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Herria 2005-11-21
Processo Per l’ "Istruttoria 18/98”
Incomincia a Madrid il maxiprocessoo contro l'indipendentismo basco
·Rappresentanti politici reclamano che si metta fine alla "criminalizzazione
di idee." GARA raccoglie la testimonianza di varie persone processate
nell’istruttoria 18/98
La nuova sede dell'Udienza Nazionale
spagnola sarà oggi scenario dell'apertura della seduta dibattimentale
del processo iniziato nel 1998 dal giudice Baltasar Garzón contro
persone e collettivi relazionati, in una o un'altra maniera, con l'indipendentismo
basco. Sono 59 i cittadini processati nel quardo del maxiprocessoo 18/98
che saranno processati dal tribunale speciale. La solidarietà
arriverà fino alla Casa de Campo di Madrid, poiché ieri
sera partirono decine di persone da Euskal Herria, in autobus e veicoli
privati, per appoggiare i processati nella prima sessione. Ricevettero
anche l'appoggio di distinte forze politiche che insistono sul fatto
che le attuazioni poliziesche e giudiziarie che originarono questo giudizio
ebbero un chiaro impulso politico. Da parte loro, le persone processate
accorrono alla capitale spagnola con l'intenzione di trasformare questo
giudizio in "un altoparlante della difesa del futuro libero che
merita Euskal Herria."
IRUÑEA
Formazioni politiche come EA,
EB, Batasuna, Aralar ed il PNV constatarono che il processo 18/98 suppone
un ostacolo per i tentativi di mettere in moto un processo per superare
il conflitto, mentre il PSE mostrò la sua speranza che il giudizio
non abbia influenza nel clima politico ed il PP auspicò che "trascorra
con normalità e che la condanna sia forte per tutta la strutttura
di ETA." Il mahaikide di Batasuna Pernando Barrena, da parte sua,
emerse che il 18/98 è "una messa in scena delle politiche
di criminalizzazione avviate dal PP."
Tutte questi manifestazioni si sono prodotte ieri, giorno prima che
nella Casa de Campo madrilena si dia inizio al giudizio contro 59 cittadini
baschi che vogliono dimostrare che sono processati in una causa avviata
per ragioni politiche.
Distinte prospettive
Pernando Barrena segnalò
che il giudizio è "la messa in scena in una vista delle
dinamiche politiche del PP di criminalizzazione di idee ed una dimostrazione
evidente dell'utilizzo della Giustizia spagnola per fare sparire dalla
mappa un'ideologia con migliaia di seguaci in questo paese."
"È completamente contrapposto al porre le condizioni obiettive
per aprire un processo di risoluzione del conflitto e se la scommessa
di pace che, in teoria ed in maniera dialettica, esprime il Governo
spagnolo è genuina dovrà interiorizzare che mantenere
la persecuzione di ideologie e progetti politici non è la forma
per cooperare ad aprire nuovi scenari politici", dichiarò
il mahaikide di Batasuna prima di partecipare all'atto di omaggio a
Santi Brouard e Josu Muguruza che ebbe ieri luogo in Bilbo.
Da parte sua, il presidente dell'EBB del PNV, Josu Jon Imaz, considera,
come manifestò in un'intervista edita da" Berria" che
questo giudizio non "contribuisce a promuovere il principio di
un processo, benché sottolineò non penso che sia un ostacolo
insuperabile." In qualsiasi caso, avanzò che il PNV "esigerà
dalla Giustizia tutta la trasparenza e garanzie necessarie" ed
emerse che il processo è "conseguenza di un eccesso commesso
dal giudice Garzón a suo tempo."
Anche il segretario generale di EA, Unai Ziarreta, notò ieri
che "il macroprocesso è un ostacolo ad un processo di normalizzazione
e pacificazione" ed emerse che lo stesso si basa su mere convinzioni
personali ed è condizionato da un impulso politico."
In simili termini si espresse il parlamentare di EB Oskar Matute che
emerse che il giudizio che incomincia per l’istruttoria 18/98
non "è buono per un processo di pace", reclamò
al PSOE che cerchi di fermare questo tipo di "maxiprocessi"
ed aggiunse che si basa su posizioni politiche che spinsero alla giustizia
a prendere un ruolo nel tema."
Il vicecoordinatore di Aralar, Mikel Basabe, sottolineò che il
contenuto politico del "giudizio" del sommario 18/98, è
qualcosa che, a suo giudizio, non aiuta per niente un processo di pace",
per cui sollecitò a "parcheggiare le inerzie che vengono
dal passato e che i maxiprocessi messi in marcia dall'Udienza Nazionale
si lascino definitivamente" da parte.
"Decisione" della Giustizia
Il coordinatore della Dirigenza
del PSE, Rodolfo Ari, invece, espresse il suo desiderio che il risultato
del giudizio, "sia quello che sia”, non abbia influenza su
un possibile processo di pacificazione.
"Spero che nessuno vincoli il risultato finale di questo processo
o di altri al processo di pace che, naturalmente, dovrebbe darsi in
Euskadi se ci sono le condizioni per esso perché ETA ha lasciato
le armi", segnalò il dirigente del PSE. "In qualsiasi
caso, bisognerà capire che è una decisione della Giustizia",
puntualizzò.
Il segretario di Comunicazione del PP, Gabriel Elorriaga, invece, mostrò
il suo desiderio che "la condanna sia forte per tutta la struttura
di ETA" ed alluse alle tesi di Garzón per indicare che si
giudicheranno gli accusati di integrare una struttura illegale, l'altra
ETA, che agiva senza armi ma con libri di contabilità per dare
appoggio a chi ha pistole e sangue sulle mani."
Causa generale contro la sinistra
indipendentista basca
Niente meno che 59 cittadine
e cittadini baschi si siederanno oggi nel banco dell'Udienza Nazionale
in quello che costituisce una causa generale di questo tribunale speciale
contro l'indipendentismo basco. Gli accusati affrontano imputazioni
di appartenenza o collaborazione con ETA ed i conseguenti solleciti
di pene di prigione, sempre superiori a dieci anni, per avere effettuato
un lavoro politico, giornalistico, sociale o imprenditoriale in maniera
pubblica e senza occultare mai né la loro identità né
le loro intenzioni.
Nessuno potrà negare che ci troviamo davanti ad un giudizio politico
nel quale decine di persone si presentano unicamente davanti ad un tribunale
per la loro appartenenza ideologica alla sinistra indipendentista basca
ed in alcuni casi nemmeno questo e senza che esistano prove in tutto
il sommario 18/98 che nessuno di essi abbia impugnato un’arma,
appartenga ad ETA o abbia collaborato nelle attività di questa
organizzazione armata. Questa causa obbedisce alla decisione del Governo
di José María Aznar di paralizzare l'attività politica
dell'indipendentismo, per in questo modo fondere il motore che potrebbe
condurre Euskal Herria verso la determinazione del suo futuro. E posto
ciò trovò la collaborazione di un giudice, Baltasar Garzón,
che, in base alle relazioni che gli amministrava il Ministero dell'Interno
attraverso l'Unità Centrale di Informazione della Polizia spagnola,
costruì una teoria contraria al rigore storico e alla lettura
obiettiva della realtà secondo la quale ogni organizzazione,
organismo o impresa che si muova in parametri ideologici della sinistra
indipendentista basca faceva parte di ETA. Pertanto, la mera appartenenza
a quell'organizzazione, organismo o impresa trasformava l'individuo
in membro di ETA. Per un tempo, la Sala Quarta della stessa Udienza
Nazionale andò smontando, pezzo a pezzo, simile sproposito giuridico.
Tuttavia, lo Stato si giocava molto in questa operazione e non tardò
a disarticolare la Sala Quarta, sostituendo i suoi membri con altri
più permeabili alle tesi che sosteneva il Governo del Partito
Popolare.
Sarebbe prolisso citare ora gli innumerevoli eccessi giuridici che si
sono prodotti durante tutto questo processo che si è dilatato
durante quasi otto anni, tanto nella sproporzione delle misure adottate,
lunghi incarceramenti, chiusura di un giornale ed una radio, sospensione
di attività di organismi ed imprese... come nella sua debole
base legale.
Per tutto ciò, bisogna concludere che questo processo ha, in
realtà, poco di giudiziario e molto di politico. È la
conseguenza dell'applicazione in Euskal Herria di un autentico stato
di eccezione, nel quale i fine governativi giustificano l'impiego di
qualunque mezzo benché questo sia contrario, non solo al diritto,
ma anche alla ragione. In uno Stato di Diritto, in una democrazia, questo
giudizio si comincerebbe a celebrare nemmeno. E’ da tempo che
la causa si sarebbe archiviata e chi abusò del suo potere giudiziario
o politico per commettere simile sopruso sarebbe stato il vero processato.
Non giudicano 59 cittadine e cittadini, giudicano la loro ideologia.
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