Estratto dalla memoria consegna da rebbibia
di Maurizio Falessi
by Silvano Falessi, il fratello Monday January
19, 2004 at 06:17 PM mail:
Rebibbia 20 Gennaio ’04 Estratto della
memoria consegna da Maurizio Falessi alla famiglia per la stampa CRONACA
DI UNA DEPORTAZIONE-SEQUESTRO
Rebibbia 20 Gennaio ’04
Estratto di memoria di Maurizio Falessi
CRONACA DI UNA DEPORTAZIONE-SEQUESTRO
PREMESSA
Siamo arrivati in Algeria circa 17 anni or sono. L’Algeria era
per noi ancora il paese della più importante rivoluzione popolare
del Mar Mediterraneo.
Sebbene l’Algeria nella fine degli anni ‘80 aveva cessato
di essere la “mecca” dei rivoluzionari del mondo, restava
quel miraggio da raggiungere a qualsiasi costo, nel quale avremmo potuto
conservare quell’indipendenza di pensiero senza necessità
di abdicare sul terreno delle nostre convinzioni e allo stesso tempo
di sottrarci al controllo politico e sociale della repressione e della
manipolazione imperialista, non solo italiana. Insomma una terra libera
con uno stato nazionale ancora fieramente sovrano ed indipendente dall’ingerenza
delle potenze imperialiste.
La nostra installazione non fu affatto facile, perché lo stato
algerino ci sottopose ad uno strettissimo controllo e a delle prove
pratiche e prove valide per comprovare la nostra serietà nel
comportamento di vita e di lavoro. Insomma ci presentammo alle autorità
competenti senza troppo frastuono e mantenendoci sempre in una posizione
tranquilla e realista.
In tutti i 17 anni di nostra permanenza nel paese obbiettivamente non
abbiamo mai rappresentato un motivo di scandalo politico-diplomatico
o di contraddizione di natura amministrativa, non avendo addirittura,
mai infranto il codice stradale. Parlando arabo per la popolazione algerina
eravamo un esempio di convivenza pacifica, di integrazione culturale
e di solidarietà sociale. Per sopravvivere abbiamo lavorato nei
settori più diversi da quello più qualificato a quelli
meno qualificati, senza mai rappresentare un elemento di conflitto e
di contraddizione amministrativa, visto che ci siamo adattati al dover
lavorare al nero all’interno di quell’economia informale
che sempre più si va sviluppando nei paesi del sud del mondo.
L’11 settembre 2001 è una data simbolica ad hoc per scatenare
l’offensiva imperialista generalizzata contro gli ultimi baluardi
della sovranità, dell’indipendenza e della resistenza dei
popoli del sud, lo scatenamento della guerra preventiva ed infinita
è la possibilità che si offre ai quei governi già
compromessi con l’adozione di una politica economica e sociale
ultraliberista, per accelerare il passaggio ad una fase di collaborazione
con le potenze imperialiste, in particolare a guida statunitense.
L’Algeria più di ogni altro paese arabo ed africano, sotto
il governo di Bouteflika si è spinta oltre qualsiasi pessimistica
previsione per quanto riguarda la non difesa della propria indipendenza
e sovranità. È in questo clima di smobilitazione dell’identità
storica dello stato algerino che si cominciarono ad esercitare le pressioni
da parte delle autorità algerine. In un primo momento, nel corso
degli incontri e visite di cortesia di cui siamo stati fatti oggetto,
la posizione delle autorità algerine ci è sembrata essere
sempre più determinata a farci lasciare il proprio territorio.
Vi facemmo fronte con una gestione delle argomentazioni di tipo etico,
morale, giuridico, sociale, umano ovviamente mai politico, dato che
la sterzata politico-ideologica della massima autorità algerina
è tutta improntata alla risoluzione degli urgenti e improcrastinabili
problemi che attraversa l’Algeria. C’è stato richiesto
di chiarire la nostra posizione organizzativa anche rispetto alle organizzazioni,
fronti e partiti che si muovono sul terreno della resistenza anti-sionista
e antimperialista. L’abbiamo fatto malgrado l’ambiguità
della richiesta, scagionando qualsiasi fronte, partito o organizzazione
dal sentirsi in qualche modo responsabile per noi, assumendoci assolutamente
ogni responsabilità per eventuali provocazioni o tentativi di
manipolazione da parte dei nostri detrattori.
Solo oggi nelle parole del P.G. Antonio Marini riusciamo a capire a
cosa quell’autorità intendeva riferirsi, posto che l’incompetente
magistrato, oggi sventola la potenziale minaccia dell’eventuale
saldatura tra “gruppi eversivi rossi” e integralismo islamico,
dimostrando la sua splendida ignoranza di cosa è avvenuto in
Algeria negli ultimi 15 anni. Dunque per evitare che si potesse organizzare
delle maldestre manipolazioni e provocazioni abbiamo inteso assolutizzare
la nostra indipendenza da qualsiasi organizzazione, fronte o partito
ribadendo allo stesso tempo le ragioni e le motivazioni dalla nostra
scelta di continuare a permanere in Algeria. Manipolazioni e provocazioni
di cui abbiamo sempre saputo le autorità italiane ed in particolare
i loro servizi segreti possono essere capaci. Tutto ciò ribadendo
l’attaccamento irrinunciabile alle nostre convinzioni e alla nostra
venticinquennale esperienza presso le popolazioni in lotta del sud del
pianeta.
Si sono presentati dicendoci che dovevamo assolutamente partire, in
quanto ci ricercavano nello specifico di aver partecipato all’operazione
contro il presidente della DC Moro. Abbiamo fornito tutte le argomentazioni
giuridiche e legali necessarie comprovanti che tutti e due eravamo estranei
a quell’operazione (vedi sentenza in cassazione). E gli abbiamo
anche chiarito che in un “paese di diritto” Italia o Algeria
che fosse era impossibile essere giudicati due volte per lo stesso reato.
Dopo essersi riservati di analizzare il caso si sono ancora ripresentati
dicendoci che se le cose stavano realmente così, sarebbe stato
meglio rinnovare in tutta trasparenza la nostra posizione invitandoci
a fornire per intero le nostre generalità e a consegnargli 10
foto ciascuno.
Una procedura questa che già in precedenza avevano fatto.
Solo il 12-01-04 ritornavano a casa e ci dissero lapidariamente che
il giorno dopo, ci avrebbero imbarcato per una destinazione che ci avrebbe
permesso di sottrarli alla pressioni di cui erano oggetto da parte delle
autorità italiane nei confronti della massima autorità
algerina Bouteflika, e di quest’ultima nei loro confronti (servizi
segreti algerini), determinando di fatto una dinamica in cui noi solo
eravamo coloro che avrebbero dovuto attener e alle loro decisioni e
che loro erano solo esecutori materiali di decisioni al “massimo
livello” tra il loro stato e quello italiano.
A questo punto abbiamo cercato di prendere tempo, dicendo che dovevamo
vendere le nostre cose er garantirci la sopravvivenza in un altro paese.
A quel punto ci hanno offerto di comprare loro le poche cose che possedevamo,
basta che ce ne andavamo. In un ultimo tentativo di resistenza di quello
che ritenevamo essere un vero e proprio arbitrio da parte dello stato
italiano e della presidenza di Bouteflika, gli abbiamo comunicato che
ci saremmo rifiutati di montare le scale dell’aereo e che se volevano
ci avrebbero dovuto caricare con la forza. La reazione e la risposta
è dei servizi di sicurezza algerini è stata a quel punto
drastica e “convincente”, posto che se intendevamo causare
un danno all’immagine dell’Algeria nel mondo (dato che secondo
loro aerei dei servizi segreti italiani non potevano per principi morali
e politici atterrare sul suolo algerino), si sarebbero loro incaricati
di utilizzare tutti i mezzi necessari per riuscire nell’operazione….
L’idea che subito ci facemmo è che un nuovo metodo di Deportazione
e di Sequestro (alla Ochalan) era stato già pianificato.
A quel punto sebbene sconfortati da simili prepotenti metodi gli abbiamo
comunicato che non avremmo comunque offeso il glorioso popolo algerino,
che per quasi 20 anni ci aveva caldamente e solidariamente ospitato
e che assolutamente riteniamo non coinvolgibile in questo vergognoso
atto di tradimento da parte delle sue massime autorità. Ironia
della casualità il 12 era il giorno del compleanno di Rita. La
mattina seguente arrivarono due macchine di funzionari della sicurezza
che si incaricavano di prelevare i nostri bagagli, nel mentre altri
funzionari ci consegnavano patenti e carte d’identità e
un pacchetto di biglietti aerei. Nostra fu la meraviglia di vedere apposti
sui documenti le foto fornite a loro per altre motivazioni. I passaporti
ci dissero, non essere disponibili e che un’altra squadra si stava
incaricando delle formalità all’aeroporto con una altro
pacchetto di destinazioni tra le quali Algeri-Cairo-Beirut, che uno
scalo sarebbe stato necessario al Cairo per via che due, tre ore dopo
ci sarebbe stata la coincidenza con Beirut dove, all’arrivo, non
avremmo avuto problemi per entrare nel paese per via del loro interessamento.
Da notare che le note caratteristiche della carta d’identità
per me era di un’altezza di 1,62 cm invece io sono alto 1,80 circa
ed il colore degli occhi sulla carta di Rita erano color marroni anziché
verdi…..
Poste così le cose dopo che avevamo cercato ancora una volta
di contestare l’eccessiva fretta di cui eravamo fatti oggetto,
che non poteva che permettere alle autorità egiziane una facilissima
detenzione. L’ufficiale della sicurezza che sembrava essere il
responsabile tra il serio ed il faceto ci rispondeva che il metodo principale
per la riuscita di un’operazione si basava sulla pianificazione
e quindi sulla realizzazione minuziosa della stessa…. Mai parole
avevano potuto essere così profetiche!
Alle 13 venivamo caricati nostro malgrado sulla macchina con scorta
al seguito pronta ad intervenire. Alle 13:30 ci mettevano in una sala
privata dell’aeroporto H.Boumediene. Alle 14:10 per un’uscita
di sicurezza ci facevano entrare da soli e sempre sotto forte scorta
su di un pulmino e ci accompagnavano alla scaletta dell’aereo
della Egypt air. Pochi istanti prima di farci scendere dal mini bus
e farci perquisire ci consegnavano i passaporti e l’altro pacchetto
di biglietti. Scorgendo i passaporti ci rendemmo conto in maniera palese
che quello sarebbe stato un viaggio che ci avrebbe portato direttamente
in Italia. A Rita avevano dato un vecchio passaporto che sarebbe scaduto
entro ¾ mesi con apposta la stessa foto della carta d’identità
e della patente, stessa cosa per quello mio.
Sarebbe stato veramente difficile convincere anche il più beota
dei poliziotti della corrispondenza e della veridicità dei documenti.
Colmo della vergogna di questi esecutori della decisione presidenziale
è stato che poco prima di salire la scaletta si fecero avanti
e ci schiaffarono i 4 classici baci arabi commentando “mi raccomando
non perdiamo il contatto”.
Dopo circa 4 ore di volo atterrando al Cairo avevamo praticamente chiaro
che ci stavano aspettando al varco e che tutto era una rozza montatura.
Siamo riusciti addirittura ad individuare durante l’atterraggio
un jet vip particolare che poi si è rivelato essere quello dei
servizi segreti italiani.
Una volta scesi c’erano già davanti a noi tre funzionari
dei servizi segreti egiziani che ci stavano praticamente aspettando,
che per illuderci di averla fatta franca ci lasciarono andare verso
il transito, però prendendoci i passaporti per le formalità
di frontiera. Dopo un’ora di attesa e ad un dispiegamento soft
delle forze di sicurezza egiziano ci raggiunsero due ufficiali egiziani
della Paf che bruscamente ci intimarono di consegnargli immediatamente
ogni altro documento in nostro possesso…
Un’ora dopo ci ordinarono di seguirli verso un bus carico di agenti
delle forze speciali e ci immobilizzarono sui sedili spegnendo le luci
e cercando di impedire la vista di ciò che stava accadendo all’interno
del bus, quindi ci portarono a raggiungere l’aereo del Sisde e
dell’”antiterrorismo”. Ormai il destino era chiaro.
Con la spavalderia tipica del vincitore appagato del suo risultato i
funzionari del Sisde ci prendevano in consegna, ci perquisivano, ci
separarono e ci fecero mettere verso la coda dell’aereo, commentando
“finalmente li riportiamo a casa!”.
Sebbene gli abbiamo riconosciuto il fatto di non essere stati maltrattati,
abbiamo denunciato con fermezza che questa operazione di Deportazione
e Sequestro calpestava tutti i diritti internazionali e con la loro
prepotenza avevano calpestato la sovranità di ben due Stati (Algeria
ed Egitto).
ARRIVO IN ITALIA
Una volta caricati sull’aereo del Sisde (circa le 11 locali) abbiamo
fatto un viaggio senza scalo durato circa quattro ore atterrato a Ciampino.
Da qui siamo stati presi in consegna dalla digos che ci ha portato alla
questura centrale, dove ci hanno identificato e compilato il dossier
segnaletici.
Siamo stati trattati in modo corretto, ma questa correttezza è
mancata in due casi, nel primo sicuramente il più pericoloso
per le nostre scelte e per le nostre posizioni, quando dovendoci perquisire
un funzionario voleva rifilarci il loro avvocato d’ufficio per
sbrigare le formalità relative alla perquisizione, ci siamo categoricamente
rifiutati e abbiamo richiesto la presenza dei nostri avvocati di fiducia,
una richiesta che è stata accettata solo dopo più di 4
ore. Come ultimo maldestro tentativo di manipolazione mascherato da
“democratica correttezza”, chiamava lo studio dei nostri
avvocati esprimendosi testualmente:”siamo la digos stiamo chiamando
dalla questura e stiamo arrestando Rita Algranati e Maurizio Falessi.
Siete pregati di venire al più presto possibile per assistere
alle formalità relative alla loro perquisizione”.
Abbiamo immediatamente ed energicamente denunciato il rozzo tentativo
di manipolazione della nostra posizione politico-giudiziaria, in quanto
il funzionario della digos aveva deliberatamente omesso che eravamo
stati catturati al Cairo cercando di insinuare così ai nostri
avvocati il dubbio che ci fossimo consegnati volontariamente. Una manipolazione
come anche abbiamo potuto verificare due ore dopo quando incontrammo
i nostri avvocati dove nuovamente maldestramente un funzionario della
digos ostentatamente cercava di farci apparire come dei volgari pentiti
e dissociati che avevano abbandonato i loro principi ed i loro valori
e si erano consegnati nelle mani dei loro persecutori. Un altro tentativo
di squallida provocazione lo ha subito Rita da parte di una funzionaria
della digos che la doveva perquisire. Infatti portata in una stanza
apposita questa inveiva indegnamente contro la prigioniera trattandola
come una spietata assassina e dicendole che adesso avrebbe dovuto fare
i conti con loro. Solo la freddezza e la dignità di Rita hanno
potuto far fronte alla miseria morale e al tentativo provocazione psicologica
che veniva immediatamente contestato e denunciato.
Abbiamo rifiutato di firmare i documenti relativi al sequestro dei documenti,
dei titoli di viaggio, dei soldi e di altri pochi effetti, posto che
tutto il resto c’è stato correttamente riconsegnato. Dopo
aver raccolto questo materiale e rapidamente analizzato, il dirigente
della digos Gabrieli, quasi incredulo, ci domandava se eravamo un’agenzia
turistica per il fatto che possedevamo tutta una serie di biglietti
a destinazione dell’Africa subsahariana e del Estremo Oriente
Asiatico oltre che per un paese del Golfo. A questa sua domanda dichiaravamo
che si mettesse agli atti che sia i documenti che i biglietti ci erano
stati “imposti” dalle autorità algerine al momento
del nostro imbarco all’aeroporto di Algeri, e per questo non avevamo
assolutamente nessuna intenzione di far passare quella vigliacca ed
infame imposizione come una nostra libera scelta.