Gara > Idatzia > Euskal Herria 2006-10-03
18/98+
Txapartegi identifica il capo dei "periti" come uno dei suoi
torturatori
Il comandante della Guardia Civil che fa da capo dei "periti"
che dichiarano questi giorni nella Casa de Campos è stato identificato
da Nekane Txapartegi come una delle persone che la torturò. Lo
stesso che tolse il cappuccio a Mikel Egibar che pure denunciò
aver subito torture, affinché vedesse chi l'aveva interrogato.
MADRID
Appena incominciata la fase peritale, Nekane Txapartegi identificò
il capo della guardia civil che dichiarano in qualità di "periti"
come una delle persone che la torturò e interrogò durante
la sua detenzione con l'intervento dell'istituto militare spagnolo.
Txapartegi, processata nel troncone di Xaki, raccontò alla Sala
durante il suo turno di intervento come durante il periodo di incomunicabilità
fu torturata selvaggiamente con l'intervento dei suoi catturatori che
arrivarono perfino a violentarla.
Ieri, l’avvocato Kepa Landa spiegò al tribunale che la
sua assistita riconobbe l'agente G-96330-W, maggiore della Guardia Civil
lo stesso che si assentò un giorno dalla vista senza avvisare
nessuno come uno dei responsabili del suo calvario.
Durante il suo interrogatorio, l'avvocato della difesa cercò
di domandare a questa persona sulla questione, se conosceva la Txapartegi,
se aveva partecipato agli interrogatori...), ma la presidentessa, Angela
Murillo, non gli permise di fare nessuna domanda. "Non c'è
posto", rispose la magistrata davanti alla batteria di domande.
Landa argomentò che questo guardia civil non può esercitare
il lavoro peritale che presuppone imparzialità e la cui funzione
è apportare al tribunale una conoscenza tecnico-scientifica che
questo non possiede, quando è uno di quanti torturarono la Txapartegi,
e sollecitò un faccia a faccia tra la sua difesa ed il dichiarante
per comprovare la credibilità di quest’ultimo, come contempla
l'articolo 451 della Legge di Procedimento giudiziario Criminale.
"Non procede il faccia a faccia", tornò a tagliare
la presidentessa senza dare altre argomentazioni, davanti alla qual
cosa Landa interpose la conseguente protesta e denunciò che si
nuoce al diritto di Nekane Txapartegi ad un giudizio con tutte le garanzie
ed al suo diritto alla difesa."
"Per inimicizia manifesta"
Su questo stesso "perito" ritornò durante il suo turno
Jone Goirizelaia che gli domandò se conosceva a Mikel Egibar
e se sapeva che era stato fermato dalla Guardia Civil. Gli domandò
anche se egli era stato chi elaborò l'attestato di quella detenzione.
"Non procede la domanda", tornò ad interrompere Murillo,
al che l'avvocato replicò che pretendeva di dimostrare l'interesse
manifesto che questo guardia civil ha nella causa.
Goirizelaia aggregò che la perizia di questo agente dell'istituto
militare spagnolo si basa quasi in esclusiva sulle dichiarazioni effettuate
da Egibar durante la sua cattività.
Quando dovette dichiarare, anche Egibar raccontò al tribunale
le forti torture rassegnate durante la sua detenzione, fino al punto
che quando entrò in prigione lo fece vestendo una tuta bianca
perché i suoi vestiti erano sconquassati ed insanguinati. Ieri,
il suo avvocato spiegò che, terminando l'interrogatorio con l'intervento
della Guardia Civil, uno dei suoi interrogatori ordinò che si
togliesse il cappuccio col quale tutto il tempo aveva coperta la testa,
affinché vedesse chi l'aveva interrogato.
Stremato come era, non potè farlo, e fu il suo catturatore che
lo fece. Era lo stesso agente G-96330-W.
La presidentessa non lasciò Goirizelaia domandargli niente al
riguardo, e l'avvocato protestò, sottolineando che in questo
modo ostacolava la possibilità di ricusare il "perito"
per "inimicizia manifesta" verso il suo difeso.
Di querelanti a periti
La magistrata si dedicò durante tutta la sessione a fare lavoro
di contenimento per la parte accusatoria davanti agli argomenti esposti
dalla difesa per screditare il carattere peritale dei dichiaranti e
delle loro relazioni.
Oltre alla mancanza di neutralità dei guardia civil che è
rimasta chiara anche in altre sessioni, gli avvocati misero in solfa
l'abilitazione professionale e la caratterizzazione "scientifica"
che la Procura attribuisce loro.
Per esempio, Landa fece che venisse loro esposta una delle relazioni
che constano nel sommario e chiese loro dell'origine di quel documento.
La risposta fu che si trattava di una denuncia poliziesca.
"E quando decidete voi che non sono più persone che fanno
denunce e che si trasformano in periti?", domandò l'avvocato,
ricordando che una denuncia poliziesca non è in nessun caso un
elemento di prova in un procedimento giudiziario e che quanti hanno
comunicato nelle diligenze anteriori al giudizio non possono deporre
come "periti."
"È il giudice istruttore che decide quello?", seguì
Landa, al che l'interrogato rispose, attribuendosi la funzione della
presidentessa che "credo che quella domanda non sia conforme."
L'avvocato seguì: "È il giudice istruttore che dice
loro che dichiarano come periti?." "Non c'è posto alla
domanda." In questa occasione rispose Murillo.
Landa replicò a sua volta che praticamente tutte le relazioni
peritali sono "mere relazioni di denunce", pertanto senza
valore probatorio, e concluse che "questi non sono periti, sono
poliziotti che ratificano relazioni poliziesche."
Questo stesso avvocato si riferì anche ad una relazione elaborata
da questi "esperti" polizieschi il 13 di gennaio di questo
stesso anno, nel quale si incorpora per la prima volta un appunto nel
quale si dice che "tutti i dati sono stati sottoposti ad un processo
tecnico-scientifico."
Risulta che, come notò Landa, quella relazione si redasse giusto
dopo che la stessa Sala che sta giudicando questo sommario dettasse
una sentenza nella quale si respinge che i membri delle FSE siano considerati
periti. Criterio che si è saltato in questo giudizio, appena
alcuni mesi dopo.
"Non sarà che la Guardia Civil si rese conto che le sue
relazioni non erano peritali?", domandò l'avvocato, alla
qual cosa l'agente rispose che "quella è un'interpretazione
ingiusta della realtà."
Vázquez Montalbán e Javier Sádaba, nella lista
di "accusati"
MADRID. I carabinieri che dichiarano come periti elaborarono una relazione
nella quale appare una "relazione di individui contro la quale
si dirigono imputazioni concrete." In quell'elenco, oltre a vari
dei processati, appaiono nomi come quello dello scrittore Manuel Vázquez
Montalbán deceduto nel 2003, il filosofo Javier Sádaba
o la scrittrice Eva Forest, tra molti altri. "Sanno se queste persone
sono incriminate?", domandò Iruin. Non gli seppero rispondere.
Le riunioni del Tavolo Nazionale di HB erano "clandestine"
MADRID. Analizzando il funzionamento di Herri Batasuna che non era stata
ancora messa fuorilegge, uno dei "periti" affermò che
le riunioni del Tavolo Nazionale "erano clandestine, si celebravano
con grandi misure di sicurezza e con contro vigilanza di militanti di
HB." Aggregò, per dare appoggio a questa argomentazione
che non poteva assistersi alle stesse come ad una partita di calcio
o un plenum di un Municipio." Non spiegò in che formazione
politica si può.
"Confusione" tra il Tavolo Nazionale e l'Assemblea Nazionale
MADRID. I guardia sostengono che "Eneko", uno dei nomi che
appaiono in documenti suppostamente sequestrati ad ETA, è Joxe
Mari Olarra. Per ciò, hanno argomentato, tra le altre cose, che
si deduce dai documenti che era membro del Tavolo Nazionale di Herri
Batasuna. Ieri dovettero riconoscere, su domanda di Iñigo Iruin
che si menziona l'Assemblea Nazionale della formazione indipendentista
basca in quei documenti. "Un errore di traduzione", argomentarono.
I processati continuano a partecipare ad atti a Madrid
MADRID. Da quando si desse inizio al giudizio, già più
di dieci mesi fa, i processati hanno partecipato a vari atti, conferenze
e colloqui organizzati da diversi collettivi solidali di Madrid. Ieri,
il Comitato di Solidarietà con Euskal Herria di questa città
organizzò una conferenza-colloquio sul sommario 18/98 e la situazione
delle persone processuali. L'atto si celebrò nel bar Grándola,
del quartiere di Lavapiés, e parteciparono Xabier Alegría
e Nekane Txapartegi.
Mantengono un perito la cui identità non concorda
MADRID. L'avvocato Jone Goirizelaia evidenziò che uno dei "periti"
che ha dichiarato riguardo varie relazioni non ha sottoscritto nessuna
di esse e che, in realtà, il numero di identificazione che consta
in esse non era il suo, né quello di nessun altro dichiarante.
Per ciò, sollecitò che questo guardia civil fosse estratto
del processo e che queste relazioni non fossero prese in considerazione.
"Il perito non sparisce e rimane qui, tranquillo", rispose
la presidentessa.
Un metodo di lavoro "scientifico" imparato in 3º Liceo
MADRID
"Che cosa è il metodo induttivo? In che università
si studia? C'è qualche titolo che accrediti la sua conoscenza?."
Kepa Landa lanciò questa serie di domande ad uno dei "periti"
in relazione al metodo che questi hanno esposto come sistema utilizzato
nel loro lavoro il cui carattere scientifico hanno difeso tanto essi
come la Procura.
L'agente si arrischiò a spiegare che il metodo induttivo "parte
da un elemento o dato concreto che si integra con altri elementi, e
dal cui studio si creano alcuni modelli o ipotesi che dopo si confrontano."
L'oppose al metodo deduttivo "che parte da alcune premesse generali
per arrivare alla cosa concreta."
Aggregò che essi combinano entrambi i metodi per giungere alle
loro conclusioni.
"Ma, è un metodo scientifico? C'è qualche titolo?",
insistette l'avvocato, domandando sulla sua abilitazione professionale.
Il "perito" affermò allora, come pilastro al quale
attaccarsi che "è il metodo accettato ed utilizzato da tutti
i servizi di informazione del mondo." Il suo capo, l'agente G-96330-W,
prese allora la parola, senza che nessuno lo avesse domandato, e segnalò
che "quello si studia in 3º Liceo, in Filosofia."
“Già” assentì Landa, “ma allora, che
cosa ha di' metodo scientifico di lavoro' se gli alunni di 3º Liceo
lo conoscono? Che conoscenza tecnica apportate voi?", aggregò,
segnalando anche che "è come il trattamento di testi che
lo fanno i bambini di dieci anni. Che cosa avete voi di scientifico?."
Il "perito" si difese affermando che "il segreto sta
nella fase dell'interpretazione." "Il valore aggiunto è
la conoscenza acquisita in molti anni, l'esperienza diretta ed il lavoro
in squadra", aggiunse, insistendo su quella del lavoro in squadra.
Rimase accettata la spiegazione, e continuò l'interrogatorio.
Ma quando arrivò il turno di Jone Goirizelaia, questa insistette
sul tema e domandò agli "esperti lavoratori in squadra"
se conoscevano "il metodo di interazione razionale." Spiegò
che era un conosciuto sistema scientifico di lavoro in squadra. Nessuno
aveva sentito parlare di ciò.
G-96330-W tornò a prendere la parola e disse che "forse
l'abbiamo applicato e "non lo conosciamo." La presidentessa
dovette chiedere silenzio nella Sala.
Goirizelaia continuò ad enumerare sistemi di lavoro in squadra:
"Il metodo dell'equilibrio scientifico; la teoria dell'impossibilità;
il gioco della negoziazione; l'identificazione prospettiva; il pensiero
correttivo...." "Subito, su due piedi, non lo conosco",
rispose l'unico che lo fece.
Periti che non hanno firmato una relazione possono dichiarare su essa
Prima che si desse inizio all'interrogatorio della difesa, Iñigo
Iruin trasportò nella Sala la struttura che gli avvocati proponevano
per questo atto del giudizio, affinché i giudici dessero il loro
visto. Tra altre questioni, annunciò che su ognuna delle relazioni
che sono state esposte gli avvocati farebbero domande agli autori di
dette relazioni che constano con la loro firma e che si sono ratificati
nel loro contenuto. Dettagliò che fino ad ora si era prodotta
un'irregolarità, poiché tutti i periti hanno parlato di
tutte le relazioni, appoggiandosi mutuamente. E quello stesso continueranno
facendo, poiché la presidentessa diede loro ieri permesso per
ciò. -