20.05.06
Contro il TAV, la lotta e non la negoziazione
x Iñaki Urrestarazu -
membro dell'Assemblea contro il TAV
Il Treno ad alta velocità
è un pezzo del puzzle neoliberista capitalista ed inseparabile
da esso. Nel processo della globalizzazione esiste un legame profondo
tra il modello produttivo, tecnologico e di consumo, le strutture territoriali,
i processi di urbanizzazione, la sottomissione dei paesi del Sud ed
il modello di mobilità e di trasporto.
Il modello neoliberista è un tutto, nel quale le parti sono inseparabili.
Vediamo questa questione più nel dettaglio, specialmente per
quel che riguarda il trasporto.
Prima di tutto bisogna dire che il potere delle amministrazioni autonomistiche
di Euskal Herria, come quello degli Stati spagnolo e francese, che molti
settori dell'opposizione e che tutta la destra europea, tanto quella
tradizionale come la socialdemocrazia, condividono profondamente l'ideologia
e il progetto neoliberista, e che puntano fermamente sull'integrazione
nel grande mercato europeo capitalista in espansione e nel mercato sempre
di più globalizzato del pianeta. Il protocollo sul TAV firmato
recentemente tra Fomento ed il Governo basco, come i desideri di connessione
con la "Y basca" del Governo navarrese di UPN, sono un esempio.
Una delle caratteristiche più indicative della globalizzazione
è precisamente l'enorme espansione dei mercati, in concordanza
con una produzione e consumo massificati e senza limiti, cosa che genera
un tremendo incremento della mobilità motorizzata per il trasporto
di merci e di persone. In Euskal Herria come nel resto, si tenta di
comprare di importar tutto il possibile, tanto dall'UE come da altri
mercati del Nord o del Sud, per alimentare un favoloso commercio di
intermediazione (supermercati, concessionarie, indistria, superporti,
ridistribuzione commerciale...) e per somministrare alla spirale crescente
del consumo, senza che importi per niente la distruzione con ciò
del tessuto economico più tradizionale e più legato alla
storia, tradizioni, risorse e modi di vita del paese (agricoltura, allevamento,
pesca, commercio, piccola produzione...).
Si tenta di attrarre il massimo di capitali internazionali a cui è
concesso ogni tipo di agevolazione, comodità ed attrattiva (Guggenheim,
Palazzo Euskalduna, porti sportivi...), benché non importi che
distruggano lavoro locale o creino dipendenza ed instabilità
sotto la minaccia della delocalizzazione o si portino la maggior parte
dei loro profitti di giro. Bisogna essere "competitivi" sul
mercato europeo ed internazionale, benché molti spariscano nel
tentativo, vendere ed esportare il più possibile per commercio
di alcuni, creare una Euskadi che sia "potenza economica"
con peso specifico nella nuova cornice europea. È necessario
anche che Euskal Herria si converta, come in tempi scorsi, in un nodo
di speciale importanza nel traffico internazionale di merci e persone,
perché da ciò cadono sempre saporiti benefici. Insomma
che la politica di creazione o ampliamento di grandi infrastrutture
di trasporto con uscita internazionale in connessione con vie interne,
come il TAV, grandi autostrade, superporti, piattaforme intermodali,
aeroporti, e la politica di fomentare al massimo il traffico internazionale
di merci, è una priorità assoluta del potere, una parte
essenziale della sua strategia ed interesse. E pertanto, non negoziabile.
Il fenomeno della decentralizzazione di determinate fasi della fabbricazione
di un prodotto in differenti posti più o meno lontani tra sé
per dopo trasportarli all’impianto assemblatore o il centro di
distribuzione caratteristici della globalizzazione incidono un'altra
volta sull'espansione incontrollata del trasporto. Tutto ciò
significa che le distanze si allungano in una maniera impressionante;
ora quello che si produceva prima in uno spazio ridotto, richiede moltissimi
chilometri di spostamenti fino ad arrivare al prodotto finito e fino
a che questo si metta nelle mani del consumatore. Quello che diciamo
è applicabile all'industria automobilistica, aeronautica, come
a praticamente tutti i rami dell'industria e, in pieno, ad Euskal Herria.
Cosicché, dentro questo modello, se il trasporto cede, tutta
l'attività produttiva si paralizza ed i prodotti non arrivano
al consumatore. Cosa che nemmeno è negoziabile per il potere.
Altrettanto potremmo dire rispetto al ruolo assegnato al Sud. La funzione
che gli è attribuita è quella di somministrare a buon
mercato le risorse energetiche (gas naturale, petrolio...), minerali
e di un altro tipo (legno...) di cui le imprese e commerci del Nord
necessitano, come gli alimenti e la produzione sussidiaria a prezzo
di affarone (vestiti...) con destinazione i grandi supermercati (Eroski
tra altri) e l'insaziabile consumo e modo di vita dei paesi industriali
"sviluppati" tra i quali si trova Euskal Herria. Un'altra
volta vediamo, dunque, quello che rappresenta il trasporto nella nostra
società di consumo.
L'urbanizzazione e metropolizzazione galoppante che viviamo dimostra
di nuovo che la mobilità estrema è consustanziale al sistema
neoliberista, tutto il contrario di prossimità e vicinanza. Sappiamo
che, storicamente, l'urbanizzazione, la creazione di città e
grandi agglomerati, è relazionata, oltre che con la meccanizzazione,
con la liquidazione dei modi di vita agricoli, con la "liberazione"
della manodopera necessaria per l'industria a base di spogliarli delle
loro risorse e mezzi di sussistenza. Così è stata la storia
della grande concentrazione demografica prodotta, per esempio, nella
Sponda Sinistra del Nervión nel corso delle diverse fasi di industrializzazione
avute. Le cose continuano oggi ugualmente qui, in Euskal Herria, e molto
di più a livello planetario dove la popolazione tende a concentrarsi
massicciamente su giganteschi agglomerati urbani, dove risiede già
più della metà della popolazione mondiale. In realtà
intorno alle urbes esistono grandi interessi. Le concentrazioni urbane,
per la loro demografia abbondante, sono mercati privilegiati di ogni
tipo e che inducono sempre alla mobilità.
Mercati di consumo di alimenti che devono essere portati da fuori, provvisti
in sempre maggior misura dai grandi supermercati che si collocano a
loro volta nelle periferie, inducendo maggiore mobilità motorizzata.
Mercati energetici e di automobili. Oggetti del favoloso commercio delle
agenzie immobiliari e della speculazione di abitazioni e suoli, coi
nuovi modelli di urbanizzazione di poca densità come quelli avvicinati
che non assorbono solo grande quantità di territorio, ma favoriscono
ancora di più le strade e l'automobile. Spazi che allontanano
l'ubicazione dal lavoro e dall'abitazione; che concentrano la burocrazia
e i parassitari servizi banca, sicuri..., e l'industria dell'ozio che
obbligano la gente a trasferirsi dei paraggi dell'urbe; e che ugualmente
stimolano un infinito traffico turistico di fine settimana verso seconde
residenze scappando dalle degradanti condizioni di vita della città.
Territori che nel loro processo di ampliamento costante, di specializzazione
di attività, obbligano alla mobilità infinita e costante.
Questa è la politica che corrisponde agli interessi del potere,
quello che si plasma nei Piani Territoriali Parziali: l'eurocittà
San Sebastian-Baiona, la Bilbao Metropolitana, la grande urbe di Iruñea...;
un continuo abitato ed urbano, inabitabile, infestato di automobili,
ma generatore di grandi profitti.
I poteri autonomistici ed il Governo basco in concreto, nella sua politica
di impulso al movimento di merci e persone, appoggia tutte le forme
di trasporto. Per strada o autostrada automobili e camion, per ferrovia,
per treni ad alta velocità persone, merci e perfino camion carichi,
via aerea e marittima compreso il traffico marittimo di camion. Tutte
le forme di trasporto sono in principio complementari per essi, perché
il volume di merci e di persone in movimento richiede del concorso di
tutti i sistemi di trasporto. D'altra parte, il trasporto per strada
è uno dei sistemi privilegiati, nonostante dichiarazioni al vento
in favore del treno, e non per caso. In effetti, il trasporto per strada
è legato a grandi interessi: le costruttrici di autostrade e
l'industria del cemento, l'automobilistica e tutte le sue industrie
ed attività annesse e dipendenti, come il settore dell'energia,
specialmente del petrolio che si alimentano del trasporto. Le fantasiose
pretese di fare passare il trasporto dalla strada al treno, nel sistema
attuale, si trovano davanti ad un muro assolutamente insormontabile,
per quanto si argomenti l'enorme occupazione del territorio e delle
terre agricole che danno al potere uguale, i problemi di traffico o
una pretesa mobilità più razionale. Questo tipo di trasporto
fa parte indissolubile del sistema. In più, il trasporto pubblico,
che difendono alcuni con tanto impegno, in realtà svolge un ruolo
concreto dentro il sistema attuale: quello di non sovraccaricare il
traffico, e quello di non collassare ancora più il trasporto
che tanto importante è per essi.
I tentativi di mettere toppe non conducono a nessun posto e neanche
il sistema sta per ammettere toppe nel suo montaggio. Da questo che
si deduce che le pretese negoziatorie sul tema sono esposte al niente,
per quanta partecipazione popolare si possa avere. Non possiamo né
dobbiamo metterci a gestire ed incanalare le offese che crea il sistema
senza eliminare le sue cause. Né credere che possiamo cambiare
il sistema a base di negoziazioni successive. Quello di cui si tratta
è di paralizzare mediante la lotta, la più ampia ed autoorganizzata
possibile non c'è un'altra maniera, il massimo di selvaggi progetti
in prospettiva, tra altri il TAV. E contemporaneamente continuare a
creare le basi reali per ridurre quell'enorme mobilità di merci
e persone, discutendo il sistema tecnologico, produttivista e consumistico,
l'espansione dei mercati, la metropolizzazione, lo sfruttamento del
Sud e favorendo il vicino, la cosa propria, la cosa necessaria, la cosa
piccola, la cosa comunitaria...
Una grande sfida, naturalmente, sulla quale bisognerà lavorare
ed approfondire molto, ma che si afferma come l'unica strada. Come non
si riusciranno quelle basi reali è con dichiarazioni retoriche,
o con negoziazioni che dovrebbero implicare, d'altra parte, rifare tutta
l'impalcatura socioeconomica, poiché il potere non cede questioni
essenziali per negoziazione. Quello che possono fare, è implicarci
in cambio di piccoli miglioramenti nella cosa sostanziale della sua
strategia. Ci sono correnti ecologiste ed eminenti professori di università
che credono che può riuscirsi la sostenibilità senza discutere
le basi del sistema, cioè, dentro il sistema, nella linea del
cosiddetto ecocapitalismo o capitalismo verde. A base di più
stato, imposte, "controllo" delle multinazionali e pretese
razionalizzazioni del sistema. Sarà che abbiamo concetti differenti
di sostenibilità. Questo, in fondo, è un concetto che
si presta, svuotato di contenuto economico e sociale, a perpetuare il
sistema. In realtà, il potere, il Governo basco in concreto,
non si stanca di adornare con questa parola tutti i suoi progetti. Qualcosa
darà adito a ciò. Non c'è altro che vedere, per
esempio, il recente articolo della Consigliera di Trasporti del Governo
basco, Nuria López di Guereñu, un autentico monumento
alla bugia.
Iñaki Urrestarazu - membro
dell'Assemblea contro il TAV
Euskal Herria