|
01 NOVEMBRE 2005 dal Giornale di Vicenza
SCHIO.«Dov’è lo spazio autogestito?»
Amministratori cauti per non ripetere l’errore del centro sociale di Angela Salviato Irrompono in municipio per chiedere spazi sociali autogestiti. E trovano gli assessori disponibili al dialogo. Una ventina di ragazzi appartenenti al coordinamento “Libera Zone” si sono dati appuntamento in Comune: «Siamo qui a pretendere risposte chiare in merito ad una trattativa iniziata mesi fa - spiega Cristian Moresco, portavoce del gruppo -. Abbiamo presentato pubblicamente al Toaldi Capra un progetto di spazio sociale autogestito, invitando anche le autorità ma non abbiamo ancora capito la posizione ufficiale del sindaco e della giunta sulla possibilità o meno di poterlo realizzare». Davanti al Comune, tra i pochi presenti durante la lettura del comunicato, l'assessore alle politiche culturali, Flavio Bonato, ha espresso la necessità di discuterne assieme per trovare una soluzione, dicendo però che non vuole commettere gli errori del passato. «Il tema degli spazi sociali ha animato spesso il dibattito nella vita della città, negli ultimi decenni - ha sostenuto l'assessore -. Va considerato che i vari tentativi di creare un centro sociale, in passato, hanno dato esiti non sempre positivi. Servono strumenti per coinvolgere più persone e non per creare dei ghetti». In attesa che arrivi una risposta definitiva dall'Amministrazione, anche Lorena Tagliapietra, consigliere dei Verdi, presente durante la manifestazione, ha esposto la sua posizione: «Noi abbiamo sempre tenuto in considerazione il problema degli spazi sociali, che fa anche parte del nostro programma elettorale. Il progetto di “Libera Zone” merita attenzione e quindi abbiamo intenzione di appoggiarlo, cercando una collaborazione per escogitare una formula diversa dal “centro sociale” che evoca brutti ricordi negli scledensi». Il riferimento è all’esperienza degli anni ’90 nel capannone di via Martiri della Libertà, naufragata per mancanza di stimoli e di partecipazione.
Cifre e dati dallo sportello dell’Area balcanica della Camera di Commercio In soli tre anni gli immigrati sono aumentati del 61,6 % Nel Vicentino raggiunta quota 60 mila e il fenomeno non si arresta di Chiara Roverotto Sono cresciuti in fretta con un incremento del 61,6 per cento dal 2000 al 2003. Di fatto rimane un fenomeno storicamente recente e molti hanno raggiunto la nostra provincia per povertà, per un desiderio di miglioramento economico oppure per persecuzioni politiche. Nel Vicentino gli immigrati sono 60 mila e molti provengono da paesi non comunitari. Economia vicentina. La realtà imprenditoriale è cambiata, soprattutto, negli Anni Settanta con una rapidissima espansione imprenditoriale che ha trasformato la provincia in una delle più forti zone industriali d’Italia. Perché? Innanzitutto, c’era disponibilità territoriale e abbondante manodopera. Ma negli ultimi 15 anni i fattori di successo sono entrati in crisi e questo ha portato al richiamo di forza lavoro proveniente dall’esterno. A Vicenza la domanda superava l’offerta, soprattutto nell’industria e nell’artigianato. Nel frattempo ci sono stati molti sconvolgimenti politici: il crollo dei due blocchi storici che ha rimescolato le carte e portato milioni di persone a valutare la prospettiva nuova di emigrare. Infine, lo scoppio della guerra nei Balcani e in altri Paesi dell’Europa dell’Est. Molti immigrati ora residenti nel Vicentino arrivano da Jugoslavia, Marocco, Ghana, Nigeria, Pakistan, Filippine, Bangladesh, Tunisia, Bosnia, Albania, Algeria, Burkina Faso e India. Problemi con la giustizia. Le denunce a piede libero nel Vicentino (dati forniti dalla questura ndr) sono 2.805 di cui 937 riguardanti stranieri con una percentuale del 34,4%. Arresti e fermi: 504 in tutta la provincia di cui 310 stranieri con una percentuale del 61,5%. «Nel dato degli stranieri - scrive Ubaldo Alifuoco nella ricerca “I flussi migratori in provincia di Vicenza: risorsa economica e problemi sociali. Delocalizzazione e opportunità imprenditoriali” - incide molto la parte di arrestati per violazione della legge Bossi-Fini sull’immigrazione. Delle 937 denunce, circa la metà è per la violazione della Bossi-Fini. Si tratta di clandestini che non hanno i documenti o che li hanno falsificati, altri per contraffazione dei marchi (cd, dvd, musicassette ), il grosso della vera criminalità economica è tuttora composto da autoctoni. Immigrati imprenditori. A livello nazionale ci sono 3 milioni e 400 mila titolari di ditte individuali tra queste 125 mila sono di immigrati pari al 3.6 per cento del totale. Il settore che richiama di più con 68.461 aziende pari al 4,7 è quello dei servizi, seguono le costruzioni con 26 mila 518 e il 5,8 per cento e infine il comparto manufatturiero con il 5%. A Vicenza l’Assoartigiani conta 473 iscritti immigrati, i settori di impegno sono le costruzioni per quanto riguarda i lavoratori dell’Est e il manufatturiero per quelli dell’Africa Settentrionale. Badanti. Il Comune di Vicenza ha risparmiato il 50 per cento delle risorse in bilancio in previsione per l’assistenza. Tradotto in cifre si tratta di 200 mila euro per attività di assistenza anziani e disabili che vengono seguiti da personale immigrato, soprattutto proveniente dalla Moldavia e dall’Ucrania. «In sostanza - dice Alifuoco - la prospettiva di sviluppo nella nostra provincia avverrà dentro una grossa contraddizione: da un lato non potrà fare a meno dell’apporto di dosi crescenti di popolazione immigrata, dall’altro questo determinerà un potenziale di conflittualità che rischia di essere dirompente se non si governa il fenomeno. Da un lato aumenteranno le espulsioni dalle aree di provenienza e nello stesso tempo un aumento di fattori di attrazione. Praticamente - scrive Alifuoco - la comunità vicentina e del Nord-est presenta caratteri evolutivi sul piano economico che rendono indispensabile la manodopera straniera. Ma, la rapidità dei flussi e la eterogenità delle culture, determinano un potenziale conflitto che richiama la necessità di una politica intelligente. Non è sufficiente una predisposizione caritatevole, tipica di un atteggiamento buonista, ma vanno definite regole in grado di mediare tra le esigenze dei nuovi venuti e quelle di una popolazione autoctona».
|