Nuova Ederle, cresce il fronte del “sì”
Oggi assemblea dei 700 dipendenti
Pronti alla raccolta firme: «Senza gli americani la città perde una fetta di economia»
(e. mar.) Aeroporto Dal Molin e nuovo insediamento. Ora sono i lavoratori a salire in cattedra con un’assemblea prevista per oggi e con un costituendo comitato per il “sì” che vorrebbe salvare posti di lavoro ed economia locale.
Cresce di giorno in giorno la preoccupazione dei 700 dipendenti della caserma Ederle, in ballo c’è il futuro dell’attuale sito americano, ma anche quello di oltre un migliaio di famiglie vicentine il cui reddito dipende dalle sorti del progetto Dal Molin.
È chiaro a tutti, e soprattutto a loro, che se la cosiddetta “Ederle 2” prevista all’aeroporto Dal Molin non vedrà la luce, chiuderà anche la caserma di viale della pace per andarsene, forse, in Germania.
E oggi andrà in scena uno degli appuntamenti più attesi proprio da chi rischia lavoro e stipendio. Nel pomeriggio un’assemblea sindacale chiesta dai dipendenti della Setaf farà il punto della situazione, di fronte, le categorie sindacali di Cisl e Uil che tenteranno di dare risposte ed eventualmente mettere a punto una strategia, anche se la partita vera sembra giocarsi fuori dalle mura di Vicenza.
Intanto c’è chi pensa ad un comitato per il “sì”, un movimento che si batta per far costruire il nuovo insediamento Usa al Dal Molin. E qui la politica sembra proprio non c’entrare; l’iniziativa è stata presa da alcuni dipendenti della Ederle che temono di perdere il posto e la sicurezza che dà un datore di lavoro come quello americano.
Ma c’è dell’altro, secondo più di qualche dipendente vicentino che ogni giorno entra nella base Usa: «Gli americani sono una risorsa per l’intera collettività, consumano e spendono in tutta la città, ci sono ristoranti e locali pubblici che tengono aperto solo per loro. Vogliamo davvero perdere questa ricchezza?».
È uno degli argomenti che metterà in luce il fronte del “sì” che potrebbe sorgere nei prossimi giorni, destinato a fronteggiarsi col movimento del “no”, composto da cittadini e forze politiche, quasi che il referendum più volte evocato, sia già nell’aria.
Quello che è certo è che i 700 dipendenti alla Ederle temono per il proprio futuro e sanno che il tempo delle decisioni si sta assotigliando. Senza contare la preoccupazione delle decine di aziende fornitrici che offrono servizi e materiale alla Ederle e che in un sol colpo vedrebbero scapparsi di mano come cliente l’attuale sito americano e quello che potrebbe, un giorno, arrivare.
«E poi - attaccano i dipendenti - se gli americani se ne vanno, in quell’area sterminata che è la base Setaf, cosa facciamo? Serve una raccolta firme per far capire ai vicentini che non possiamo permetterci che gli americani se ne vadano».