|
07 OTTOBRE 2004 dal Giornale di Vicenza
Tav, il ministero impone il tunnel
Tav, il ministero impone il tunnel di Gian Marco Mancassola
L’Alta velocità ferroviaria a Vicenza si immergerà nel tunnel. Una buona volta, dopo annunci e patemi estivi, è questa l’indicazione, scritta nero su bianco, che il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha inviato a Rfi per la redazione del progetto della linea ferroviaria ad alta capacità nella tratta compresa fra Verona e Padova. Ci vorranno 728 milioni di euro in più rispetto agli oltre 2.600 stimati, ci vorranno 950 giorni di lavoro in più, ma la Tav dovrà passare in galleria. Anzi, due gallerie: la prima da Alte Ceccato a Ponte Alto, la seconda da Ponte Alto a Settecà. In questo modo verrà garantita l’interconnessione con la vecchia linea e quindi la possibilità per i treni di fare sosta nel capoluogo berico. E questo, in sintesi, il contenuto della lettera firmata dall’ing. Giuseppe Calcerano, capo della struttura tecnica di missione del ministero inviata a Rfi e arrivata ieri mattina in municipio. Il documento è stato immediatamente presentato a palazzo Trissino dal sindaco Enrico Hüllweck e dall’assessore alla mobilità Claudio Cicero, il primo, cinque anni fa, a credere nella soluzione-tunnel, pronto ora a prendersi una rivincita dopo le bordate di scetticismo incassate in questi anni e dopo i tanti viaggi a Venezia e Roma. Il nodo vicentino appariva l’ostacolo più grande lungo il segmento di Alta velocità che attraversa il Veneto. Ora il tunnel viene ufficialmente inserito fra «le soluzioni di minor impatto economico, comunque gradite agli enti territoriali competenti e coerenti con i risultati degli approfondimenti tecnico-economici condotti dal gruppo di lavoro appositamente costituito».
Scendendo nel dettaglio del nodo di Vicenza, «la soluzione elaborata prevede la immersione in località Alte di Montecchio Maggiore nei pressi dell’attuale svincolo autostradale, la riemersione in superficie in località Ponte Alto e a Settecà per le interconnessioni con la linea storica, il parcheggio nello scalo Fs, le gallerie passanti sotto la stazione di Vicenza e la soluzione in superficie per la località di Lerino, per un costo aggiuntivo di 728 milioni di euro e un tempo aggiuntivo per l’esecuzione dei lavori di 950 giorni».
E ancora: «Riguardo l’avvio del Sistema ferroviario metropolitano regionale, la soluzione prevede l’adeguamento agli standard Sfmr delle stazioni sulla linea storica nel tratto Vicenza-Padova, per un costo aggiuntivo di 6 milioni di euro».
Vengono poi una serie di indicazioni per il resto della tratta: si parla di un prolungamento della galleria di S. Martino Buon Albergo, per altri 21 milioni; per la dismissione dell’attuale linea storica fra Verona e S. Bonifacio la soluzione è la riqualificazione delle stazioni di S. Martino e Caldiero, per altri 6 milioni; riguardo l’interramento della linea di Alta capacità e della linea storica a S. Bonifacio, si tratterà di riqualificare la stazione e le aree limitrofe, per altri 9 milioni di euro; per la tratta corrispondente alla stazione di Padova si prevede il parziale interramento della linea di Alta velocità per circa un chilometro.
Il progetto - secondo le indicazioni del ministero, inviate anche alla Regione e al ministero dell’Ambiente - dovrà essere al più presto sottoposto al Cipe perché si esprima su queste variazioni. Le previsioni ottimistiche parlano di altri 18 mesi di iter, prima di entrare nella fase operativa. Senza contare che ancora si addensano nubi sui fondi da destinare alla maxi-opera.
A spiegare il senso di queste tre paginette è l’assessore Cicero: «Questa lettera significa innanzitutto che Vicenza non sarà esclusa dal passaggio della Tav. Se da un lato non ci sarà la stazione sotterranea, dall’altro sono previsti due punti di interconnessione fra la linea dell’Alta velocità e la vecchia linea, che permetteranno ai treni eventualmente di raggiungere la stazione e fermarvisi».
Il primo punto di interconnessione sarà a Ponte Alto, all’altezza della Fiera, dove i treni riemergeranno dalla galleria che si apre al confine fra Alte Ceccato e Altavilla, nella zona del casello, a sud dell’autostrada. Qui i binari della Tav abbracceranno, letteralmente, i binari della linea storica, permettendo l’interconnessione, per poi tornare sotto terra dopo poche centinaia di metri, fino a Settecà, dove la Tav riemergerà, riabbracciando la vecchia linea. A Settecà sarà previsto anche un bypass per permettere al binario sud di affiancarsi al gemello per viaggiare paralleli fino a Padova a nord della linea storica. In tutto sono circa 11,5 chilometri in galleria.
«I treni potranno fermarsi anche a Vicenza»
(g. m. m.) E dire che aveva dettato a chiare lettere un silenzio stampa rigoroso a tutti i suoi assessori in attesa che le acque in consiglio comunale si quietassero. Quando però dalla mobilità Cicero lo ha chiamato per dirgli che il ministero aveva scritto nero su bianco la parola "tunnel", allora Enrico Hüllweck ha fatto un’eccezione e ha rotto l’embargo, convocando una conferenza stampa farcita di toni solenni, nonostante le occhiaie tradissero i tanti bocconi amari dei giorni scorsi e le tensioni delle ultime ore: «Ho creduto giusto fare una deroga - confessa il sindaco in piedi - dal momento che la notizia è talmente importante da superare ogni altra considerazione». Poi si siede e cede il microfono al suo assessore, che non esita a sottolineare «il traguardo enorme che arriva dopo cinque anni di lavoro, svolto in mezzo a scetticismo e incomprensioni». La prima volta che Cicero mise mano alla faccenda dell’Alta velocità era il ’99, a quel tempo era ancora consigliere e presidente di commissione. La storia della Tav era iniziata nel ’92, quando erano sbarcati i primi progetti e si erano infiammate le prime polemiche. In principio c’era proprio un grande tunnel proposto dalle Ferrovie dello Stato, che puntano a passare sotto i Berici per una decina di chilometri e tirare dritto verso Padova.
Vicenza reagisce e nasce il primo progetto dell’ingegner Alberto Baccega, promosso da Assindustria e Camera di commercio, che propone di realizzare una nuova stazione a Vicenza ovest e di affiancare i binari all’autostrada A4. Nel ’96 il ministero dell’Ambiente boccia definitivamente il progetto di passare in galleria sotto i Berici. A poco a poco anche da Roma emerge l’idea di affiancare i binari all’autostrada, senza però prevedere una stazione a Vicenza. Nel capoluogo l’allora presidente di commissione Claudio Cicero richiama in causa l’ing. Baccega, che ha già studiato un altro progetto, mentre a Roma tutti gli enti sono convocati per discutere il futuro della tratta Verona-Padova. È il 7 gennaio 2000 quando viene ufficialmente presentato il progetto del tunnel sotto Altavilla e Vicenza, con una nuova stazione interrata.
Il progetto è divorato dallo scetticismo, anche a livello locale. Poi però arriva il governo Berlusconi con il ministro tecnico Pietro Lunardi, che si mostra favorevole ai tunnel. E il match riparte. È l’autunno 2001 quando Lunardi fa propria l’ipotesi di Cicero. Nel febbraio 2002 si riunisce il gruppo di progetto composto dalla Regione, dai Comuni, dal Ministero e da Rfi. Nel frattempo, le categorie produttive e la Camera di commercio si schierano apertamente a favore del tunnel, per il quale nel gennaio 2003 vengono raccolte 9 mila firme dai comitati.
In aprile si chiude il lavoro del gruppo di progetto, ma nel giugno Rfi deposita il suo progetto, che prevede l’affiancamento alla A4 con sopraelevata su S. Agostino. Poche settimane dopo, nel luglio 2003, viene concordata con Lunardi una soluzione senza la stazione interrata. È dicembre quando la Regione chiede ufficialmente di progettare il tunnel.
Ora Cicero brinda, mentre Hüllweck si stropiccia gli occhi, quasi incredulo: «Ammetto che credevo questo traguardo molto più ipotetico e molto più lungo nel tempo di quello che si è poi rivelato. Ricordo lo scontro violento, appena eletto sindaco, con i tecnici quando mi venne prospettata l’ipotesi di escludere la fermata a Vicenza, prospettando di distruggere interi quartieri. Poi è venuto il progetto del tunnel, che ha incontrato molti nemici, anche purtroppo a Vicenza, con persone che ritenevano improponibile un progetto considerato troppo costoso. Ora invece il ministero parla di equilibrio fra le esigenze del territorio e l’impatto economico».
«Vogliamo sapere la verità» Verso il sì all’assestamento di bilancio in un Consiglio comunale molto acceso A tarda ora la Dal Lago chiede un confronto ristretto sui conti di Antonio Trentin
Dopo cinque ore di discussione, alle 23 passate di ieri, la serata-clou sui bilanci di Comune e Aim - incamminata ormai verso l’approvazione dell’assestamento 2003 e della ricognizione dello stato dei programmi da parte di una Casa delle libertà più rassegnata che convinta al “sì” - ha avuto un sussulto più forte degli altri che già avevano punteggiato il dibattito in sala Bernarda.
È successo quando la capogruppo leghista Manuela Dal Lago se n’è venuta fuori con una clamorosa richiesta, rivolta non al sindaco Enrico Hüllweck. L’Ancora ammette «Taciuta la vicenda per salvare le casse» È successo tutto perché tra l’8 gennaio e il 19 aprile in Aim qualcuno - o tutti quelli che contavano più degli altri - ha cambiato idea. Senza che il Comune (tramite il sindaco ‘azionista-padrone’ e chi per lui…) evidentemente se ne accorgesse e intervenisse. Decidendo di non segnare nei suoi conti di primavera le promesse dell’inverno, cioè il solito ricco trasferimento finanziario indispensabile per le casse comunali, la SpA di contrà San Biagio aveva sgambettato i bilanci di palazzo Trissino. Di quanto? Di quei 2,6 milioni di euro (2003) e 1,4 milioni (2004) che ‘buco’ non sarebbero mai stati, perché mancavano solo sulla carta. È partita da qui l’auto-difesa dell’assessore Carla Ancora, durata 40 minuti buoni. Ed è andata avanti con qualche rivelazione: tra le altre quella sul tentativo del presidente di Aim SpA, l’aennista Giuseppe Rossi, di tenere riservata (per poi fargliela ritirare) la lettera dell’allora consigliere d’amministrazione Alberto Filosofo che avvertiva dello scarto tra bilanci comunali e bilanci delle Aziende; oppure sulla necessità di non palesare subito la “disarmonia” dei conti poi diventata politicamente dirompente; e una terza sulla sensazione sua di «aver assistito una specie di resistenza passiva in Aim: non del presidente, perché è stato grazie a lui che si è arrivati a una soluzione, ma di altri». Sul piano contabile, l’Ancora ha ribadito che il Comune non poteva certo rinunciare al credito atteso da Aim in base ai nove contratti di servizio in vigore. Se lo faceva, veniva meno a un dovere e provocava una falla. «Che cosa avrebbe significato, nel luglio scorso, indicare che mancavano quei 2,6 milioni più 1,4 milioni di euro del 2003 e 2004 ?»: a questo auto-interrogativo - che sostanzialmente ha confermato gran parte della polemica impostata dall’opposizione - l’Ancora si è risposta confermando non il rischio, ma la certezza di sforare il ‘patto di stabilità’ e di mettere quindi il Comune nella necessità, a metà anno, di bloccare l’assunzione di mutui per investimenti e di «tagliare dove i soldi c’erano ancora, sui servizi sociali: e qualcuno dovrebbe dirmi se questa era la soluzione ottimale per i cittadini» . Una manovra di retrovia, imbastita per salvare il bilancio dell’Amministrazione, parzialmente secretata per non produrre danni: questa, in sostanza, è stata l’interpretazione che l’assessore ha dato della vicenda che l’ha vista protagonista e che poi l’estate ha fatto maturare fino all’esplosione e fino all’aggravamento finale perché, sempre in Aim, “qualcuno” non ha provveduto in fretta a sistemare le cose come l’Amministrazione chiedeva e tutto è stato rimandato al nuovo cda nominato dal sindaco.
Dai suoi Alla fine l’hanno zittita i suoi: il centrosinistra sarebbe rimasto ad ascoltarla volentieri per un altro bel po’, anche a costo di sentire qualche rimbalzo contro «l’opposizione che ha giocato sporco» o contro i consiglieri «arruffapopolo» (gratificato del titolo il diessino Giovanni Rolando)... Lei diceva di parlare a nome del gruppo Forza Italia e stava rovesciando accuse a palate sull’Aim, sul vecchio consiglio d’amministrazione della SpA di San Biagio che in parte significativa è stato riconfermato in carica, sul suo compagno di partito Alberto Filosofo unico bocciato in fase di rinnovo del CdA aziendale, sui poltronisti di centrodestra che in Aim mettono insieme 70-80 mila euro all’anno di paga, sui forzisti dissidenti in Comune che creano un clima “nuvoloso variabile” e sugli alleati riottosi che non sostengono la giunta. Il capogruppo ‘azzurro’ Gabriele Galla prima le aveva fatto arrivare un bigliettino ammonitore. Poi è arrivato a certificarle ufficialmente lo spegnimento del microfono, mentre rumoreggiavano alcuni di FI, sbigottiti per quello che stavano ascoltando e mentre quelli di Alleanza nazionale facevano capannello preparandosi a chiedere conto ai partner. Ma quello che Maria Elisabetta Rossi ha raccontato ieri sera in sala Bernarda - oltre a essere un vero e proprio show in raro stile anti-politichese - è stato un pezzo forte di innegabile significato. Perché era nota, e si palesava passaggio dopo passaggio, la perfetta sintonia tra le parole sue e il pensiero dell’assessore Carla Ancora. E perché tutti i ragionamenti espressi, fatti intendere o anche sottaciuti risultano essere - in sostanza - quelli stessi con i quali l’Ancora ha finora e per ora convinto il sindaco e che stanno alla base del permanente rapporto di fiducia tra la titolare del Bilancio ed Enrico Hüllweck. Corretta o non corretta che sia l’impostazione, piacevole o non piacevole per Forza Italia e il resto della Casa delle libertà. Duri o non duri nelle prossime settimane il rapporto fiduciario tra il capo dell’Amministrazione e la super-assessore. Che cosa ha detto la Rossi, prima di troncare bruscamente l’intervento? Che tutta la vicenda dei bilanci non collimanti «ha ruotato intorno alle poltrone in Aim: se non ci fossero state le nomine in vista, tutto questo putiferio non sarebbe avvenuto». Che il groviglio di interessi politici e privati ha determinato l’esplodere di una situazione che l’Ancora teneva sotto controllo, dopo che «il consiglio di Aim aveva deciso in aprile diversamente da come aveva indicato in gennaio» (il riferimento è al solito ‘caso’ della promessa di un trasferimento da 10 milioni di euro risultato ridotto di 2,6 milioni al momento della definizione del bilancio della SpA). Che tutto è derivato dall’ormai famosissima lettera del consigliere di Aim Filosofo ( «la cosa più intrigante da leggere in questo periodo dopo il ‘Codice Da Vinci’») fatta indebitamente filtrare all’opposizione e alla stampa, a danno della stabilità dei rapporti tra Comune e Aim. Che i colpevoli di tutto quanto è successo vanno cercati in contrà San Biagio, forse tra i tecnici, certamente tra gli amministratori rimasti nel CdA fino a tutta l’estate, a evidente conferma dello scollamento tra guida politica in Comune e conduzione gestionale della SpA. E l’assessore finita nella bufera? Dalla Rossi, per lei, una definizione di “vittima designata” del complotto intrecciatosi intorno ai bilanci traballanti e un paragone con ben più cruente situazioni che ha fatto diventare la questione del ‘buco’ una lunga, trimestrale, lapidazione di innocente: l’Ancora, appunto. |