Data:
Tue, 29 Apr 2003 14:02:24 +0200 (CEST)
Oggetto:
[paesibaschiliberi] resistenza di merda: testimonianza di due prigionieri
politici
RESISTENZA DI MERDA
Testimonianza inviata dai prigionieri politici baschi Bittor Goñi
e Jesús mari Etxeberria dal carcere
spagnolo di Valdemoro
Il giorno 06.03.2003, dopo che cinque di noi prigionieri politici avevamo
esibito cartelli per
protestare contro la morte dei famigliari di Juankar Balerdi (prigioniero
politico i cui famigliari sono morti in un incidente stradale durante
un viaggio per far visita al loro congiunto, N.d.T.), ci hanno messi in
una stanza e, un’ora dopo, sono entrati 20 carcerieri con manganelli
e manette e ci hanno buttati contro il muro e a terra, per portarci, infine
(Etxeberria e Goñi) in celle di punizione, fra spintoni, botte,
minacce e insulti.
Mentre si portavano via Goñi, ammanettato con le braccia dietro
la schiena, picchiandolo, lui ha
chiesto rispetto. Come risposta si è sentito dire che “l’unico
rispetto che bisogna portarti è tirarti un
colpo, a te e poi a tutta la tua famiglia”.
Dopo aver passato più di un mese sopportando la loro villania e
abusi di autorità in isolamento, arriva in sezione un prigioniero
sociale che provoca chiunque parli alle finestre. Insulta e minaccia di
piantare una coltellata a chiunque esca all’aria.
Quando si accorge ci siamo anche noi due baschi, gli insulti e le minacce
arrivano a noi. Due giorni a ripetere le stesse cose. Noi, non abbiamo
neppure risposto.
Per questo, quando un giorno vediamo che improvvisamente entra nel nostro
gabbione, dove
trascorriamo l’aria, e sentiamo le sue minacce di rissa, lo portiamo
fuori senza che nessuno lo
danneggi, ma le guardie, sorprendentemente, in due secondi sono scese
dal pianerottolo e dall’ufficio e ci hanno rinfacciato il nostro
comportamento.
Mentre spiegavamo loro cosa stava accadendo con questa persona, non hanno
voluto acoltare e ci hanno ordinato di uscire dal gabbione, quando erano
trascorsi solo 15 minuti delle quattro ore d’aria che ci spettano.
Ci siamo rifiutati, dato che non era successo nulla e stavamo tutti bene.
Allora se ne vanno e, dopo cinque minuti, quando nemmeno ce l’aspettavamo,
arrivano in cortile dieci secondini che, immediatamente, ci ammanettano
e ci colpiscono forte su tutto il corpo. A strattoni, ci trascinano su,
fino alle celle, nudi dalla cintola in giù, e in cella tornano
a picchiarci.
Siamo rimasti più di una settimana accasciati sulla branda, con
forti dolori e pieni di sangue. I medici, quando si sono fatti vedere,
non hanno neppure badato a noi. Hanno ignorato le ferite ed i forti dolori
al collo, alla schiena e alle spalle. Per le ferite, abbiamo dovuto insistere
cinque giorni per avere delle garze e un po’ di “betadine”.
Per avere qualcosa per le contusioni muscolari c’è voluta
una settimana.
I medici sembrano autentici macellai usciti dai film sui campi di concentramento
nazisti. Il vicedirettore medico è un assente che non risponde
né alle domande, né alle richieste.
Un giorno, volevano auscultare Goñi nel corridoio oscuro che da
sulla sua cella, chiedendogli che si
denudasse davanti ad un capannello di 10 secondini e un infermiere che
sembrava il fratello di Ynestrillas (capo di un gruppuscolo neonazista
spagnolo, noto per violenze e provocazioni soprattutto contro la sinistra
basca, N.d.T.).
Queste ed altre situazioni si verificano tuttora in questa sezione di
punizione, ma la cosa più curiosa è che col passare del
tempo e grazie alle informazioni ricevute da altri detenuti in questa
sezione, ci siamo resi conto che tutto era stato preparato apposta per
impartirci un pestaggio, dato che è stato confermato che vari detenuti
avevano parlato con la stessa guardia, il giorno precedente il pestaggio,
delle minacce del detenuto di cui abbiamo parlato prima e dell’accanimento
contro i baschi. Sempre il giorno precedente il pestaggio, volevano privarci
di un’ora d’aria e ci siamo rifiutati di rientrare, così
i secondini già ci avevano lanciato un avvertimento e se n’erano
andati sbattendo la porta. Lo stesso giorno del pestaggio abbiamo anticipato
una borroka (lotta, N.d.T.) preparata per tre giorni dopo, per protestare
contro la nostra situazione di isolamento, ingiustificata ed illegale.
Ora abbiamo solo ciò che indossiamo, una radio e qualche libro.
Facciamo i nostri bisogni per terra e li spargiamo sulle pareti della
cella e anche in sezione. Buttiamo il cibo “eccedente” nell’ingresso
della cella, il vassoio dalla finestra. Abbiamo boicottato il water e
realizzato scritte con la nostra merda, contro l’isolamento, la
tortura ed i pestaggi di prigionieri/e.
Non facciamo la doccia, né ci cambiamo gli indumenti. È
per questo che i secondini ci hanno lasciati vari giorni senza uscire
all’aria, senza poter telefonare, ci hanno separati e ci fanno andare
in cortile uno alla volta, non ci vediamo, né possiamo parlare
con nessuno. La corrispondenza non arriva e non parte. È per questo
che ci hanno privati dei miserabili 50 minuti settimanali di attività
sportiva.
Perché è la loro impotenza. Perché stiamo vincendo.
Perché non sanno cosa fare con la nostra resistenza dimerda. Perché
le loro scarpe la stanno spargendo per tutta la sezione. Perché
la combattono con tonnellate di candeggina che fa loro venire mal di testa
ed irrita i loro occhi. Perché dal terzo giorno di protesta essi
portano le mascherine e noi non ne abbiamo bisogno. Perché i turni,
che prima erano di due giorni e mezzo, ora sono di un giorno. Perché
le mosche cominciano a dare fastidio e l’odore gli arriva in ufficio.
Perché abbiamo l’appoggio dei prigionieri sociali e questo
li scoccia. Perché non si azzardano a
perquisirci, né noi, né le nostre celle. Perché più
di tre di loro hanno vomitato quando hanno aperto le nostre celle. Perché
il vento ci ha aiutato a spargere migliaia di frammenti di giornali e
riviste che fanno saltare i sensori dell’allarme. Perché
puzzano e non sanno da dove viene l’odore del boicottaggio. Perché
questa borroka si potrebbe estendere ad altre carceri. E perché
li vinceremo. Dovranno tirarci fuori da qui, quando non ce la faranno
più.
Sebbene sia vero che sia i secondini, sia i medici hanno la colpa del
nostro isolamento e tortura, come pure delle gravi conseguenze del pestaggio,
vogliamo mettere bene in chiaro che gli autentici colpevoli sono il Partido
Popular (PP), il Partido Socialista Obrero Español (PSOE), il Partito
Nazionalista Basco (PNV), Eusko Alkartasuna (EA), Izquierda Unida-Ezker
Batua (IU-EB): alcuni per mettere in pratica la dispersione dei prigionieri
politici baschi, altri per appoggiarla e/o non fare nulla per risolvere
il problema.
Signorini del PNV, EA, IU-EB, le vostre pacchette di incoraggiamento sulla
spallabruciano la nostra pelle irritata. I vostri elisir e unguenti da
baraccone sono una ciarlataneria a buon mercato che serve solo ad intascare
voti di sprovveduti e ingannati.
Se voi siete un governo (riferimento al tripartito PNV-EA-IU che governa
la Comunità Autonoma Basca, N.d.T.), siete solo un giogo. Ma non
ci ingannerete in nessun Aberri Eguna (Giorno della Patria Basca, celebrato
recentemente, N.d.T.), con la storiella del “Vengono a dare la caccia
a noi”. Eh, Arzallus (segretario del PNV, N.d.T.)? quelli che “non
vogliamo essere servi della Spagna” siamo noi, noi che stiamo nelle
sue fauci incarcerati, torturati, repressi, messi al bando, intercettati,
censurati, nudi, ammanettati e con il sacchetto sulla testa (in riferimento
alla frequente tortura che consiste nel portare il prigioniero al limite
del soffocamento con un sacchetto infilato sul capo, N.d.T.) e…
Piantatela con i sorrisini e le pacchette, che vi puzzano le ascelle!