Thiene: NO WAR! Appello alla manifestazione di sab 8/02
Tutti i giorni i media ci mettono in contatto con una
realtà internazionale in continua evoluzione
che ci preoccupa e ci fa sentire sempre più impotenti e spettatori di un
presente e futuro che non solo non ci appartiene ma che vorremmo riuscire a
contrastare con tutte le nostre forze.
Ormai, nostro malgrado, è quasi certo che i grandi potenti
della terra decideranno a breve di dichiarare guerra all’Iraq.Tutto questo ci
fa capire che le persone che ci governano sono sempre più sorde rispetto la
volontà del popolo.
Non possiamo più accettare passivamente questa realtà.
Per questo noi giovani dell’ associazione culturale ALEPH
e del COORDINAENTO LIBERA ZONE abbiamo
pensato di scendere in piazza e renderci così visibili al cospetto di chi ha il
potere di decidere, per dire non solo no alla guerra in Iraq ma per esprimere
un concetto molto più forte e universale:SI ALLA PACE assoluta nel mondo.
Il giorno 8 febbraio non saremo più invisibili perché
saremo in tanti dagli operai agli
impiegati, dai studenti ai nonni, dalle associazioni laiche e cattoliche fino
ad arrivare ai partiti, tutti uniti sotto un'unica bandiera e parola
d’ordine:PACE.
Quello che vogliamo fare è allo stesso tempo il minimo e
il massimo che persone comuni come noi possano fare.
Il nostro è un invito, aperto a tutti, a partecipare a
questa importante giornata dando così, anche con la singola presenza, un
contributo essenziale e un maggiore peso ai concetti che andremo ad esprimere.
La manifestazione partirà dalla stazione dei treni di
Thiene alle ore 9.00 e si concluderà in
piazza Chilesotti dove con l’aiuto di tutti i manifestanti cercheremo di
formare la parola PACE occupando tutta
la piazza e dando così un valore e una visibilità assoluta a questa importante
parola.
Aderiscono alla giornata:
Aleph, Libera-zone, D.s. , Verdi , Margherita, Giovani
Comunisti, Studenti, Disobbedienti – Vi-, Akwaaba, AlternativaDemocratica,
Progetto Giovani (fara-breganze-schiavon-pianezze), Social Forum Altovicentino
Coordinamento
Studentesco: I nostri sogni non si possono indagare!
Oggi 1 febbraio in alcune scuole vicentine sono stati
calati degli striscioni con scritto "Non ci avrete mai come volete
voi" e "i nostri sogni non si possono indagare". Inoltre alla
fine della giornata scolastica è stato svolto un volantinaggio che spiegava i
motivi di questa iniziativa.
Vogliamo esprimere la nostra solidarietà ai 27 indagati
per l'occupazione simbolica dell' ex-Siamic, fatta da un gruppo di studenti
medi ed universitari, il laboratorio zero.
Questo atto repressivo colpisce alcuni di noi, ma volgiamo
dire che se sognare un posto autogestito,dove poter esprimere la nostra
creatività,poter confrontarsi su tematiche politico-sociali,e tentare di
concretizzarlo è reato,allora siamo tutti colpevoli e rivendichiamo il fatto che
noi del Coordinamento Studentesco non solo abbiamo attraversato il lab.0,ma
l'abbiamo anche occupato!!!
Non condividiamo e condanniamo questo modo,da parte delle
istituzioni competenti, di risolvere le problematiche giovanili e l'esigenza di
spazi sociali autogestiti,attraverso le denunce e la repressione; dichiariamo
che non ci fate paura e non ci fermerete, perchè i nostri sogni e le nostre
idee sono più forti delle nostre intimidazioni.
La giornata di oggi assume un significato ulteriore dopo
la notizia delle denunce per invasione di luogo
pubblico,furto,devastazione,danneggiamento aggravato ed interruzione di
servizio pubblico, rivolte a 64 studenti veneziani e mestrini(di cui 41
minorenni) in seguito alle occupazioni delle scuole cittadine in novembre.Siamo
vicini a loro,mentre stanno manifestando per le vie di Venezia,ed esprimiamo la
nostra più totale solidarietà a chi viene colpito da questi atti repressivi,
denunciato perchè voleva aprire momenti critici di discussione e dibattito su
argomenti troppo spesso dimenticati,come riforma Moratti,guerra e Bossi-Fini.
COORDINAMENTO STUDENTESCO VICENZA
ecco ora il testo del volantino distribuito nelle scuole:
I NOSTRI SOGNI NON SI POSSONO INDAGARE!
13 dicembre 2002 ore 20.00: i portoni dell’ex siamic dopo anni
di immobilità vengono aperti per concretizzare un sogno: il sogno di uno spazio
autogestito dove vivere la nostra socialità, cultura, dove discutere e
confrontarsi su varie tematiche e dover poter dar sfogo alla nostra creatività.
LA VOSTRA RISPOSTA??
-POLIZIA PROVINCIALE FUORI DAL POSTO CHE TENTA LO
SGOMBERO, PREFERENDO LE PANTEGANE A NOI
-DIGOS 24 ORE SU 24
-27 INDAGATI, DI CUI 4 STUDENTI DI SCUOLE SUPERIORI E
SOPRATTUTTO DENUNCIAMO IL FATTO CHE MOLTI DI QUESTI PROVVEDIMENTI GIUDIZIARI
SONO STATI DECISI A CASO, VERSO PERSONE CHE HANNO SOLAMENTE ATTRAVERSATO IL
POSTO
La vostra legalità ,a cui ci avete costretti, è quella che
nega la libertà d’espressione!
L’illegalità, di cui ci accusate, è la fantasia di chi non
crede a questo mondo come l’unico possibile!
Le indagini, che aprite su di noi, non riusciranno mai a
comprendere che non potrete fermarci, perché siamo un esercito di sognatori!
Mettete pure i nostri nomi sui giornali, perché pensate di
fomentare la paura, ma siete soltanto degli illusi!
Possiamo solo aver paura di continuare a viver una vita
incatenati dalle vostre leggi, dai vostri show televisivi, dalle vostre riforme
della scuola , dai vostri modelli di comportamento!
Non potrete mai averci come volete voi perché siamo altro
da voi, perché sogniamo le nostre città, le nostre scuole colorate, piene di
suoni e musica , perché ci prenderemo quello di cui abbiamo bisogno, perché non
vogliamo il vostro potere , le vostre poltrone, le vostre guerre!!
LA QUESTIONE DEGLI SPAZI SI RISOLVERA' SOLO QUANDO AVREMO
UNO SPAZIO AUTOGESTITO!
LA BANDA BELLINI
Diario, gennaio 2003
Come un film di Spike Lee: la Banda Bellini
di Rosella Simone
Non è facile spiegare oggi quel tempo di miti
rivoluzionari, di film di eroi spacconi e sconfitti, di poeti americani e acidi
lisergici, di rodomontate etiche e vigliaccherie amorose, di sogni grandiosi e
vino cattivo, di albe rincorse a parlare parlare parlare. E la voglia pazza che
tutto cambi, ma proprio tutto, e esserci in quel cambiamento, vivi
possibilmente, o morti anche, che tanto gli eroi son sempre giovani e belli e
le leggende non muoiono mai. E Andrea Bellini era bello, selvaggio, biondo e
furioso. Un macho prepotente che faceva tremare il cuore alle ragazze, capo per
destino. Capo banda, perché la banda era tutto allora. La banda degli amici,
quella del quartiere, o quella delle affinità elettive. Perché c'erano, anche
allora, quelli col sangue agli occhi che venivano dalle periferie metropolitane
come Andrea, o dalla provincia come me, all'università, primi della nostra
razza che studiava. Razza intelligente e bulimica, pronta a divorare tutto,
sapere e vita. Con così tante domande nella testa da fare confusione e così
agire e basta. Agire per esistere, per non essere complici di ingiustizia senza
neanche aver combattuto. Forse abbiamo letto solo il primo libro de Il
capitale, cito da una vecchia canzone di Ivan Della Mea, ma il Mucchio
selvaggio e Giù la testa l'abbiamo visto tutti, visto e rivisto ed è un po'
come se il trence verde e lungo, da praterie selvagge, divisa storica da
combattimento della Banda Bellini, lo avessimo indossato simbolicamente tutti.
Fuorilegge sul tramonto del far west contro le ingiustizie del mondo. E Marco
Philopat, che di anni ne ha 40, e che nel '68 era un bambino ha colto nel suo
nuovo romanzo La Banda Bellini (Shake edizioni, 191 pagine, 12 euro) questo
modo di essere e lo ha reso nel romanzo, ha colta quella risata, quella
spavalderia, quella innocenza, quella cattiveria, quella passione selvatica e
tanto cinematografica e tanto poetica che era il sale e il pane di noi che
eravamo ragazzi negli anni sessanta. Per capire quel tempo, breve e furibondo,
prima del tempo plumbeo delle bombe di stato, della lotta armata, della paura e
del tradimento, ci voleva un romanzo come questo, dove ironia e sentimenti,
rivoluzioni e film made in Hollywood, etica e cambiamento si mescolano nel
gioco felice-infelice ma appassionato della vita giovane. Che vuole credere
all'amicizia, all'onore, alla libertà e, con questa fede, inventa, alla fine
del '900, un'epopea tra Far west e banda Bonnot. Scion scion Andrea.
Quando e come hai conosciuto Andrea Bellini?
"Una dozzina di anni fa grazie a Primo Moroni,
libraio della Calusca, presentandomelo come una vera e propria leggenda
metropolitana. Il suo era stato il servizio d'ordine più famoso degli anni
settanta per le vittorie ottenute sul campo. Allora faceva, insieme ai suoi
amici veterani delle guerre di piazza, una rivista gratuita che si chiamava
n.n., figli di nessuno. La impaginavamo noi della Shake".
Più che in Costretti a sanguinare, il tuo primo romanzo
uscito nel '97, qui si vede la struttura a lasse alla Balestrini...
"Ho tentato di portare la ricerca del gruppo 63 su un
terreno più televisivo. Un romanzo a zapping. Pur mantenendo la narrazione vera
e propria, sempre in prima persona, ho mischiato gli eventi ai pensieri più
intimi di Andrea. Ho fatto fatica perché Andrea è uno che tende sempre a
raccontare ciò che è esteriore anche se nasconde nel tenero cuore una passione
controculturale ".
La sua è un'epopea che dura un tempo breve...
"Inizia a fare politica a 16 anni e a 25 anni,
arrivato il 77, lui si ritira. Rimbaud degli aanni settanta ".
Come hai fatto a farti raccontare gli amori...
"Ho fatto sponda con Livia, sua moglie. E poi l'ho
seguito da un bar all'altro bevendo drink innumerevoli offerti da lui, per
farlo parlare, per farlo cantare".
Veramente Andrea sembra odiare le donne...
"...pensa che siano spie; pensa che i gruppi di
autocoscienza femminile siano fatti apposta per inculare il potere dei
maschietti, per tutto il libro lui si barcamena con questa tensione ".
Quale altra difficoltà hai incontrato?
"La violenza. Io vengo dagli ambienti
anarcopunkpacifisti e affrontare la Banda Bellini che con la violenza aveva a
che fare quotidianamente era difficile. Anche se era un tipo di violenza
rigorosa, l'assalto all'arma bianca, di piazza. Il manganello contro lo Stalin,
la spranga, e la chiave inglese. Odiavano chi spaccava le vetrine, chi portava
le molotov, tutti quelli che usavano le pistole. Infatti quando nel corteo c'è
troppo di tutto, si sciolgono. Nonostante siano 50 persone, cinque file da
dieci, amicissimi. Duri e puri come cemento armato, come acciaio ma, alla fine,
vengono disgregati dall'interno dalle logiche della violenza ".
Ma perché propria questa storia?
"Per Primo Moroni e per la battaglia che si porterà
dietro dall'82 sino alla morte nel 98: liberiamo gli anni 70. Fondamentale per
la storia della lotta di classe in Italia e per non ripetere gli stessi errori".
E poi non si può costruire su degli omissis...
"Il Vietnam vince perché spara, si diceva. Adesso la
situazione è diversa; il movimento, da Porto Alegre in poi, ha contatti solidi
con tutto il mondo, con i movimenti di liberazione ma anche con l'associazionismo
di base, con i semterra, con i gruppi di donne in India. Lotta di base non
violenta. Forse la Banda Bellini, nel suo piccolo, può far capire che certe
logiche verticistiche e militari non pagano più. Naomi Klein dice che questo
movimento è al femminile, che pone la non violenza come questione fondativa di
tutto il movimento".
E tu, il narratore, da che mondo arrivi?
"Io? Io sono Philopat vivo nel mondo dei fumetti e
quello che racconto è il mondo dei fumetti.
Venerdì 7 febbraio ore 20’30
alla libreria Spaziopiù a Vicenza:
Marco Philopat presenta: La
Banda Bellini