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Herria
2005-05-26
Otegi è stato imprigionato dopo avere deposto all'Udienza Nazionale
·Il magistrato Grande-Marlaska dettò la misura che aveva
sollecitato la Procura
La dichiarazione di Arnaldo Otegi come imputato di appartenenza ad ETA
finì con l'ordine di incarceramento del portavoce di Batasuna,
come si è saputo all'una della notte. La misura fu sollecitata
dalla Procura che perfino espose che si dettasse ordine di prigione incondizionata.
Il giudice Grande-Marlaska ha imposto una cauzione di 400.000 euro come
condizione affinché il dirigente indipendentista basco recuperi
la libertà.
MADRID
Il mahaikide Arnaldo Otegi fu trasportato
ieri in prigione per ordine del giudice dell'Udienza Nazionale Fernando
Grande-Marlaska che gli imputò, su richiesta della Procura, un
delitto di "appartenenza ad ETA" e impose una cauzione di 400.000
euro. La decisione del magistrato fu resa pubblica verso l'una di notte,
dopo una interminabile giornata nel tribunale speciale.
Otegi passò tutto il pomeriggio nell'Udienza Nazionale, in primo
luogo, dichiarando davanti a Grande-Marlaska, per tre ore, come segnalarono
le agenzie, e dopo nell'attesa che si celebrasse la decisione che il magistrato,
in principio, aveva fissato per le 20.30. Comunque, questa decisione non
cominciò fino alle 22.45. Al suo termine, optò per decretare
l'incarceramento di Otegi. Anche l'AVT, secondo le agenzie, chiese la
sua entrata in prigione ma eludibile dietro cauzione di 300.000 euro.
Nelle dichiarazioni ai mezzi di comunicazione, l'avvocato dell'accusa
particolare Pedro Cerracín, riconobbe che la sentenza del magistrato
fu frutto di "un lavoro intenso."
Otegi era accorso all'Udienza Nazionale in qualità di accusato
nell’istruttoria 35/02. Insieme a lui era dovuto comparire per la
stessa questione Jon Salaberria che non presenziò a questa citazione
giudiziaria. L'ex parlamentare di Sozialista Abertzaleak, inoltre, doveva
essere interrogato in relazione con la cosiddetta "imposta rivoluzionaria."
Davanti alla sua assenza, Grande - Marlaska dettò un'ordine internazionale
di cattura contro di lui.
Il martedì, a domande dei giornalisti, Otegi rimarcò che
questa citazione ha più contenuto mediatico che "giuridico"
"Parte del complesso violento"
Il 25 gennaio, Baltasar Garzón
processò 36 militanti indipendentisti per "appartenenza ad
ETA" e li citò per il 31 di gennaio. Posteriormente, il 29
febbraio, comunicò a Joseba Permach e Joseba Alvarez il suo procedimento
per "appartenenza" a banda armata. Quello stesso giorno Garzón
partì verso gli Stati Uniti. In un atto di 267 pagine, segnalò
che "HB-ehi-Batasuna non fa solo parte" di ETA "come braccio
politico, bensì come una struttura in più del complesso
politico-violento progettato per ottenere una finalità concreta
attraverso la sovversione e l'alterazione della pace pubblica quale è
l'autodeterminazione di denominata “l'Euskal Herria." Garzón
ratificò così quanto espresso dal Ministero Pubblico, dove
segnalò che i processati "svilupparono la loro attività
mediante l'utilizzo di una rete di società culturali che mantiene
diretto vincolo" con l'organizzazione armata "alla quale servono
e per i cui fini lavorano." La tesi del giudice Garzón si
sostenta sul fatto che una parte dei benefici delle herriko taverne "gestite
da HB-ehi-Batasuna attraverso la Commissione Nazionale di herrikos andavano
a finire a KAS o Ekin."
Di lì il pubblico ministero concluse che "Batasuna fa parte
della struttura ETA - KAS-Ekin."
La lista di processati in questa
istruttoria, la 35/02, è la seguente: Idoia Arbelaitz, Bixente
Enekotegi, Jon Gorrotxategi, Rufi Etxeberria, Enrique Alaña, Patxi
Jagoba Bengoa, José Luis Franco, Jaione Intxaurraga, Joseba Garmendia,
Juani Lizaso, Rubén Andrés, Maite Amezaga, Izaskun Barbarias,
Gotzon Kortazar, Jon Martínez, Agustín Rodríguez,
Jon Idigoras, Josu Iraeta, Adolfo Araiz, José Antonio Egido, Antton
Morcillo, Karlos Rodríguez, Mikel Arregi, Esther Agirre, Karmelo
Landa, Sabin del Bado, Jasone Manterola, José Luis Elkoro, Floren
Aoiz, Juanpe Plaza, Santi Hernando, Juan Kruz Aldasoro, Kepa Gordejuela,
Isa Mandiola, Shanti Kiroga e Txekun López di Aberasturi, Joseba
Permach e Joseba Alvarez.
La difesa di "Orain herria,
orain bakea" segnò le precedenti apparizioni
GARA
MADRID
La prima delle apparizioni all'Udienza
Nazionale per questa istruttoria ebbe luogo il 31 di gennaio. Dalla scala
di accesso al tribunale, 33 militanti processati sottolinearono che il
loro "unico delitto" era "difendere il diritto di autodeterminazione
per il paese basco." Jon Idigoras e Karlos Rodríguez non poterono
partecipare per problemi di salute. Neanche fu presente Gotzon Kortazar
che è carcerato nello Stato francese. Baltasar Garzón tardò
meno di un'ora a comunicare il suo procedimento ai 33.
Nelle dichiarazioni ai media, reclamarono "il diritto ad un scenario
di pace per Euskal Herria, il diritto a che si rispetti il nostro diritto
a decidere liberamente." Pernando Barrena che non si trova tra gli
accusati, manifestò che "la prova da superare del Governo
del signor Zapatero è rispettare il fatto che i baschi e basche
decidano maggioritariamente."
Nella mano avevano copie di "Orain herria, orain bakea."
Il 29 febbraio, fu il turno di Joseba Permach e Joseba Alvarez. Ambedue
riaffermarono il contenuto della proposta resa pubblica in Anoeta e chiesero
"movimenti. Noi ci siamo mossi e continueremo a farlo", risaltarono.
Davanti a numerosi mezzi, rimarcarono che "al di sopra dei processi,
non ci allontaniamo da quella via." Come spiegò Alvarez, durante
la comparizione il magistrato gli domandò "da quando fa parte
della Direzione Nazionale, come si scelgono i suoi membri, se ETA ha delegati
nella Direzione Nazionale e sulla denominata' Commissione Nazionale di
herrikos."
Zapatero tira la corda
L'incarceramento del leader della
sinistra indipendentista basco Arnaldo Otegi su richiesta della Procura
che perfino sollecitò che non ci fosse possibilità di scarcerazione
su cauzione può essere solo interpretato come un colpo del presidente
del Governo spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, alle
aspettative di un processo di pace per Euskal Herria. Negli ultimi mesi
sembravano essersi stabilite una serie di norme implicite, probabilmente
né patteggiate né concordate tra le parti che determinavano
dentro che parametri poteva muoversi ognuno senza mettere in pericolo
la possibilità che in un futuro non molto lontano fosse possibile
una riconduzione dialogata del conflitto. In questo senso, è necessario
richiamare l'attenzione sul fatto che le continue retate poliziesche che
si sono successe dalla dichiarazione di Anoeta, con terribili denunce
di torture, non fecero che la sinistra indipendentista basca desistesse
dalla sua intenzione di portare il confronto dalle strade al tavolo di
negoziazione. Frattanto, l'attività armata di ETA si è mantenuta
in alcuni livelli compreso nel caso di ieri a Madrid che lo stesso Governo
spagnolo ammetteva che non metteva in pericolo le speranze.
Ma la decisione adottata dall'Udienza Nazionale, imprigionando chi stava
essendo evidentemente uno dei principali interlocutori politici per la
ricerca di un'uscita ragionevole da decenni di confronto armato, suppone
un fallimento assoluto nella catena di fiducia e complicità che
deve accompagnare qualunque processo di pace. In altre circostanze sarebbe
stato possibile pensare che settori reazionari, ancorati nella dottrina
di Rajoy, Mayor Oreja ed Aznar, avessero manovrato dentro un apparato
dello Stato tanto sensibile come il tribunale speciale per silurare un
movimento strategico che non era di loro gusto. Ma l'intervento della
Procura, gerarchicamente dipendente dal pubblico ministero generale, Conde-Pumpido,
nominato direttamente da Rodríguez Zapatero, porta a segnalare
direttamente La Moncloa come responsabile di tanto pericolosa decisione.
Si produce l'aggravante che altri compagni di Otegi, processati nello
stesso processo, sono stati processati e posti in libertà. Sembra
esistere un sentimento di vendetta verso chi tese il ramo di olivo al
Governo spagnolo in Anoeta. Questo non è un movimento in più
di pedine sulla scacchiera. Questo assomiglia troppo a rompere la tavola
e buttarla dal finestra.
.
López Aguilar segnala che l'incarceramento del leader indipendentista"
può essere solo salutato con rispetto"
Il ministro di Giustizia spagnolo, Juan Fernando López Aguilar,
ha salutato questa mattina" con rispetto" la carcerazione leader
indipendentista Arnaldo Otegi, misura che ha interpretato come" un
riflesso del compromesso di tutti i poteri pubblici per farla finita con
ETA che è il nemico comune."
MADRID -. Il titolare di Giustizia del Governo spagnolo ha detto di salutare"
con rispetto" l'entrata in prigione di Otegi," come impegno
di tutti i poteri pubblici ad agire, ognuno nel suo ambito di competenze,
contro il nemico comune che è ETA."
Ha argomentato che questa decisione dell'Udienza Nazionale riflette anche
la lotta contro" tutto quello che circonda" l'organizzazione
armata ETA, in riferimento al suo" apparato di propaganda ed estorsione
che tenta di giustificare l’ingiustificabile."
"È un passo in più nella dimostrazione della determinazione
di tutte le decisioni dello Stato costituzionale di Diritto per continuare
agendo al limite dalle sue capacità e con l'appoggio della società
spagnola per finirla con ETA", ha affermato.
López Aguilar ha concluso ricordando che si sta colpendo continuamente
ETA e "tutto il suo ambiente."
Si arrestano nuclei, si smantellano le sue strutture operative e si rafforza
la cooperazione coi paesi dell'Unione Europea. Lo Stato di Diritto sta
agendo e merita un riconoscimento per ciò", ha concluso.
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