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04 MARZO 2005 dal Giornale di Vicenza
SCHIO.Libera Zone scende di nuovo in piazza per esporre quadri e girare con gli skate
Domani pomeriggio in centro (l. v.) Libera Zone chiede spazi di socialità, di espressione e di confronto politico. Domani pomeriggio alle 15,30 i giovani del coordinamento scenderanno in piazza Garibaldi e piazza Falcone Borsellino con “Simulazione di spazio sociale”. Nella prima Libera Zone organizzerà un’esposizione creativa, con sculture e dipinti accompagnati da rappresentazioni teatrali. «L’esigenza -spiega Cristian Moresco- è quella di poter usufruire di un luogo fisico che ci permetta di creare un laboratorio stabile dove lasciare il materiale, dove sperimentare e sperimentarsi, confrontarsi ed arricchire la nostra esperienza». In piazza Falcone Borsellino, invece, via libera ad un’esibizione di skateboard: «Vogliamo far emergere un problema che affligge tutte le persone che amano questo sport: non esistono nelle nostre zone, infatti, luoghi idonei dove possa essere praticato liberamente». Al termine suoneranno due gruppi locali, “Radio Riot Right Now” ed “Eterea”: «Questa è un’altra delle esigenze aggregative che si respira in città: manca uno spazio dove le band emergenti si possano esibire, lontano dalle logiche legate al business e dalle mercificazioni del divertimento». Libera Zone ha annunciato inoltre un’altra iniziativa, in programma prossimamente in collaborazione con l’associazione “Ya Basta” in un locale di Schio: una cena tipica palestinese con proiezione di un filmato girato nei territori palestinesi da alcuni ragazzi del coordinamento.
Coccimiglio, s’abbassa il sipario Il direttore dei lavori: «Pronti alla rescissione del contratto» E l’amministratore resta introvabile da molti giorni di Chiara Roverotto Sul nome di Coccimiglio, l’amministratore unico della Cogi che due anni fa si aggiudicò l’appalto per la costruzione del teatro, cala il sipario. « È ancora questione di qualche giorno - spiega il direttore dei lavori, l’ing. Mario Gallinaro - poi questa vicenda si dovrebbe chiudere, almeno con l’impresa fiorentina. Del resto - assicura l’ingegnere - non potevamo permetterci alcun boomerang di carattere procedurale, per cui sono stati fatti tutti i passaggi secondo quanto previsto non solo dal capitolato, ma dalla legge Merloni ». Insomma, la parola d’ordine era una: nessun rischio, anche perché di tempo ne è trascorso parecchio e, soprattutto, perchè il cantiere ultimamente è stato al centro di numerose vicende, anche di natura giudiziaria. Ma andiamo con ordine: l’area dei lavori di via Battaglione Framarin è presidiata dalla Fillea-Cgil dal 21 gennaio scorso, data nella quale Coccimiglio decise di licenziare gli operai che erano andati a protestare in Consiglio perché non avevano percepito lo stipendio, come peraltro era accaduto altre volte nei mesi precedenti. Dopo il ricorso è arrivata la sentenza del giudice del lavoro che ha reintegrato gli operai. L’ultima sentenza risale all’altro giorno: i legali della Cgil, infatti, si erano rivalsi in merito alle lettere di licenziamento e anche su queste il giudice non ha avuto dubbi nel considerarle illegittime. Sta di fatto che da allora nel cantiere non è entrato nessuno, fatta eccezione per i tecnici della commissione collaudatrice che il 3 febbraio hanno inviato una relazione al responsabile del procedimento per conto del Comune, l’ing. Gianni Bressan, nella quale rimandavano al mittente le richieste di Coccimiglio. In sostanza l’amministratore della Cogi aveva chiesto oltre 200 giorni di proroga in virtù di alcuni lavori che, a suo avviso, non erano inclusi nel capitolato d’appalto. Ma la commissione non ha avuto dubbi: « Motivazioni insufficienti, al massimo la proroga può essere dai 20 ai 40 giorni ». Segnale inequivocabile di come la procedura stava andando avanti; da allora i rapporti con l’amministratore unico della Cogi sono praticamente interrotti. « Di fatto sono giorni che non abbiamo sue notizie - prosegue l’ing. Gallinaro - e che non risponde al telefono, ma pare non sia la prima volta che sceglie atteggiamenti del genere. Noi dovevamo inviare quest’ultima lettera, il termine scade all’inizio della prossima settimana, le condizioni perchè la Cogi possa continuare a lavorare, non credo a questo punto sussistano ». Insomma, la rescissione è vicina, poi che cosa accadrà? « Chiameremo la ditta che nella graduatoria occupava il secondo posto, la Vittadello di Limena. Chiederemo se sono interessati a continuare l’opera. Se dovessero risponderci no, procederemo subito al nuovo appalto che nell’arco di otto mesi potremmo anche concludere. Del resto consideriamo poco probabile - prosegue l’ing. Gallinaro - che l’impresa padovana ci dia una risposta affermativa anche perché la base per l’appalto rimane invariata, e in oltre due anni, i costi nell’edilizia sono decisamente aumentati...» . Il nuovo appalto quindi si avvicina?« Diciamo che è l’ipotesi più reale. Quella che andremo a concludere con la Cogi sarà una rescissione in danno. Il Comune non poteva anticipare i tempi, ha fatto tutto quello che era in suo potere. E non solo ultimamente, ma anche all’inizio di tutta questa vicenda. Quando nel settembre scorso venne deciso il nuovo cronoprogramma che l’impresa sembrava aver accettato: in cantiere gli operai non mancavano poi, evidentemente è accaduto dell’altro e questa non può che essere la fine ». I lavori che sono stati fatti fino a questo momento? « Su quelli non c’è alcun problema, la commissione collaudatrice ha fatto tutti i controlli per cui l’impresa che subentrerà partirà dall’undicesimo stato di avanzamento dei lavori che mi pare sia quello che non è ancora stato pagato », conclude il direttore dei lavori. Il Comune, a tutt’oggi, ha dato alla Cogi poco più di quattro milioni di euro e ora si sta accollando le spese per gli stipendi dei lavoratori come previsto dal capitolato nel momento in cui la ditta appaltatrice non mantiene gli impegni. Che cosa accadrà agli operai che di fatto sono stati reinseriti dal giudice Perina, ma in pratica non rispondono ad alcuna impresa? La Cgil, al riguardo, aveva chiesto al Comune di impiegarli per alcuni lavori di manutenzione all’interno del cantiere, ma l’incontro che il segretario della Fillea-Cgil, Antonio Toniolo, aveva chiesto al sindaco ancora due settimana fa non è andato in porto, come la discussione che le opposizioni avevano chiesto in Consiglio comunale. Ma ora i problemi all’orizzonte sono altri: tempi e costi fra tutti.
Il consigliere Alifuoco pensa ai costi che
lieviteranno di un bel po’
(c. r.) Il vicepresidente della commissione
territorio, nonchè consigliere dei Democratici di
Sinistra, Ubaldo Alifuoco è sempre stato un attento
osservatore di quanto accadeva all’interno del
cantiere per la costruzione del nuovo teatro in viale
Mazzini. È stato il primo firmatario di svariate
interrogazioni, di ordini del giorno che, però, in
sala Bernarda non sono mai stati discussi, nemmeno
nelle ultime sedute, malgrado le rassicurazioni del
sindaco. « Purtroppo, noi consiglieri
dell’opposizione, siamo stati visti sempre e solo come
detrattori di quest’opera, ma la realtà non è mai
stata questa. Nel momento in cui i cittadini hanno
votato per il sindaco Hüllweck hanno votato anche per
la costruzione del teatro, questo era chiaro a tutti»
E in queste ore che Coccimiglio, amministratore unico
della Cogi, la ditta che ha vinto l’appalto, pare sia
intenzionato a mettere una pietra sopra il teatro di
Vicenza che cosa ci si può aspettare?
Scuola: «No a quella bozza di riforma delle superiori» Un documento dei docenti del “Da Schio” boccia soprattutto le indicazioni per i professionali: «Un percorso di serie B» di Anna Madron Non l’hanno proprio digerita la bozza del decreto legge sulla secondaria. E in un documento inviato al Miur, oltre che in Regione, Provincia e Comune, hanno messo per iscritto malumori e preoccupazioni, condivisi praticamente all’unanimità (appena sei gli astenuti) dal collegio docenti. Insomma gli insegnanti del “Da Schio”, istituto professionale diretto da Sergio Moretti, non hanno risparmiato critiche alla riforma della scuola, bocciata a pieni voti, puntando il dito in particolare contro le trasformazioni a cui andranno incontro gli istituti professionali. «Non condividiamo il disegno che questa legge nasconde - spiega Rosimbo Schiavo, docente di economia aziendale - dividere cioè la scuola in due canali fortemente distinti, gli indirizzi professionali da un lato e i licei dall’altro, creando un bivio di fronte al quale è obbligatorio scegliere a tredici anni». «E se i licei sono deputati all’Istruzione, i professionali sono candidati a diventare in qualche modo un percorso di serie B, che porta dritto al mercato del lavoro». Nel documento vengono criticati inoltre «l’abbassamento reale dell’obbligo scolastico, proprio nel momento in cui in Europa si discute di innalzarlo a 18 anni» e, per quanto riguarda i professionali, «la riduzione drastica del tempo scuola da 5 a 4 anni, così come dell’orario settimanale che passa da 40 a 30 ore di cui solo la metà obbligatorie». Quanto alla prevista regionalizzazione, gli insegnanti del Da Schio osservano che «frantuma la preparazione in mille specializzazioni (senza, peraltro, alcuna indicazione precisa di attuazione) e non fa che dividere il corpo docente» . Indice puntato anche contro «la riduzione delle ore di educazione fisica e l’eliminazione di quelle di laboratorio, che vanificano la professionalità e le risorse investite in queste attività dalla scuola pubblica»; contro «l’impossibilità pratica di accesso all’Università» e ancora contro «i tagli pesanti di posti di lavoro e di fondi per gli allievi diversamente abili, quest’ultimi particolarmente numerosi negli istituti professionali». Di fronte a questo disegno il collegio docenti del “Da Schio” esprime forte preoccupazione non solo per il futuro della scuola, ma dell’intera società che già sui banchi «divide i cittadini fra garantiti e non (la controriforma prevede sicuramente maggiori garanzie in termini di risorse, percorsi e possibilità al sistema dei licei); non riconosce il valore della scuola come luogo di crescita della democrazia, dove le differenze vengono riconosciute e valorizzate (la controriforma accentua e rende ancor più marcate le differenze di ceto sociale e di opportunità fra studenti); non assicura a tutti i ragazzi l’accesso ai diversi percorsi formativi, riconoscendo la possibilità di sbagliare e quindi di cambiare percorso (uno studente che a 13 anni ha scelto il percorso professionale, dove sono solo 15 le ore settimanali di studio obbligatorio, ben difficilmente potrà accedere al sistema liceale dove le ore previste sono esattamente il doppio); non riconosce infine che il benessere di una popolazione non si misura solo da fattori economici, ma anche dal livello di istruzione, perché dove cresce il livello di conoscenza dei cittadini cresce anche il benessere complessivo del Paese». Punti, questi, sui quali il “Da Schio” invita tutti gli istituti cittadini a mobilitarsi e al tempo stesso ad inviare al Miur un documento di discussione per far sì che «l’obbligo scolastico salga a 18 anni, venga restituito pari valore a tutti gli ordini di scuola e il rapporto studenti-docenti consenta una effettiva “personalizzazione” del percorso scolastico resa impossibile dai tagli di fondi, personale, ore di lezione». Infine il corpo insegnanti del “Da Schio” si augura che «sia ripristinata la certezza di percorsi, titoli, discipline e contenuti scolastici, volutamente nebulosi e indefiniti soprattutto per quanto riguarda l’istruzione professionale e venga data reale possibilità a tutti gli studenti di accedere all’Università»
Una duplice minaccia Terrorismo islamico e rosso sfiora Vicenza Spedita la rivista Aurora (i. t.) La relazione semestrale in Parlamento dei servizi di sicurezza e una duplice inchiesta delle procure di Milano e Trieste su un «progetto rivoluzionario operaista che predica la propaganda armata attraverso iniziative violente» sfiorano il nostro capoluogo. Partiamo da questo secondo troncone. A farsi promotore di queste rinnovate minacce terroristiche di matrice comunista è la sedicente rivista “Aurora”, foglio clandestino in cui si progetta la ricostituzione di una banda armata. Della pubblicazione di questo opuscolo si stanno occupando due procure, dopo che copie sono state distribuite in ambienti antagonisti. A renderlo noto è una comunicazione dei nostri servizi segreti in Parlamento in cui si spiega che la pubblicazione è stata distribuita a Genova, Torino e Milano, ma è stata pure spedita alle sedi dei comitati di base (Cobas) di Varese, Vicenza, Mestre e Udine. Sopra la testata della rivista c’è la famigerata stella a cinque punte e questa circostanza parla da sola. Il nome Aurora non è scelto a caso perché richiama l’incrociatore russo dal quale nel novembre del 1917 partì la rivoluzione dei bolscevichi. Tra le domande che si pongono i nostri detective ci sono quelle se tra i divulgatori e i lettori della pubblicazione ci siano anche gli autori di alcuni attentati dimostrativi avvenuti in queste settimane tra Liguria e Lombardia. Per ora si tratta di domande che non hanno risposte, anche se Vicenza risulta come una delle piazze in cui è stata divulgata l’Aurora e di ciò si sta occupando la procura di Trieste. Ma della nostra città, indirettamente, si è parlato a proposito di cellule del radicalismo islamico nella semestrale relazione dei servizi di sicurezza alla Camera. L’intelligence osserva che c’è «un elevato rischio che grava sul nostro Paese e specialmente sulla presenza dell’Italia all’estero». Si parla dei 343 centri di culto islamici al Nord, in costante costante crescita dal 2000. Tra i fenomeni sui quali s’è posta l’attenzione è quello delle figure degli imam-itineranti, personaggi dalla forte ideologia integralista, molti dei quali muovono da una visione antagonista della società occidentale. Spesso si tratta di personaggi di origine pachistana e hanno nell’ultra fondamentalismo islamico una cornice religiosa-ideologica molto forte. I due tipi di estremismo, islamico e comunista, ad avviso degli 007 potrebbero saldarsi in un’unica sinergia. Vicenza figura tra le piazze a rischio anche per la presenza di una forte comunità americana con la caserma Ederle e l’istituzione alla Chinotto della nuova scuola di polizia europea.
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