I processi e le montature non fermeranno la nostra lotta

Processo a Ya Basta!
Giovani dei centri sociali a giudizio per botte Dalla polizia

Ad un anno e mezzo dai fatti del 27 ottobre la disinformazione cerca di spianare la strada per il processo dei 7 compagni denunciati.
Sono allucinanti le bugie e le falsità dell'articolo di oggi a firma di "i.t.", ma sappiamo che per vendere bisogna spettacolarizzare ogni cosa, cercare lo scoop ignorando e cancellando la verità.
Sin dal titolo si capisce chiaramente la direzione presa: si parla di "botte alla polizia" e "il corteo assalì gli agenti e ferì alla testa un funzionario".

Se consultati avremmo modificato il titolo ma di poco: "processo a ya basta, giovani a giudizio per botte dalla polizia", visto che chi quel giorno c'era non dimentica il sangue visto sul selciato, causato solo dai manganelli e non da altro (pipe o sassi..); le immagini e foto pubblicate a suo tempo avevano già smentito molto della versione ufficiale della polizia.

Innanzitutto c'è un errore macroscopico nell'articolo: il corteo non aveva alcuna intenzione di andare all'ex caserma della guardia di Finanza, e soprattutto non contro i fascisti di Forza Nuova che, avevano chiuso il Venerdì 13" più di mese prima, (quasi in contemporanea a ya basta sgomberato il 19 settembre); lo stabile era deserto già da tempo.
Motivo della deviazione era quello di compiere un'azione simbolica alla Rocchetta (non alla caserma della guardia di Finanza) luogo dove per Abalti, assessore ai giovani sarebbe dovuto sorgere, entro il 2003 (e si sono visti i risultati…) un centro commerciale giovanile gestito dai privati e con negozi di abbigliamento all'interno. Contro questa assurdità era diretta l'azione del 27 ottobre.
Inoltre non compare assolutamente nell'articolo come i manifestanti durante tutto il tentativo di svoltare in c.trà Mure della Rocchetta avevano le mani alzate, a dimostrazione del carattere pacifico delle proprie intenzioni. Nessun oggetto contundente è stato lanciato dai manifestanti all'indirizzo della polizia, lo si vede dalle immagini. Al contrario di quanto scritto sul giornale, il tentativo di svoltare compiuto a mani alzate era stato bloccato in maniera relativamente veloce.
Poi di che si era creata una situazione di relativa calma dove i poliziotti erano schierati di fronte ai manifestanti e nel mezzo il vicequestore e il funzionario Zonta stavano mediando.
All'improvviso sulla sinistra della strada un ragazzo che faceva foto è stato colpito da una manganellata sulla mano e in un secondo è partita la carica (che forse nessuno ha ordinato).
Zonta è rimasto intrappolato tra manifestanti e polizia e siccome dalle immagini si nota che nulla è volato contro la celere, l'ipotesi più credibile è che nella furia le manganellate degli agenti abbiano raggiunto anche la testa del loro superiore.
Ricordiamo che molti dei poliziotti della celere di Bologna (quelli che tornarono da Genova con una t-shit ricordo della mattanza) tenevano il manganello rovescio per fare più male. Durante la carica i feriti sono molti, almeno 20 ragazzi colpiti dall'accanimento dei poliziotti. Inoltre 5 dei 7 ragazzi a giudizio sono stati arrestati in ospedale dove erano andati per farsi medicare le ferite più gravi.
Non è stato quindi accertata alcuna responsabilità personale a loro carico: semplicemente l'entità delle loro ferite richiedeva un controllo medico, circostanza accuratamente omessa nell'articolo.
Ricordiamo poi come una ragazza di 18 anni sia stata colpita in maniera molto grave (manganellate in testa alle braccia usate per coprirsi (2 dita spezzate) e al corpo tanto da avere il seno gonfio dalle botte.) e giunta in ospedale sia stata inizialmente fermata anch'essa, salvo poi essere rilasciata all'alba mentre era ancora al pronto soccorso.
Ad un anno e mezzo di distanza la verità fa ancora paura, si cerca di contenere la cosa nel consueto gioco degli opposti estremismi, reprimendo e punendo chiunque cerchi di aprire spazi di democrazia in città, quella democrazia che il 27 ottobre è stata violentata dai manganelli caduti a pioggia su ragazzi disarmati che volevano solo uno spazio per autogestire le proprie vite, uno spazio che ancora oggi è necessario.
Costruire oggi una campagna per la riapertura di uno spazio di autogestione nella città di Vicenza è la migliore risposta ai processi che vorrebbero renderci passivi e rassegnati, non rappresentiamo un problema di ordine pubblico ma un problema politico legato alla sempre più palese mancanza di agibilità del dissenso nei nostri territori, per questo invitiamo tutti a immaginare e sognare insieme a noi un percorso reale per l'apertura di uno spazio sociale autogestito.

Le vostre menzogne, la vostra repressione non fermeranno la nostra voglia di lottare!

Exlanerossi nella città
Libera-zone
Disobbedienti

Per info: www.inventati.org/mediablitz
exlanerossi@yahoo.it


tratto dal Giornale di vicenza del 3 marzo 2003:

La procura chiude le indagini nei confronti del gruppo che nell’autunno 2001, durante una manifestazione, assalì gli agenti della questura ferendo alla testa un funzionario

«Processo a Ya Basta»
Il tafferuglio della Rocchetta
Sette giovani dei centri sociali a giudizio per botte alla polizia

(i.t.) Per il corteo del centro sociale Ya Basta che il 27 ottobre 2001 era degenerato in tafferuglio, col ferimento di un dirigente della questura e cinque poliziotti, la procura ha chiesto di processare sette persone. Al termine delle indagini preliminari il giudice Cecilia Carreri ha fissato per il 13 marzo l’udienza nella quale saranno analizzati gli indizi raccolti per le accuse di violenza e resistenza a pubblico ufficiale, lesioni aggravate e travisamento.
Quel tumultuoso pomeriggio, con i giovani di estrema sinistra che cercarono di raggiungere l’ex caserma della Finanza in contrà della Rocchetta occupata dagli attivisti di estrema destra di Forza Nuova venne ferito alla testa da un sanpietrino il vicequestore Tiziano Zonta, mentre alcuni agenti furono colpiti con calci e pugni.

La reazione della polizia non si fece attendere. N.B., 24 anni, di Bressanvido; F.B., 30 anni, G.L., di 24, il portavoce F.P., di 23, ed E.R., 26 anni, di Grumolo delle Abbadesse, vennero arrestati e condotti in carcere per qualche giorno. Altri, tra cui L.d.B, 25 anni, di Montecchio Maggiore e F.P., 24 anni, di Vicenza, furono denunciati a piede libero.
Quel giorno alcune centinaia di promotori, sostenitori e affezionati del centro sociale si erano ritrovati per protestare contro il Comune che li aveva fatti sloggiare dapprima dall’edificio di via Battaglione Framarin - demolito -, quindi dall’area ex Lanerossi ai Ferrovieri.
A questo primo motivo di rabbia, i manifestanti aggiungevano l’occupazione da parte del movimento di estrema destra dell’ex caserma della Finanza, con la quale si stabiliva una sostanziale disparità. Cioè quello che all’estrema destra era permesso, a quelli di estrema sinistra era vietato. Di lì a pochi giorni, peraltro, anche Forza Nuova sarebbe stata costretta a fare i bagagli. L’incidente con le forze dell’ordine avvenne in via Bonollo, quando l’avanguardia del corteo di Ya Basta guidata da Pavin cercò di forzare il cordone di polizia e carabinieri per varcare contrà Mure S. Rocco.
Il corteo, rinforzato dagli appartenenti ai centri sociali “Pedro” di Padova e “Rivolta” di Marghera, aveva raggiunto quasi le quattrocento unità quando aveva iniziato a sfilare verso il centro. Ad aprire il corteo Francesco Pavin che col megafono scandiva gli slogan “in piazza per il diritto di sognare”, “Vicenza ha bisogno di un luogo di pace che rifiuti la guerra, di un laboratorio che produca dissenso” e c’era uno striscione che inneggiava: «Riprendiamoci la legalità: sgomberiamo Sala Bernarda». Prima di dirigersi verso via Bonollo gli antagonisti erano passati da corso Palladio dove ne avevano dette di tutti i colori contro il sindaco.
Gli “yabastini” provarono a sfondare il cordone, la reazione delle forze dell’ordine fu decisa e in quel frangente avvenne un po’ di tutto: manganellate, urla, oggetti che volavano all’indirizzo della polizia, giovani che scappavano e altri che si lanciavano contro gli agenti. Insomma, momenti di ordinaria guerriglia urbana, dopo che per lunghi tratti la manifestazione era stata pacifica e, per certi versi, con i toni della festa. I giovani antagonisti protestavano contro la mancanza di spazi per ascoltare musica, discutere e incontrarsi, accusando l’amministrazione municipale di insensibilità nei confronti di chi non la pensa come la maggioranza.
La situazione degenerò quando il dott. Zonta venne raggiunto in testa da un sasso e si accasciò al suolo soccorso dai colleghi. A quel punto polizia e carabinieri hanno intensificato le cariche e sono volate botte da orbi. Quasi un anno e mezzo dopo, al termine delle indagini coordinate dal pm Giorgio Falcone, è tempo del processo.

(nota: nell'articolo sono state sostituiti ai nomi e cognomi le sole iniziali)