editoriale del quotidiano GARA del 16.04.2004
NUOVA IMMAGINE E VECCHI PROBLEMI
Il discorso di investitura di José Luis Rodríguez Zapatero
ha ieri evidenziato un’immagine molto differente da quella di
José María Aznar e, per molti versi, anche da quella di
Felipe González. I suoi continui riferimenti al dialogo come
strumento di governo, il suo impegno di ascoltare la cittadinanza, la
sua difesa dei diritti della donna e della non discriminazione delle
persone "per ragione delle loro preferenze sessuali", la sua
scommessa sul "miglioramento sociale dei più umili"
ed il suo riconoscimento della pluralità sono aria nuova rispetto
a quanto si è potuto ascoltare dai presidenti spagnoli finora.
Tuttavia, non si può sorvolare sul fatto che, approfondendo il
discorso, per quanto bene abbia potuto suonare, rimangono molte incognite,
per esempio, i cambiamenti annunciati sul modello familiare non arrivano
alla possibilità che bambine e bambini possano essere adottati
da coppie eterosessuali ed omosessuali, ed il miglioramento sociale
per i più umili può scontrarsi con l’impegno per
la "stabilità di bilancio", che non specifica una distribuzione
del denaro pubblico a favore di nuove priorità e con una riforma
fiscale che parla di un sistema più equo, ma che non chiarisce
se sarà più progressivo dell'attuale, né si impegna
per la lotta contro la frode fiscale. Ci sono due questioni specifiche,
che riguardano in modo particolare Euskal Herria (Paese Basco, N.d.T.),
nelle quali il discorso del prossimo presidente del Governo spagnolo
mantiene limiti del passato: il riconoscimento del diritto dei popoli
a decidere liberamente e democraticamente il loro futuro e la cosiddetta
"lotta antiterrorista".
José Luis Rodríguez Zapatero pretende e, per quanto visto,
ci riesce, di presentare come un progresso ammettere "la legittimità
delle riforme statutarie" se fatte nel rispetto della Costituzione
e con ampio consenso. Questa è solo l'accettazione della legalità
attuale. Né più né meno. Sarebbe singolare se non
ammettesse l'utilizzo dei meccanismi che gli statuti stessi prevedono
per la loro riforma. Succede, tuttavia, che questo non risolve il problema
territoriale che ha lo Stato spagnolo. Oggi, ciò che la cittadinanza
di Euskal Herria ed anche quella di Catalunya stanno chiedendo, è
la facoltà di decidere loro stesse il loro futuro e, come hanno
concordemente affermato Pasqual Maragall ed Arnaldo Otegi, se ciò
deve comportare riforme costituzionali è un problema delle autorità
spagnole, non dei popoli basco e catalano. Ma in Zapatero si nota paura
di affrontare sul serio l'adeguamento dello Stato alle richieste della
cittadinanza ed il neopresidente opta per una limitata cosmesi del testo
costituzionale.
Riguardo il cosiddetto "terrorismo", nel quale ha mescolato,
contro ogni logica, senza alcuna differenziazione, le azioni di gruppi
islamisti e dell'indipendentismo basco, Zapatero accetta il principio
secondo il quale "non c'è ragione nel terrorismo, non c'è
senso nel terrorismo, non c'è politica nel terrorismo",
il che sembra dare per buono l'erroneo (e catastrofico) principio sostenuto
da George Bush e José María Aznar, per il quale "il
terrorismo non ha cause, solo effetti". Rodríguez Zapatero
si muove in un impossibile equilibrio tra il mantenimento del Patto
PP-PSOE e la creazione di un nuovo foro di dibattito con tutti i gruppi
parlamentari. Si apre così un nuovo modello di consenso, che
bisognerà vedere come si riempie di contenuto, per esempio, come
si coniugano le soluzioni esposte dal PSOE e quelle di Ezquerra Repubblicana
de Catalunya. Per il momento, quello che si sa è che quel patto
ha avuto gravi conseguenze in Euskal Herria, e non per le affermazioni
che si fanno nel suo preambolo, come sostengono il Partito Nazionalista
Basco ed Eusko Alkartasuna, bensì per le restrizioni di diritti
e libertà che si mantengono e che il nuovo Governo non ha dato
segno di volere correggere.
Bisognerà aspettare che Zapatero governi e trasformi il suo discorso
in fatti. Le sue parole hanno mostrato una nuova immagine, ma non hanno
annunciato cambiamenti di fondo per Euskal Herria, neanche quando ha
sottolineato l’importanza cruciale di questa legislatura.