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08 APRILE 2005 dal Giornale di Vicenza
Afghanistan, morti parà Ederle
Afghanistan, morti parà Ederle di Marino Smiderle La conferma più triste arriva direttamente dai genitori di un parà della Ederle attualmente in servizio in Afghanistan. «Siamo appena stati informati che nostro figlio, Daniel Freeman Birkan, del 508esimo Battaglione, è stato visto l’ultima volta imbarcarsi nell’elicottero. Al momento è classificato come disperso». Hanno il cuore in pezzi ma conservano la forza per mandare questo messaggio alla comunità della 173esima Brigata che, attraverso un sito internet, si tiene costantemente informata su quel che succede in Afghanistan, col contributo di tutti, familiari e amici, militari e fonti di stampa. Su quell’elicottero, un Chinook CH-47, quelli con due eliche, usati per il trasferimento delle truppe, viaggiavano 16, forse 18, persone, di cui 5 membri dell’equipaggio e 3 civili: mercoledì pomeriggio era partito da Kandahar e aveva come destinazione la base aerea di Bagram. Purtroppo non è mai arrivato, le cattive condizioni atmosferiche, in particolare il forte vento che ha scatenato tempeste di sabbia, che anche ieri hanno costretto a annullare tutti i voli nella zona, lo hanno fatto precipitare. Non si è salvato nessuno. È la tragedia più grave da quando le forze della coalizione sono arrivate in Afghanistan, alla fine del 2001. Fino a ieri sera i nomi delle vittime non erano ancora stati diffusi dalle autorità americane. «Non siamo ancora riusciti a informare tutti i familiari», ha spiegato un portavoce. I genitori di Freeman hanno ritenuto opportuno anticipare di qualche ora il comunicato ufficiale, proprio per dare una conferma alla voce che, fin da subito, si era diffusa negli ambienti della Ederle: su quel Chinook ci sarebbero stati 5 o 6 parà della 173esima Brigata. Il generale Jason Kamiya, fino a un paio di mesi fa comandante della Ederle e adesso comandante di tutta la CJTF-76 (Combined joint task force-76), ieri ha riunito i soldati a Bagram, mettendo le bandiere a mezz’asta per ricordare il sacrificio dei soldati americani. «Dobbiamo fare in modo che incidenti di questo tipo non capitino più ha detto -. Per il resto, non ci resta che onorare i soldati caduti nel corso di una missione che ci rende orgogliosi e che è quella di portare la libertà e la democrazia in Afghanistan». L’incidente è avvenuto a Ghazni, a sud ovest di Kabul. Per i familiari dei soldati, molti dei quali sono rimasti a Vicenza e si avvalgono dell’assistenza del 22esimo Gruppo di supporto, questi sono giorni difficili. Dopo la terribile esperienza in Iraq, dove la 173esima Brigata fu impegnata per un anno e dove persero la vita 9 parà, si pensava che questa missione afghana fosse un pochino più “leggera”, anche se l’enclave dei talebani produce ancora dei pericolosi rigurgiti di terrorismo. E invece, dopo poco più di un mese dalla partenza, si devono già inserire nei bodybag di nylon i primi corpi. La comunità americana di Vicenza attende con ansia di avere notizie più precise, che probabilmente arriveranno oggi. Nel frattempo c’è stato ieri un tentativo collettivo di mettersi in contatto con i soldati da parte dei familiari. Molti ci sono riusciti e si sono sentiti più tranquilli. Altri stanno ancora aspettando rassicurazioni.
«Il prefetto blocchi i sindaci» Stop ai tir: rischio di ordinanze a cascata. L’appello di Calearo L’ordinanza del Comune di Vicenza che ha chiuso al traffico pesante lo “snodo” dell’Albera sulla statale del Pasubio sta creando il previsto “effetto domino”, con altri Comuni (quelli sulle cui strade viene dirottato il traffico eliminato dall’Albera) che hanno emanato o stanno emanando a loro volta ordinanze di blocco del traffico merci. Il problema, che sta determinando una progressiva paralisi del traffico dei camion in una vasta area a nord di Vicenza, ha spinto ieri il presidente dell’Associazione industriali Massimo Calearo a inviare un telegramma al prefetto di Vicenza Angelo Tranfaglia per chiedere un intervento diretto e urgente. «Sulla questione della chiusura al traffico delle strade a nord del capoluogo a causa dell’ordinanza del Comune di Vicenza - ha scritto Calearo al prefetto - segnalo il rapido aggravamento della situazione del trasporto merci, con pesanti ripercussioni sulle attività produttive delle aziende insediate nelle aree interessate e con il blocco delle merci in partenza e in arrivo. Chiedo un suo deciso intervento sui sindaci di Vicenza, Dueville e Costabissara, anche con l’esercizio di tutti i poteri di intervento sulle ordinanze già adottate». Il fatto che il presidente degli Industriali si rivolga direttamente al prefetto è la conferma di come per il mondo produttivo vicentino le limitazioni alla circolazione dei Tir e dei veicoli pesanti, partite dall’Albera, stiano diventando insostenibili. Un’ulteriore riprova della gravità della situazione arriva dal fatto che sempre oggi i presidenti delle categorie economiche produttive provinciali - Calearo per l’Assindustria, Giuseppe Sbalchiero per l’Assoartigiani, Sergio Dalla Verde per Apindustria e Silvano Scandian per la Cna - hanno inviato congiuntamente al prefetto una lettera nella quale gli si chiede di farsi promotore di un incontro urgente tra sindaci, categorie economiche e Amministrazione provinciale. I quattro presidenti delle associazioni imprenditoriali ricordano che dopo l’iniziale ordinanza del sindaco di Vicenza, altre ordinanze sono già state emesse da Costabissara e Dueville, mentre altri Comuni sono in procinto di fare altrettanto. «L’ulteriore estensione anche alle altre zone dell’Alto Vicentino determinerà una situazione di totale paralisi per l’attività di trasporto delle merci sulla direttrice dal capolouogo verso nord fino a Thiene o addirittura a Piovene, con effetti gravissimi per l’economia della zona più industrializzata della provincia - scrivono Calearo, Sbalchiero, Dalla Verde e Scandian al Prefetto». «Le chiediamo pertanto di organizzare con la massima urgenza un incontro con tutti i sindaci dei Comuni interessati, con le categorie economiche coinvolte e con la Provincia, per scongiurare gravi ripercussioni sull’economia e - lancia l’allerta la missiva delle categorie - possibili turbative dell’ordine pubblico». Massimo Calearo, per parte sua, definisce “assurda” e “inaccettabile” la situazione che si sta creando e si dice “fortemente preoccupato” per una situazione che si va di ora in ora aggravando su molte strade dell’Alto Vicentino. «Le ordinanze già adottate da Vicenza e Costabissara per le ore notturne e da Dueville per l’intera giornata chiudono di fatto al traffico pesante quasi tutte le direttrici esistenti per le merci dirette nell’Alto Vicentino - rileva il presidente dell’Assindustria -. Le preannunciate ordinanze da parte di altri Comuni potrebbero a breve portare alla chiusura anche delle ultime vie di passaggio rimaste, a cominciare da Priabona, diventata di fatto in questi giorni l’unica vera alternativa al traffico pesante che si indirizza verso ovest, ma anche verso sud». «Abbiamo già segnalazioni di aziende che si ritrovano nell’impossibilità pratica di ricevere i camion dei fornitori o di far uscire i propri carichi, con il rischio evidente di perdere ordini di lavoro importanti e di rimanere con l’attività paralizzata. Le amministrazioni comunali devono rendersi conto che non si può da un lato chiudere le strade al transito delle merci e mettere i bastoni tra le ruote alle attività produttive e dall’altro lanciare allarmi e chiedere “tavoli di confronto” e “osservatori sul lavoro” quando ci si accorge di avere all’interno dei propri confini casi di sofferenze aziendali con rischi per la tenuta dell’occupazione». Vista la tendenza in atto e il previsto “effetto domino”, dunque, Calearo sollecita l’intervento dell’autorità prefettizia. «Quello del transito dei veicoli pesanti è un tema che va affrontato coinvolgendo tutti i Comuni e le categorie interessate, non con azioni individuali delle singole amministrazioni locali, che risolvono momentaneamente la situazione in un raggio di qualche chilometro quadrato e di fatto lo spostano, aggravandolo, sulle aree limitrofe. I problemi della nostra precaria rete viaria non si risolvono a suon di ordinanze, ma realizzando gli interventi già programmati: in questo caso soltanto la bretella Vicenza-Isola rappresenta la soluzione del problema. Chi si mette di traverso alle soluzioni vere in grado di eliminare i problemi fa solo il danno dei cittadini e delle imprese». Ex Lanerossi, si rimuovono i tetti in amianto le vecchie cisterne e i rifiuti sparsi sul terreno Tre ordinanze del Comune a carico dei vecchi e nuovi proprietari dell’ex industria laniera (p. e.) Da ieri sono iniziate le operazioni per rimuovere l’amianto dai tetti dell’ex complesso industriale Lanerossi ai Ferrovieri. E per iniziare ad eliminare tutti i problemi di inquinamento e di igiene ambientale che riguardano l’ex stabilimento, destinato dal Comune con un apposito “Piruea” ad essere trasformato in futuro in zona residenziale. Il problema del degrado ambientale nell’area, come noto, è via via esploso dopo l’incendio che è divampato nell’ex fabbrica nell’ottobre 2004, e dopo un’assemblea tenutasi nei mesi scorsi durante la quale è emerso il problema dell’amianto presente nelle coperture dell’ex industria. Già l’8 marzo scorso, dopo un sopralluogo tecnico in cui era emerso «lo stato precario delle coperture in cemento-amianto degli stabili in oggetto e la loro pessima conservazione, nonché la vicinanza dei manufatti a civili abitazioni», il Comune aveva emanato due diverse ordinanze a carico della società Marzotto e della società Aree urbane di Milano (tra la Marzotto, vecchio proprietario, e nuovi proprietari milanesi c’è un accordo su chi deve farsi carico della bonifica dei luoghi). I due provvedimenti impongono «l’immediata messa in sicurezza di tutto il materiale in cemento-amianto attualmente distaccatosi dalle coperture degli stabili dell’ex pettinatura di via Rossi ai Ferrovieri», e così pure la «messa in sicurezza d’emergenza, bonifica e ripristino ambientale nell’area dove è stata accertata la fuoriuscita di idrocarburi da una cisterna danneggiata, compresa anche la messa in sicurezza di tutte le altre cisterne dismesse». Per la questione amianto, tra l’altro, l’ordinanza del dirigente comunale Gianni Bressan imponeva alla Marzotto di presentare entro 30 giorni un «apposito piano di lavoro al Servizio vigilanza Spisal dell’Ulss per la rimozione delle coperture in cemento-amianto degli stabili, allo scopo di garantire la sicurezza dei lavoratori e la protezione dell’ambiente esterno dai pericoli derivanti dall’amianto». Non solo: il 21 marzo scorso sempre il Comune aveva emesso una terza ordinanza, a carico della società milanese Aree urbane, per la riscontrata presenza nell’area di «materiali coibentati sparsi sul suolo o affioranti da alcune tubazioni o condutture di cui è necessario conoscere l’esatta natura di stabilire la stima del rischio». L’ordinanza impone di rimuovere tutti i materiali sparsi sul suolo o affioranti da tubazioni «nei locali interessati dall’incendio del 9 ottobre 2004», e di «eseguire un’indagine analitica di tutti i materiali coibentati al fine di stimare il rischio rappresentato da eventuali fibre di amianto o altri prodotti pericolosi. I campionamenti dovranno essere condotti alla presenza di personale Arpav». Ancora: la ditta deve presentare all’Arpav la prova di aver effettuato un corretto smaltimento dei rifiuti eliminati dall’area. Il dialogo tra Comune, Arpav, Ulss e proprietari privati è proseguito, e lo Spisal a inizio aprile ha approvato il piano di lavoro per l’area. Mercoledì, dopo un summit tecnico, il Comune ha inviato alla Marzotto, ad Aree urbane e alla Pirelli real estate una lettera in cui chiede che si inizi dal 7 aprile (cioè ieri) la rimozione delle coperture in cemento amianto nel giro di tre settimane. Entro tre giorni dovrà iniziare anche la rimozione-bonifica di serbatoi e cisterne, mentre entro quattro giorni i privati dovranno consegnare la documentazione del corretto smaltimento dei rifiuti. Entro l’11 giugno, infine, dovrà esserci la relazione che dà conto di tutta l’attività svolta e di cosa fare peer la bonifica completa, in base alle analisi dei materiali presenti nell’ex fabbrica. |