04 NOVEMBRE 2006

L’Unione chiama a “rapporto” Parisi
SCHIO.Rientrano le minacce dei Verdi Giunta e fossato restano intatti

L’Unione chiama a “rapporto” Parisi
I capigruppo alla Camera chiedono un incontro al ministro della Difesa

di Antonio Trentin

Nuova tappa romana del caso-Dal Molin: come annunciato nei giorni scorsi da Mauro Fabris, portavoce della segreteria dell’Udeur e “più alto in grado” tra i parlamentari vicentini del centrosinistra, ci sarà un incontro tra i leader dell’Unione alla Camera e Arturo Parisi. Temi da affrontare: la scelta fatta in consiglio comunale dal centrodestra vicentino, i contenuti del documento che ha accompagnato il "sì condizionato" del Comune e naturalmente le prossime intenzioni del ministro. I capigruppo a Montecitorio dell’Ulivo (in cui stanno insieme Ds e Margherita), del Prc-Rifondazione, dell’Italia dei valori, del Pdci, dei Verdi e dell’Udeur hanno reso noto con un testo multifirme di aver concordato con il ministro della Difesa un incontro che si terrà nei prossimi giorni, «per valutare le conseguenze dell’approvazione dell’ordine del giorno da parte del consiglio comunale di Vicenza relativo all’utilizzo dell’aeroporto Dal Molin da parte della 173ª Aerobrigata dell’esercito Usa». I capigruppo - si legge nel testo - esprimono la «preoccupazione per questa scelta e nei prossimi giorni valuteranno con il ministro Parisi la situazione». Sarà una squadretta numerosa, quella che andrà a colloquio con Parisi: firmatari della nota sono Angelo Bonelli (Verdi), Fabio Evangelisti (Idv), Mauro Fabris (Udeur), Dario Franceschini (Ulivo), Gennaro Migliore (Prc) e Pino Sgobio (Pdci). Anche troppo numerosa? «Siamo abituati a lavorare con questo assetto - risponde Fabris - ci troviamo insieme ogni giorno per affrontare i passaggi della Finanziaria. Il numero dei capigruppo non è un problema». - L’argomento forse sì, onorevole: non tutti la pensate allo stesso modo su “una” base americana a Vicenza, vero? «Attenzione - dice ancora il deputato camisanese - perché il comunicato congiunto è molto chiaro: si parla di base americana al Dal Molin e su questa il parere negativo dell’intero centrosinistra è corale». - Ma se doveste cominciare a discutere di un altro sito, che cosa succederebbe tra possibilisti filo-Usa e contrari per convinzione strategica o ideologica? «Una cosa alla volta. Intanto esaminiamo con il ministro tutti i problemi che deriverebbero dall’ubicazione all’aeroporto. Dopo procederemo di conseguenza. Ho letto che il sindaco dichiara che un sito alternativo l’aveva pensato anche lui: ci faremo guidare da Hüllweck…». - Battute a parte, che cosa direte a Parisi? E prevedendo quali tempi per arrivare a capo di tutta la questione? «Diremo il nostro “no” alla base al Dal Molin, sul quale siamo tutti d’accordo ripeto, e inizieremo a valutare insieme quali risposte il governo può dare alle ‘garanzie’ che il centrodestra comunale ha messo a base del suo sì all’arrivo degli americani. Torno a osservare che il tempo necessario per rispondere a queste richieste non sarà poco, perché sono talmente pesanti gli oneri ipotizzati e talmente tanti gli enti coinvolti che il ministero non potrà certamente essere rapido nel procedere. Faccio notare solo una cosa: il Comune di Caldogno ha già detto di non volere la circonvallazione nord che risulta indispensabile per il consenso di Vicenza alla costruzione della base all’aeroporto».

Ieri il Comitato degli esperti ha discusso tre ore sull’ammissibilità della consultazione, poi ha fissato il rinvio
Possibile il referendum sulla base americana? I saggi per ora si incagliano sulla procedura
Il 13 novembre saranno esaminati gli argomenti dei pro e dei contro. Fissata per la settimana prossima la consegna delle due proposte Intanto con quattro voti a uno arriva una sorta di “ vittoria” del comitato per il “no”: dichiarata legittima la richiesta di un quesito popolare

(a. t.) E finalmente ecco il Comitato degli esperti all’opera per studiare la richiesta di un referendum sulla base americana in viale Sant’Antonino e per decidere se l’argomento è sottoponibile a consultazione popolare. A ventidue giorni dalla presentazione alla segreteria generale di Palazzo Trissino del quesito con cui interpellare i vicentini: “Sei favorevole alla realizzazione del progetto U.S.A. di costruzione di una nuova base militare nell’area dell’aeroporto Dal Molin di Vicenza?”. Dopo che si erano affacciate polemiche per i tempi lunghi trascinati dall’Amministrazione Hüllweck. Quando un parere sull’insediamento è già stato votato in sala Bernarda, con maggioranza risicata ma politicamente sufficiente. Con una prima riunione che ieri sera si è subito incagliata nelle procedure: si può o non si può parlare ancora di referendum fattibile? Tre ore di istruttoria hanno deciso soltanto che si può cominciare a esaminare la sostanza del referendum. Per un "via libera" o uno "stop" è tutto rinviato a lunedì 13. Intanto la settimana prossima le tesi dei "pro" e dei "contro" dovranno farsi sentire con eventuali documenti portati a corredo. In un municipio deserto e vegliato solo da qualche usciera rassegnata agli straordinari del venerdì, i “saggi” nominati tre anni fa dal consiglio comunale e dai consiglieri di Circoscrizione si sono ritrovati per discutere di ammissibilità (o no), accogliendo subito come interlocutori i promotori della consultazione, Giancarlo Albera e Luciano Volpato (dei comitati di quartiere contrari alla base) e Gianni Cristofari (consigliere comunale diessino ed ex-difensore civico). Ma, prima ancora che di ammissione del referendum, il confronto è stato sulla procedibilità della richiesta referendaria: un problema sollevato dal presidente Silvano Ciscato con i quattro colleghi titolari nel Comitato degli esperti (Maria Luisa Bartolini, Giorgio Tavagna, Antonio Ferretto e Alberto Righi) e con tre dei cinque supplenti presenti (Gaetano Mazzeo, Alessandro Zagonel e Nicola Ferrando, mentre erano assenti Roberto Valente e Vincenzo Palatella). Risultato finale del dilemma messo ai voti: 4 esperti favorevoli a procedere nell’esame del referendum, 1 contrario. Con i verbalizzanti per conto del Comune – il segretario generale Angelo Macchia e la dirigente della segreteria Leda Ghirardelli – era presente alla riunione anche il direttore generale Umberto Zaccaria. In quale ruolo? “Rappresento l’Amministrazione comunale” ha dichiarato entrando nella Sala Rossa del municipio. In pratica: toccherà al dottor Zaccaria, grande esperto di statuto e regolamenti municipali, il ruolo di controparte del fronte pro-referendum. Un ruolo non dichiarato ma palese, considerato il fatto che ufficiosamente l’Amministrazione Hüllweck si è pronunciata contro la consultazione in molti interventi privati degli assessori e in qualche esternazione ai mass-media del sindaco; e che ufficialmente la maggioranza di centrodestra, sindaco compreso, ha già votato in sala Bernarda contro la chiamata al voto popolare. La linea dell’Amministrazione è nota: è per un “no” netto al referendum articolato su più piani, il primo dei quali, esclusivamente procedurale, era proprio quello che ha tenuto banco ieri sera. E cioè: di referendum neanche si sarebbe dovuto parlare più, visto che il voto pro-base militare del consiglio comunale avrebbe annullato la procedura referendaria avviatasi con la presentazione ufficiale del quesito. «Siamo soddisfatti per la decisione presa dal Comitato degli esperti» ha commentato Cristofari alla fine della riunione, dopo che il quesito sul Dal Molin base americana non è stato cancellato preventivamente, ma mandato sotto regolare esame. Ma gli altri tre ragionamenti dell’Amministrazione contro il referendum verranno buoni tra dieci giorni. Primo: il parere referendario sull’arrivo della base Usa non è più necessario, dopo il voto favorevole al progetto già deliberato in Consiglio e in presenza di un "no" votato proprio contro la consultazione popolare. Secondo: la richiesta del ministro Arturo Parisi di sapere come la pensa Vicenza è già stata soddisfatta dalla conta consiliare (21 sì, 17 no, 2 astenute). Terzo e principale: la materia del contendere non fa parte del ventaglio di temi sottoponibili al giudizio degli elettori, essendo del governo nazionale la competenza decisionale e non dovendo decidere il Comune su cose militari e demaniali, tanto più se collegate ad assetti e strategie internazionali.

«Dare voce alla città rappresenta un contrappeso democratico»
«Genuina manifestazione di sovranità popolare»
Le ragioni del fronte referendario in un documento di 4 pagine

Su che cosa si basa la richiesta referendaria del Comitato invitato ieri alla riunione dei “saggi” comunali? La relazione che accompagna il quesito su cui si vorrebbe il voto Sì-No dei vicentini è smilza (quattro pagine e poco di più), parte dai concetti generali (la democrazia è vitale “solo se i cittadini non vengono percepiti ed usati come disattenti fornitori di consenso”), scende a spiegare cosa dev’essere un referendum (senza sostituirsi al sistema rappresentativo, cioè al decisionismo del consiglio comunale, è “uno strumento utile per assicurare un efficace contrappeso democratico”) e alla fine prova a piazzare colpi convincenti in materia di ammissibilità. Perché si può fare la consultazione popolare su una materia che, dal punto di vista amministrativo, è lontana dalle immediate e dirette competenze del Comune? Per il Comitato pro-referendum i motivi sono sia strettamente tecnico-burocratici (non ci si pronuncerebbe su una materia esplicitamente esclusa da statuto comunale e legislazione nazionale, non si voterebbe in maniera vincolante) sia esplicitamente “politici”, nel senso di dare voce alla polis (la città) come richiesto esplicitamente dal ministro Arturo Parisi e come opportuno trattandosi di esprimere il parere della collettività su un insediamento militare che avrà portata internazionale e durata pluridecennale. Offrire a Vicenza la possibilità di esprimersi con “una genuina manifestazione della sovranità popolare”: questo il ragionamento-base portato all’attenzione degli esperti comunali dai tre rappresentanti del Comitato referendario, Luciano Volpato, Giancarlo Albera e Gianni Cristofari.


Nel faccia a faccia con gli ambientalisti il sindaco ribadisce la necessità di tutelare i cittadini e la legalità
Rientrano le minacce dei Verdi Giunta e fossato restano intatti

di Elisa Morici

Tanto rumore per nulla, o quasi. Le minacce dei Verdi di lasciare la maggioranza, in caso non si fosse trovato rimedio al fossato anti-carovane, sono rientrate. Sulla trincea scavata in zona industriale il sindaco Luigi Dalla Via non ha fatto marcia indietro, chiarendo tuttavia la sua posizione in un serrato faccia faccia chiesto proprio dal partito ambientalista. Quasi due ore di colloquio, ieri sera, per ribadire che in questo caso non c’entra tanto la politica quando la necessità di tutelare cittadini e legalità. La giunta non si tocca; l’assessore verde Lorenzo Baiocchi resta al suo posto, come di fatto aveva già lasciato intendere nei giorni scorsi, e dall’incontro è emersa una sostanziale soddisfazione per tutte le parti in causa. «Abbiamo chiarito che il fossato non ha nulla a che spartire con politiche di esclusione - sottolineano i Verdi -. Politiche peraltro lontane dalla sensibilità e dalle pratiche consolidate di questa Amministrazione, che non ci avrebbero consentito di rimanere in maggioranza. A partire da tale situazione, si è quindi convenuto di proseguire in maniera forte e ancora più convinta lungo i percorsi di integrazione, rafforzandoli e cercando di coinvolgere tutti gli attori istituzionali e gli enti locali per uscire da una situazione di emergenza incresciosa e inaccettabile, che dev’essere affrontata con determinazione per risolvere le problematiche emerse senza demagogia». Il sindaco, da parte sua, ribadisce «una linearità che non è mai venuta meno», individuando la necessità di vedere la questione sotto la luce giusta. «Non è un fossato in più o in meno a fare la differenza o a risolvere un problema complesso e dalle molte sfaccettature - spiega Dalla Via -. Ma questo episodio andava ricondotto all’interno di un problema generale, che ora più che mai merita tutta la nostra attenzione e i nostri sforzi congiunti. Per quanto riguarda il fossato, resta senz’altro dov’è, il che non significa certo tralasciare la politica d’integrazione che ha sempre contraddistinto Schio». A Palazzo Garbin pericolo-crisi sventato, dunque, mentre la patata bollente si appresta a finire nell’ufficio del prefetto dove la prossima settimana convergeranno i sindaci. E mentre continua il “pellegrinaggio” delle tv nazionali - ieri in zona industriale sono spuntate anche le telecamere di “Matrix” -, prosegue il monitoraggio delle forze dell’ordine che riscontrano i medesimi disagi di una settimana fa, poco prima che entrassero in azione le ruspe. L’unica differenza consiste nel fatto che camper e roulotte si sono spostate altrove. Le stesse carovane, infatti, hanno percorso solo qualche chilometro, rimbalzando tra Schio, Santorso, S. Vito e Marano: si tratta di sei o sette gruppi familiari, per un totale di circa 60 persone. La soluzione del problema, quindi, è ancora lontana a venire perchè il fossato in via Lago di Misurina ha reso inaccessibile solo una delle tante piazzole occupate abitualmente e abusivamente dai nomadi, ma i cittadini non hanno smesso di far sentire le loro proteste.