"BISOGNEREBBE PRENDERE MISURE
CONCRETE CHE IMPEDISCANO UN NUOVO SOPRUSO"
Esattamente un anno fa, agenti
della Guardia Civil irruppero nel Parque
Cultural Martín Ugalde di Andoain ed il lucchetto con il quale
sigillarono
la porta di accesso a "Euskaldunon Egunkaria" è ancora
lì. Otamendi conclude
che "hanno voluto dirci che possono fare di tutto contro la nostra
emancipazione culturale". E reclama misure.
Oggi a mezzogiorno, come hanno
fatto ogni mese da un anno, i lavoratori di
'' Euskaldunon Egunkaria '' torneranno a concentrarsi sul Boulevard di
San
Sebastian. Di pomeriggio, ad Andoain, una manifestazione amplierà
la
denuncia di quel 20 febbraio 2003, nel quale l'unico quotidiano in euskara
(lingua basca, N.d.T.) fu chiuso da un giudice e da una polizia spagnoli.
Martxelo Otamendi ha spiegato a GARA cosa provò allora e che ricordo
ha
lasciato quell'operazione.
Un anno dalla chiusura. Che chiavi
nuove ha? Perché e per quale motivo ha
fatto ciò che ha fatto Madrid?
C'è un tentativo chiave
per debilitare la produzione culturale in euskara.
E, per ciò, l'operazione si incentrò su uno degli elementi
più amati:
"Egunkaria" era una delle belle bambine, frutto dell'appoggio
di migliaia e
migliaia di baschi che comprarono il giornale per anni, inserirono
pubblicità ed organizzarono la campagna dal principio. "Egunkaria"
fu un
elemento unificante.
Oltre a debilitarlo, vollero dare un avvertimento a quell'insieme della
popolazione che considera che il futuro di un paese dipende dalla sua
volontà e rivendica il diritto ad avere infrastrutture culturali
ed
imprenditoriali che lavorino nel campo della produzione linguistica. Il
messaggio che vollero trasmettere fu il seguente: "Se voi continuate
ad
ostinarvi nel volere decidere il vostro futuro e rivendicare questo diritto,
questo è quello che vi aspetta". Arrestarono i dirigenti dell'impresa
ed a
gente importante, persone di riferimento come Joan Mari Torrealdai, Txema
Auzmendi o Iñaki Uria. Vollero dare un colpo esemplare: "Noi
siamo capaci di
arrestare questo signore, di accusarlo di essere membro di ETA, di tenerlo
cinque giorni in isolamento assoluto e di maltrattarlo. Cioè, immaginate
cosa faremo con coloro che non sono tanto importanti".
Pertanto, l'obiettivo era minare lo spirito di '' Egunkaria '' e dirci
che
sono capaci di fare qualunque cosa per farci smettere di rivendicare il
diritto a decidere il nostro futuro, ad un'emancipazione culturale. Ci
utilizzarono come capro espiatorio, con l'aggravante dell'applicazione
della
"legge antiterrorista", della chiusura del giornale, dei maltrattamenti,
delle torture e degli autentici soprusi giornalistici nei confronti dei
media. Questa è la valutazione che facevo prima e che faccio ora.
Il trattamento applicato ai detenuti
segnò un salto qualitativo: nessuno si
aspettava che un direttore di un giornale potesse passare per quella
situazione...
Naturalmente, non ho scoperto la
pratica della tortura quando mi
torturarono. Più di una volta ho scritto contro questa pratica.
Ma quando mi
portavano a Madrid, col viso coperto, ero convinto che non mi avrebbero
toccato. C’era il precedente del trattamento subito dagli arrestati
nel caso di "Egin" che, almeno, non comprese torture.
Il nostro caso è stato utile per mettere in cima all'agenda la
pratica della
tortura e per svegliare molte coscienze che fino ad allora erano
anestetizzate. Noi avevamo l'obbligo di denunciare. Se sono capaci di
torturare il direttore di un giornale, che cosa non faranno con un ragazzo
di 18 anni che non avrà la copertura mediatica e l’appoggio
sociale,
politico, sindacale ed istituzionale che possiamo avere noi? Una volta
torturati, avevamo due opzioni; rimanere in casa a leccarci le ferite
o
affrontare la situazione affinché fossimo gli ultimi torturati.
Per me è
chiaro che il mio obbligo morale verso i miei cittadini era muovere il
secondo passo.
Come valuta la denuncia presentata
dal ministro degli Interni spagnolo,
Angel Acebes, contro di voi, per avere denunciato torture?
L'avvocato mi disse che era la
prima occasione in cui denunciavano chi
aveva, a sua volta, denunciato torture e che un ministro spagnolo convocava
una conferenza stampa per parlare espressamente di una denuncia di torture.
Più di una volta avevano dovuto rispondere a domande dei giornalisti
su
questo tema, ma in conferenze stampa convocate per trattare altre questioni.
Hanno tentato, pertanto, di lanciare un monito affinché la prossima
persona
torturata ci pensi due volte prima di denunciare pubblicamente. Almeno,
rimane la soddisfazione che siamo stati capaci di creare, con l'aiuto
della
gente e di alcuni mezzi di comunicazione, una tale pressione sociale e
mediatica che il Governo spagnolo ha dovuto tenere una conferenza stampa
sulla tortura. E questo, a sua volta, ti trasforma in un elemento molto
pericoloso per l’Esecutivo, perché sa che se esce male
da questa
operazione la sua credibilità va a farsi benedire.
Per questo, userà tutti i mezzi affinché sia condannato
per "collaborazione
con banda armata", perché vuole fare credere che io stia seguendo
il famoso
"manuale di ETA", secondo il quale bisogna denunciare torture,
che ci siano
state o no. Ma non mi fermerò fino che non vedrò seduti
al banco degli
imputati gli autori delle torture che ho subito ed i responsabili politici.
Ora o tra 30 anni, come in Argentina ed in Cile.
La mobilitazione sociale è
stata molto intensa e, a suo tempo, quell'unità
creò aspettative interessanti persino a livello politico. Un anno
dopo, per
contro, ognuno continua a stare dalla sua parte, come si vede davanti
alle
elezioni di marzo. Un'altra opportunità persa?
Non è bene nemmeno che si
creassero tante aspettative. Era ciò che era. La
chiusura di "Egunkaria", l'unità di azione da parte di
sindacati, partiti
politici, istituzioni, gruppi euskaltzales (per la lingua basca, Nd.T.)
e di
cittadini comuni, o la risposta unitaria del 22 febbraio a San Sebastian,
davano quello che davano. In questo paese abbiamo bisogno di mettere il
conflitto sulla via della soluzione. E così, molte volte abbiamo
l'impressione che qualunque evento sia quello scatenante di tutto il
processo.
Quella capacità di unità di azione da parte di forze progressiste
ed
indipendentiste basche e della cittadinanza fu davvero un passo importante.
Ma pensare che da lì, automaticamente, sarebbe nato un processo
di
collaborazione permanente tra le forze politiche basche, è chiedere
pere
all'olmo. È vero che per arrivare da qualche parte sono necessari
molti
piccoli passi e quello poteva essere uno, ma diede quello che dava e la
politica tornò sulle sue rotte abituali. La gente sentì
una speranza
collettiva. Quando questo paese incanalerà il conflitto verso la
soluzione,
molta gente parlerà della risposta comune di questo paese alla
chiusura di
"Egunkaria".
La manifestazione di San Sebastian
fu un’ondata di solidarietà, ma
fino a che punto quella solidarietà si traduce in sostegno pratico?
Si traduce nel fatto che la gente
ci ha dato la forza sufficiente per
portare avanti un nuovo progetto in euskara. La Guardia Civil ci lasciò
senza nemmeno i pennarelli. Ci hanno dato quasi 5 milioni di euro ed abbiamo
28.000 azionisti. Stiamo vendendo 21.000 copie e stiamo facendo un giornale
migliore di quello che facevamo prima, con qualche prodotto innovativo,
in
qualche caso. Abbiamo Persino più azionisti che acquirenti.
Come si spiega tutto questo?
Nell’avere un programma umano. Il programma migliore non è
né
Photoshop, né Freehand né Microsoft Word. Il miglior programma
informatico è
la nostra gente, all’interno del giornale tutto il gruppo di
lavoratori e la gente comune. Lo sapevamo già prima, ma la chiusura
del
giornale lo ha dimostrato. Questo tipo di risoluzioni non te lo dà
nessun
programma.
Se la tua gente non è animata collettivamente, è impossibile.
Quella gente
non andò a casa il giorno dopo, ma a fare un giornale. Questo si
ottiene
solo avendo un gruppo di lavoratori convinti di quello che stanno facendo
e
cercando di averli coinvolti nel progetto. È vero che c'era stanchezza
accumulata, perché la chiusura significa un grave colpo spirituale
e
psicologico, ma andarono avanti. E poi c’è la gente della
strada, che,
senza che le sia stato chiesto niente, indice uno sciopero di due ore
a
marzo, una manifestazione enorme a La Casilla, organizzano una Fiera della
Salsiccia, un concerto di musica classica, tornei di carte.... Il programma
umano è fondamentale, senza quello non c'è niente.
Lei parlava, in senso simbolico,
della possibilità di mettere ertzainas
(agenti della Polizia Autonoma Basca, N.d.T.) a difendere il Parque Martín
Ugalde. Le istituzioni basche fanno abbastanza per difendere i progetti
baschi?
Quello che dissi è che dobbiamo
avere la stessa considerazione che ha un
bancomat. Con tutto il rispetto per i bancomat e le entità finanziarie,
mi
sembra più importante, per il consolidamento di questo paese, un
giornale
come "Egunkaria". Della chiusura mi rimane la sensazione di
assoluta
impunità, perché un giudice spagnolo può decidere
la chiusura di un mezzo di
comunicazione e la Guardia Civil può arrestarci e fare con noi
quello che le
pare. Ci applicano la "legge antiterrorista", ci tengono in
isolamento
assoluto, ci torturano ed imprigionano. Se è vero che, da parte
della
società basca, c'è la sensazione che la chiusura di "Egunkaria"
sia stata
ingiusta, illegale ed un sopruso contro la cultura basca e contro il diritto
dei baschi ad avere infrastrutture culturali proprie, bisognerà
prendere
misure effettive che impediscano un nuovo sopruso. È un sopruso
anche
bruciare un bancomat e in quel caso cercano già individuare chi
è stato,
credono di avere trovato prove definitive, fermano i supposti autori del
gesto, li portano davanti al giudice e questo decide il loro ingresso
in
prigione o messa in libertà. Sto aspettando che i giudici baschi
mi chiamino
e mi notifichino che hanno aperto un'indagine sulle torture. Baltasar
Garzón
sta indagando sulle torture, sui maltrattamenti e sulle sparizioni di
spagnoli in Argentina, durante la dittatura. Stanno facendolo anche giudici
francesi, italiani, canadesi... perché Garzón può
indagare sulla pratica
della tortura contro cittadini spagnoli ed i giudici baschi non vogliono
indagare sulla pratica della tortura contro cittadini baschi?
Risponderebbero che “non è di nostra competenza”.
Ma non era
neanche competenza di Garzón, fino a che non ci si mise.... Se
è vero che ci
si crede e che bisogna sradicare la tortura, bisognerà prendere
delle
misure. Che nessuno organizzi tra 30 anni una Commissione della Verità,
in
Euskal Herria, per indagare sulle torture che sto denunciando ora! Sto
denunciandole ora e voglio che si indaghi ora, perché in questo
paese
abbiamo già i mezzi necessari. Che non si ripeta il processo del
Cile e
dell’Argentina.
Come vedi il futuro della stampa
euskaldun (in lingua basca, N.d.T.) in
Euskal Herria?
Con preoccupazione. Benché
stia crescendo, il numero di euskaldunes con
capacità linguistica sufficiente per potere accedere a questi mezzi
non si
sviluppa in proporzione col consumo di questi prodotti giornali, riviste,
dischi.... -. mi considero un ottimista preoccupato. Esiste una sempre
maggiore concentrazione nell'ambito dei mezzi di comunicazione, pertanto,
se
le grandi imprese si fondono, noi abbiamo l’imperativo vitale
di fare
altrettanto. Credo che dovremmo avere la capacità di lavorare
congiuntamente, ma la verità è che ci è ancora difficile
lavorare insieme.
Nel suo caso, le ferite della tortura
sono guarite?
Sì. Sono una persona abbastanza
equilibrata, e credo di avere retto
abbastanza bene, benché questo non rappresenti nessun merito, non
vorrei che
si interpretasse così. Ognuno elabora come può o come sa.
Ciò che mi rimane
è l’indignazione umana. Non ho cambiato l'idea che avevo
sulla Guardia
Civil prima o dopo la tortura. Mi ha motivato di più ad andare
contro la
tortura. La nostra speranza era che, la prossima volta che saranno davanti
ad un detenuto, ci pensino due volte.
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