Tratto da PaesiBaschiLiberi Dal quotidiano GARA del 19.10.2003
Una grande manifestazione ha percorso Donostia per esigere la fine degli attacchi contro l’euskara (lingua basca, N.d.T.) e la cultura in lingua basca. Questo messaggio è stato centrale nell’intervento di Joan Mari Torreldai, arrestato nell’operazione di otto mesi fa, che ha reclamato “l’unità di azione di tutti coloro che si fanno carico dell’identità di questo popolo”. Imanol INZIARTE DONOSTIA Circa venticinquemila persone, secondo la conta che abitualmente realizza GARA, hanno nuovamente dimostrato nelle strade la loro volontà di difendere l’euskara e la cultura basca con la manifestazione indetta da Kontseilua (Consiglio degli organismi che lavorano nell’ambito della lingua basca, N.d.T.) per denunciare l’operazione realizzata dalla Guardia Civil, nella quale sono state arrestate otto persone. Durante il corteo, che è durato poco più di un’ora e mezza, sono stati continui gli slogan che chiedevano la messa in libertà degli arrestati e che denunciavano la tortura. Bisogna ricordare che queste otto persone si trovano in isolamento assoluto in locali della Guardia Civil. La mobilitazione ha avuto come slogan principale «Gora Euskal Herria euskalduna. Bai euskarari (Viva il Paese Basco che parla basco. Sì all’euskara, N.d.T.)», riportato su uno striscione sorretto dai rappresentanti di diversi collettivi ed organizzazioni che lavorano in favore della lingua basca. Fra gli altri erano presenti Itziar Nogueras (Elhuyar), Ainhoa Kastro (AEK), Joxe Mari Arizmendi (Hik Hasi), Mertxe Mujika (AEK), Gabi Basañez (EHE), Ane Agirregomezkorta (AEK), Xanti Jaka (Elkar-Zanbaltzen), Joxean Lizarribar (Berria), Dani Larrea (Emun), Fermín Lazkano (Plazagunea), Imanol Lazkano (Bertsozale Elkartea), Patxi Alvarez (Artez), Iñaki Lasa (Kontseilua), Joan Mari Torrealdai (Jakin) e Xabier Mendiguren (Kontseilua). Sono stati proprio questi ultimi due gli incaricati di dare lettura dei comunicati con i quali si è chiusa la manifestazione. Entrambi sono stati d’accordo nel reiterare l’appello ai partiti politici affinché raggiungano un accordo, si uniscano e si trasformino in «soggetti attivi nella difesa dell’euskara». Davanti ad un Boulevard gremito, il primo a prendere il microfono è stato Xabier Mendiguren e lo ha fatto per presentare Torrealsi, ricordando che «lui non c’era alla manifestazione precedente»; il direttore di Jakin è stato uno dei dieci arrestati nell’operazione che ha comportato la chiusura del quotidiano “Euskaldunon Egunkaria”. In quel momento, accolti da una salva di applausi, si sono portati davanti al palco coloro che portavano i cartelli con le fotografie degli arrestati in questa operazione, Joxe Mari Sors, Xabier Legarra, Mikel Sorozabal, Juan Mari Larrarte, Mikel Azkune, Mikel Arrizabalaga, Angel Ramón Díez e Armando Hernández e quelle dei tre che sono in carcere dallo scorso febbraio: Xabier Oleaga, Xabier Alegria e Iñaki Uria. Torrealdi ha iniziato il suo intervento ricordando coloro che stanno «nell’inferno» che sono «le celle della Guardia Civil». «Non sapete quanto si apprezzi che il tuo popolo non creda all’ondata di menzogne, che creda in te e nel tuo lavoro e si unisca per darti il suo appoggio». Ha sottolineato che «questo attacco non è meno grave di quello di otto mesi fa» e ha previsto che l’obiettivo è «chiudere il Martin Ugalde Kultur Parkea, perché è un luogo simbolico. Vogliono tagliare le radici dell’albero». Juan Mari Torrealda ha chiesto «protezione per il popolo dell’euskara, oltre le manifestazioni, abbiamo bisogno di programmi di lavoro in comune, patti strategici. Non possiamo continuare così, girando nella ruota dell’impotenza». L’appello è stato rivolto a «tutti coloro che riconoscono l’identità dell’euskara e di questo popolo, senza esclusioni. Partiti, gruppi ed associazioni, al di là delle legittime differenze, devono sforzarsi di organizzare un’unità d’azione che faccia fronte all’attacco dello Stato». L’intervento di Xabier Mendiguren si è svolto sulle stesse coordinate, ricordando che «a febbraio, quando chiusero “Egunkaria”, lanciammo un appello rivolto ai partiti politici. Oggi, ancora una volta, dobbiamo lanciare lo stesso appello, affinché siate soggetti attivi nella difesa dell’euskara e nello sforzo per la sua normalizzazione». Ha chiesto un «accordo ampio» per «portare avanti la nostra lingua e la nostra identità», dato che questo «sarà il miglior contributo per il nostro futuro in pace» . Il segretario generale di Kontseilua ha definito «intollerabile» che si arrestino otto persone «per il loro lavoro in favore dell’euskara» e ha espresso la sua preoccupazione «per la situazione di vulnerabilità che stanno vivendo». Durante il suo discorso, ha ricordato che la Carta Europea delle Lingue Minoritarie riconosce il diritto di utilizzare queste lingue e di «promuovere e potenziare la lingua e la cultura di ciascun popolo». Mendiguren si è chiesto se è «tanto difficile comprendere ed accettare ciò che chiediamo noi che parliamo basco». A questo proposito, ha chiesto che si lascino «lavorare in pace» i collettivi che lavorano nel campo della lingua basca e ha ribadito «l’impegno per la normalizzazione linguistica di Kontseilua e delle organizzazioni che ne fanno parte. Non abbiate alcun dubbio», ha assicurato. UN CLAMORE CONTRO GLI ARRESTI E CONTRO LA TORTURA DONOSTIA Alle cinque del pomeriggio, i dintorni del tunnel dell’Antiguo e la passeggiata della Concha ribollivano di gente. Il pomeriggio primaverile invitava a partecipare alla manifestazione e si sono viste persone di ogni età. A quanti si sistemavano dietro lo striscione d’apertura, bisognava sommare tutto coloro che, sui due lati della carreggiata, attendevano il passaggio del corteo per accodarsi. La manifestazione è partita dieci minuti dopo le cinque. Sulla parte superiore del tunnel, uno striscione ricordava un’altra operazione poliziesca, quella che ha portato alla chiusura di diverse Herriko Tabernas (locali sociali della sinistra indipendentista basca, simili alle Case del Popolo, N.d.T.) e l’incarcerazione di tre persone. Dentro al tunnel, sono iniziati gli slogan come «Arrestati liberi» e «No alla tortura». Molte delle persone in attesa ai lati, ricevevano il corteo con cartelli, visibili in alto, sui quali si potevano leggere slogan come «Egunkaria avanti» o «Andatevene (rivolto alle forze di occupazione spagnole, N.d.T.), no alla tortura». La denuncia dei maltrattamenti è stata costante, come si poteva leggere sullo striscione appeso sopra l’uscita del tunnel: «Ertzaintza (Polizia Autonoma Basca, N.d.T.), Guardia Civil, Policia Nacional, CRS (corpo di polizia francese, simile alla Celere, N.d.T.) torturatori». Questo striscione, come altri che erano firmati da Segi (organizzazione giovanile della sinistra indipendentista basca, messa fuori legge nello Stato spagnolo, N.d.T.), è stato sequestrato dalla Polizia Autonoma appena passata la coda della manifestazione. All’altezza di La Perla, un uomo è entrato nel corteo con una ikurriña (bandiera nazionale basca, N.d.T.); non è stata l’unica, ma spiccava per le sue enormi dimensioni; in alcuni momenti ha dovuto fare delle vere acrobazie per mantenerla in alto. In quel punto, molti hanno optato per un «percorso alternativo», avvicinandosi al Boulevard attraverso la Concha; così, quando la testa del corteo è giunta al Municipio, erano già diverse migliaia le persone in attesa. Durante il percorso, alcune persone hanno recriminato ai rappresentanti del Governo Autonomo Basco e del Partito Nazionalista Basco la loro assenza da manifestazioni indette quando si verificano altre operazioni poliziesche. «La settimana scorsa ne hanno arrestati 34, dove eravate?», hanno chiesto alcune donne. Altri si chiedevano dove fosse il lehendakari (presidente del Governo Autonomo Basco, N.d.T.) Ibarretxe; inoltre si sono sentite grida come «PNV spagnolo». L’arrivo
della testa della manifestazione al Boulevard, è avvenuto
contemporaneamente alla partenza del corteo indetto da diversi
collettivi omosessuali per chiedere il diritto di adottare bambini.
I partecipanti a questa manifestazione hanno avuto, sotto forma
di applausi, l’appoggio di quelli dell’altra. |