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01 AGOSTO 2006 «Tocca al governo decidere» Venezia. Il presidente Galan accusa il centrosinistra di stringere, con una “manovra a tenaglia demagogica”, la questione degli Usa al “Dal Molin” sino al punto di soffocare ogni decisione. È la stessa demagogia, incalza Galan, che spinge la sinistra ad accusare ingiustamente il Comune di inerzia. La verità, aggiunge il Governatore, è che la Regione - visto che è stata chiamata in causa - non ha nessun problema a intervenire nel dibattito. Lo farà, promette, sulle questioni che le competono: urbanistica, inquinamento, viabilità. Ma prenderà posizione solo dopo che il governo Prodi avrà preso posizione e avrà detto, chiaro e tondo, se vuole oppure no i soldati Usa al “Dal Molin”. Questa è la posizione del presidente, che non si tira indietro dal confronto. «La questione “Dal Molin” - spiega Galan - è un caso esemplare, perché esemplifica come meglio non si potrebbe tutte le ambiguità in materia di politica internazionale e di difesa di questo governo. La vicenda del “Dal Molin” era iniziata qualche anno fa, poi non ne avevamo avuto più notizie. Da quando s’è formato questo governo s’è avuta la sensazione di una accelerazione e di una manovra a “forbice”, cioé di una manovra di accerchiamento, da un lato condotto dai massimi livelli governativi del centrosinistra e dall’altro dal centrosinistra locale, che hanno avuto buon gioco in una operazione demagogica». Il presidente Galan difende l’operato del sindaco Hüllweck: «Esistono leggi in materia di regolamentazione delle servitù militari - aggiunge il presidente - per cui il parere del Comune arriva dopo, molto dopo le decisioni nazionali, quelle che devono essere prese dai vertici militari e dal governo. Una volta chiarito questo, si capisce la demagogia di chi vuole addossare al Comune ogni responsabilità». Galan fa un riferimento chiaro anche al discorso del presidente del Consiglio e alla sua intenzione di “riconsiderare” la presenza degli americani a Vicenza. «Fa riferimento a questioni come urbanistica, impatto ambientale, inquinamento... Tutto vero, ma questi sono i punti che rientrano nelle competenze di un’amministrazione comunale. È un altro livello. La questione centrale è un’altra: perché il presidente del Consiglio non dice se intende o non intende consentire l’ampliamento della base al Dal Molin?. Questo è il punto: non trovi la scusa di altre motivazioni». «Prodi - aggiunge Galan - mi deve dire se intende far parte di un’alleanza occidentale e democratica oppure no. Insomma, la vicenda si sta trascinando, ma non per colpa nostra. Gli americani vogliono sapere, e ne hanno tutto il diritto. Può essere il Comune o il sindaco a dire se vuole oppure no una base Usa? È una questione che riguarda la sicurezza nazionale, quindi deve parlare il Governo. Con chiarezza». Da questa impostazione discende anche la posizione di Galan sul fatto che è stata tirata in ballo la Regione? «Nessun problema a dire la nostra. Ma prima aspettiamo la risposta del governo. Solo in seguito diremo, come farà anche l’amministrazione comunale di Vicenza, “sì” oppure “no” proprio sulle questioni che vengono sollevate: diversa viabilità, rischi di inquinamento, traffico aereo che si accrescerà...». Sferza Galan: «Sul “Dal Molin” c’è un gioco delle parti che deve finire. Il sindaco s’è già espresso. Adesso aspettiamo chi deve parlare. Non si può giocare su due tavoli, come fa il ministro D’Alema. Ricordo che quando si mandarano i nostri soldati in Kosovo fu l’opposizione di centrodestra che salvò il governo D’Alema. Se ci sarà un’altra missione di pace da dove partiranno i soldati, americani compresi? Questo è il punto. Non spetta a noi, notoriamente filo occidentale e filo americani, intervenire. Il governo deve dire chiaramente cosa vuole e da che parte sta. Poi interverranno Regione e Comune».
L’intervento. Le proposte di Poletto (Ds) di Luigi Poletto*
Al di là dell'aspetto strettamente amministrativo dell'essere il Dal Molin un'area demaniale, è del tutto evidente sotto il profilo della pianificazione e gestione urbanistica che non è possibile disancorare il progettato insediamento della base americana dal Pat (Piano di assetto del territorio) di cui è stato predisposto finora il Documento preliminare.
Anche perché la nuova legge urbanistica regionale stabilisce che il Pat è sottoposto al nuovo strumento della Vas - Valutazione ambientale strategica - finalizzata a verificare la congruità delle scelte pianificatorie rispetto agli obiettivi di sostenibilità degli stessi e quindi l'impatto ambientale complessivo delle decisioni strategiche in materia di governo del territorio. È un'ulteriore argomentazione, questa, a favore di un riesame complessivo dell'operazione da parte del Comune di Vicenza.
Ma gli americani ci impongono una tempistica che non è compatibile con le scansioni temporali della pianificazione urbanistica cittadina: Documento preliminare al Pat, Pat, Piano degli interventi (Pi), Piani urbanistici attuativi (Pua). Nel contempo il Governo chiede al Comune di valutare l'impatto urbanistico, viabilistico e ambientale dell'insediamento e quindi ci fornisce l'assist per pronunciare un «allo stato degli atti, no alla nuova caserma». Infatti, tale valutazione non può essere effettuata in poche settimane, ma nei tempi previsti dalla sequenza procedimentale della pianificazione territoriale in essere e con modalità tali da verificare la compatibilità di qualsiasi nuovo addensamento edilizio con gli scenari previsivi di contesto del Pat.
Dunque: nessuna decisione è possibile in tempi rapidi e il venir meno di flussi finanziari dedicati alla caserma è un problema esclusivamente statunitense che non può obbligarci ad una tempistica forzosa, approssimata e parziale. In conclusione: il Comune si trova nelle condizioni amministrative ottimali per prendere tempo pronunciando un no anche solo temporaneo e per dire un no per prendere tempo.
C’è poi la questione sicurezza. Al di là dell'innesto della nuova caserma nel tessuto urbano e del correlato giudizio di compatibilità urbanistica, sono eccessivamente sottaciute le questioni legate alla militarizzazione del territorio e alla gestione della questione sicurezza. In un'epoca di terrorismo globalizzato Vicenza rischia di diventare un “obiettivo sensibile”.
Ecco perché insediamenti di tale natura vanno allocati lontano dagli agglomerati urbani in una posizione defilata e tale da poter ottimizzare la gestione della sicurezza dei militari che sono ospitati nella base e dei civili che vi risiedono stabilmente o vi lavorano. Un innesto in pieno centro abitato enfatizza i rischi e moltiplica i pericoli rendendo estremamente complessa la gestione e l'organizzazione operativa della sicurezza non solo intra moenia, ma anche extra moenia cioè fuori dal contesto edilizio della caserma.
Non si tratta di fare del “terrorismo psicologico”, ma di usare quella cautela e quella prudenzialità doverose quando sono in gioco l'irrazionalità omicida della sfida terroristica da un lato e dall'altro la necessità di massimizzare le azioni di prevenzione a partire da una corretta allocazione dei presidi militari statunitensi nel nostro Paese. E non vale rispondere che «esiste già la Ederle». Proprio il fatto che si consolidi una presenza militare americana e che la si concentri logisticamente a Vicenza, farebbe della città berica uno dei capisaldi più importanti e permanenti del dispositivo bellico americano in Italia il che eserciterebbe una formidabile forza attrattiva nei confronti del terrorismo internazionale.
Raniero (Cub) «L'ultima in ordine di tempo per i favorevoli alla nuova base al Dal Molin è il ricatto occupazionale presso la Ederle». Germano Raniero, a nome della Confederazione unitaria di base, interviene nella querelle esplosa fra Cgil e Cisl circa il futuro dei dipendenti della Ederle. «Purtroppo la Ederle senza un movimento di lotta difficilmente chiuderà. Detto questo noi, sindacato di base che ci stiamo battendo contro la costruzione della base non vogliamo che nessuno perda il posto di lavoro e lo stipendio. Siamo per chiudere le basi senza che nessuno perda il lavoro. Oggi è ora di fare una cosa buona e giusta: destinare i lavoratori della Ederle a posti di lavoro pubblici; mancano dipendenti negli uffici statali, negli ospedali, nei comuni».
Il presidente del Consiglio sulla caserma Usa (e. mar.) «Se non sono d’accordo i sindacati, come si fa ad avere un’idea chiara sul futuro del Dal Molin?». Sante Sarracco, uomo di punta di An oltre che presidente del Consiglio comunale, non se la sente di prendere posizione sull’area destinata all’insediamento della Ederle 2. Ma avverte: «Il partito deve discutere insieme, analizzare la questione in profondità. Finora ho sentito solo opinioni personali, ma nessuna reale analisi del problema. Spero che presto An si incontri per concordare una posizione comune». Le domande che l’ex assessore al sociale si pone sono tante, a partire dalla questione della sicurezza: «Non sappiamo con certezza che tipo di materiale bellico verrà inserito nella base - spiega Sarracco - senza contare che non è chiaro quale sia la possibilità di sorvolo da parte degli aerei militari. Ne deriva che sono incerte anche le attività dell’aeroclub e dell’aeroporto civile». Insomma troppe incognite per Sarracco a partire dall’occupazione. «Solo ora, con il sindacato, emerge concreta la questione dei posti di lavoro interni alla Ederle e dell’indotto. Mi sembrano questioni da verificare a tavolino, senza ragionare per spot. Ripeto, quando vedo il sindacato dividersi mi pongo delle domande».
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