Indipendenza e Socialismo
Campagna elettorale in un contesto di illegalizzazione Il 14 marzo si sono svolte in tutto lo Stato le elezioni generali. Per la sinistra indipendentista basca queste elezioni sono sempre state una sfida che comportava serie contraddizioni: significava rafforzare la struttura politica di uno Stato che non riconosce i nostri diritti. Di fronte a questa contraddizione di fondo, la sinistra indipendentista, in questi ultimi 30 anni ha assunto posizioni molto differenti nelle tornate elettorali precedenti: a volte si è presentata ed è andata al Congresso, altre, dopo essersi presentata, non ha partecipato ai lavori del Congresso, altre volte ha deciso di partecipare solo a sedute molto speciali... Nelle elezioni di quattro anni fa aveva optato per l’astensione, ma la congiuntura attuale era completamente diversa. In base alla Legge sui Partiti, questo settore della società basca è stato messo fuori legge e privato dei suoi diritti civili, fra gli altri, quello di potere partecipare alla contesa elettorale. Di conseguenza, il regime pluripartitico spagnolo è evoluto in una dittatura di bassa intensità. In questo contesto di illegalizzazione, deludente è risultato l’atteggiamento adottato dalle altre formazioni politiche basche: hanno partecipato alla competizione elettorale in tutta normalità, senza assumere alcuna posizione di condanna rispetto alla messa fuori legge di una delle forze politiche; non hanno voluto capire che un degrado del sistema colpisce tutti coloro che ad esso partecipano. Per quanto riguarda la sinistra indipendentista, ha deciso di partecipare nonostante la messa fuori legge; ha proposto all’elettorato di deporre nelle urne una scheda che rivendicasse il diritto alla libera determinazione dei popoli. Il suo obiettivo è stato duplice: da una parte, socializzare ed ampliare la rivendicazione di questo
diritto. Ritorno alla clandestinità Coloro che rivendicano l’autodeterminazione hanno dovuto realizzare la campagna elettorale in condizione di clandestinità e, come nei peggiori tempi del franchismo, sviluppare la loro attività politica in un contesto di persecuzione poliziesca e legale asfissiante. Il 29 febbraio, a Donostia, la Ertzaintza (Polizia Autonoma Basca,
N.d.T.) ha proibito un atto elementare come l’affissione di
manifesti, rituale con il quale le altre formazioni hanno inaugurato
la loro campagna. In altri centri abitati, come Bermeo (la Ertzaintza) o Aribe (la
Guardia Civil), gli agenti hanno impedito l’utilizzo di locali
del Comune, nonostante i rispettivi Municipi avessero autorizzato
le riunioni. In perfetto stile da regime poliziesco, le decisioni
dei comandanti delle operazioni hanno prevalso sugli accordi o permessi
delle Istituzioni civili. Le persone che distribuivano propaganda, lo facevano intensificando
le misure di sicurezza, dato che correvano un grave rischio; nonostante
le cautele, molte di esse sono state identificate e, successivamente,
denunciate. A Burlada, diverse persone che diffondevano propaganda,
sono state arrestate dalla Polizia Municipale e consegnate alla Polizia
Nazionale.
Il peggio doveva ancora arrivare In questo contesto di persecuzione, si verificano i tragici fatti di Madrid. Coloro che avevano promosso la criminalizzazione della sinistra indipendentista, hanno approfittato della convulsione sociale prodotta dall’attentato per incitare al linciaggio di questo settore sociale. Prima ancora che lo stesso Governo prendesse posizione, è stato il Lehendakari (Presidente del Governo, N.d.T.) basco, Ibarretxe, a scrivere una delle sue pagine più nere. In un discorso viscerale, carico di rabbia e fanatismo, si è scagliato contro ETA e, indirettamente, contro la sinistra indipendentista. Il suo errore è stato talmente grave che, opportunamente consigliato, è tornato a rivolgersi al pubblico il giorno seguente, per giustificarsi: "ho agito in buona fede e tenendo conto dei dati che forniva il Ministero degli Interni spagnolo". Anche le altre formazioni basche hanno ripetuto lo stesso discorso, dimostrandosi penosamente supine rispetto al PP e, naturalmente, il Governo spagnolo ha ripetuto fino alla nausea e senza alcun dubbio che la paternità dell’attentato era di ETA. Tutti questi interventi hanno destato una feroce visceralità, costata due nuove vittime. Il 13 marzo, un agente della Polizia Nazionale ha ucciso, ad Iruñea,
un negoziante che si rifiutava di affiggere nel suo esercizio un manifesto
contro ETA, come gli aveva chiesto la moglie del poliziotto. Davanti
al rifiuto, l’agente ha sparato a bruciapelo contro il piccolo
commerciante ed il figlio dello stesso poliziotto lo ha accoltellato.
Questo è stato il clima di persecuzione nel quale si sono svolte le scorse elezioni. Nel prossimo bollettino forniremo una valutazione di risultati. |