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03 GIUGNO 2006
An abbandona il palco del 2 giugno
La Festa della Repubblica. Polemiche in piazza dei Signori durante le celebrazioni per il 60° anniversario di Gian Marco Mancassola Lo stato maggiore di Alleanza nazionale abbandona il palco del 2 giugno. È accaduto ieri in piazza dei Signori, dove è andata in scena la cerimonia per celebrare il sessantesimo anniversario della Repubblica, organizzata come da tradizione dalla prefettura. Era il primo 2 giugno del neoprefetto Piero Mattei, ma l’occasione passerà agli annali per il clamoroso gesto con cui l’on. Giorgio Conte, l’assessore regionale Elena Donazzan, il vicesindaco Valerio Sorrentino e il presidente del consiglio comunale Sante Sarracco si sono sfilati dal palco d’onore, lasciando la manifestazione, per protestare contro le parole dell’oratore ufficiale, il sen. Luigi Gui. La parata. Smentite le previsioni meteo che annunciavano rischio maltempo, piazza dei Signori si riempie ben presto di autorità civili e militari e gonfaloni dei Comuni vicentini, davanti ad alcune centinaia di spettatori. Sopite le fanfare e completato l’alzabandiera, il prefetto Mattei prende la parola, leggendo il messaggio del capo dello Stato Giorgio Napolitano. E qui scatta il primo fuori programma. Proprio davanti al palco, infatti, dal pubblico viene alzato un cartello polemico nei confronti del presidente: «Chi grazia i terroristi non mi rappresenta». Il cerimoniale procede senza scossoni, con un appello alla pubblica amministrazione a mantenere la sua funzione alta. Poi, Mattei passa la parola al sen. Gui, 92 anni, padovano, più volte ministro ai tempi della Democrazia cristiana, vicino ad Aldo Moro. Gui è stato ufficiale degli alpini della campagna di Russia, volontario della libertà, membro del Cnl, deputato dell’assemblea Costituente. L’orazione. «Vicenza - esordisce Gui - ha dato un contributo straordinario ed elevato alla Liberazione e all’assemblea Costituente», tappa «fondamentale per la convivenza nazionale, un evento straordinario» dopo «il fascismo, la guerra, la sconfitta, l’occupazione nazista del Nord Italia e la vergogna di Salò». A queste parole, dopo una tensione palpabile fatta di mugugni e sguardi incrociati, i quattro aennisti all’unisono decidono di abbandonare il palco, allontanandosi dalla cerimonia in direzione delle colonne di piazza dei Signori. Gui si interrompe, mentre dal settore occupato dai rappresentanti delle associazioni d’arma e combattentistiche esplode un “vergogna” che risuona in tutta la piazza. Poi l’ex ministro padovano riprende la sua orazione, omaggiando la lotta partigiana e il testo della Costituzione, rivolgendo infine un ricordo a Mariano Rumor. Un discorso applaudito, al termine, dal pubblico e dalle autorità. Il prefetto. Conclusa la cerimonia, il prefetto Mattei cerca di minimizzare l’accaduto, dicendosi comunque «dispiaciuto per quanto accaduto in un momento che dovrebbe essere di unità. L’oratore ha fatto politica per molti anni, ci possono essere particolari sottolineature, ma una figura come il senatore Gui non può tacere di fatti che sono accaduti». I fuoriusciti. Mentre in piazza la fanfara dell’associazione Bersaglieri intona “Fratelli d’Italia”, i quattro aennisti si sono radunati intorno ai tavoli di un caffè in Corso. «Mi sembrava di stare al 25 aprile, ricorrenza che io non festeggio - chiarisce l’assessore Donazzan -. Questo invece è il 2 giugno e noi crediamo con forza nell’unità nazionale, ma quell’allocuzione è ferma al 1946 e agli ultimi giorni di aprile. Con dispiacere ho lasciato il palco, ma non ho potuto resistere a quelle parole offensive per la mia storia personale e per il nostro senso della politica». «Un discorso vetero-resistenzialista - aggiunge l’on. Conte - inadeguato alla circostanza, che dovrebbe essere di pacificazione e di unità per chi la pensa come l’oratore e chi non la pensa come lui».
Le reazioni. Scambio di accuse e critiche dopo la celebrazione (g. m. m.) «È un fatto inqualificabile, che ha per protagonisti rappresentanti di una città decorata con due medaglie d’oro, una delle quali per la Resistenza. Sono comportamenti maleducati e vergognosi». Giulio Vescovi, presidente dei Volontari della liberazione, è la voce che ha urlato «vergogna» dal palco. Dopo un’ora dall’episodio, è ancora scosso: «La storia non si può cambiare. Dovrebbero chiedere scusa alla città». La piazza, in questo strano 2 giugno, è un brulicare di commenti e reazioni: «Evidentemente la nostra piazza è diventata un luogo di scontro politico - afferma Pierangelo Cangini, consigliere comunale della Margherita -. Provo un grande senso di amarezza per una protesta vacua vissuta male dal pubblico». «Le istituzioni non devono mai abdicare e l’oratore ufficiale deve sempre essere rispettato, qualsiasi cosa dica - è l’opinione di Matteo Quero, leader vicentino dei repubblicani europei -. Concordo che è stata una frase forte, ma non si abdica mai. E poi: forse non è vero che la Repubblica è stata fatta dalla Resistenza?». «Mi sembra un atteggiamento poco pacificatorio - incalza la diessina Valentina Dovigo -. Che la Repubblica sia nata sulle ceneri del fascismo è un fatto assodato, non solo per gli italiani, ma anche per gli europei. Negare questo mi sembra voler tornare indietro di molto, troppo». I quattro leader di Alleanza nazionale, tuttavia, difendono la loro scelta di abbandonare il palco. «È stata fatta confusione fra il 2 giugno, festa a cui teniamo molto, e il 25 aprile», attaccano quasi in coro. «Eravamo il gruppo politico più rappresentato, a tutti i livelli istituzionali», fanno notare Valerio Sorrentino e Sante Sarracco. «Dov’erano i deputati di centrosinistra?», attacca Giorgio Conte, rispendendo al mittente di centrosinistra l’accusa di assenteismo alle commemorazioni della Liberazione. «Un sapore provocatorio, poi, ce l’aveva anche la bandiera con falce e martello dei Comunisti italiani esposta sotto la Basilica, durante una festa che dovrebbe essere di unità. «Il discorso del prefetto è stato molto apprezzato, ma quello dell’oratore sembrava fatto per dividere e creare polemiche», aggiunge Sorrentino. «Quel “vergogna di Salò” è stata una frase devastante - afferma Sarracco - perché significa non rispettare nemmeno chi ha dato la propria vita». Poi i quattro si danno appuntamento al pomeriggio, a Villa Imperiali, dove si è tenuto il tradizionale ricevimento organizzato dal Prefetto, «di cui ho apprezzato davvero il discorso», conclude la Donazzan.
La proposta. Il presidente dell’azienda provinciale traccia un piano rivoluzionario Trasporti, grido d’allarme Ftv «Rischiamo il profondo rosso» Regis: «La Regione si concentra sul Sistema metropolitano: le risorse andranno lì» di Piero Erle
Altro che “attaccarsi al tram”. Il Vicentino rischia di restare impiccato al bus.
È un grido di allarme, quello del presidente delle Ferrotramvie vicentine Silvio Regis. A parlare con lui non è neppure facile immaginarselo, un tipo come Regis - che di professione fa il medico - che si mette a urlare.
Ma nel pacatissimo ragionamento del presidente delle Ferrotramvie il grido d’allarme c’è tutto.
A cominciare da un dato di fatto, confermato pienamente dal direttore generale Francesco Gleria: con i dati attuali, il 2006 anche per le Ftv, dopo ben 15 anni di risultati positivi, chiuderà con il bilancio in rosso, come ormai sta avvenendo per tutte o quasi le aziende di trasporto pubblico italiane.
E il quadro veneto sta cambiando radicalmente perchè è entrata in scena una nuova società la “Sfmr, Sistema ferroviario metropolitano regionale”. Tradotto in soldoni significa che si sta avviando il sistema di metropolitana nel triangolo Mestre-Padova-Treviso, e questo - osserva schiettamente Regis - non può che significare una cosa: se ci saranno soldi regionali, prima di tutto occorrerà spenderli lì.
«Una premessa. Siamo tutti d’accordo che il trasporto pubblico locale è un servizio sociale. Ma in un contesto storico come questo, dove le risorse scarseggiano, è evidente che la prima fonte i attrazione per i fondi che ci sono è il ’triangolo’ del futuro nuovo Sistema metropolitano».
Il Sfmr, oltre naturalmente alla Regione, mette assieme anche le società di trasporto dell’area Padova-Venezia -Mestre e cioè Sita, La Marca, Actv e Atvo: stanno tutte già rivedendo i progetti in base alla ’spina dorsale’ che sarà appunto il sistema metropolitano. Le linee “su gomma” si integreranno con quelle su rotaia, ed è indubbio che ci sarà bisogno di risorse ingenti per sostenere il tutto.
«Sia chiaro: mi guardo bene - precisa Regis - dal contestare questo progetto. Il Sistema metropolitano è essenziale, ma abbiamo sicuramente davanti 8-10 anni in cui l’attenzione sarà catalizzata sul triangolo Padova-Treviso-Venezia, con Rovigo a ruota di Padova. E noi e Verona rischiamo di restare con le briciole. Per questo il mio primo appello è ai nostri politici: dovranno farsi sentire a Venezia. E dobbiamo fare squadra con Verona per elaborare un nostro piano che faccia reggere e rilanci il trasporto pubblico».
Dopo la segnalazione di alcuni passeggeri, vigili del fuoco al lavoro per ore Allarme chimico in stazione «Nube tossica da un treno» A provocare l’allerta lo sfiato da una cisterna ferma allo scalo merci di Diego Neri L’allarme lanciato nei giorni scorsi trova subito un’inquietante conferma. Ieri i vigili del fuoco hanno lavorato a lungo nella stazione ferroviaria di Vicenza per mettere in sicurezza la cisterna di un convoglio che conteneva acido nitrico. Una nube si era sollevata dal mezzo, creando preoccupazione in alcuni lavoratori e fra i passeggeri. I pompieri, che hanno travasato l’acido in un altro contenitore, hanno appurato che fortunatamente non c’erano state fuoriuscite ma soltanto uno sfiato. A sollevare il caso erano stati, nei giorni scorsi, prima la giunta di Altavilla con il vicesindaco Conforto, e poi Massimo D’Angelo, segretario generale vicentino della Federazione italiana lavoratori dei trasporti (Filt) della Cgil. «Da anni denunciamo la carenza di organico nello scalo di Vicenza - scriveva il segretario - che determina lo scadimento degli standard manutentivi, di controllo e di sicurezza che coinvolgono la salute e l’incolumità dei cittadini. La pericolosità della stazione di Altavilla è altissima. L’area dello scalo è sprovvista di sensori di controllo utili ad attivare un immediato intervento su eventuali perdite di materiale pericoloso e di canalette per lo scolo. Il problema non è solo ad Altavilla, ma anche della stazione ferroviaria di Vicenza, dove le cisterne in arrivo prima di essere smistate ad Altavilla, o in partenza vuote verso le aree di destino, spesso sostano per parecchi giorni». L’allarme è stato dato al 115 ieri mattina verso le 10.15. Alcune persone avevano notato il fumo uscire dalla cisterna, e il formarsi della nube. «Aiuto, c’è una nube tossica in stazione», è la segnalazione giunta al comando di via Farini. I vigili del fuoco si sono precipitati ed hanno lavorato a lungo con l’ausilio della Polfer per mettere in sicurezza il convoglio. Per evitare rischi, hanno trasferito l’acido, diluito al 70 per cento e da quanto emerso inviato dall’azienda chimica “Miteni” di Trissino. La cisterna, infatti, sarebbe stata danneggiata, se pur in maniera lieve, ma sufficiente per provocare la fuoriuscita. I poliziotti del sostituto commissario Claudio Spinato hanno peraltro precisato che non vi sono stati problemi per viaggiatori e passeggeri e che la quantità uscita sarebbe stata minima. Il caso, comunque, non fa che confermare i timori avanzati nei giorni scorsi. In stazione ad Altavilla (e di riflesso in quella cittadina), aveva spiegato il vicesindaco Massimo Conforto, si trovano cisterne di prodotti chimici (in genere cloro) destinati ad una grande azienda della provincia. A volte, tra l’arrivo del carico e il prelievo per il trasporto in ditta, possono passare alcune ore, mentre la stazione, vicina al centro, non è presidiata 24 ore su 24. «Le cisterne restano incustodite nelle ore in cui lo scalo non è presidiato. Il problema è stato sollevato da prefettura e vigili del fuoco». L’allarme di ieri riuscirà a far risolvere una situazione che si trascina da anni?
Il Comune aveva provato ad opporsi per limitare la proliferazione di antenne ma il ricorso è stato rigettato Tre nuovi ripetitori telefonici Il Tar dà ragione a Vodafone di Dennis Dellai Non sono servite le sollevazioni popolari anti-ripetitori e le raccolte di firme, con tanto di relazioni sulla presunta nocività delle onde, per bloccare l’installazione di nuovi ponti radio telefonici in città. Ad ostacolare l’avanzata delle multinazionali della comunicazione ci aveva provato anche il Comune, bloccando le autorizzazioni per nuove antenne, ma il Tar ha smorzato gli entusiasmi. Vodafone Omnitel, che aveva fatto ricorso, l’ha spuntata ed ora l’amministrazione comunale sarà costretta a fare retromarcia concedendo il nulla osta per l’attivazione di ben tre ripetitori. La sentenza del tribunale amministrativo parla chiaro: «Non si può impedire ad una compagnia telefonica di installare antenne per i segnali dei cellulari sul territorio comunale». E il motivo è semplice: i ripetitori vengono considerati alla stessa stregua di normali opere di urbanizzazione. In sintesi, mettere in piedi un traliccio che irradia onde elettromagnetiche è come fare uno scavo per una fognatura. Si tratta, a detta dei giudici, di un’opera indispensabile, un’urbanizzazione “primaria”, come lo possono essere le strade o la pubblica illuminazione. Partendo da questo presupposto il Comune ha incassato la sconfitta, dopo essersi costituito in giudizio, ed ora dovrà autorizzare tre nuove stazioni radio: in via Pastorelle, via Masere e in via Ca’ Pajella. Tutte di proprietà di Omnitel Vodafone. La richiesta della società telefonica era arrivata a palazzo ancora in novembre e immediatamente il Comune, sollecitato anche da petizioni popolari, aveva cercato soluzioni. L’unica strada che sembrava percorribile era quella del blocco delle autorizzazioni cercando giustificazioni che non fossero solo legate alla questione della nocività delle onde. É ormai risaputo, infatti, che non esistono studi che confermino la pericolosità delle onde elettromagnetiche irradiate dai ripetitori telefonici. Si trattava dunque di puntare sul fatto che i ripetitori possono compromettere il paesaggio o che possono dar luogo a speculazioni da parte dei privati interessati ad incassare i soldi dell’affitto elargiti dalle multinazionali. Il Tar, tuttavia, non ha voluto sentire ragioni, e ora Vodafone ha strada libera. Adesso la giunta sta pensando a prevenire in qualche modo l’installazione selvaggia di antenne con un piano specifico. «Il nostro obiettivo - spiega l’assessore all’urbanistica ed edilizia Enzo Finozzi - è quello di adottare un piano di localizzazione dei ripetitori, una sorta di accordo che almeno preveda l’installazione dei tralicci lontano dagli edifici più sensibili, come le scuole, gli asili nido e gli ospedali, e comunque su suolo pubblico, in modo che i ricavi delle locazioni siano di tutti». A questo proposito il Comune ha già incaricato la società Anci Sa srl, dell’Associazione dei comuni italiani, di redigere un piano che coinvolgerà tutte le parti interessate per evitare che sul territorio comunale spuntino antenne ovunque. |