04 OTTOBRE 2005

dal Giornale di Vicenza

«Case popolari, ci sono troppi alloggi disabitati»
Ater sfodera un bilancio doc «Mille alloggi in cinque anni»
Tre lettere contro Abalti Hüllweck: «In procura»
Sciopero di 2 ore blocca gli ingressi della Marzotto

«Case popolari, ci sono troppi alloggi disabitati»
I consiglieri Rolando e Guaiti interrogano, ma l’assessore Piazza risponde: «Diamo tempo agli anziani di accettare»

(g. m. m.) «Nella struttura per anziani di via Palemone uno spazio abitativo è disabitato da circa un anno. In zona Debba diversi appartamenti di edilizia popolare sono disabitati da mesi. Il Comune agisca urgentemente per assegnare tutti gli alloggi liberi». A richiederlo sono due consiglieri di opposizione, Sandro Guaiti della Margherita e Giovanni Rolando dei Democratici di sinistra, che hanno indirizzato un’interrogazione all’assessore agli interventi sociali e ai servizi abitativi Davide Piazza. Il documento fa riferimento, nelle premesse, al reiterato allarme per l’emergenza casa in città: «Nell’assessorato alla casa si registra una consistente richiesta di alloggi per le persone anziane autosufficienti, oltre a una domanda altrettanto pressante di alloggi di edilizia popolare. Il Comune, per andare incontro a queste domande si è dotato di apposite graduatorie per individuare persone o famiglie con diritto all’assegnazione degli alloggi». E però che il classico “però”, sollevato dai consiglieri al termine di una verifica: «Diversi appartamenti di edilizia popolare sono da mesi e mesi disabitati. In particolare questo accade nella zona di Debba, con quattro alloggi nel condominio Vecchio Mulino in Riviera Berica e altri quattro in via Bertolo. In base a quanto viene segnalato dai cittadini, sembra non siano solo questi gli unici casi di appartamenti rimasti disabitati e inutilizzati per un lungo periodo di tempo prima di essere assegnati a chi ha presentato una regolare domanda e risultanti in graduatoria». Secondo i consiglieri di centrosinistra, «appare immotivato il prolungarsi di tempi così lunghi e indeterminati nell’assegnazione di questi alloggi». Di qui le richieste rivolte all’assessore: «Quali sono i motivi del ritardo? Non è il caso di intervenire con urgenza per rispondere positivamente al forte disagio abitativo e per rispondere alle esigenze degli aventi diritto?». Piazza prova a smorzare i toni della polemica e spiega che il problema sembra dipendere da due fattori: da un lato, il sistema inevitabilmente rigido di tutte le graduatorie; dall’altro, la dimensione umana nel rapporto con gli utenti più anziani. «Le persone di una certa età hanno particolari esigenze - spiega Piazza -. Sono molto legati agli ambienti in cui hanno vissuto, agli affetti delle persone che li circondano, alle abitudini. Così, diventare assegnatari di alloggi in zone lontane come può essere la Rivera Berica può provocare qualche perplessità. Per questo, diamo il tempo perché decidano se accettare o meno l’alloggio. Se non lo accettano, si passa a chi segue in graduatoria, guai se fosse altrimenti: per attendere le risposte di tutti, rischiano di passare settimane. Ma è importante stare molto attenti anche al rapporto umano con gli anziani. Alla fine dei conti, si tratta soltanto di qualche alloggio, che risulta assegnato, ma non ancora occupato»


Il Consiglio di amministrazione è scaduto. Attesa per le nomine
Ater sfodera un bilancio doc «Mille alloggi in cinque anni»
Il presidente Tolettini: «L’importo investito è di 80 milioni di euro»

di Gian Marco Mancassola

Mille alloggi consegnati in cinque anni, tra nuovi costruiti e vecchi restaurati, per un patrimonio che supera le 4 mila abitazioni in tutta la Provincia. È un’azienda che fa gola, quella che il presidente Marco Tolettini ha trasformato dal 2000 ad oggi, strappando l’Ater dagli acronimi che puzzano di burocratese e issandola a punto di riferimento per gli enti locali nel pianificare lo sviluppo dell’edilizia residenziale pubblica. Il consiglio di amministrazione dell’Ater è scaduto e ora si apre la grande corsa in vista del giro di nomine. Oltre alla presidenza, sono scadute anche le cariche di consiglieri di amministrazioni, che sono state ricoperte da Silvano Gianello, Enzo Trulla, Luciano Vescovi e Antonio Passuello. Tecnicamente, spetta al presidente della Regione Giancarlo Galan provvedere alla nomina del presidente e di un consigliere, alla Provincia, al Comune di Vicenza e all’Anci la nomina degli altri consiglieri dell’azienda territoriale per l’edilizia residenziale. Esponente di Forza Italia, 43 anni, ingegnere civile, Tolettini vive a Schio, è sposato ed è padre di due figlie. In mezzo a tante voci e sussurri sui papabili candidati, c’è almeno una certezza: Tolettini è pronto a reggere le sorti dell’azienda per un secondo mandato. «Credo che al pari delle amministrazioni comunali, siano necessari due mandati per poter esprimere la propria politica».
- Presidente, qual è il suo bilancio di questi cinque anni?
«Credo sia decisamente positivo. In questo periodo si è conclusa la transizione che aveva trasformato i vecchi e per certi versi gloriosi Iacp (istituti autonomi case popolari) in Ater (aziende territoriali per l’edilizia residenziale). Ora anche grazie a un’attenta azione di comunicazione e di marketing volta a far conoscere l’azienda, possiamo dire che anche questo acronimo è entrato nel linguaggio non solo delle istituzioni, ma anche dei non addetti ai lavori. L’Ater è diventata per le istituzioni e in particolare per le amministrazioni comunali un punto di riferimento importante. Si pensi che in questi anni abbiamo sottoscritto, con tutti i comuni della provincia che pubblicano il bando per le assegnazioni di alloggi sociali, la convenzione con la quale ci delegano a predisporre le graduatorie dei richiedenti, che attualmente sono quasi 4 mila».
- In cosa consiste, oggi, il patrimonio dell’Ater?
«Nel quinquennio abbiamo consegnato quasi mille alloggi tra nuovi e risistemati in oltre 60 Comuni. Questo vuol dire quasi il 25 per cento dell’intero patrimonio attuale di proprietà dell’azienda, che si aggira intorno alle 4.100 unità. Attualmente abbiamo oltre 30 cantieri aperti per realizzare oltre 300 alloggi. Abbiamo poi approvato un piano di previsione per la costruzione di altri 500 alloggi. L’importo finora investito è di oltre 80 milioni di euro e abbiamo già la copertura di altri 60, per un totale di 140 milioni. Per finanziare tutti questi interventi, oltre che con gli appositi finanziamenti regionali, siamo ricorsi - come ci autorizza la legge - alla vendita del vecchio patrimonio non più strategico per l’azienda e in particolare abbiamo ceduto circa 550 alloggi per lo più ai nostri assegnatari, ricavando circa 25 milioni di euro».
- Ma l’azienda non si occupa più soltanto di alloggi per l’edilizia sociale.
«Effettivamente in questi anni il Cda ha preso la decisione di andare a costruire oltre alle case per le categorie più deboli anche la cosiddetta edilizia convenzionata in vendita per categorie sociali della classe media, ad esempio per le giovani coppie, in particolare in quei comuni in cui la pressione della domanda aveva fatto lievitare maggiormente i prezzi di acquisto. Ecco perché siamo intervenuti a Vicenza, Bassano, Schio, Thiene e in molti altri centri. Ricordo poi i grandi e complessi interventi che stiamo realizzando in collaborazione con le amministrazioni comunali di Lugo e Camisano, dove alla fine dei lavori cambieremo il volto del centro storico. A Vicenza, poi, abbiamo realizzato per conto della Regione un intervento importante per gli studenti universitari nell’ex convento di S. Silvestro, dove abbiamo ricavato alloggi per circa 60 studenti in una struttura confortevole e all’avanguardia».
- A Vicenza il numero dei richiedenti è in continuo aumento.
«Premesso che nel capoluogo opera anche un’azienda comunale, Amcps, che si occupa di edilizia residenziale, proprio in questi giorni sono stati appaltati i lavori del Piruea Pomari per la realizzazione di 72 alloggi sociali con un importo di quasi 4,5 milioni di euro. Inoltre, entro la fine dell’anno verranno consegnati altri 40 alloggi, oltre agli altri 40 già consegnati nei mesi scorsi».
- C’è un’emergenza “casa” in questa provincia?
«C’è un problema, dovuto a una serie di cause. La popolazione è sempre più vecchia e ci sono sempre più anziani soli. C’è poi la disgregazione delle famiglie, dovuta a separazioni, che rompono nuclei famigliari, lasciando spesso donne con figli a carico e senza più le entrate economiche di prima. Non a caso i nostri alloggi vengono pensati sempre meno grandi, sempre più adatti a nuclei piccoli. E poi ci sono gli immigrati, che costituiscono il 40 per cento della richiesta».
- E cosa è stato fatto per dare una risposta alla fame di alloggi degli stranieri?
«In accordo con l’Associazione Industriali di Vicenza abbiamo realizzato, primi in Italia, alloggi in locazione per lavoratori meglio definirli “non residenti” in quanto possono alloggiare come avviene anche persone che risiedono in altre parti in Italia e che temporaneamente lavorano in provincia. Abbiamo realizzato interventi a Piovene e Lonigo e ne stiamo realizzando altri a Schio e Malo».
- Un’altra emergenza sembra quella legata al mondo della terza età.
«La stessa Regione ci invitava a essere sensibili a questa categoria. Penso all’importante intervento realizzato a Schio per oltre 30 alloggi a Montegalda, a Dueville o quelli in corso o di prossima costruzione a Bassano, Enego, Costabissara, Rosà e Castelgomberto: tutte iniziative per autosufficienti decisamente innovative».
- Come è cambiata l’organizzazione dell’azienda in questi anni?
«Sono stati ridotti drasticamente i tempi di realizzazione degli interventi ed è aumentata l’offerta. Questo è dipeso da due fattori. Il primo è che abbiamo aperto l’azienda all’esterno nel senso che abbiamo deciso di non aumentare il numero dei dipendenti che si è mantenuto inferiore alle 60 unità, ma nel contempo per dare risposte adeguate in termine di tempi di consegna abbiamo incaricato professionisti esterni che hanno prodotto molti progetti in tempi più rapidi, fornendoci tra l’altro nuove idee per migliorare ulteriormente anche gli aspetti edilizi e architettonici. Il secondo fattore determinante è stato l’ottenimento dalla Regione di un incremento sensibile, anche del 30 per cento, dei prezzi dei lavori a base d’asta. Questo ha permesso di evitare che le gare andassero deserte per mancanza di partecipanti: ora anche le imprese locali sono tornate a partecipare ai nostri appalti e di conseguenza si sono ridotti i rischi, come succedeva all’inizio del mandato, quando in molti cantieri le imprese appaltanti, essendo di dubbia consistenza e di provenienza non locale, fallivano dilatando a dismisura i tempi di consegna dei lavori. Un solo dato: nel 2000, all’inizio del mandato, il numero delle imprese che erano inserite nei nostri elenchi non raggiungeva la decina, ora sono quasi 150».
- Nutre qualche rammarico?
«Forse non essere riusciti a convincere la Regione dell’importanza di modificare le norme sulle modalità di assegnazione degli alloggi e del calcolo dei canoni, che - come ripeto da tempo - in molti casi non sono accettabili per la loro esiguità. Pagare 8 euro al mese per un alloggio, meno di un caffè al giorno, è difficilmente giustificabile. Ricordo solo, per fare un esempio, che la regione Emilia Romagna ha previsto nella recente modifica che i canoni minimi devono essere almeno 25 euro».


Bufera sull’Istruzione: nel mirino la gestione e la gara dell’Informagiovani
Tre lettere contro Abalti Hüllweck: «In procura»
L’assessore: «Sono tutte calunnie. Farò denuncia»

di G. Marco Mancassola

Tre lettere indirizzate al sindaco, tre lettere che sono altrettanti indici puntati contro l’assessore all’istruzione e per i giovani Arrigo Abalti. Tutte e tre le lettere, da ieri pomeriggio, sono sulle scrivanie della Procura, fatte consegnare dal sindaco Enrico Hüllweck. È una vicenda dai contorni tutti da decifrare, quella che ha preso improvvisamente forma ieri sera, quando ha iniziato a circolare la notizia che Hüllweck, dopo essersi consultato con il direttore generale del Comune, Umberto Zaccaria, aveva fatto recapitare le missive in Procura. La prima busta era arrivata venerdì. La seconda è stata recapitata addirittura a casa del primo cittadino, mentre la terza è stata protocollata ieri. Una di queste è arrivata, “per conoscenza”, anche al nostro giornale ed è firmata da Giovanni Meneguzzo, che dice di avere prestato servizio per molti mesi nell’assessorato di Levà degli Angeli in qualità di obiettore di coscienza. Nella lettera vengono riferiti fatti molto gravi, per stessa ammissione del sindaco, che riguardano la gestione dell’Informagiovani, del periodico che viene stampato e della gara con cui è stata cambiata la gestione del servizio. Si accenna all’allontanamento di una collaboratrice, si pongono dubbi sull’effettiva convenienza economica della gestione della pubblicazione. A indurre l’autore della lettera-denuncia a sparare ad alzo zero sarebbe stata la presunta inerzia seguita alla vicenda dei serramenti per una scuola consigliati all’Amcps dall’assessore: si accusa il sindaco di non aver detto nulla, il nostro giornale di essersi fermato, Alleanza nazionale, il partito dell’assessore, di aver taciuto al pari dell’opposizione. Parole pesanti come macigni, che hanno indotto i più stretti collaboratori del sindaco a operare, per prima cosa, una verifica sull’identità dell’autore. E dai primi controlli, il firmatario non risulterebbe negli elenchi di coloro che in questi anni hanno prestato o stanno prestando servizio come obiettori di coscienza in municipio. Questa circostanza apre interrogativi anche sugli autori delle altre due lettere, che il sindaco Hüllweck descrive così: «Sono strane, perché non riportano la data, hanno tutte più o meno la stessa impostazione grafica, sembrano scritte con la stessa macchina, anche se hanno uno stile linguistico diverso». Eppure Hüllweck ha comunque deciso di portare tutto in Procura. Perché? «Sono riportate accuse gravi. Ci si augura che non siano vere, ma se lo sono hanno una certa rilevanza. Ho ritenuto di doverlo fare quale atto dovuto, perché una lettera, quando viene protocollata, diventa un atto ufficiale. Non avrei potuto fare altrimenti: non potevo rimanere con le mani in mano. Che le abbiano scritte tre persone con una macchina sola o una persona soltanto, a me non interessa. Quello che mi interessa è che ritenevo la mia azione doverosa». Hüllweck, dunque, dopo essersi consultato, ha deciso di autotutelarsi, comunicando la decisione al suo assessore, «che ha capito perfettamente». Di fatto, però, in questo modo viene interessata la Procura. Contattato a tarda ora, Abalti anticipa che già oggi farà denuncia contro gli autori delle lettere: «Sono tutte calunnie - afferma - accuse gravissime del tutto inventate, alcune delle quali fanno riferimento ad aspetti tecnici che non sono in alcun modo di mia competenza. È un attacco personale, da cui mi devo difendere. Per questo farò denuncia».

(m. c.) Lettere con accuse piuttosto circostanziate sull’assessore Abalti. Ma le lettere, pare ne esistano almeno tre versioni, sono anonime. Chi le ha scritte si nasconde dietro nomi inesistenti. Il sindaco Enrico Hüllweck giustamente, di fronte ad accuse così gravi, ha deciso di tutelare l’amministrazione e ha consegnato tutto alla Procura. Toccherà ora alla magistratura accertare con le indagini del caso se per i presunti “sprechi” legati alla gestione dell’Informagiovani e nell’eventuale uso di telefoni e personale del Comune per fini elettorali vi siano reati da contestare all’amministratore Arrigo Abalti. Le lettere anonime ci chiamano in campo come giornale, accusandoci di aver solo «tirato le orecchie» all’assessore. Il giornale, anche se qualcuno lo vorrebbe, non è una clava, non siamo giustizieri, nè ispettori di polizia. Il nostro compito è quello di cercare le notizie e verificarle. Ogni volta che le scriviamo ci mettiamo il nostro nome e cognome. Spesso - e lo è stato anche per telefonini e vetri camera di Abalti - le nostre sono notizie scomode. Ma non sono mai state smentite. Per essere credibile questo dovrebbe fare anche chi scrive le lettere che accusano l’assessore sul piano etico. Esporsi ë un dovere civico. La denuncia se resta anonima, per quanto documentata, diventa sinonimo di paura. O di vigliaccheria.


Sindacati in prefettura
Sciopero di 2 ore blocca gli ingressi della Marzotto

(m.sc.) Sindacati confederali in prefettura per sollecitare l’intervento del ministero del welfare; rappresentanti Rdb Cub in azione in Largo Santa Margherita, con un picchetto improvvisato che ha bloccato per oltre due ore i cancelli della fabbrica. È stata una giornata dai due volti, quella di ieri, per i dipendenti della Marzotto. La situazione occupazionale dell’azienda tessile continua a tenere banco: e se da un lato Cgil, Cisl e Uil si sono sedute al tavolo del prefetto Angelo Tranfaglia per tessere le fila di un prossimo incontro col ministro Roberto Maroni, dall’altro il sindacato di base è sceso in piazza per dire no al licenziamento di un dipendente, delegato Cub, commissionato lo scorso fine settimana dall’azienda. Le due questioni sono diverse, ma hanno un denominatore comune nella situazione di disagio che attraversa gli animi delle maestranze da quando il ramo Lanerossi è stato reciso, a fine agosto. Della procedura di mobilità aperta nei confronti di quei 125 lavoratori hanno discusso ieri i rappresentanti di categoria di Cgil, Cisl e Uil di fronte al prefetto Angelo Tranfaglia. I sindacati hanno ribadito la «necessità di istituire un proficuo dialogo con la proprietà, che consenta di instaurare procedure di accompagnamento dei dipendenti in esubero anche con l’utilizzo di ammortizzatori sociali». Al termine dell’incontro, il prefetto ha stilato un rapporto che riprende tali richieste sindacali, col quale invita il ministero del welfare all’apertura di un tavolo di confronto per agevolare soluzioni condivise. Ieri mattina, intanto, i Cub hanno bloccato i cancelli della Marzotto. Oltre 150 dipendenti, che avrebbero dovuto iniziare a lavorare alle 6, sono entrati in fabbrica alle 8,30. E se alcuni hanno aderito spontaneamente all’agitazione, per altri l’astensione dal lavoro è stata “forzata”. A scatenare la protesta, svoltasi senza disordini sotto lo sguardo dei carabinieri di Valdagno, è stato il licenziamento disciplinare che l’azienda ha commissionato per “gravi motivi” ai danni di Daniele Faccin, operaio in azienda da 27 anni e rappresentante sindacale Cub. Lo stesso Faccin spiega i “gravi motivi”: «L’azienda mi ha prima sospeso in via cautelare - afferma -, poi ha ascoltato le mie controdeduzioni. Ho ammesso di essermi appisolato durante il turno di notte, tra il 16 e il 17 settembre, ma ritengo di avere molte attenuanti: sto assumendo dei farmaci e la vertenza sindacale di queste settimane mi ha molto stressato. È la prima volta che mi contestano qualcosa, se escludo un richiamo nel 2003. Questo licenziamento è volto a colpire il sindacalista. Ma non può finire qui: mi difenderò in sede legale». Oggi, per ogni turno di lavoro, le Rsu hanno indetto un’ora di assemblea: servirà a fare il punto su tutte le questioni aperte e soprattutto sulla manifestazione in programma dopodomani, che vedrà i dipendenti scioperare per 4 ore e sfilare in corteo da largo Santa Margherita fino a piazza del Comune.