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05 NOVEMBRE 2005 dal Giornale di Vicenza
L’“okkupazione” non si fa I dissidenti vengono respinti
Scuola. Dopo il corteo contro la Moratti tutti al liceo artistico Boscardin di Diego Neri Gli studenti respingono l’occupazione del loro liceo. È accaduto ieri mattina all’artistico Boscardin (ex Martini), dove vi sono stati momenti di forte tensione e scontri fra allievi, insegnanti, bidelli e le forze dell’ordine al termine del corteo organizzato contro la riforma voluta dal ministro Letizia Moratti. Alle proteste contro il provvedimento si sono intrecciati i motivi di contrasto fra gli allievi e il preside della scuola, accusato di aver preso decisioni contrarie al buon senso (chi esce da scuola con un permesso deve farsi venire a prendere dai genitori), e l’amministrazione comunale, rea di aver avallato l’installazione delle antenne per i telefonini Umts. Ma per comprendere cosa è avvenuto in una mattinata ricca di colpi di scena e che potrebbe avere strascichi giudiziari è necessario andare con ordine. Ieri di prima mattina era in programma il corteo che passava per le vie del centro. Vi hanno partecipato circa 500 studenti delle scuole medie superiori provenienti da tutta la provincia, controllati da polizia e carabinieri. Dei 250 allievi del liceo Martini di via Calvi, che recentemente si è fuso con il Boscardin, una cinquantina però hanno preferito non partecipare e andare in classe a seguire le lezioni. Contemporaneamente, una trentina di studenti - qualcuno del Martini, gli altri di altre scuole - avevano deciso di disertare le lezioni e anche il corteo per organizzare l’occupazione del liceo di S. Pio X. Da settimane infatti all’interno dell’istituto cova una protesta che tocca vari aspetti. Sette quelli indicati in un volantino distribuito ieri mattina, che vanno dall’elettrosmog alla contrarietà al registro elettronico. Fra l’altro, in questi giorni molti licei artistici del Veneto sono okkupati. Qualcuno dei trenta promotori ha contattato i manifestanti in corso Palladio: «Venite tutti qua che okkupiamo», il senso della telefonata. La voce, diffusa anche col megafono, si è rapidamente estesa a tutti gli studenti. Rapidamente il corteo si è trasformato in una parata di bersaglieri, con gli studenti quasi di corsa ad attraversare corso Palladio per raggiungere il focolaio della protesta, l’ex Martini. I carabinieri e la Digos, che li controllava con il vicequestore Eduardo Cuozzo, hanno riferito di non aver mai visto una manifestazione tanto veloce. Dal centro fino a via Calvi il numero dei partecipanti si è assottigliato, arrivando ad un centinaio di unità. Ma il caos all’ex Martini era già scoppiato. Infatti, il gruppo dei trenta ha cercato di entrare a scuola per iniziare l’occupazione vera e propria. Ma il personale e gli insegnanti non volevano acconsentire, trattandosi in gran parte di studenti esterni. Urla e spintoni hanno fatto da cornice ad un tentativo di farsi largo: gli allievi hanno spaventato il personale, che ha deciso di contattare il 112. In via Calvi sono perciò arrivati i carabinieri, presto seguiti dai colleghi e dalla Digos. Le acque, dal punto di vista dell’ordine pubblico, si sono calmate subito ma si è infuocata la dialettica. Gli studenti del liceo artistico, infatti, non hanno per nulla gradito il tentativo dei loro colleghi di occupare la loro scuola. Grazie alla mediazione del preside Perrot e della polizia, si è giunti all’accordo di organizzare su due piedi un’assemblea per decidere il da farsi. Mentre gli esterni attendevano, pazientemente seduti in atrio, la discussione si è fatta accesa, ma alla fine i ragazzi hanno votato il no deciso all’okkupazione. E tutti a casa. La polizia probabilmente non denuncerà nessuno, resta da capire se vi sarà qualche querela a titolo personale. Ma la protesta non è finita, anzi. Oggi si replica: alle 9.30 incontro con i dissidenti, per chiarire la loro posizione, e alle 10 nuova assemblea di istituto al Boscardin (ex Martini). No, non è la stagione della “pantera”, ma perlomeno i ragazzi uno dei loro obiettivi lo hanno raggiunto: nel volantino si reclamava la necessità «indispensabile di poter avere un dialogo e un confronto con il preside in modo da riuscire insieme a risolvere i problemi». Ecco l’occasione.
«I fantomatici manifestanti neanche si sono presentati» di Anna Madron "Occupazione è rock". Entrare in classe, invece, è "lento". Da bravi cultori dell’immagine televisiva gli studenti hanno subito attinto al programma tormentone di Celentano per uno dei tanti slogan che ieri venivano urlati fuori e dentro il liceo artistico di via Calvi, a San Pio X. Occupato da una trentina di studenti, la maggior parte estranei alla scuola, che dopo il suono della prima campanella hanno fatto prima irruzione in un’aula, quindi si sono accampati nell’atrio dell'istituto, prima di confluire in un'assemblea da cui sono stati invitati ad andarsene dagli stessi studenti dell'artistico. «Siamo gente civile - spiega Sara Fabris, ex rappresentante d’istituto - che cerca il dialogo e il confronto, non lo scontro e la prepotenza. Questi fantomatici manifestanti non si sono degnati nemmeno di presentarsi, sono entrati nella nostra scuola da padroni, pretendendo che aderissimo ad un’iniziativa che invece non condividiamo». Unico "biglietto da visita" un volantino anonimo in cui l’autogestione del liceo artistico vicentino viene motivata elencando punto per punto i problemi irrisolti della scuola diretta dal preside Mauro Perrot. Tra questi l’inquinamento da elettrosmog che affligge non solo l’artistico, ma anche il classico Pigafetta e lo scientifico Lioy, data la presenza nelle immediate vicinanze di antenne per la telefonia mobile. Polemiche anche sulle elezioni che hanno portato alla nomina di un solo rappresentante degli studenti, diversamente da altre scuole dove i rappresentanti sono almeno quattro. E ancora i registri elettronici che funzionano con codici a barre ma che «identificano gli studenti come fossero merce»; i permessi di uscita anticipata che possono essere sì richiesti ma che vengono concessi soltanto se a ritirare gli alunni fuori da scuola c'è un genitore o un parente; le assemblee d'istituto che, recita il manifestino, «non possono essere più di quattro in un anno». Infine l’identità "perduta" della scuola, rimasta orfana di nome (fino a due anni fa era liceo artistico Martini, costola staccata dell'istituto principale con sede a Schio) dopo l'accorpamento con il tecnico Boscardin, operazione quest'ultima che avrebbe creato qualche difficoltà di integrazione a livello di collegio docenti e qualche disagio anche tra i 350 studenti desiderosi di maggiore autonomia. «Questioni su cui discutere ce ne sono - ammette Sara Fabris - ma non è certo forzando i cancelli di una scuola per occuparla che risolviamo le cose». Eppure quanto è accaduto ieri mattina all’ex Martini non è suonato nuovo. La scorsa settimana alcuni licei artistici del Veneto erano già stati occupati con le stesse modalità da frange di studenti non riconducibili però ad una sigla politica precisa, diversamente dallo sciopero, sempre nella mattinata di ieri, contro la riforma Moratti, la cui paternità è stata assunta senza misteri dal Coordinamento studenti. Ma tornando a San Pio X, sembra ormai certo che gli studenti del liceo artistico coinvolti nell'occupazione sarebbero soltanto alcuni, a fronte invece degli "infiltrati" ai quali «abbiamo chiesto più volte chi fossero - sottolinea Jacopo Vittorelli, insegnante - senza ottenere risposta. Non è così che si fa. Lo hanno capito anche i nostri ragazzi che si sono lamentati della totale mancanza di rispetto e di democrazia». Principi su cui la scuola ha deciso di non sorvolare, dal momento che per la mattinata di oggi «sono state indette due assemblee - interviene il vicepreside del liceo artistico Sergio Bozzo - una con gli studenti rappresentanti di classe e d'istituto e l'altra a cui sono stati invitati i responsabili dell’occupazione. Sia chiaro che non ci interessano nomi e cognomi, ci preme invece riflettere insieme sulle ragioni del malessere che hanno portato a tanto. E su questo sia da parte degli insegnanti che del preside c'è la massima disponibilità».
Nei primi dieci mesi già 160 superamenti dei limiti delle micropolveri Smog, 2005 l’anno più nero Record di giorni fuori legge Dal 14 via ai blocchi delle non catalizzate da lunedì a venerdì di G. Marco Mancassola Lo smog centra un nuovo record: 160 giorni in un anno con valori di pm10 fuori norma. Per la verità, alla fine dell’anno mancano ancora due mesi, eppure è già stato ampiamente superato il precedente primato di sforamenti che apparteneva al 2004, anno in cui l’allora limite per la protezione della salute fissato in 55 microgrammi di micropolveri per metro cubo d’aria era stato varcato 156 volte, una ogni tre giorni. Quest’anno la soglia è stata abbassata a 50 microgrammi, con 35 bonus da spendere in 12 mesi. E invece si viaggia con uno sforamento ogni due giorni. La media rilevata nel sito dell’Arpav è di 60 microgrammi, ben superiore all’obiettivo di qualità, fermo a 40 microgrammi. L’autunno non sta certo dando una mano alla qualità dell’aria che si respira a Vicenza. La centralina di viale Milano ha inanellato una serie negativa di 16 giorni consecutivi, con sei incursioni oltre il confine dei 100 microgrammi, nella prateria dell’aria “pessima”. Qualche speranza - si legge nel bollettino dell’agenzia regionale per l’ambiente - viene dall’arrivo di una perturbazione che creerà condizioni favorevoli alla dispersione delle polveri sottili; la qualità dell'aria nel Veneto sarà scadente, localmente buona. Tendenza per i prossimi giorni. Il passaggio della perturbazione associata a precipitazioni sparse e ad un rinforzo dei venti favorirà soprattutto nella giornata di domani una diminuzione delle concentrazioni di pm10. In Comune, nel frattempo, dovrebbero essere superati dubbi e riserve che aleggiavano in sala Giunta sul piano regionale contro lo smog. La proposta, che deve essere recepita dai Comuni più inquinati inseriti nella cosiddetta “fascia A”, prospetta il blocco delle auto non catalizzate per cinque giorni alla settimana da novembre a marzo, con una pausa all’ora di pranzo. In un incontro fra il vicesindaco e assessore all’Ecologia Valerio Sorrentino e il collega alla mobilità Claudio Cicero, sono state ricalibrate le fasce di blocco: al mattino dalle 9 alle 12 e al pomeriggio dalle 15 alle 18, dal lunedì al venerdì, a partire dal 14 novembre nell’area interna alla circonvallazione. Ma al momento sono ipotesi, l’ultima parola deve ancora essere scritta. I dettagli sulle deroghe verranno resi noti la prossima settimana. In questo modo l’amministrazione comunale conta di alleviare il peso di un blocco che ambientalisti e Legambiente definiscono al contrario troppo lieve e quindi inutile. Con questo programma, verrebbero liberalizzate le ore di punta del mattino, di mezzogiorno e della sera, salvando ingressi e uscite da scuola e dal lavoro. Analoghi provvedimenti, con modalità che verranno decise da realtà a realtà, dovrebbero essere assunti anche negli altri Comuni vicentini inseriti nella fascia A, vale a dire Valdagno, Schio, Bassano, Montecchio Maggiore e Arzignano, coordinati dalla Provincia. In calendario dovrebbe essere collocata anche una domenica a piedi, presumibilmente il 19 marzo, giorno della gara podistica “StraVicenza”. Per il momento delle targhe alterne e dei blocchi totali del traffico in giorni feriali, non si vede nemmeno l’ombra. A invocare la circolazione a corrente alternata è Legambiente, che boccia la politica regionale: «Sempre più il blocco delle sole catalizzate su cui ripiega la Regione appare il più debole dei provvedimenti e non serve a nulla. Meglio le targhe alterne ed ancora meglio prendere provvedimenti su area vasta».
Ex Coop, scoppia il caso del prezzo (g. m. m.) Sull’ex Coop scoppia una battaglia legale. Ieri mattina, dopo la clamorosa bagarre in consiglio comunale di giovedì sera, si sono incontrati i tecnici che hanno redatto la delibera, vale a dire Piera Moro capo dipartimento degli Interventi sociali e Ruggiero Di Pace direttore dei servizi abitativi, e il direttore dell’Avvocatura comunale Maurizio Tirapelle, autore di un parere richiesto dall’assessorato ai lavori pubblici che ha indotto i consiglieri a far slittare il voto sull’acquisizione dell’ex supermercato di via Cav. Vittorio Veneto per realizzarvi un centro per la famiglia. Un progetto, questo, caro all’assessore leghista agli Interventi sociali Davide Piazza e che l’altra sera stava per passare con un’inedita maggioranza trasversale. Il parere dell’Avvocatura, distribuito ai consiglieri a dibattito avviato nonostante fosse arrivato in assessorato a metà pomeriggio, crivellava di dubbi la procedura seguita per arrivare alla stima dell’area. La cifra scritta in delibera è di oltre 900 mila euro, ritenuta da molti consiglieri troppo alta per un’area di cui il Comune detiene il diritto di superficie. Secondo la forzista Mascotto, che applica una formula matematica, dovrebbe essere circa 570 mila euro ilvalore massimo a cui il Comune può esercitare la prelazione. L’assessore Piazza non entra nel merito dei dati tecnici e rinvia a lunedì, quando verrà distribuito un dossier per spiegare tutti i dettagli dell’operazione e dell’iter. «Per me la stima non cambia - spiega l’assessore - vogliamo chiarire tutti gli aspetti, dopo che ci è piovuto sulle spalle un parere in modo improprio. Un episodio che mi ha molto amareggiato: credo che la maggioranza debba dare un’immagine più compatta. Purtroppo non è così e addirittura si è strumentalizzato il mio progetto per finalità che non conosco». E tuttavia molte certezze, da giovedì sera, vacillano paurosamente e ora l’assessore dovrà faticare per ritrovare i numeri persi per strada. Dall’opposizione, nel frattempo, piove un’interrogazione firmata dai diessini Ubaldo Alifuoco e Giovanni Rolando, con Marino Quaresimin della Margherita. «Se i fatti narrati non verranno smentiti dal sindaco Enrico Hüllweck, le cose sono andate così: sulla delicatissima e controversa delibera in questione, presentata dall’assessore Piazza e dal sindaco Hüllweck, è stato richiesto un parere legale all’avvocatura comunale; tale parere sarebbe stato richiesto via telefono dall’assessore ai lavori pubblici Carla Ancora; il parere delinea una prospettiva giuridica diversa da quanto emerge dalla mera lettura della deliberazione in questione. E quindi esso risulta importante al fine di inquadrare il problema su cui il Consiglio doveva votare e dovrà ora votare dopo che l’oggetto è stato rinviato alla prossima seduta; incredibilmente, l’importante documento non è stato consegnato ai consiglieri comunali ed è emerso solo a dibattito quasi concluso; lo stesso sindaco Hüllweck ha dichiarato di essere stato all’oscuro dell’esistenza del documento». «Perché - concludono i consiglieri - un membro di giunta chiede un parere legale su una delibera di competenza di altro assessore e dello stesso sindaco, a loro insaputa?».
Alta velocità. Da Verona una notizia clamorosa: «Lavoriamo sul vecchio progetto» Lunardi seppellisce il tunnel «A Vicenza niente fermata» Doccia fredda dal ministro: «Collegheremo la città alla Tav con un metrò» di Gian Marco Mancassola Colpo di scena sul sentiero dell’Alta velocità. Da Verona, dove ieri era in visita, il ministro dei Trasporti Pietro Lunardi spara dichiarazioni che spiazzano Vicenza e mandano all’aria anni di discussioni e polemiche. Interrogato da un giornalista Rai di fronte agli altri cronisti, il ministro ha spiegato che il “nodo Vicenza” dell’Alta velocità potrà essere risolto escludendo la fermata diretta in città e realizzando una “piccola metropolitana” che collegherà il capoluogo berico con una stazione intermedia. Questo è pari pari quanto riportato dall’Ansa. Ma il concetto era già stato espresso dal ministro il giorno prima in un’intervista. «Stiamo portando avanti - ha detto il ministro - il vecchio progetto Tav, quello che è stato concordato con le Regioni e con i sindaci. Vicenza aveva chiesto di fare una variante in galleria; vedremo invece di servire la città diversamente». Provando a tradurre: la linea dei supertreni passerà in affiancamento all’autostrada, come da vecchio progetto, e Vicenza si aggancerà alla prima stazione utile - forse Padova, forse una ’piccola stazione’ lungo il tracciato futuro - attraverso un metrò di superficie. Parole che rimbalzano in città prendendo molti in contropiede, ma non tutti. Da tempo, infatti, in alcuni ambienti circolavano mezze voci sulla corsa all’approvazione del progetto prima delle prossime scadenze elettorali; senza contare che già un anno fa il ministro, in visita a Vicenza, Lunardi aveva detto che il tunnel costerebbe troppo, parlando di un aumento del costo dell’impresa pari ad almeno 700 milioni di euro: troppo in questi tempi di vacche magre. Il più sconcertato di tutti è l’assessore comunale alla mobilità Claudio Cicero, paladino del passaggio in galleria sotto Vicenza, che ieri si è attaccato al telefono raggiungendo i vertici regionali e romani per pretendere spiegazioni: «Le informazioni che ho io vanno in direzione opposta e cioè verso quanto comunicato il 24 ottobre nel comitato Transpadana». Parole che suonano simili a quelle dell’assessore veneto alle politiche della mobilità, Renato Chisso, che dice asciutto: «Credo ci sia un malinteso. Ribadisco quanto detto nel comitato Transpadana». E cosa era stato detto, appena dieci giorni fa? «Negli ultimi due mesi - erano le dichiarazioni di Chisso - abbiamo riattivato il rapporto con il ministro Lunardi con il quale abbiamo trovato un accordo per quanto concerne la tratta Verona-Padova. Per quanto riguarda i finanziamenti, i lavori verranno portati avanti a due velocità distinte: verrà eseguita in modo completo l’intera tratta, ad eccezione del tunnel di Vicenza e dei binari da interrare in quella di Padova che andranno realizzati in un secondo momento». Sull’ipotesi di una metropolitana di superficie, Cicero ammette di «cadere dalle nuvole: non ne ho mai sentito parlare». Tanto che arriva a dire: «Non so di quale tratta della Tav il ministro parli. Forse è un’altra tratta, non certo Vicenza. Mi sembra ci sia molta confusione». Vicenza deve dire addio al tunnel? «Non scherziamo. Se il problema è economico, posso dimostrare in ogni momento che l’affiancamento all’autostrada avrebbe costi simili al tunnel». La tentazione di dire “io l’avevo detto” è forte, ma la presidente della Provincia Manuela Dal Lago fa un ragionamento tecnico: «È indubbio che la soluzione dell’affiancamento all’autostrada è la peggiore. Qualche anno fa avevamo chiesto di verificare dal punto di vista economico se il tunnel si poteva fare. Altrimenti, era il caso di studiare soluzioni alternative, come il passaggio a sud dei Berici. Ora rischiamo di trovarci una soluzione calata dall’alto solo perché non abbiamo proposto alternative: mi auguro di sbagliarmi e che non sia troppo tardi». |