa
cosa per i nazionalisti che per i socialisti basci. Chávarri fu
deputato biscaglino e senatore spagnolo, promotore del consociativismo
imprenditoriale, difensore del protezionismo ad oltranza, impresario insaziabile
e, come disse Ragno dietro la sua morte," uomo funesto per Bizcaya."
Graffia che aveva distinto all'industriale portugalujo con alcuni invettive,
non si morse neanche la lingua il giorno delle sue funzioni funebri, e
con quella radicalidad espressiva che lo caratterizzava, scrisse:
"Bizkaya si congratula perché c'è desparecido del suo
seno il suo più crudele nemico e con Bizkaya si congratulano i
suoi buoni figli [.] con più motivo che quello che ebbero per celebrerò
il [morte] diedi Cánovas, perché dà tutte gli partii
sarà sempre il nemico diedi casa più pernicioso e temibile
diedi quello diedi fosse."
Da parte sua, il settimanale socialista La Lotta di Classi, benché
apprezzasse il suo talento imprenditoriale, diceva di Chávarri
che" aveva affanno caciquil di intrometterlo tutto, in fare e disfare
quello che gli veniva in voglia. Biscaglia era il suo feudo. Deputazioni
e Municipi erano quasi nella sua totalità la sua" fattura.
Dopo essere morto Chávarri, il potere politico di questa oligarchia,
lontano da diminuire, si accrebbe. Ancora sorprende e mortifica vedere
come nelle elezioni municipali di 1901 il conte di Zubiría che
presiedeva il Consiglio di Amministrazione di Alti Forni, uscì
scelto per Bilbao. O che un suo cugino, il marchese di Ibarra, del Consiglio
di Orconera ed il Franco Belga, presidente di Cestino, guadagnava in Baracaldo.
In Durango era un altro marchese che risultava eletto ed in Gernika, niente
meno che Gandarias, presidente del Circolo Minerario, consigliere di Baskonia,
etc. Finalmente, in Markina il trionfatore era Allende, consigliere della
Banca di Biscaglia e magnate delle ferrovie, ed in Balmaseda si portava
i verbali Benigno Chávarri, fratello del defunto, erede del marchesato
e dello stesso manto oligarchico.
I successi elettorali degli impresari dell'oligarchia españolista
non furono inquietati fino a che il nazionalismo ruppe il suo astensionismo
iniziale, dietro la morte di Ragno. Questo astensionismo, difeso per i
primi indipendentisti basci per le elezioni spagnole, normalmente superava
il 55 percento del censimento nelle zone di maggiore introduzione come
Bilbao. Tuttavia, una parte dell'oligarchia aveva penetrato nel PNV della
mano di Fante, in 1898. Pochi anni dopo, scomparso Sabino, stava in condizioni
di imporre un giro alla politica elettorale nazionalista. Sotto l'influenza
ed il denaro di Fante, lentamente il PNV fu lasciando da parte il radicalismo
iniziale, girando verso le tesi regionalistiche catalane e riuscendo ad
imporre la partecipazione nella pratica politica dello Stato.
L'influenza della borghesia, soprattutto dopo il gran periodo di arricchimento
della prima guerra mondiale (1914-1918), fu decisiva nel nazionalismo.
Verso 1917 Fante era l'oligarca più poderoso non metta solo i baschi,
bensì possibilmente l'uomo più ricco dello Stato spagnolo
ed i suoi uomini di fiducia, incominciando per suo proprio figlio, entravano
di pieno nella vita politica utilizzando per ciò la piattaforma
del partito motivato per Ragno. Da allora il PNV, convertito in Comunione
Nazionalista, incominciò a guadagnare elezioni spagnole. In 1918
otteneva il trionfo in quattro dei sei distretti biscaglini. La presenza
del gruppo di Fante nel nazionalismo provocò l'indurimento della
vecchia politico españolista dell'oligarchia. I trionfi elettorali
del regionalismo di Fante provocarono la concentrazione politico españolista
in una Lega di Azione Monarchica, 1919, nella quale militarono i vecchi
oligarchi come Gandarias, Chavarri, Ybarra, Aznar, Echevarria, Arteche,
Aresti, Balparda, etc., con alcuni nuovo come Bergé o Careaga.
Questo gruppo sarà nel suo ispanismo più belligerante dei
suoi predecessori i chavarristas, scendendo a patti a volte col socialismo
di Scuro e sempre contro gli interessi vasquistas. Grazie a questa reazione,
ed anche dovuto alla divisione tra i nazionalisti di CNV ed Aberri (1917-1923)
l'oligarchia girerà a recuperare i sistemati politici basci, prima
e durante la dittatura di Cugino di Rivera.
Impresari franchisti
L'oligarchia basca, affrontata al potere politico
dietro la caduta della monarchia e la proclamazione della repubblica di
1931, sostenne un polso costante con questo regime. Dai suoi organi imprenditoriali,
dai giornali della sua proprietà o dagli scanni delle destre fece
tutta la cosa possibile per evitare ed abbattere ai governi di coalizione
o frentepopulistas. Boicottò anche i piani economici o finanziari
dello Stato e portò a termine un sciopero di investimenti che mise
al regime contro gli archi. Oltre alla crisi economica internazionale
degli anni trenta, questi atteggiamenti contribuirono alla chiusura di
imprese, all'aumento della disoccupazione e dei confronti sociali. In
generale, la carta della gran imprenditorialità durante la Repubblica
fu quella di una leva colonna sabotatrice. Una volta che le truppe di
Franco dominarono Basco, invece, si diedero interamento a lavorare a beneficio
dello Stato fascista. Tutta l'oligarchia basca, ad eccezione di alcuni
come il Fante ed il suo gruppo, o il milionario repubblicano Horacio Echevarrieta,
Lei allineo incondizionatamente e col maggiore entusiasmo con la causa
del franchismo. Questo entusiasmo non decadde un solo momento mentre durò
il regime.
Il franchismo, da parte sua, assicurò a questo settore i migliori
commerci della Ricostruzione e la protezione autarchica del mercato, dove
poterono sviluppare le sue imprese in regime di franchigia. In alcuni
casi, come perfino quello di Aznar, ricevè, come premio per la
sua adesione, le imprese ed i commerci di Fante. Ma salvo casi eccezionali
di chi erano appartenuti al PNV o altri gruppi repubblicani, tutti ottennero
un trattamento di favore, agevolazioni nelle quote di fornitura di materie
prime durante il dopoguerra, privilegi e concessioni di monopoli, informazione
preferenziale e partecipazione nei dividendi del franchismo. Molti membri
di questa oligarchia occuparono sistemati politici di rilevanza nello
Stato o nell'amministrazione locale e provinciale. Di essi, una prima
generazione che aveva fatto la guerra monopolizzò per anni i comuni
più importanti. Tra i che occuparono quella di Bilbao stavano José
María di Areilza, Oriol, Fernando di Ybarra, Pedro di Aristegui,
Rubato di Saracho, Berasategui o Pilastro Careaga. Nelle deputazioni stettero
Javier Ybarra, Isidoro Delclaux, Urquijo, Unceta, etc. E tra gli ambasciatori
conosciuti, lo stesso Areilza, José Félix di Lequerica ed
altri.
In Vascongadas il controllo politico lo mantenne una élite di membri
della gran borghesia industriale e finanziatrice. Si rimetteva così
la tradizione di periodi anteriori al franchismo in cui i gruppi oligarchici
si preoccuparono sempre di controllare il potere politico provinciale
o locale. Durante il franchismo, l'oligarchia raggiunge il momento di
maggiore rappresentazione ed udienza davanti al potere centrale. Per ciò,
le famiglie della gran borghesia, tradizionalmente monarchiche e liberale-conservatrici
nella sua maggioranza, apostatarono pubblicamente delle sue militanze
anteriori per approfittarsi del periodo splendido di benefici e delle
opportunità politiche che il franchismo offriva loro. Non importò
loro vestire camicia azzurra o guerriera militare, passando dal fascismo
iniziale fino al liberismo tecnocrata o la dittatura dei suoi funzionari.
Nel caso biscaglino il personale politico del franchismo fu composto in
una buona parte per impresari strettamente legati con l'industria e le
finanze. Al meno un 25 percento del totale dei carichi pubblici furono
occupati per questi. Man mano che trascorreva il periodo di Franco, il
numero di impresari si stabilizzò, ma ogni volta tra essi erano
più numerosi gli oligarchi, cioè, chi avevano maggiore da
potere economico. Alla fine del franchismo questa circostanza era specialmente
vistosa. È l'ipotesi di Isidoro Delclaux, per esempio, che arrivò
a simultanear i suoi carichi in più di 25 Consiglio di Amministrazione
con alti sistemati politici. Il suo caso fu un genuino esempio del comportamento
di questa élite, occupando le più alte cariche nella Deputazione
Provinciale che erano di designazione governativa" amichevole."
Un altro alavés. José María Oriol fu sindaco di Bilbao
mentre aveva interessi economici e politici e partecipava anche a 14 imprese
con distinte responsabilità come consigliere.
Il caso delle Banche fu paradigmatico rispetto alla concentrazione di
oligarchi in questo periodo. Nella pratica, quelli di Bilbao e Biscaglia
si costituirono come due piattaforme di potere politicoeconomico dalle
quali si dirigevano i settori chiave dello sviluppo degli anni franchisti,
come elettriche, chimiche, costruzione navale, siderurgiche, navieras,
cementi, cartarie, caucciù, automobile, autostrade, etc. Il vincolo
di queste banche, attraverso i membri dei suoi consigli di amministrazione,
col franchismo era diretto e frequenti. La Banca di Bilbao emergeva specialmente
poiché quasi la metà dei suoi consiglieri occupavano carichi
politici, da ministri a procuratori nei Parlamenti.
Al contrario di quello che potesse sembrare, con questo vincolo il franchismo
non pretendeva di investigare o intervenire i commerci e le imprese dell'oligarchia.
Succedeva al contrario, era il proprio regime che era orientato a beneficio
degli interessi finanziari ed industriali degli impresari.
Si può dire che i membri di questa oligarchia costituirono il nucleo
principale della classe politica del franchismo. In questo periodo, l'egemonia
economica e sociale, il controllo politico dell'oligarchia, raggiunsero
i maggiori livelli. Questa embricatura tra potere economico e potere politico
costituì una vera privatizzazione dell'apparato di governo che
permise che l'influenza ed il passo degli interessi economici Lei lasciasse
sentire notevolmente nelle decisioni politiche e che di quello modo si
proteggessero e favorissero i commerci dell'oligarchia economica. Grazie
a ciò, le grandi banche, le siderurgiche, le navieras, le industrie
chimiche, le grandi costruttrici, le imprese elettriche ed altri monopoli
concessi generosamente per lo Stato furono controllati dagli eredi delle
vecchie famiglie di oligarchia che agirono sempre in perfetta sintonia
col regime.
Postfranquismo ed impunità
Quando in 1975 morì il dittatore, l'oligarchia
economica non si immolò niente affatto con lui. Al contrario, dando
prove della sua capacità di adattamento, si veniva già preparando
da prima per tornare ad essere monarchica, abbandonando i grandi dinosauri
produttivi come le navieras, costruttrici navali o siderurgiche e per
la collocazione di fanti della sua fiducia nella nuova classe politico
protagonista della transizione ed il postfranquismo. Si trattava di una
ripiegatura tattica, ma solo fino ai telai della seconda fila, lasciando
che. mangia nel periodo repubblicano - i più svegli leader delle
ascendenti classi mezze facessero il lavoro sporco della riconversione
economica e la repressione politica.
La crisi economica che coincise con la staffetta politica nello Stato
rappresentò per Euskal Herria la necessità, reale o inventata,
di riconvertire un'altra volta tutta la sua impalcatura industriale. Neanche
questa volta il paese o i lavoratori furono consultati, benché
l'oligarchia disertasse da questa responsabilità ed abbandonò
in mani delle sovvenzioni statali la liquidazione delle grandi imprese,
come Alti Forni, Euskalduna, Babcock Wilcox, etc., con le che tanto si
era arricchito. Ma si mantenne ancora nei commerci prosperi, come banche,
sicuri, elettriche, chimiche o aumentò la sua partecipazione in
altri come petroli, vetro, materiali di costruzione, autostrade, informatica,
alimentazione, comunicazioni, etc. finalmente La crisi servì per
continuare ad arricchire a questi cognomi a chi i gravi problemi di questo
paese seguivano senza importarloro realmente. Né la disoccupazione,
né i reclami nazionali, né lo scoraggiamento sociale, né
le scarse prospettive dei giovani, né le preoccupazioni dei pensionati
sono della sua incombenza. Quello rimane per il demagogico discorso politico
dei sorpassati fanti della nuova classe politica, in periodo elettorale.
La peggiore disgrazia dei paesi colonizzati è sempre le sue appetibili
ricchezze. Più di cento cinquanta anni fa, questa oligarchia decise
di sfruttare industrialmente quelle di un piccolo paese minerario, agricolo
e marino, malgrado le condizioni naturali non fossero le più idonee,
solo perché conveniva ai suoi interessi privati. Per ciò
dovettero finire con le forme di vita tradizionali dei baschi, con le
sue leggi, le sue abitudini e le sue libertà di un modo tanto smisurato
che fecero a Sabino Graffia dispiacersi della ricchezza di Bizkaia e chiedere
ai cieli il suo sprofondamento, per recuperare la felicità. Questi
oligarchi diventarono spagnoli e chiamarono nel suo aiuto altri spagnoli
a chi sfruttarono anche, invocando per ciò un Stato chiamata la
Spagna. Perché conveniva ai suoi interessi privati, questi oligarchi
importarono le eccedenze di manodopera economica dei cui condizioni lavorative
o sociali si disinteressarono ed ai cui reclami risposero con eserciti
e carabinieri. Durante più di un secolo spezzarono il privilegiato
habitat basco e misero alla sua etnia, la sua lingua e la sua cultura
sull'orlo dell'estinzione. Ora, dopo avere scardinato le sue strutture
e disintegrato politicamente a tutto un paese, quando i commerci industriali
ed armatori hanno smesso di renderloro benefici, con la stessa impunità
che li alzarono, affrontando gli uomini, hanno deciso di abbandonarli
e riciclarli solo perché conviene, un'altra volta, ai suoi interessi
privati.
Nonostante tutto questo, nessun giudice ha domandato loro ragione. Nessun
pubblico ministero istruisce contro essi nessuna causa conosciuta per
malversazione nazionale. Non ci sono corti supreme per i monopoli produttivi
né per questa appropriazione indebita, per la provocazione di malattie
ed incidenti sul lavoro, per i delitti ecologici a gran scala o per l'utilizzo
abusivo e sfruttatrice di manodopera. Rimarranno impuni i responsabili
delle emigrazioni forzose, la cospirazione per il colpo militare, il sollevamento
di eserciti o la macchinazione per la chiusura di imprese, l'occultamento
di benefici, lo smantellamento arbitrario dell'economia. Nessuna udienza
se intenderà della disuguaglianza sanguinante della ripartizione
del reddito, l'alterazione grave della vita delle persone, la manipolazione
dell'educazione e dei mezzi diedi propaganda, la storia pervertita, l'abolizione
delle vecchie legge. Nessuno pagherà per attentare là verità
delle cuce, per l'abolizione della sovranità dei paesi, per negherò
l'autodeterminazione, per alzerò partenze poliziesche armati ed
uniformati contro giovani e vecchi residenti, né per l'aiuto continuo
in cugino grado all'invasione spagnola ed il mantenimento dell'impero.
L'oligarchia si trova a salvo di queste accuse mentre continua ad incrementare
le sue fortune, ogni volta a maggiore ritmo e mediante gli stessi espedienti
di sempre, perché si sa blindata contro qualunque giudizio. I suoi
avvocati hanno poco lavoro e la cosa certa è che nessuna legge
attuale potrebbe trovarli colpevoli di niente di questo. Non perché
siano infundios o calunnie, bensì perché sono precisamente
essi ed i suoi amici politici, la polizia e gli eserciti che c'obbligano
a pagare tra tutti, chi hanno fatto le leggi che li proteggono e chi obbligano
gli altri a compierli nel suo favore.
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