04 SETTEMBRE 2004
dal Giornale di Vicenza
Infermieri stranieri in fuorigioco.
Allarme per gli insegnanti di sostegno.
Telecamere, superato l'esame.
GALLIO, "Sciopero degli alunni"
Infermieri stranieri in fuori gioco
Al S. Bortolo gli extracomunitari non sono entrati Ad Arzignano assunti a tempo moldavi e romeni
La Cgil: «Difficile trovare la professionalità che hanno gli italiani»
di Franco Pepe
Infermieri, la crisi di numeri c’è e si vede, ma finora nelle corsie del S. Bortolo e degli altri servizi dell’Ulss gli extracomunitari non sono entrati, né entreranno a breve. Difficoltà di lingua, di cultura, di formazione. A dire il vero, gli stranieri che arrivano da paesi non dell’Unione europea non possono entrare a tempo indeterminato nelle fila della sanità pubblica in quanto, non essendo cittadini italiani, sono esclusi dai concorsi. Potrebbero essere assunti a tempo determinato, in base alla legge Bindi, purché siano in possesso di un titolo riconosciuto dalla nostra legislazione e frequentino poi un corso integrativo nella sede dell’Ipasvi, cioè all’Ordine degli infermieri, per apprendere la lingua italiana e farsi un bagaglio normativo. Ma finora l’Ulss 6 ha preferito non seguire questa strada come, invece, ha preso a fare la 5, intanto per gli ospedali di Lonigo e Arzignano, attingendo, tramite alcune cooperative, a personale rumeno e moldavo, e come già fanno da un pezzo case di riposo e case di cura private, che non hanno alcun ostacolo di natura legislativa e che hanno già assunto a piene mani infermieri extracomunitari. I pochi virtuali "stranieri", fra cui alcune persone di colore, che si vedono al S. Bortolo con la divisa di infermiere o di ausiliario, sono dipendenti a tutti gli effetti dell’azienda berica, in quanto o sono nati in Italia da genitori extracomunitari o hanno acquisito la cittadinanza italiana.
Gino Masenello, responsabile Cgil per l’Ulss 6 e infermiere a malattie infettive, non fa discriminazioni, ma sottolinea la qualità degli infermieri vicentini. «La professionalità come l’abbiamo in Italia ce l’hanno pochi al mondo, tanto è vero che da noi pochissime nazioni hanno ottenuto la parificazione del proprio titolo. Non siamo pregiudizialmente contrari all’ingresso di infermieri stranieri, purché siano in possesso dei requisiti necessari e abbiano la nostra stessa preparazione. Siamo aperti a tutti, siamo per una società multiculturale e multietnica, però non si può negare che, dove sono stati impiegati, hanno provocato un bel po’ di problemi anche ai malati».
Ma se è possibilista sull’accesso di colleghi extracomunitari a condizione che siano con le carte in regola e sappiano fare il proprio mestiere, Masenello è decisamente contrario al ricorso alle cooperative che fanno il tutoraggio nei confronti dei lavoratori non dell’Unione. «Qui in ospedale non dovranno mai entrare. Noi non accetteremo mai appalti privati per l’area sanitaria. Anzi lo ribadiamo: giù le mani dall’ospedale. Per il sociale è diverso, e, alcuni servizi, vedi i Ceod, sono stati già appaltati alle cooperative».
I problemi per il lavoro in ospedale affidato agli infermieri extracomunitari li sottolinea pure Andrea Bottega, coordinatore delle segreterie del Nordest per il Nursind, il sindacato autonomo che conta all’interno del S. Bortolo il maggior numero di iscritti, 500, su un totale di circa 800 infermieri. «Sì, a Trieste ci sono state molte polemiche perché hanno messo in servizio dei polacchi a terapia intensiva. È accaduto anche a Bari. Ci sono state molte difficoltà a cominciare dalla lingua».
E sono gli stessi problemi, non solo la difficoltà di farsi capire dai pazienti, ma pure il notevole gap formativo, che - come confermano Marisa Padovan e Gaetana Pagiusco dell’ufficio infermieristico dell’ospedale - finora hanno, appunto, frenato l’arrivo di infermieri non italiani, sia pure a contratto, al S. Bortolo.
Scuola. In sette anni si è passati da 1300 a 2138 certificati rilasciati dall’Ulss. Il personale è già stato assegnato alle scuole ma si cerca di incrementarlo
Allarme per gli insegnanti di sostegno
Cresce il numero di alunni che vanno seguiti, ma non quello dei docenti dedicati
di Anna Madron
Sos insegnanti di sostegno. È l’ennesima emergenza che arriva dalla scuola in questi giorni che precedono l’avvio dell’anno scolastico. In cui, tra una riunione e un collegio docenti, si scopre che gli alunni bisognosi di essere seguiti crescono vertiginosamente, al punto che gli insegnanti preposti a “sostenerli” durante la mattinata sui banchi si rivelano insufficienti. Carenze che vengono segnalate dalle stesse scuole al Csa, impegnato, oltre che con le nomine dei supplenti, anche a passare in rassegna le richieste dei singoli istituti comprensivi che lamentano un “sostegno” scarso e chiedono rinforzi. Del resto basta dare un'occhiata ai dati forniti dall’ufficio handicap del Csa, per capire quanto il problema del disagio, psichico forse più che fisico, si stia gonfiando a dismisura.
Quest’anno gli alunni certificati in ogni ordine di scuola, dalla materna alle superiori, sono 2138 contro i 2054 dell’anno prima. In soli dodici mesi si sono dunque aggiunte 84 certificazioni in più, rilasciate dall’Ulss a bambini e ragazzi affetti da patologie psicofisiche di varia natura che sono progressivamente aumentate nel corso degli anni (nel neppure tanto lontano 1997 le certificazioni erano “appena” 1300). A fronte però di un disagio che si allarga e che si fa sentire oltre che in famiglia, anche tra i banchi, il numero di insegnanti di sostegno non subisce una crescita altrettanto evidente. «Lo scorso anno scolastico i posti di sostegno autorizzati erano 873 - spiega Dario Fogarolo del Csa - quest’anno sono 866».
Un aumento inconsistente se raffrontato con quello delle certificazioni che, riconoscono al Csa, «è senza dubbio alto e incide pesantemente sulle scuole». Soprattutto materne, elementari e medie dove tanti collegi docenti si sono aperti con la comunicazione da parte dei dirigenti dei malanni più o meno cronici che affliggono la scuola. E al capitolo sostegno, per alcune, il bilancio si fa serio. Alle elementari dei Ferrovieri, ad esempio, gli alunni certificati sono saliti dagli 11 dell’anno scorso ai 18 di quest’anno, con un sostegno che aumenterà soltanto di poche ore (5,5 insegnanti contro 5). Situazioni all’ordine del giorno, tanto che negli uffici del Csa il telefono è caldo.
«Il personale è già stato assegnato - spiega Fogarolo - e distribuito a seconda delle necessità delle scuole. Evidentemente, però, i numeri non sono sufficienti a coprire il fabbisogno e le lamentele sono inevitabili. In questi giorni ci siamo impegnati per rivedere ogni singola situazione, cercando di recuperare qualche ora nelle scuole dove si sono verificati trasferimenti di ragazzini disabili. Se anche questo non basterà, allora andremo a bussare in Regione».
Insomma si raschia il barile nel tentativo di allungare una coperta che risulta comunque troppo corta. Anche se i numeri, nel caso di Vicenza, dicono il contrario e sono tali (873 insegnanti per 2138 alunni) da garantire quel rapporto di uno a quattro, ovvero di un insegnante ogni quattro alunni problematici, indicato dalla legge. E allora perché tutta questa fame di figure di sostegno? «Perché il disagio non è soltanto quello che viene certificato dalle Asl - osserva Luisa Volpato della Cisl - che sicuramente hanno ricevuto dal Ministero direttive di restrizione in questo senso. Di conseguenza a fronte di determinate patologie psicofisiche diagnosticate e certificate, ce ne sono altre la cui gravità non viene invece riconosciuta». Morale, insegnanti e dirigenti si ritrovano a gestire senza averne gli strumenti tutta una serie di disagi di natura psicologica (legati anche a percentuali in qualche caso altissime di alunni stranieri) che si rivelano altrettanto pesanti e complessi di una disabilità psichica. Realtà che stanno emergendo con prepotenza in una scuola che viene lasciata a se stessa, ad affrontare alla meno peggio non solo le novità di una riforma confusa, ma anche i malesseri subdoli della società.
Dopo tre anni arriva l’omologazione . L’assessore Cicero: «Dovremmo essere in grado di installarle entro la fine dell’anno»
Telecamere, superato l’esame
Vicina l’attivazione del video-controllo per la zona vietata alle auto
di Maria Elena Bonacini
Le telecamere per il controllo della zona a traffico limitato? «I test sono molto positivi» parola di Claudio Cicero.
Le prove effettuate all’istituto "Galileo Ferraris" di Torino per verificare il funzionamento dei dispositivi acquistati dal Comune di Vicenza tre anni fa con una spesa di 75 mila euro (altrettanti erano stati "sborsati" dalla Regione) e non ancora attivati perché privi d’omologazione sono infatti «risultate - spiega l’assessore alla mobilità - decisamente buone. Ho ricevuto infatti un fascicolo da Aim nel quale è scritto che a metà mese l’istituto trasferirà il sistema al ministero dei trasporti che dovrebbe procedere all’omologazione» .
La notizia arriva a pochi giorni dall’interrogazione dei Ds della Circoscrizione 1 depositata alla "Centro storico" e che sarà discussa lunedì durante il primo Consiglio dopo le vacanze, nella quale il capogruppo Maurizio Cucchiara e il consigliere Mattia Pilan chiedevano lumi su quando le telecamere inizieranno a lavorare.
I tempi previsti per questo passaggio non sono però ancora chiarissimi. «Non conosco bene - continua Cicero - le tempistiche per tali pratiche, ma credo si tratti di una presa d’atto e che dovremmo essere in grado d’installarle prima della fine dell’anno».
Battendo quindi sul tempo i "cugini" veronesi che si stanno accingendo ad adottare un sistema analogo, che si distingue da quello berico per il metodo di trasmissione a fibre ottiche, invece che via telefono, e che dovrebbe entrare in funzione a gennaio 2005.
Quest’attesa, dovuta a problemi col software a quanto pare ora risolti, non inquieta comunque l’assessore. «Preferisco - riprende - aver aspettato, e se sarà necessario (ma non credo) rimandare ancora, ma avere un sistema che funzioni al meglio perché a Roma le telecamere imprecise hanno causato molte proteste e hanno rischiato di spendere più soldi di quanti il Comune ne abbia incassati. Fermo restando che la cosa migliore sarebbe che questi sistemi non incassassero nulla. Significherebbe infatti che i cittadini stanno rispettando il codice della strada. Non è infatti bello fare multe, e io sostengo da sempre che non dovrebbero essere necessari i vigili per non commettere infrazioni ma dovrebbero bastare i cartelli».
Cicero si sofferma poi sulle "controindicazioni" delle telecamere. «Ora - puntualizza - non ci saranno più scuse. La macchina non è infatti corruttibile». Come a dire che la verve delle "simpatiche canaglie" e gli sbatter di ciglia delle automobiliste più avvenenti non avranno alcun effetto sull’occhio meccanico.
I piloti, in gonnella e non, sono avvisati.
Gallio. Alle elementari di Stoccareddo un insegnante in meno. Scoppia la protesta
"Sciopero" degli alunni
I genitori: «Non manderemo a scuola i nostri figli»
di Cristiano Carli
Anno nuovo vita nuova recita l'adagio, ma questo non è proprio vero se si parla di anno scolastico e se la scuola in questione è la elementare di Stoccareddo, frazione del Comune di Gallio. I genitori degli alunni sono di nuovo sul piede di guerra a causa della paventata perdita di un insegnante per riduzione di organico, e così come hanno fatto l'anno scorso, minacciano di non mandare i figli a scuola. Sulla questione si sono mossi anche alcuni consiglieri regionali che hanno presentato un'interrogazione a riguardo. La situazione è la stessa di un anno fa, quando il Csa, Centro servizi amministrativi di Vicenza (ex provveditorato), aveva fissato in cinquantasette il numero totale di insegnanti per il distretto scolastico dell'Altopiano. Questo comportava il taglio di un insegnante a Stoccareddo e di uno a Roana. Il comitato genitori iniziò la sua battaglia con lo "sciopero" degli alunni.
Poi le richieste da parte dell'allora dirigente scolastico Edoardo Sartori portarono all'aumento di due insegnanti, uno per Stoccareddo e uno per Roana. E questo chiedono i genitori di Stoccareddo: che il numero di insegnanti sull'Altopiano rimanga di 59 mentre il Csa pare sia determinato a ridurli di due. «Questo significa - dice Gloria Baù, del comitato genitori - che gli insegnanti a Stoccareddo passeranno da sei a cinque, con la necessità di accorpare due classi e l'inevitabile scadimento della qualità dell'insegnamento. Quando nel 1999 erano state fuse le elementari di Stoccareddo e del vicino paese di Sasso, ci era stato garantito che non sarebbero mai state istituite delle pluriclassi. Il problema è che quando ci sono tagli da fare non si tiene conto del fatto che in montagna non ci sono le possibilità di scelta che ci sono in pianura e che gli spostamenti sono più difficili».
Sulla vicenda hanno presentato nei giorni scorsi un’interrogazione i consiglieri regionali Maria Pia Mainardi e Achille Variati, del gruppo della Margherita. Essi paventano addirittura che una riduzione di organico possa provocare in breve tempo la chiusura del plesso scolastico, e sollecitano la giunta a scongiurare il rischio anche considerato che si tratta di una scuola di montagna.
Rischio chiusura che per la verità al momento appare del tutto escluso sia ai genitori sia al nuovo dirigente scolastico Piergiorgio Valente, che da pochi giorni è subentrato a Sartori, andato in pensione.
I genitori di Stoccareddo hanno scritto una lettera al dirigente del Csa, Pasquale Palumbo, chiedendo un incontro ma non ricevendo finora alcuna risposta. Ieri mattina hanno incontrato Valente, il quale non se la sente di alimentare speranze eccessive: «Il numero degli insegnanti per ogni scuola - spiega il dirigente - è fissato da tabelle. A ben vedere non è che quest'anno venga tolto un insegnante, bensì ne era stato concesso in via straordinaria uno in più l'anno scorso. Farò presenti al Csa le istanze dei genitori, ma non credo servirà a molto».
Stessa situazione alle elementari di Roana dove però non sono giunte proteste. A Stoccareddo invece c'è da aspettarsi che il 16 settembre, data quasi certa dell'inizio delle scuole in Altopiano, i genitori terranno i figli a casa se non verrà accolta aal loro richiesta.