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08 NOVEMBRE 2006
Maresciallo preso per cocaina
Il sottufficiale dell’Arma è stato arrestato dai colleghi a Castelgomberto, teneva la droga in casa di Ivano Tolettini Un insospettabile. Un maresciallo dei carabinieri sul lavoro irreprensibile, che conviveva da qualche tempo con il vizio della cocaina. Addirittura, lo sostiene la procura di Vicenza, con un possesso di droga superiore ai parametri fissati dalla legge Fini che farebbe presupporre una sua piccola attività di spaccio per autofinanziarsi. L’altro pomeriggio, su ordine del pubblico ministero Angela Barbaglio, è scattata una perquisizione a sorpresa nell’abitazione del sottufficiale Stefano Maranto, 42 anni, originario della Calabria, ma da tempo residente a Castelgomberto in via Villa. Il controllo ha portato al ritrovamento di alcuni grammi di “neve” e a un paio di bilancini. Il militare è stato così arrestato per detenzione ai fini dello spaccio ed è stato accompagnato in carcere a disposizione dell’autorità giudiziaria. A compiere gli accertamenti sono stati i carabinieri del colonnello Luciani Zubani, che quando sono stati sicuri che il collega aveva la droga in casa hanno chiesto al magistrato di turno l’autorizzazione a intervenire con una perquisizione che ha messo a nudo le presunte responsabilità di Maranto. Il caso, al di là del rinvenimento dello stupefacente, è di quelli che farà inevitabilmente discutere perché allo stato, pare non ci sia la prova che il maresciallo spacciasse. Da quello che si è appreso, i colleghi si sono recati a casa sua grazie a un fonte confidenziale. L’unico dato certo è che il militare aveva in casa 6 grammi di cocaina, valore al dettaglio 2400 euro. Per uno che lavora e che ha uno stipendio netto mensile sui 1700 euro come Maranto, di per sé i pochi grammi di stupefacente rinvenuti nella sua abitazione sono compatibili con l’uso personale. Si trattava di una piccola scorta. Ma la legge varata sul finire della passata legislatura, rispetto alla precedente che puniva solo lo spaccio, è tornata ad essere molto severa anche con chi ha “solo” il vizio della droga, perché qualora ne possegga più di quella che in maniera impropria si può definire la dose media giornaliera, è passibile dell’arresto. Com’è appunto successo l’altro pomeriggio al maresciallo Maranto. Nessun collega, fino a qualche settimana fa, si era accorto del problema che il carabiniere aveva cercato di superare senza riuscirci. Non a caso era regolarmente in servizio. Sposato con figli, Maranto dal ’99 era al radiomobile di Padova. Giudicato un sottufficiale affidabile, con note caratteristiche elevate, è quasi sempre stato impiegato nel servizio di pattugliamento del territorio nel pronto intervento. Dunque, un carabiniere preparato e professionale, prova sia che è in servizio al nucleo radiomobile di Padova, ma che da qualche tempo conviveva con un vizio che per un investigatore è inconciliabile: la cocaina. Dovrà disintossicarsi. Il sopralluogo a Castelgomberto è stato eseguito ancora nel primo pomeriggio di sabato, ma la notizia della cattura di Maranto è filtrata soltanto nella tarda serata di ieri proveniente dalla città del Santo. Egli era atteso in servizio, ma c’è stata la comunicazione del suo inevitabile impedimento. La notizia del suo arresto ha suscitato turbamento nei colleghi padovani e in quanti hanno lavorato con lui nel Vicentino, perché Maranto si è sempre contraddistinto per la sua inappuntabilità. A compiere materialmente l’arresto sono stati gli investigatori del nucleo radiomobile e operativo di Valdagno coordinati dal capitano Andrea Massari. Sono stati i marescialli Mascolo e Testa con alcuni carabinieri a presentarsi nell’abitazione di Maranto e a comunicargli l’ordine della perquisizione firmato dal pm Barbaglio. Il clima in cui si è svolto l’accertamento è stato tranquillo, anche se la tensione era palpabile. Il maresciallo Maranto, da quello che è emerso, ha collaborato con i colleghi ed ha consegnato quanto era in suo possesso. A rappresentare un dato negativo per il militare, al di là della presenza della cocaina, è il rinvenimento dei due bilancini, che in teoria sono utilizzati per pesare la droga. Per la magistratura, di solito, costituiscono la prova indiretta dell’attività di spaccio. Ora Maranto, il quale respinge l’ipotesi della detenzione di narcotico ai fini della vendita, ed è difeso dall’avvocato Paolo Mele senior di Vicenza, si trova in carcere nell’attesa dell’interrogatorio di convalida davanti al giudice. Nei suoi confronti, com’è di prassi visto che indossa le stellette, sarà avviato anche un procedimento penale davanti alla procura militare di Padova.
Pochi quelli che ce la fanno, la mortalità delle imprese è alta in tutti i settori: kebab e call center hanno vita breve E settemila immigrati hanno scelto di far da sé La maggior parte dei titolari stranieri arriva dalla Serbia, seguono Marocco e Cina (e. mar.) Lavorano, guadagnano, si arrichiscono e mettono su casa e azienda. È la vita parallela di immigrati di successo, arrivati qui per scampare alla fame e diventati imprenditori inserendosi a volte nell’altro mercato, quello degli extracomunitari residenti. Gente che fa circolare soldi e acquista casa, dopo qualche anno che vivono e lavorano a Vicenza, imparando dai veneti e dai vicentini la caparbietà del paron. I numeri sono lì a dimostrare che l’immigrato consuma, spende e investe. Secondo i dati del Centro produttività veneto, al 30 giugno 2006 gli imprenditori extracomunitari in provincia erano 7.016, pari al 5,4% delle partite iva vicentine. La maggior parte di loro lavora nel settore delle costruzioni (12,7%) e nel settore dei trasporti (11,5%), mentre il 6,4% sono ristoratori, ma non mancano commercianti, titolari di cooperative e imprenditori agricoli. La maggior parte dei “capitani d’impresa” straniera arriva dalla Serbia Montenegro, segue Svizzera, Marocco, Cina e Bangladesh, Romania. Poi ancora Macedonia, Senegal, Venezuela. Micromondi commerciali che hanno scelto Vicenza e il Nordest per sviluppare idee e attività imprenditoriali. Cristina Bedin, del “Servizio nuova impresa” della Camera di commercio, li conosce bene questi immigrati con la voglia di mettersi in proprio e racconta: «Hanno un’età compresa fra i 35 e i 50 anni e decidono di aprire un’attività dopo qualche anno passato a lavorare nelle imprese vicentine, per loro molto spesso si tratta anche di un approdo utile per la loro permanenza in Italia. Ottenendo la partita iva infatti, il permesso di soggiorno viene prorogato per due anni». Ma c’è anche chi non ce la fa dopo aver provato la strada dell’attività privata. Spesso si tratta di musulmani ex operai che improvvisano la realizzazione di kebab e call center, ma le delusioni arrivano anche per imprenditori artigiani che nel mondo del mattone scoppiano. A spiegarlo è Touhami Quelhazi, Imam di Vicenza critico verso la capacità imprenditoriale dell’Islam. «Il 99% dei musulmani è operaio o muratore, quelli che aprono un “doner kebab” o un phone center hanno spesso vita breve. Sono attività che vanno e vengono, perché la capacità di leggere il mercato, analizzare costi e benefici è scarsa. Chi tenta questa strada è gente che è stanca di lavorare in un’impresa ma ben presto si accorge che si stava meglio prima, basta pensare che in alcuni casi una telefonata di mezz’ora all’estero può costare solo tre euro, con queste cifre i margini di guadagno sono bassissimi». Ma dove arrivano i soldi per investire allora? «Dai mutui bancari, dai prestiti degli amici o parenti che diventano soci». Realtà che naufragano presto, acquisti e cessioni lampo, che peraltro non bloccano il desiderio di avviare un’atttività e scegliere l’Italia come Paese dove vivere per molto molto tempo. Insomma, la voglia di stabilità esiste, basta considerare che la provincia di Vicenza è la quarta d’Italia per acquisto di immobili da parte degli stranieri. Nei primi sei mesi del 2006 i rogiti firmati dagli immigrati hanno rappresentato il 19,8% dell’intero mercato immobiliare, con un incremento del +1% rispetto all’anno precedente. Per loro non è solo una questione di prezzo, ma anche di qualità della casa. È in aumento infatti il numero di acquirenti che preferisce una casa nuova o di recente costruzione. Una scelta questa, che coinvolge almeno il 10% dei neo proprietari immobiliari a livello nazionale, ma che a Vicenza superano quota 16%.
E il centro destra “sfiducia” la Laugelli I sei sindaci dal prefetto Si cercano aree di sosta da riservare ai nomadi di Mauro Sartori Sei sindaci davanti al prefetto Pietro Mattei per risolvere la questione - nomadi. E il centro-destra di Schio chiede le dimissioni dell’assessore Emilia Laugelli. È previsto per la tarda mattinata di oggi il confronto fra i primi cittadini di Schio, San Vito, Malo, Santorso, Piovene e Marano. Dalla riunione preliminare della scorsa settimana era emersa un’unità di intenti sul sostegno a progetti di integrazione sociale ma una sostanziale diversità su come metterli in pratica: Piovene e Malo non vogliono saperne di eventuali piazzole per l’ospitalità stanziale delle roulotte e valutano percorribile solo la strada della residenza in alloggio. Ruoterà anche attorno a questa divergenza il vertice di stamattina, cui è stata invitata la presidente della Provincia, Manuela Dal Lago. Intanto, non si placano contrasti e polemiche attorno al fossato di via Lago di Misurina. L’Opera Nomadi, ente morale che assiste le carovane in transito nel vicentino, affiancato da Sucar Drom, altra organizzazione di volontariato, ieri ha esposto la sua posizione sulle vicende di Schio: «Ci dissociamo dall’adozione di misure discriminatorie per risolvere i problemi - spiega il portavoce Fabio Dalla Vecchia -. Siamo consapevoli che il terreno in questione doveva essere liberato perchè in vendita e perciò l’allontanamento era prevedibile, ma non è stata offerta alcuna alternativa alle famiglie dei Sinti. Perché scavare un fossato? Non si potevano informare le famiglie interessate? Alcuni cittadini scledensi dichiarano che la situazione non era più sostenibile. Di sicuro insostenibile è essere italiani ma non avere un luogo dove vivere, non riuscire ad ottenere l’iscrizione anagrafica e la carta d’identità e non poter accedere all’assistenza sanitaria». Dalle due associazioni arriva un input: «A Prefettura e Provincia abbiamo proposto un progetto di mappatura dei bisogni, attraverso il quale comprendere la realtà territoriale ed elaborare soluzioni condivise con le comunità nomadi presenti in zona da decenni». Tornano alla carica anche i Verdi provinciali, che ribattono alle considerazioni dei “riformisti berici” apparse domenica sul nostro giornale, rilanciando accuse agli amministratori scledensi, nonostante la pace siglata venerdì in municipio: «La scelta del fossato non è mai stata discussa dal sindaco con gli altri partner della coalizione, altrimenti avremmo espresso la nostra netta contrarietà - affermano il portavoce Olol Jackson e la capogruppo consiliare Lorena Tagliapietra. - A fronte di un problema che nessuno nega, si è scelta una soluzione sbagliata. Come Verdi, a Schio, proporremo a breve misure tese ad allargare i diritti di cittadinanza, in modo da rendere effettivo il concetto di inclusione che auspichiamo». Intanto ieri Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord hanno presentato una mozione sui “solchi anti-nomadi”, in cui si condivide la filosofia che ha portato allo scavo e si propone al sindaco di «togliere la fiducia all’assessore ai servizi sociali, la cui politica lassista e fallimentare ha portato grossi problemi di ordine pubblico e procedere ad una verifica di maggioranza, a seguito delle dichiarazioni dei Verdi di questi giorni».
Nuovo capitolo della protesta degli studenti, supportati dalla scuola, per le condizioni del trasporto pubblico «Disservizio da 40 euro al mese» Dall’Ipsia 150 firme contro le Ftv di Veronica Molinari S’inasprisce la polemica contro le Ftv. L’appello del dirigente scolastico dell’Ipsia e degli studenti pendolari è alle famiglie che si mobilitino contro un «disservizio a pagamento». I mezzi sovraccarichi ed i viaggiatori «pericolosamente» in piedi per chilometri ogni giorno continuano ad essere una normale routine. E nonostante i recenti scioperi organizzati davanti alla sede vicentina delle Ftv, non sono avvenuti cambiamenti nel servizio per le scuole della vallata. Dall’Istituto professionale per l’industria e l’artigianato “Luzzatti” si gioca la carta della “raccolta firme”. L’iniziativa «per far valere almeno il diritto di viaggiare in sicurezza» per il momento ha ottenuto una singolare risposta dai vertici aziendali: segnalare per ogni firma il numero dell’abbonamento. Una richiesta delle Ftv che viene spiegata «per accertare la veridicità delle firme», come conferma il dirigente scolastico dell’Ipsia, Maria Cristina Benetti. «Siamo stanchi di dover pagare per un servizio indecente», affermano i ragazzi autori delle firme raccolte. Alle 13.40, la corriera apre le porte agli studenti dell’Istituto professionale valdagnese con un carico spesso già al limite del possibile. Partendo, infatti, da Recoaro Terme i posti sono esauriti dai ragazzi dell’Istituto alberghiero “Artusi”. Copie delle 150 firme raccolte all’Ipsia, che conta 482 studenti, sono state consegnate al dirigente scolastico ed al comando di polizia municipale. Un terzo, quindi, degli studenti dell’Ipsia “Luzzatti” si unisce ai colleghi del liceo artistico “Boccioni”, che per primi avevano sollevato il problema in città. Ma l’invio, invece, alla dirigenza delle Ferrovie e tramvie vicentine non ha per il momento avuto gli esiti sperati. «Ho spedito personalmente le firme alla sede centrale delle Ftv - spiega la dirigente Benetti -. Dopo la richiesta dell’azienda di segnalare i numeri degli abbonamenti accanto alle firme, i rappresentanti degli studenti si sono attivati per terminare nel più breve tempo possibile. Ogni giorno annoto i disagi che devono sopportare i ragazzi e mi faccio portavoce della loro situazione. Ricevo le lamentele degli studenti e delle loro famiglie, nonché degli insegnanti. Quotidianamente davanti al mio ufficio si forma la fila per presentare le giustificazioni per entrate anticipate oppure ritardi. Sono comunque disagi che non dipendono dalla scuola, ma che si trasformano in problemi didattici che difficilmente si gestiscono». Martina, studentessa che ogni giorno prende la corriera, conclude sottolineando che «venti chilometri al mattino e venti al pomeriggio sono pesanti tra zaini e gomitate. Oggi viaggiare in bilico e dove la sosta è vietata costa 40 euro al mese».
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