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03 FEBBRAIO 2005 dal Giornale di Vicenza
Capannone sociale... e legale
Secondo la legge il circolo, oggetto di un’interrogazione di An, è indipendente dalla destinazione urbanistica di Silvia Maria Dubois
Hanno vinto i “ragazzi del Capannone”. Dopo una settimana di interrogazioni e discussioni in merito alla legalità del nuovo centro di aggregazione di via dell’Edilizia 128, una risposta per tutti ora c’è e sembra chiudere la questione definitivamente, visto che la esprime direttamente la legge.
Nei giorni scorsi si era parlato di edificio fuori norma e di incompatibilità d’uso con la zona industriale in cui si trova. A tal proposito, mentre i consiglieri di Alleanza Nazionale Luca Milani e Francesco Rucco presentavano un’interrogazione, l’assessore all’urbanistica Maurizio Franzina predisponeva un’ispezione dei vigili urbani per definire la regolarità del locale.
Ma lunedì, negli uffici del Comune, si sono presentati loro, i ragazzi del circolo Arci, assieme al consigliere di Vicenza Capoluogo Stefano Soprana, e hanno consegnato una fotocopia della legge 383 del 2000.
Secondo tale legge, infatti, nell’articolo 32 è precisato che “la sede delle associazioni di promozione sociale e i locali nei quali si svolgono le relative attività sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal decreto del Ministro per i lavori pubblici (2 aprile 1968) indipendentemente dalla destinazione urbanistica”.
Una specifica che salverebbe l’esistenza del Capannone Sociale e, anzi, potrebbe addirittura suggerire alla città una soluzione per la realizzazione di nuovi spazi aggregativi, alla luce anche delle recenti richieste espresse da parte di alcune circoscrizioni.
Due episodi con al centro la caserma Ederle: nel primo caso l’ufficiale è stato denunciato per il furto di capi di abbigliamento per quasi 3 mila euro, nel secondo all’asta l’auto di una soldatessa Usa Colonnello della Nato in missione rifà il guardaroba a sbafo per i figli (d. n.) Faceva la spesa senza pagare, e si riempiva la macchina di ca pi di abbigliamento per bambino. Non si tratta di un delinquente abituale, ma di un colonnello della Nato in missione in Italia che è stato scoperto dai carabinieri della Setaf a rubare all’interno di un supermercato della caserma Ederle in viale della Pace. Nei guai è finito l’alto ufficiale Stylianos Alourdas, in servizio per la Nato, che era arrivato in Italia da pochi giorni e che si deve trattenere ancora per poco. I militari lo hanno denunciato in procura con l’ipotesi di furto aggravato mentre la merce, che è stata recuperata, è stata posta sotto sequestro. La vicenda è avvenuta alla fine della scorsa settimana all’interno della base americana. La Ederle, in vari momenti dell’anno, ospita militari Nato e fra gli altri nei giorni scorsi c’era un gruppetto di cui faceva parte il colonnello di origini greche. In base a quanto ricostruito, Alourdas era stato notato più volte all’interno del supermercato “Aafes Px”, che ha sede nella base Usa. Alcuni addetti del negozio si erano insospettiti perché il militare, che era stato visto muoversi fra gli scaffali, non passava mai per la cassa. Per questo avevano avvisato i carabinieri della Setaf, che avevano organizzato degli appostamenti per verificare la fondatezza di quanto riferito. I controlli hanno confermato la segnalazione: il colonnello voleva forse rifare il guardaroba ai figli perché, in base a quanto recuperato, avrebbe portato via quasi esclusivamente capi d’abbigliamento per bambini. Il greco aveva adottato questo meccanismo: sceglieva la merce che più lo aggradava, la infilava in una borsetta di plastica del supermercato e quindi usciva noncurante. Ripetendo l’operazione più volte, aveva messo da parte vestiti per circa 3 mila dollari, poco più di 2500 euro. Poiché gli mancavano pochi giorni alla fine della missione, sperava di farla franca e poi di lasciare Vicenza prima che lo scoprissero. I carabinieri dopo averlo controllato per qualche ora verso le 16.30 dell’altro pomeriggio lo hanno fermato ed hanno deciso di perquisire la macchina che aveva in uso. Nella vettura sono stati trovati i capi di abbigliamento che sono stati sequestrati come prova dei furti. I militari hanno avvisato il magistrato di turno e quindi hanno inviato l’informativa. Il guardaroba rinnovato senza pagare è costato pertanto al colonnello della Nato una denuncia per furto aggravato.
«La Cogi non rispetta gli impegni» Il sindaco riceve i lavoratori e punta il dito sull’impresa fiorentina Manifestazione lungo le vie del centro Studenti, operai, cittadini e sindacalisti «Il diritto allo sciopero non si tocca» di Chiara Roverotto « Qui non si parla più di previsioni, ma solo di diritti... ». La musica degli studenti fa da sottofondo agli striscioni che la Cgil ha preparato per la manifestazione che ieri mattina ha attraversato il centro della città per concludersi davanti a palazzo Trissino. A due settimane esatte dal licenziamento di nove lavoratori nel cantiere per la costruzione del nuovo teatro: sindacalisti, politici, cittadini e studenti hanno deciso di scendere in piazza, di manifestare contro quello che fin dall’inizio hanno etichettato come una “rappresaglia” dell’amministratore unico della Cogi, Giuseppe Coccimiglio. Due settimane fa il “fattaccio”: i lavoratori dopo non aver percepito lo stipendio andarono direttamente in Consiglio comunale a protestare e lì arrivò anche l’amministratore unico dell’impresa fiorentina che licenziò “in diretta” gli operai « perché non c’era alcun motivo che giustificasse uno sciopero... ». « In nessun paese democratico - ha puntualizzato Antonio Toniolo, segretario provinciale della Fillea Cgil - accadono cose del genere. Qui si rispettano le regole che non sono dettate dal s indacato, bensì dalla costituzione ». Bandiere rosse al vento, applausi. Davanti all’ingresso del cantiere in via Battaglione Framarin poco dopo le 9.30 arrivano anche gli studenti. « I l diritto allo sciopero non si tocca, noi saremo i lavoratori di domani e dobbiamo tutelarci di fronte a queste forme si sopraffazione ». I giovani arrivano dai licei Pigafetta, Lioy, Martini, Quadri e dagli istituti Montagna, Rossi. « In alcune scuole presidi e professori non ci hanno dato la possibilità di scioperare e nemmeno questo è accettabile... Comunque, siamo qui per ribadire il nostro no alla logica repressiva volta a limitare la libertà dell’individuo. Non possiamo permettere che un piccolo padrone possa considerarsi al di sopra delle leggi ». Arrivano i delegati sindacali della Fillea Cgil del Veneto, della Toscana, le bandiere aumentano e anche la rabbia. « Siamo abituati a scioperare, ma per rivendicare posti di lavoro, non certo i salari - dice Oscar Mancini, segretario provinciale della Cgil -. A Vicenza le regole si rispettano e non si lanciano messaggi oscuri... ». « Il sindaco di questa città deve riflettere - ha sottolineato Mauro Marchesi della Fillea - Cgil nazionale - questi operai non hanno da mangiare e chiedono solo quanto spetta loro per diritto: il salario. Se questa situazione continua, ad essere messa in gioco è l’immagine democratica di Vicenza. Gli operai vogliono solo un po sto di lavoro, per questo il Comune deve aprire un tavolo con il sindacato ». Sono le 10.30, il corteo lentamente si muove: 200 persone circondate dalle forze dell’ordine percorrono viale Mazzini, imboccano via Bonollo sbucano in piazza S. Lorenzo, arrivano in corso Fogazzaro, Palladio e poi la meta: Palazzo Trissino. Al corteo si uniscono Alessandro Testolin, assessore leghista dell’Amministrazione provinciale. « Sono a fianco dei lavoratori - afferma - per difendere i diritti sanciti dallo statuto ». Accanto a lui Ubaldo Alifuoco, Giovanni Rolando dei Ds, Luca Balzi neo segretario della Quercia, Ciro Asproso, Olol Jakson dei Verdi. « Il licenziamento per rappresaglia dei lavoratori è uno schiaffo alla nostra città. L’altra nota dolente è l’assordante silenzio dell’Amministrazione cittadina, un s ilenzio imbarazzante, che non fa presagire nulla di buono. Non vorremmo che il taglio del nastro del futuro teatro, quando e come sarà, ponesse in second’ordine il rispetto dei diritti dei lavoratori », dicono i Verdi. Gli operai licenziati ascoltano, camminano, si guardano attorno. Al lavoro, forse, si troverebbero più a loro agio. Nicolae, Ivan e tutti gli altri arrivano da terre lontane Moldavia, Romania, Egitto (fatta eccezione per il gruppo di pugliesi). Sono qui per lavorare. E per farlo chiedono solo di essere pagati. Toniolo (Cgil) : «Vogliamo l’istituzione di un tavolo tecnico» Hüllweck : «Il cantiere non può rimanere sospeso in eterno...» (c. r) « Gli operai possono contare sulla nostra disponibilità: come già detto nei giorni scorsi e, come previsto dal capitolato d’appalto, abbiamo già avviato le pratiche per il pagamento degli stipendi... ». È il primo annuncio del sindaco dopo oltre un’ora di colloquio a Palazzo Trissino con i rappresentanti sindacali della Fillea- Cgil e con i lavoratori. «N on so come andrà a finire con l’impresa - continua il sindaco - di sicuro non sta mantenendo gli impegni presi. A questo punto o resta oppure se ne va... L’Ipotesi più indolore sarebbe che restasse, ma non so quante possibilità ci siano e poi bisognerebbe valutare a quali condizioni . Comunque, una cosa è certa: il cantiere non può rimanere sospeso in eterno ». Previsioni? Il sindaco ha poche strade da battere. « Attendiamo le relazioni del direttore dei lavori, poi ci regoleremo. Il teatro non sarà concluso nei tempi previsti e non sono in grado di fare altre anticipazioni. Anche perché se la Cogi se ne dovesse andare bisognerebbe chiamare la seconda impresa che si presentò allora, oppure indire un nuovo appalto e questo vorrebbe dire perdere almeno due anni. Onestamente non pensavo che potesse finire in questo modo - ammette il sindaco -: abbiamo i soldi per un’opera che la città aspetta da sessant’anni, ma non possiamo spenderli. Del resto, chi poteva immaginare che l’impresa che ha vinto l’appalto dopo oltre un anno non pagasse i fornitori, gli operai, o li licenziasse perchè scioperavano? Nessuno di noi poteva immaginarlo: se non fosse una storia vera potrei definirla una boutade, visto che si parla di teatro ». Poi, la parola passa ad Oscar Mancini e ad Antonio Toniolo. « Abbiamo espresso la nostra condanna nei confronti dell’amministratore unico della Cogi, Giuseppe Coccimiglio e per quanto riguarda il cantiere abbiamo domandato al sindaco l’istituzione di un tavolo tecnico, al quale si potranno sedere anche i sindacati indipendentemente da come evolverà la situazione, visto che i problemi sul tappeto sono anche di natura strettamente sindacale ». Inoltre - ha ribadito Mancini - abbiamo spiegato al sindaco che non crediamo ai complotti, ma vogliamo solo che si applichi la legge. « Nessuno di noi è contro la costruzione del teatro, ma chiediamo che avvenga nel rispetto delle leggi che tutelano i diritti dei lavoratori ». Ieri pomeriggio, intanto, era fissata l’udienza davanti al giudice del lavoro Luigi Perina per i licenziamenti degli operai, ma l’udienza è stata rinviata a lunedì prossimo perché, come spiega l’avv. Barbara Borin, « non esistevano prove documentali dell’avvenuto ricevimento della convocazione da parte della Cogi ». Infatti in tribunale ieri pomeriggio non c’era alcun legale che rappresentasse l’impresa che ha vinto l’appalto per la costruzione del teatro, impresa che da alcune settimane è al centro delle cronache giudiziarie anche per i mancati pagamenti di alcuni fornitori.
Opposizione, solidarietà con colletta di Maria Elena Bonacini
«Usavamo i chiodi due volte e per trovarne uno ci volevano cinque minuti. È chiaro che abbiamo accumulato mesi di ritardo». È quanto raccontato martedì sera da alcuni degli operai licenziati dalla Cogi, durante l’incontro “Il teatro delle vergogna” organizzato dai Ds e svoltosi nella sede della Circoscrizione 7, al quale hanno partecipato una cinquantina di persone e diversi esponenti del centrosinistra, fra i quali il segretario cittadino dei Ds Luca Balzi, il segretario provinciale Daniela Sbrollini, il consigliere comunale Ubaldo Alifuoco, il consigliere regionale Claudio Rizzato e il consigliere provinciale del Pdci Giorgio Langella, oltre al segretario provinciale della Fillea - Cgil Antonio Toniolo e all’avvocato Barbara Borin.
«In un cantiere di quelle dimensioni - continuano i lavoratori - avevamo un solo flessibile e ogni volta dovevamo andare in cerca». Non solo quindi, gli operai della Cogi, come affermato dallo stesso Coccimiglio, dovevano pagarsi gli attrezzi perché in questo modo li avrebbero maneggiati con più cura, ma anche chiodi e strumentazione sembra fossero beni di lusso.
I rappresentanti politici hanno analizzato i passaggi che hanno portato all’attuale situazione, sottolineando che, come spiega Alifuoco, «quella che stiamo portando avanti - afferma - è una battaglia di civiltà che ha un carico simbolico elevatissimo perché il cantiere ha una committenza pubblica, e ciò dovrebbe garantire i diritti, mentre si è creata una situazione vista al massimo in qualche piccola azienda ma mai in un caso analogo».
E il sindaco ora ripensa allo stop ai tir all’Albera Hüllweck fa intravedere un nuovo provvedimento «Se la bretella ritarda, potrei riproporre l’ordinanza» di Gian Marco Mancassola Forte del successo incassato in consiglio comunale, da cui l’ordinanza sul super-blocco è uscita indenne, il sindaco Enrico Hüllweck sta già rimuginando a un nuovo blocco, quello dei Tir all’Albera. Ma attenzione: le sue parole sono un balletto di verbi coniugati al condizionale, conditi di tanti “se”, “qualora”, “chissà”. E però l’ipotesi dell’ordinanza-bis, dopo quella cassata a colpi di ricorsi tre anni fa, è baluginata in questi giorni di proteste su tutti i fronti. «Se la bretella dovesse andare per le lunghe, potrei anche riproporre il blocco. L’ho già fatto tre anni fa e l’avrei rifatto se non ci fosse stata di mezzo la bretella». In altre parole: hanno detto che la variante alla strada Pasubio, da Vicenza ovest a Isola, viaggiava veloce; non vedendo ancora molto, «torno a pensare alla possibilità del blocco». Hüllweck ammette che dell’ipotesi ha già parlato con il vicesindaco e assessore all’ecologia Valerio Sorrentino; un accenno l’ha fatto anche durante la riunione dei capigruppo, convocata lunedì sull’ordinanza del blocco del traffico. E poco ci mancava che l’annuncio lo facesse direttamente ai microfoni del consiglio comunale l’altra sera, quando è stato duramente incalzato dalla consigliera leghista Franca Equizi, che chiedeva ragioni di un blocco in centro, dove nessuno lo vuole, e dell’inerzia in strada Pasubio, dove l’ordinanza è attesa come una manna dal cielo. A frenare il sindaco sarebbero stati i cartelli esposti fra il pubblico dai comitati dell’Albera, giunti in consiglio per chiedere l’ordinanza. Non è stato chiaro - dice Hüllweck - se fossero lì soltanto per chiedere di fermare i mezzi pesanti in strada Pasubio, o se se stessero protestando anche contro il blocco dei quattro giorni. «Ho avuto questa sensazione - spiega - e ne sono rimasto deluso: serve coerenza su questi temi. E poi, che fine ha fatto la sinergia?». «Per anni solo parole - riportava uno dei manifesti esposti in sala Bernarda - il 2005 anno dei fatti: stop ai tir per la vita». Sui banchi, intanto, i consiglieri Gianni Rolando (Democratici di sinistra) e Sandro Guaiti (Margherita) componevano l’altra sera l’ennesima lettera indirizzata al primo cittadino: «I tempi e le condizioni sono maturi, la pazienza dei cittadini è strafinita. Emetta quella benedetta ordinanza per liberare dai tir e dai veleni i quartieri dell’Albera, anche solo temporaneamente. Al punto in cui è giunta la situazione delle polveri, dell’insicurezza per le persone e per le case, si impone l’ordinanza di divieto dei tir che vanno oltre i comuni limitrofi a Vicenza. Lei firmi e noi sosterremo con forza il provvedimento». Il sindaco, tuttavia, ha fatto capire che molto dipende dai tempi di realizzazione della nuova strada, finanziata da Provincia per due terzi e per il restante terzo dalla società Autostrada Brescia-Padova. Se si accelera, bene; altrimenti «si può anche riprendere in mano il provvedimento di blocco». Questa volta - aggiunge Hüllweck - l’ordinanza sarà irrobustita nella parte delle motivazioni, evitando alcuni dettagli che si rivelarono decisivi per l’accoglimento del ricorso. Da un blocco all’altro, è facile prevedere un rilancio del movimento dei comitati, che lunedì si incontreranno per decidere le nuove azioni di protesta e che presumibilmente punteranno a premere sull’acceleratore. Ma a sostenere il sindaco, a quanto pare, ci sarebbe anche buona parte della maggioranza. E chissà cosa dirà questa volta l’assessore regionale Renato Chisso, che a dicembre aveva convocato un tavolo con Comune e Provincia per studiare la deviazione del traffico pesante sul nodo autostradale e che di fronte al blocco dei quattro giorni aveva attribuito a Hüllweck «un coraggio da vendere». Determinante, se si dovesse imboccare la strada della nuova ordinanza, sarà la reazione dei Comuni a nord del capoluogo, delle associazioni degli autotrasportatori e della Provincia, che attraverso la presidente Manuela Dal Lago si è sempre opposta alle ordinanze di blocco del traffico pesante, facendosi carico di un progetto che complessivamente vale 66 milioni di euro. |